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GIOVANI, CARINI E DISINFORMATI

L’alfabetizzazione finanziaria dei giovani è un problema serio. Ed è la scuola che se ne deve occupare. In primo luogo, perché la famiglia non appare oggi preparata a fornire alle nuove generazioni un supporto educativo completo in questo ambito. Ma anche perché si registra un crescente interesse verso l’economia e la finanza tra i ragazzi che partecipano a progetti con modalità didattiche basate sulla partecipazione attiva e su esperienze percepite come reali. I risultati di una ricerca sui preadolescenti.

Il paradigma tradizionale economico ipotizza consumatori informati e consapevoli delle conseguenze delle proprie azioni. Tuttavia, da più parti si lamenta e si documenta il fallimento di tale ipotesi: molti consumatori sono incapaci di valutare attentamente le proprie scelte in tema di investimenti finanziari, consumo (con tendenza al sovra-indebitamento), risparmio previdenziale, o anche solo di variazione del proprio potere d’acquisto. (1) Questa "ignoranza finanziaria" ha evidenti ripercussioni negative non solo sul benessere dei singoli individui coinvolti, ma sull’efficienza di tutto il sistema economico. Si tratta insomma di una tipica esternalità negativa che dovrebbe essere contrastata anche da politiche pubbliche.

PIÙ ECONOMIA, ANCHE DA PICCOLI

Appare quindi indispensabile garantire a tutti i cittadini un livello minimo di alfabetizzazione finanziaria. È in questa direzione che si muovono alcune esperienze rivolte ai minori, promosse in Italia da istituzioni e associazioni pubbliche e private, che sono state opportunamente monitorate in diversi studi. (2) Illustriamo qui i risultati di una recente ricerca sul rapporto tra educazione finanziaria e preadolescenti. (3)
L’indagine è stata svolta tra aprile e giugno 2010, somministrando un questionario cartaceo a 2.301 studenti delle classi 2ª e 3ª di scuole secondarie di I grado in tutta Italia (specialmente nel Centro-Nord). Il 70 per cento degli studenti aveva partecipato a un progetto di educazione finanziaria, mentre il restante 30 per cento rientrava nel gruppo di controllo, cioè non aveva seguito il programma (all’interno delle stesse scuole).
I risultati più interessanti possono essere così riassunti. Anche se in entrambi i gruppi il 70 per cento degli intervistati ha dichiarato di essere concentrato su una dimensione contingente e quotidiana, solo il 25 per cento concorda con l’affermazione "ciò che mi potrà accadere in futuro mi lascia piuttosto indifferente". L’apparente contraddizione può essere ricondotta a diversi fattori (tra cui naturalmente le distorsioni legate alla scelta metodologica di utilizzare un questionario standardizzato), ma a nostro parere anche a una crescente preoccupazione che i preadolescenti esprimono nei confronti del loro futuro economico. Informazioni più precise in merito si ricavano da domande sui comportamenti di risparmio: una quota consistente (45,4 per cento) accantona una parte del denaro ricevuto come risparmio perché "bisogna sempre avere a disposizione una riserva di denaro in caso di imprevisti", seguita da un 23,9 per cento che invece dichiara "la spendo quasi sempre tutta," da un 15,3 per cento che afferma "in generale ne accantono una parte per acquisti/spese che penso di fare nei dodici mesi seguenti" e da un gruppo marginale (4,7 per cento) che ne accantona una parte per acquisti/spese che pensa di fare tra tre-cinque anni.
Se confrontiamo i risultati con quelli di indagini precedenti svolte in Italia, pur non trattandosi di studi longitudinali perfettamente comparabili, sembra emergere – nei processi di socializzazione economica – la tendenza a un’attenzione più marcata dei preadolescenti alla dimensione della previdenza, generata probabilmente dai media durante un periodo di crisi finanziaria come quello che l’Italia ha affrontato dal 2008. (4) Si tratta ad esempio, di messaggi veicolati dalla pubblicità (gli spot che enfatizzano il concetto di "risparmio", "tagliare i costi", "ridurre le spese", "evitare le stangate") oppure da film e telefilm (quelli sul precariato, sugli eterni-stagisti, sull’indebitamento – "Immaturi", la "Generazione mille euro", "Boris", "C’è chi dice no"…).

IL RUOLO DI SCUOLA E FAMIGLIA

Il ruolo attivo e intenzionale della famiglia e della scuola nel veicolare informazioni di economia e finanza ai minori risulta ancora limitato. Tuttavia, il confronto tra studenti esposti e non-esposti al programma di educazione finanziaria, su un test di conoscenze economiche a risposta chiusa, mostra un effetto positivo della partecipazione: a parità di caratteristiche socio-demografiche, i primi indicano una percentuale significativamente maggiore di risposte corrette a domande specifiche (tabella 1) e l’effetto distanza nel tempo del programma risulta ridotto: su un item quale la nozione di interesse, ad esempio, la differenza tra chi ha finito il programma "1-2 settimane fa", "1-2 mesi fa" o "3 o più mesi fa", è nel complesso contenuta. Un ulteriore segnale incoraggiante dell’efficacia dei programmi di educazione finanziaria, misurata secondo i parametri proposti dall’Ocse, deriva dall’interesse verso l’economia e il desiderio di approfondire le proprie conoscenze economiche, sensibilmente più alti tra gli studenti che hanno partecipato al programma. (5) Tra questi ultimi, inoltre, si manifesta un desiderio esplicito di approfondire il tema del "come risparmiare meglio" e del "come guadagnare di più" (su quest’ultimo argomento i maschi sono sensibilmente più interessati rispetto alle femmine), mentre il funzionamento di una banca o le professioni dell’economia appaiono più distanti dagli interessi dei preadolescenti.

PREVENIRE È MEGLIO CHE CURARE

I dati mostrano chiaramente come l’alfabetizzazione economica dei giovani sia un problema serio. In questo scenario, riteniamo che sia la scuola a dover occuparsi della formazione economica dei minori. In primo luogo, perché la stessa famiglia – lasciata da sola – non appare oggi adeguatamente preparata a fornire alle nuove generazioni un supporto educativo completo in ambito finanziario. In secondo luogo, e si tratta di un segnale positivo, perché si registra un crescente interesse verso l’economia e la finanza tra i minori che partecipano ai programmi di alfabetizzazione finanziaria a scuola, specialmente per i progetti che prevedono più incontri e che utilizzano modalità didattiche basate sulla partecipazione attiva, sul riferimento a esperienze percepite come "reali" (ad esempio la compilazione di un budget) e anche con la partecipazione di esperti che provengono dal mondo extra-scolastico.

Tabella 1 – Percentuale di risposte a domande sul livello di alfabetizzazione finanziaria. Una sola risposta possibile

  Studenti esposti al programma di educazione finanziaria
“Io e l’economia”

(Base min.= 1.317)
Studenti
non-esposti

(Base min.= 584)
Alfabetizzazione finanziaria    
Cosa è un estratto conto    
Parte riassuntiva di un problema matematico 1,0 0,7
Documento estratto da un insieme di operazioni fiscali 10,0 10,8
Comunicazione di una banca per riepilogo movimenti su conto corrente in un dato periodo 49,9 42,7
Schema delle spese che posso ancora effettuare in un mese 5,3 4,6
Non so 33,7 41,2
     
Che cosa è un budget mensile?    
L’insieme di operazioni di un’azienda svolte in un mese 7,0 8,3
Uno schema che riporta le entrate e le uscite economiche di un mese 62,1 43,3
Uno schema delle cose comperate in un mese 10,3 12,1
Uno schema che si usa in Inghilterra per studiare economia 1,5 2,0
Non so 19,1 34,4
     
In economia, che cosa è un interesse?    
Somma da pagare per partecipare a un’operazione finanziaria 12,5 10,8
Somma da pagare per l’utilizzo del denaro altrui 32,6 25,3
Somma da pagare per le tasse 10,6 12,2
Somma da pagare per aprire un conto in banca 11,9 11,5
Non so 32,4 40,2
     
Che cosa è una carta pre-pagata ricaricabile    
Una carta di credito 10,6 10,4
Una carta che richiede l’esistenza di un conto corrente bancario 11,0 11,1
Una carta-bancomat che si attiva in banca versando una certa somma di denaro 52,7 44,8
Una carta obbligatoria per usare i cellulari 3,7 2,9
Non so 22,0 30,8
     
Interesse verso l’economia    
In futuro, vorrei fare una scuola/un corso che approfondisca la mia conoscenza dell’economia    
Completamente + abbastanza in disaccordo 38,1 45,9
Un po’ in disaccordo 16,5 16,3
Un po’ d’accordo 24,1 21,6
Completamente + abbastanza d’accordo 21,3 16,2

 

(1) Si vedano, per esempio, "Improving Financial Literacy: Analysis of Issues and Policies", Oecd (2005); e i contributi su questo sito di Fornero, Lusardi e Monticone (2008) [ ]; Lusardi 2009, Lusardi 2010 [); (Jappelli 2010).
(2) Es.: Chionsini, G., Trifilidis, M., "Educazione finanziaria. L’utilità di una strategia unitaria", Banche e banchieri, n. 5, 2010, pp. 360-374. Traclò F., (a cura di), Le esperienze di educazione finanziaria. Indagine sulla realtà italiana nel contesto internazionale, rapporto di ricerca, Fondazione Rosselli, Torino 2010.
(3) "Educazione Finanziaria. Indagine sui preadolescenti italiani", a cura di E. Rinaldi [2010] – .
(4) Per studi condotti in passato vedi Dosso C., Rosci E., (2000), Gli adolescenti e l’uso del denaro, in «Supplemento a Laboratorio Iard», n. 4, dicembre; Gi.O.C. (Gioventù Operaia Cristiana), Tutto il resto. Giovani, stili di vita e consumi, rapporto di ricerca, 2006.
(5) Oecd (2005), Recommendation on Principles and Good Practices for Financial Education and Awareness, www.oecd.org.

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LA RISPOSTA AI COMMENTI

16 commenti

  1. giuseppe rallo

    Molto interessante questa ricerca, peccato che da questo anno scolastico l’economia non si studia più nei licei, ma viene relegata ai soli istituti tecnici. La "riforma" delle superiori della Gelmini ha tagliato nei bienni delle scuole superiori le discipline giuridiche ed economiche, per questo motivo gli alunni non studieranno più la Costituzione e gli mancheranno anche le nozioni base di educazione finanziaria. La ricerca non fa che confermare il fatto che quella della Gelmini non è stata una riforma preceduta da un serio dibattito culturale sui nuovi saperi, ma semplicemente un taglio indiscriminato di ore senza alcun criterio didattico e/o pedagogico.

  2. Nicola

    Gentili, l’argomento della socializzazione economica è stato oggetto di una ricerca tra i ragazzi delle scuole secondarie superiori. Vi segnalo il volume: Marcello Dei, Economia e società nella cultura dei giovani, Franco Angeli, 2006. Un saluto Nicola Giampietro

  3. BOLLI PASQUALE

    La politica disinforma,la scuola non insegna e le famiglie tollerano:il comportamento negativo delle tre componenti dà inevitabilmente origine a giovani,carini e disinformati:le colpe,però, sono di tutti, meno che dei giovani. La politica disinforma perchè è più comodo governare un popolo di asini, che un popolo di meno asini. A parte la considerazione che dagli stessi uomini politici a tutti i livelli, dai parlamentari, ai consiglieri regionali, provinciali e comunali vengono inevitabilmente scambiate non conoscenze ed incopetenze, per certezze e sapere. La scuola non forma i giovani, nè nella teoria ,nè nella pratica: i docenti, non adeguatamente retribuiti, insegnano più per necessità che per amore per un incarico che dovrebbero considerare più missione che normale lavoro. Le famiglie sono costrette alla tolleranza delle azioni dei propri figli perchè troppo distratte ed assillate dalle quotidiane necessità della vita, che spesso riserva non tranquillità, ma preoccupazioni economiche. L’alfabetizzazione dei giovani nel campo dell’economia e della finanza, però, è essenziale per le scelte degli uomini giusti, onesti ed altruisti che dovranno guidare il nostro attuale sfortunato Paese.

  4. Rino

    Molto interessante lo spunto di analisi e la considerazione che avere da governare un popolo di asini si riesce meglio. Il sig Bolli indica nell’impegno (missione) degli insegnanti la via d’uscita da questa pericolosa situazione. Concordo in pieno ma il Presidente del Consiglio vede e apoatrofa questi meritevoli insegnanti come coloro che vogliono "inculcare" una cultura diversa da quella della famiglia, quindi da allontanare. Se la famiglia non è interessata e la scuola non tratta l’argomento allora i furbi e furbetti oltre ai truffatori possono prosperare.

  5. BOLLI PASQUALE

    Berlusconi, per fortuna,non è l’Italia: il nostro Paese, solo in minima parte, si identifica nell’attuale Premier: guai se ciò non fosse,perchè se ciò fosse, la nostra società avrebbe poche possibilità di sperare in un futuro migliore. Non tutti gli italiani hanno gli stessi suoi concetti di vita e di comportamenti per quanto riguarda eticità e moralità pubblica; non tutti ritengono che i privilegi siano soltanto di pochi e non di tutti o che ai furbi o furbetti si assegni, sempre, un degno posto in Paradiso. Che importa,allora, se il Premier,per allucinazione o fissazione, vede anche nei docenti,come nei giudici, nelle Istituzioni e nei giornalisti i soliti comunisti? Che importa se il Premier chiama comunisti gli uomini non asserviti perchè dignitosi e con schiena dritta? Gli italiani devono convincersi che Berlusconi non è la nostra stella polare ma è soltanto un ricco signore che, ora, per sua e non nostra fortuna, ha la guida della nostra società. I posteri e, non noi, giudicheranno, in futuro, quanto ha fatto. A noi, oggi, compete, soltanto il compito di far crescere i nostri figli con dignità ed onestà.

  6. lormar

    L’analfabetismo finanziario parte purtroppo "dall’alto ."Intendo da noi adulti ( mi sembra esistano delle valutazioni internazionali in merito ) e soprattutto dai giornali economici che dovrebbero educare e guidare . La lettura del libro del matematico finanziario Prof Beppe Scienza -di UniTO" il risparmio Tradito" contiene in appendice una gustosa quanto implacabile analisi detta" lo stupidario del sole 24 ore "con centinaia di esempi e con la precisazione che gli strafalcioni non sono patrimonio esclusivo di tale giornale e cita Corsera , il Mondo etc . Ritengo che essenziale sarebbe "inculcare " a monte nei giovani in generale il concetto di rischio nel senso lato di Beck di cui quello finanziario costituisce un importante sottoassieme.

  7. andrea giuliani

    Innanzi tutto vorrei rassicurare qualche commentatore poco informato: a scuola si studia e si lavora seriamente. Certo, questo non è vero per tutte le scuole, per tutti gli insegnanti , per tutti gli studenti, ma il discorso potrebbe essere facilmente esteso a molti altri settori . Di vero c’è che la tanto acclamata "riforma gelmini" ha pensato bene di togliere l’insegnamento del diritto e dell’economia dal biennio dei licei con il bel risultato che avremo ragazzi che niente sanno dei rudimenti dell’economia ( non parliamo degli strumenti necessari per compiere scelte consapevoli in tema di finanza) e dei principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale. Tanto a che serve la Costituzione, dobbiamo approdare a modelli nuovi di convivenza che il nostro leader maximo ci insegnerà. A che serve l’economia, avremo di certo tecnocrati che insegneranno al popolo le scelte migliori da operare per il benessere individuale e collettivo….

  8. marco m

    Lungi da me difendere la riforma. Però io ho fatto il liceo scientifico (mi sono maturato 3 anni fa) e posso assicurare che non si è mai studiato niente che avesse a che fare con l economia e la finanza. E mi risulta che in altri corsi di matrice liceale si faccia altrettanto. Invito, per onestà intellettuale, a non aggiungere ai mali della riforma anche il taglio delle ore di educazione economico-finanziaria nei licei.

  9. Confucius

    Parlavo giusto ieri sera con un mio amico che tiene lezioni di doposcuola ai ragazzi delle scuole medie. Costui mi descriveva gli sguardi perplessi e sperduti dei ragazzi alla domanda: "Quanto fa 2 meno 3?" e "Quanto fa 8 meno 10?". Che volete che ne sappiano dell’interesse composto, dei futures e dei titoli strutturati? Qui il problema è l’artimetica, non l’economia!

  10. Rino

    Non vorrei essere frainteso: penso che senza il lavoro meritorio ed impegnato degli insegnanti saremmo messi ancora peggio e so bene che la linea che Berlusconi indica ai suoi ministri che si devono occupare della formazione è quella di insegnare poco, per cui il togliere risorse è il metodo più semplice. Il resto lo fanno i media da lui controllati. E’ sicuro che bisogna resistere con dignità e non svendere nulla dei propri valori, rilevo che la situazione al contorno non è favorevole e penso proprio che il mancato insegnamento dei fondamentali dell’economia ubbidisca a questa precisa scelta.

  11. PDC

    Quale economia si potrebbe insegnare a scuola? Quella di destra o quella di sinistra? L’economia divide come la religione. Quanto all’insegnamento della finanza, propongo di appendere vicino al crocefisso nella aule il seguente motto: "Qualunque investimento ti propongano, chiunque te lo proponga sta cercando di derubarti." Fine delle lezioni di finanza.

  12. giuseppe rallo

    Le micro esperienze liceali di alcuni non posso essere portate come esempio di quel che accade in tutta l’Italia, è giusto basarsi sulle statistiche. Dal 1992, cioè dalla riforma Brocca, lo studio del diritto e dell’economia è stato introdotto nella totalità dei licei classici e nella maggior parte dei licei scientifici ( probabilmente il tuo Dirigente Scolastico non avrà ritenuto importanti queste materie). La Gelmini nel taglio indiscriminato di ore compiuto nelle superiori, ha "deciso" di eliminare nei bienni liceali il diritto e l’economia. Tutto ciò, come è stato osservato da alcuni commentatori, va in aperto contrasto con quanto sostenuto nella ricerca "giovani, carini e disinformati" di Balduzzi e Rinaldi.

  13. F.R.

    L’articolo è interessante e la necessità di un’educazione economica inoppugnabile, però, da insegnante di lettere posso dire una cosa? La piantate di tirarci in mezzo per ogni cosa? Non voglio sostenere che la scuola debba sottrarsi ai suoi doveri civici (altrimenti a che servirebbe?), però trovo sempre più difficile pensare che tutti i problemi dobbiamo risolverli noi a scuola (anche tacendo dei tagli). Educazione stradale e patentini, educazione sessuale, benessere psicologico, educazione ecologica, educazione alimentare, patentini informatici, prevenzione e salute, lotta alla droga, ora anche educazione economica, e chi più ne ha più ne metta. Quando c’è qualche problema coi giovani, la risposta è sempre: la scuola! Questo va benissimo, per carità (soprattutto per la droga). Ma prima di riversare sulla scuola un’ulteriore responsabilità, potreste almeno chiedervi in quali forme, in quali modi e tempi e con quali risorse si dovrebbe fare tutto questo? Non è che si può dire: "Fate, insegnate!" e pensare di aver risolto qualcosa. A quale età pensate di fornirla, questa educazione? In quante ore? Con quale approccio? Ve le siete poste queste domande?

  14. Armando Pasquali

    Secondo alcuni studiosi, oggi il cittadino, anzi, il consumatore medio è un grado di riconoscere fino a mille marchi commerciali. Mentre la capacità di distinguere fra i diversi alberi non arriva a dieci. Ho preso questa informazione da un articolo apparso su una rivista di psicologia, dove ci si domandava perché la depressione fosse un fenomeno così diffuso. Effettivamente, vivere in un mondo artificiale, sempre più astratto e lontano dalla realtà, in sostanza il mondo dell’economia, non può che diffondere e accentuare questo grave problema.

  15. giusqui

    Credo che l’analfabetismo economico riguardi l’intera società italiana. Qello che nuoce veramente é l’ignoranza in materia che spesso sussiste tra i politici, gli operatori, i giornalisti e in genere tra i cosiddetti "esperti" che negli enti pubblici e nelle imprese private prendono decisioni e impegni destinati a influenzare gli interessi della collettività. Senza dubbio, le cause della disinformazione sono da ricercare in un’inadeguata istruzione scolastica. Per tentare di dare un contributo, i cui frutti si otterrano presumibilmente nel medio termine, l’ISTAT ha ideato da tempo il progetto "Statistica a Scuola". Personale Istat promuove periodicamente incontri presso scuole appositamente contattate, con lo scopo di fornire agli studenti elementi di metodologia statistica e lettura delle informazioni. Nel sito di ISTAT Sicilia si trova un interessante insieme di documenti sulle esperienze maturate nella regione.

  16. Gabrin

    Preferirei che la scuola li alfabetizzasse nella lingua italiana, perché se manca quello non vedo come possa venire il resto. Ci mancano solo i suggerimenti della lobby degli economisti.

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