I paesi in cui si dà più spazio e importanza all’innovazione sono anche quelli in cui i giovani hanno maggiori incentivi a essere autonomi, pienamente attivi e protagonisti nel mercato del lavoro. E sono anche i paesi che crescono di più. L’Italia non è tra questi. Non stupiamoci allora se più di quattro giovani italiani su dieci sono pronti ad andarsene all’estero alla prima occasione.
C’era un tempo un villaggio nel quale, a partire da un certo anno, iniziarono a nascere bambini con un secondo occhio. Alla nascita del primo bambino siffatto si pensò a uno scherzo della natura. Ma poi, dopo il secondo, il terzo e tutti gli altri, divenne evidente che si trattava di qualcosa di sistematico, che riguardava tutti i nuovi nati. Allinizio i genitori rimasero interdetti, ma poi la questione estetica venne subito superata. In fondo il secondo occhio non li rendeva più brutti, erano solo un po’ diversi rispetto ai genitori che ne avevano solo uno al centro della fronte. E poi anche i figli degli altri erano nelle stesse condizioni, quindi tutti ben presto se ne fecero una ragione. Cosa poi servisse quel secondo occhio non era chiaro. In fondo fino ad allora si era vissuti bene anche senza quel doppio dispositivo visivo. I vecchi saggi sentenziarono comunque che non serviva a nulla e che anzi i figli rischiavano di crescere distratti e confusi. Nessuno si preoccupò quindi di trovare il modo migliore di vedere con un occhio in più e i bambini crescendo si abituarono presto a tenerlo chiuso accontentandosi di osservare il mondo come facevano le vecchie generazioni.
In un villaggio vicino successe la stessa cosa, ma i vecchi erano lì più saggi e considerarono un dono per tutta la comunità il fatto che le nuove generazioni si trovassero con potenzialità visive aggiuntive rispetto ai padri. Cercarono di capire come aiutarli a sviluppare meglio tale dotazione innovativa e si trovarono alla fine con giovani che sapevano cacciare con più destrezza e costruire prodotti più raffinati rispetto ai loro genitori.
Il primo villaggio lo potremmo chiamare “conservazione del vecchio”, il secondo “promozione del nuovo“. Quale dei due villaggi crescerà con più prosperità? Quale dei due assomiglia di più allItalia di oggi?
LA RICERCA E L’INDIPENDENZA DEI GIOVANI
La figura 1 può aiutare a rispondere a questa domanda. Vi è rappresentata la relazione tra percentuale di giovani che dipendono economicamente dai propri genitori e spesa in ricerca e sviluppo su Pil. I due indicatori presentano uninsospettata forte associazione statistica. Senza avventurarsi in interpretazioni direttamente causali, ci accontentiamo semplicemente di notare come accada che i paesi in cui si dà più spazio e importanza allinnovazione siano accidentalmente anche quelli in cui i giovani sono maggiormente incentivati a essere autonomi, pienamente attivi e protagonisti nel mercato del lavoro. E sono anche i paesi che crescono di più. LItalia, ovviamente, si posiziona nella parte meno favorevole del grafico. Non stupiamoci allora se, come risulta dallultimo rapporto della Fondazione Migrantes, oltre quattro giovani italiani su dieci sono pronti ad andarsene allestero alla prima occasione. Quando infatti varcano il confine il secondo occhio improvvisamente si riaccende e par loro di poter fare meglio e di più di quanto riuscivano a fare nella madre patria.
Figura 1. Giovani che dipendono economicamente dai genitori (asse verticale) e Spesa in R&S su Pil (asse orizzontale). Paesi Ue, anno 2007.
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fabrizio
Sarebbe stato bello avere anche sugli altri puntini nel grafico il nome degli stati in modo da capire bene, dove emigrare.
Claudia Villante
Purtroppo chi va all’estero è anche chi riesce a costruirsi una formazione robusta con una approfondita conoscenza delle lingue e lo sviluppo di competenze trasversali in grado di confrontarsi con un mercato sempre più agguerrito anche sulla valutazione dei "cervelli". Insomma elementi che la scuola pubblica trascurano abbondantemente con il risultato che i soliti figli di genitori socio-economicamente forti sono facilitati ad espatriare. Vogliamo fare una ricerca sul profilo familiare di quelli che studiano e vivono all’estero? La mia ipotesi è che esiste un "mercato di élite" anche su questo fronte. Inoltre di quale fascia di età stiamo parlando? La generazione dei ventenni, trentenni, quarantenni? Questi ultimi che una professione se la sono più o meno costruita ma che sperano in una maggiore stabilità occupazionale e un’adeguata opportunità di crescita professionale (vista la stagnazione di questo paese) non riescono nemmeno più a sognare….
Vincesko
Il livello di propensione allinnovazione è parente stretto del livello di propensione al rischio, che, secondo me, ha due determinanti, variamente calibrate per ciascun individuo: il carattere innato, frutto dei geni, e, soprattutto, leducazione ricevuta in famiglia (in senso lato). Che poi determinano o almeno concorrono a determinare fortemente le propensioni e le scelte future, anche, ad esempio, sul corso di studi o sul tipo di lavoro o sulla decisione di rendersi autonomi o, appunto, sullaccogliere il nuovo e diverso. La soluzione, quindi, è investire nell’educazione in famiglia (e nella scuola, ma dopo), innovando il paradigma educativo-culturale materno-femminile-protettivo-conservativo, influenzato storicamente e profondamente dalla Chiesa cattolica italiana.
SAVINO
Mi si dica cosa altro può fare un giovane, se non emigrare, quando uno gruppuscolo di avvocati-parlamentari si mettono di traverso contro l’interesse nazionale per impedire provvedimenti per la liberalizzazione delle professioni, perchè, cito testualmente Di Pietro, pensano ai fatti loro. Mi sapete dire che differenza c’è tra un black block infiltrato tra i no-Tav in Val Susa e questi pseudo-avvocati? Secondo me, nessuna. Fanno entrambi azione di terrorismo contro l’interesse nazionale.
Omar
Un semplice saluto da u giovane ingegnere all’estero … Singapore. Non mi addentro neanche nel discorso delle 1000 problematiche italiane, giovani etc.. Una cosa e’ sicura non si torna indietro quando si lascia l’Italia!