È in discussione un decreto legislativo che rende permanente e sistematica per l’amministrazione centrale la revisione della spesa avviata dal ministro Padoa-Schioppa. È un fatto positivo, ma c’è il pericolo che una struttura troppo rigida e chiusa freni la capacità di generare proposte. Per contrastarlo, si consiglia allora una maggiore apertura al mondo esterno, con inserimento di esperti e audizioni di operatori.

È tornata di moda la spending review o revisione della spesa (Rs). Era stata il cavallo di battaglia del ministro Padoa-Schioppa, che l’affidò alla Commissione tecnica per la spesa pubblica (Ctfp) operante al ministero dell’Economia e delle Finanze tra l’aprile 2007 e il maggio 2008. Proseguita con competenza dall’Ufficio studi della Ragioneria generale dello Stato, è ora contemplata come sistematica procedura dell’amministrazione centrale nello “Schema di decreto legislativo recante riforma dei controlli di regolarità amministrativa e contabile e potenziamento dell’attività di analisi e valutazione della spesa” (Atto n. 368, articoli 4 e da 25 a 30), che è all’esame della Commissione Bilancio della Camera dei Deputati. Un commento a tali norme, ma prima un cenno per inquadrare il tema.

PERCHÉ UNA REVISIONE DELLA SPESA

La revisione della spesa è diretta a migliorare l’efficienza e l’efficacia della spesa pubblica – minore spesa a parità di risultati e maggiori risultati a parità di spesa – attraverso la sistematica analisi e valutazione delle strutture organizzative, delle procedure di decisione e di attuazione, dei singoli atti all’interno dei programmi, dei risultati. Si oppone all’approccio incrementalista che di fatto è diffuso nell’amministrazione pubblica e che dà per scontato quasi tutto l’assetto strutturale e procedurale esistente, limitandosi a valutare le variazioni annue. Al contrario, riecheggia la metodologia del “bilancio a base zero”, in cui tutto può essere messo in discussione alla luce di un’analisi che confronta fini, fabbisogni, risultati. La Rs si svolge quindi attraverso un’analisi logica su coerenza tra obiettivi e strumenti e attraverso un’analisi quantitativa sulle previsioni di spesa e sui risultati ottenuti, anche mediante la elaborazione e l’uso di indicatori di risorse, di processo, di risultati specifici (output), di risultati sociali (outcome). Sulla base della suddetta analisi esprime valutazioni e avanza raccomandazioni. Di quest’ultime segue le ricadute effettive, affinando il processo nel tempo attraverso valutazioni ex post che aiutano a formulare nuove raccomandazioni. La Rs deve quindi essere un’attività continua, naturalmente nel rispetto delle scadenze dell’intero processo politico e amministrativo dello Stato.

Alla luce dei fini e dei contenuti appena enunciati, il gruppo che attua la Rs deve quindi poter contare su: dati esaustivi e comparabili, su competenze metodologiche per l’analisi quantitativa, su conoscenze dei fenomeni su cui impatta l’azione amministrativa in esame, capacità di immaginare strutture e procedure diverse da quelle vigenti.

ASPETTI POSITIVI DELLA RS

Lo schema di Dlgs. conferisce adeguato ruolo alla Rs, è corretto nell’individuare nella Ragioneria generale dello Stato il referente finale e il coordinatore del processo e nel prevedere il rafforzamento delle risorse umane destinate alla Rs mediante opportune politiche di reclutamento, di articolazione della dirigenza, di attività di formazione (art. 26).

Positiva l’attenzione data alle indispensabili banche dati e alla necessità di un rapporto collaborativo di tutte le amministrazioni nella tempestiva fornitura dei dati, prevedendo, in caso contrario, ricadute sulle remunerazioni dei dirigenti responsabili (art. 27).

Positiva la previsione di una graduale estensione della Rs alle altre amministrazioni pubbliche sottoposte alla vigilanza dei ministeri. Positiva pure l’indicazione che le norme sulla Rs, pur non applicandosi in via diretta agli enti territoriali periferici e alle Asl, costituiscono per tali soggetti disposizioni di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica (art. 28).

LA FUNZIONE DEL NUCLEO

Due osservazioni. La prima è che il processo va regolamentato con equilibrio, tenendo presente che la situazione, anche all’interno dell’amministrazione centrale, è variegata. Si suggerisce quindi di indicare la cadenza triennale del lavoro come procedura normale ma non perentoria, aperta a motivate eccezioni. Detto per inciso, una minore rigidità sarebbe stata auspicabile anche nella composizione del Nucleo di analisi e valutazione della spesa, definita in modo uniforme dal decreto Mef 22 marzo 2010 che prevede cinque rappresentanti del Mef, cinque rappresentanti dell’amministrazione centrale interessata e un rappresentante della presidenza del Consiglio. 

La seconda e più importante osservazione è che non viene abbastanza sottolineata la funzione propositiva del Nucleo. È ben vero che è esplicitamente prevista la formulazione di proposte sulla revisione della struttura del bilancio statale. Ma non basta per indicare nel Nucleo un centro di confronto da cui far emergere proposte sui contenuti e sulle procedure dell’attività amministrativa analizzata. Se si crede a tale ruolo (e se non vi si crede, diventa ridondante un Nucleo di 11 persone), bisogna creare nel Nucleo un’atmosfera di tensione e libertà intellettuale. Se l’anno di lavoro effettivo della Commissione tecnica per la finanza pubblica sortì qualche buon risultato, come generalmente viene riconosciuto, uno dei fattori fu l’atmosfera quasi da seminario di ricerca che si era creata nei gruppi di lavoro. Si tratta di una prassi legata più ai comportamenti che non alle norme, sicché l’osservazione diventa soprattutto una raccomandazione rivolta a chi avrà il compito di condurre l’attività del Nucleo. E tuttavia le norme possono favorire i comportamenti virtuosi.

Tre suggerimenti al riguardo. Il primo è di dichiarare esplicitamente che la Rs, oltre che definire fabbisogni e monitorare l’efficacia della azioni adottate, è chiamata anche a formulare proposte  dirette a migliorare il rapporto efficacia-costo dell’azione amministrativa. Il secondo è di consentire ai Nuclei di inserire nei gruppi di lavoro almeno gli esperti provenienti da università o altri soggetti pubblici che la norma prevede solo a supporto della Rgs, meglio ancora se tali esperti potessero essere individuati anche in ambito privato. Il terzo è di effettuare audizioni di esperti e di  rappresentanti della società civile che è destinataria dell’azione amministrativa in esame.

Senza questa tensione al cambiamento, supportato dal rapporto con esperti e operatori esterni e alimentato da un’atmosfera di libero confronto intellettuale, la Rs diventerà sistematica ma  snaturata a mera analisi retrospettiva. Meglio che niente, però altra cosa rispetto a quella avviata da Tommaso Padoa-Schioppa e dalla Ctfp.

* Già presidente della Commissione tecnica per la finanza pubblica (2007-08).

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