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PRODUZIONE INDUSTRIALE

 

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La ripresa c’è ma è ballerina. Il dato destagionalizzato di febbraio 2011 mostra un buon recupero della produzione industriale (+1.4 per cento rispetto al gennaio 2011). Ma il recupero di febbraio viene dopo la diminuzione di gennaio rispetto a dicembre. Peraltro, il livello di 88.9 del febbraio 2011 è più alto del dato di febbraio 2010 (86.8; +2.4 per cento), a sua volta maggiore del livello della produzione registrato nel febbraio 2009 (83.2). Ma l’industria italiana rimane ben lontana dal livello pre-crisi (106.3) del febbraio 2008.

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I CONTRATTI DEI GIOVANI

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L’AUSTERITÀ VISTA DA SINISTRA

  1. Franco

    Quale è l’unità di misura dell’asse delle ordinate? Grazie

  2. BOLLI PASQUALE

    Il diagramma della produzione industriale italiana, in caduta libera dal 2008, evidenzia nell’ultimo periodo livelli sempre negativi, ma con cenni di ripresa e depressione; in termini clinici dovremmo dire che la produzione presenta un encefalogramma piatto: non stiamo bene, siamo ancora vivi, ma siamo in rianimazione. Il problema della nostra economia, della nostra produzione e del nostro mercato, e che siamo, non solo in rianimazione, ma non abbiamo medici curanti. Chi si preoccupa della nostra salute? I nostri medici, cioè i nostri governanti, hanno altre cose da discutere e, sicuramente, meglio da fare. Quando il malato è terminale si abbandonano le cure e si spartiscono eredità: non a caso, Berlusconi indica il suo erede politico. Ma quale sarà la sua l’eredità? Un paese diviso, depresso, senza solidarietà e senza amore per la sua appartenenza, con una produzione industriale sofferente per mancanza di mercato interno ed una disoccupazione che mostra tassi preoccupanti. Siamo, inoltre, un popolo di vecchi egoisti che non si preoccupano per il futuro dei giovani. E’ necessario, quindi, che tutti, presto, si rimbocchino le maniche, in caso contrario, in eredità si lascieranno macerie e nulla più.

  3. stefano meraviglia

    Siamo sicuri che è la produzione industriale la panacea di tutti i mali?
    il fatto che anche l’ISTAT si stia organizzando per trovare altri indicatori del benessere dovrebbe essere già una risposta.

  4. Serena Albano

    Vero è che in questo mondo globale la crisi degli ultimi anni si è propagata da oltreoceano e non ci sono dubbi che il crollo di taluni mercati prettamente improntati sulla finanza spinta hanno inginocchiato il mercato mondiale. Tuttavia, sebbene la crescita nei paesi emergenti si sia dimezzata, essa continua ad essere "qualche punto" sopra le nostre più rosee aspirazioni. Se il mercato Italia si profila statico e contratto quanto mai, è tempo di respirare anche la positività della globalizzazione. Paranoicamente mi domando: e se gli esosi esborsi dei nostri enti erogati sotto forma di misere, umilianti ed insufficienti sostegni CIG, GIGS e affini, fossero tramutate ed investite in sgravi per le aziende ed i lavoratori, esempio "sospensione temporanea contributi etc"? Forse, forse, anzichè stentare attendendo la fine ( ma la fine di cosa? Della crisi? O delle CIG, CIGS e di ulteriori posti di lavoro?), potremmo continuare a creare valore, per quei paesi che ancora apprezzano il made in Italy.

  5. Francesco Mendini

    Il crescente prezzo degli energetici (petrolio, gas, carbone) ha già un effetto sulla produzione industriale o l’avrà nei prossimi mesi? Io temo molto quest’impatto, che sulla stampa straniera è quasi quotidianamente evidenziato.

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