Lo scorso 5 maggio la Conferenza unificata ha approvato il decreto di riparto del Fondo nazionale per le politiche sociali (Fnps) per l’anno 2011. Complessivamente sono stati attributi 218 milioni di euro, meno di 4 euro per abitante, una cifra irrisoria rispetto alle dimensioni della povertà e della deprivazione delle famiglie. Con “senso di responsabilità”, le Regioni e i Comuni hanno espresso intesa sul provvedimento, accelerando così l’erogazione degli stanziamenti, ma hanno espresso preoccupazione per una serie di fattori, uno dei quali rischia di passare inosservato.
In sede di riparto del Fnps (ormai diventato un lumicino, con il quale le amministrazioni locali possono fare ben poco) le risorse sono state decurtate di 55 milioni, accantonati per coprire (eventuali) minori entrate derivanti dalla cessione delle frequenze per i servizi di comunicazione a banda larga. E così le politiche sociali pagano le carenze della politica sulle frequenze. Come è potuto succedere? La ricostruzione della storia non è facile e si scontra con il crescente mutismo della normativa: una sequenza di riferimenti normativi, a dispetto degli obblighi di semplificazione e chiarezza nei documenti pubblici (il decreto fa riferimento “all’articolo 1, comma 13 della legge 13 dicembre 2010, n. 220”, nonché “al D.L. n. 225 del 29 dicembre 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n.10”. I quali, a loro volta, fanno riferimento “all’articolo 17, comma 12, della legge 31 dicembre 2009, n.196” e “all’articolo 21, comma 5, lettera b) della citata legge n. 196”). Con un po’ di pazienza è possibile ricostruire la vicenda. A fine dicembre il Governo aveva previsto 2,4 miliardi di entrate dalla vendita delle frequenze, ma aveva anche anticipato che “nel caso in cui si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alla previsione” avrebbe provveduto alla riduzione lineare delle spese di ciascun ministero (con la sola eccezione del Fondo per l’università, della ricerca e del 5 per mille). Di qui l’accantonamento di 55 milioni, sottratti alle politiche sociali per il contrasto della povertà e la coesione sociale.
Una brutta vicenda di scarsa trasparenza, tagli occulti, norme oscure e redistribuzione perversa. 

Poniamo dunque ai ministri Tremonti (Economia) e Sacconi (Lavoro e politiche sociali) le seguenti domande: a quanto ammonta il minor gettito dalla banda larga? Come erano state fatte le previsioni? Dove sono stati operati i tagli? Con quali criteri? Quando e come verranno reintegrati i fondi? A quale nozione di equità si ispirano i tagli lineari?

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