Lavoce.info

ABOLIRE LE PROVINCE? SI RISPARMIA POCO

Le province spendono circa 12 miliardi di euro all’anno, ma 6 miliardi non sono facilmente comprimibili perché si tratta di rimborsi di prestiti e spese per manutenzione del patrimonio immobiliare. Anche da una sua eventuale dismissione non si otterrebbe molto, a meno di non pensare di vendere edifici scolastici e strade. Quanto al personale, spesso proviene da altre amministrazioni ed è chiamato a svolgere le nuove funzioni attribuite dalle leggi Bassanini. Insomma, al massimo si possono risparmiare 2 miliardi l’anno.

Ridurre la spesa pubblica attraverso l’abolizione delle province può essere certamente una buona idea. A patto di non credere che siano possibili i mirabolanti risparmi di cui si è detto in questi giorni, pari a circa 10 miliardi di euro. Si tratta di letture abbastanza superficiali della composizione della spesa delle province, non a caso accompagnata dall’idea che detti risparmi si potessero conseguire anche mediante la dismissione del patrimonio immobiliare.

DOVE VA LA SPESA DELLE PROVINCE

Forse è utile analizzare meglio le grandezze finanziarie di cui si parla. L’Unione delle province italiane ha diffuso un dossier, dal quale si conferma che complessivamente le province spendono circa 12 miliardi di euro all’anno, dei quali circa 8 miliardi e mezzo per spesa corrente, circa 3 miliardi per spese in conto capitale e circa mezzo miliardo per rimborso di prestiti (tutte spese con trend discendente dal 2008).
Immaginare di tagliare di colpo 10 miliardi, significa accettare l’illusione che aboliti gli enti, la spesa possa limitarsi a finanziare il solo costo del personale, pari a circa 2,5 miliardi di euro.
Le cose sono un po’ più difficili. Intanto, non è possibile azzerare la spesa per rimborso prestiti: abolite le province, qualcuno dovrebbe accollarsela, per evitare ovviamente danni ai creditori.
La spesa in conto capitale a sua volta appare molto difficile da ridurre. È in larghissima misura dovuta a interventi di manutenzione, ampliamento, ristrutturazione e gestione dello sterminato patrimonio immobiliare, composto da 125 chilometri di strade e da circa 5mila edifici scolastici. Anche se si dovessero abolire le province, queste spese dovrebbero comunque essere sostenute.
Insomma, dei 12 miliardi circa di spesa, 6 miliardi ben difficilmente possono essere risparmiati. Meno che mai, si può immaginare di ottenere consistenti ricavi da dismissioni patrimoniali, a meno di non pensare di vendere strade ed edifici scolastici.
Restano altri 6 miliardi di spese correnti sui cui poter intervenire. Molte sono connesse ad acquisizioni di beni e servizi finalizzati all’esercizio delle funzioni amministrative di competenza delle province. Anche in questo caso, la semplice eliminazione degli enti non comporta automaticamente la cancellazione delle spese. Le funzioni delle province qualificate come “fondamentali” da parte della legge delega sul federalismo fiscale (la legge 42/2009) sono queste: funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo (nella misura complessiva del 70 per cento delle spese come certificate dall’ultimo conto del bilancio disponibile alla data di entrata in vigore della legge 42/2009; funzioni di istruzione pubblica, ivi compresa l’edilizia scolastica; funzioni nel campo dei trasporti; funzioni riguardanti la gestione del territorio; funzioni nel campo della tutela ambientale; funzioni nel campo dello sviluppo economico relative ai servizi del mercato del lavoro. È evidente che, soppresse le province, qualche altro ente dovrebbe curarle, a meno che la legge non ne sopprima anche le funzioni.
Il trend, comunque, delle spese correnti è fortemente in discesa, per effetto anche delle stringenti regole imposte dal patto di stabilità. In altre parole, per quanto ovvio sia imporre ulteriori misure di razionalizzazione e risparmio, quelle già esistenti hanno consentito di diminuire le spese correnti delle province tra il 2008 e il 2010 del 5,2 per cento.

NUOVE FUNZIONI PER LE PROVINCE

Non si deve dimenticare che le province hanno comunque un trend di spesa a geometria variabile. Infatti, molte delle spese, ivi comprese quelle legate al personale derivano dall’attribuzione di funzioni nuove e diverse da parte delle Regioni, in attuazione delle leggi Bassanini. Se i dipendenti delle province accertati dalla Ragioneria generale dello Stato attraverso il Conto del personale 2009 sono intorno ai 56mila, circa 6-7mila di coloro che operano presso i Centri per l’impiego sono transitati tra il 1999 e il 2000 dal ministero del Lavoro; altrettanti sono i dipendenti trasferiti dalle Regioni, in conseguenza del conferimento di funzioni, in particolare nel campo del turismo, dell’agricoltura, della formazione professionale, delle attività produttive.
I veri e propri “costi della politica” delle province concernono indennità e gettoni di presenza, pari a 113 milioni di euro. Ammettendo che la soppressione delle province possa consentire un forte abbattimento delle spese generali, stimate dall’Upi in circa 750 milioni di euro, la massa critica dei risparmi effettivamente conseguibili molto verosimilmente non andrebbe oltre i 2 miliardi di euro.
Ovviamente, si tratta di una cifra tutt’altro che da disdegnare. Che forse si può ottenere egualmente  senza stravolgere l’organizzazione degli enti locali, con proposte di accorpamento non solo delle province, ma anche delle competenze, considerando che le province dovrebbero essere viste come naturali depositarie di funzioni oggi sparpagliate tra autorità d’ambito e di bacino e mille altre. Per non parlare, poi, della possibilità che siano proprio le province gli enti naturalmente destinati ad accompagnare il disegno di fusione dei piccoli comuni, avviato dalla manovra estiva 2011.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Il grande equivoco delle materie non-Lep
Leggi anche:  Dimmi cosa mangi e ti dirò che partito voti

Precedente

OLTRE LA MANOVRA

Successivo

TEST D’INGRESSO A MEDICINA, SPRECO DI CAPITALE UMANO

41 commenti

  1. Tommaso

    E’ quasi ovvio notare che qualsiasi riduzione dei costi della politica ha più un valore simbolico. Ma i simboli sono importanti. E poi ha senso avere istutuzioni che hanno senso. L’ultima volta che avete votato alle provinciali non avete provato uno strano senso di straniamento? Quali sono i programmi che i presidenti delel province presentano agli elettori? Su quali azioni sono giudicati? Come può sbagliare un presidente di una provincia?

  2. Paolo Sinigaglia

    La pensiamo anche noi grosso modo così: qui un mio articolo del 7 luglio: http://pico.co.it/2011/07/07/dell%E2%80%99utilita-delle-province-e-dei-costi-della-politica/

  3. michele

    Oltre alle province, servirebbe una legge ad hoc che vieti la costituzione di nuove province, municipi decentrati nelle città con meno 250.000 residenti, comunità montane, città metropolitane, incarichi retribuiti nei comitati di quartieri/consigli di zona; contestuale soppressione e alienazione di immobili nelle città con meno di 100.000 abitanti per municipi decentrati e incarichi retriobuiti nei comitati di quartiere/consigli di zona 2) applicare il d. lgs. 267 del 2000 per la creazione di consorzi fra enti locali.

  4. Giulia Oliveri

    In Italia prima del trasferimento delle strade ex Anas le Province erano già il principale soggetto gestore della rete stradale extraurbana. Nel 2000 su un totale di 173.000 km di strade extraurbane (Autostrade, strade statali, strade provinciali) 120.000 km erano gestiti dalle province per una percentuale pari al 70%. Con il trasferimento della rete stradale ex Anas, nel 2001 circa 25.000 km di strade sono passate in gestione alle Province per una percentuale complessiva pari a circa 84% della rete stradale nazionale per un totale di km 145.000.

  5. Paolo Rebaudengo

    Quarantatré Province, quelle con una popolazione inferiore a 350.000 abitanti, possono essere abolite accorpandole a quelle confinanti: si scenderebbe a 64 Province rispetto alle 107 attuali escludendo Trento, Bolzano e Aosta. Al risparmio dei costi potranno contribuire anche la sostituzione del Consiglio elettivo con un Consiglio di Sindaci. Occorre poi razionalizzare le funzioni e correggere le loro sovrapposizioni e duplicazioni rispetto a quelle dei Comuni, Regioni, Stato e altri Enti pubblici. Non si riuscirà a risparmiare 12 miliardi di euro l’anno ma almeno tre miliardi sì, che potrebbero triplicarsi se contestualmente avvenisse un riassetto delle autonomie locali, tenendo presente che su 8.100 Comuni solo 500 hanno più di 15.000 abitanti.

  6. maurizio

    Ritengo personalmente che i risparmi derivanti da una eventuale abolizione delle Province sono irrealistici poichè non si tiene conto che le funzioni svolte dalle Province sarebbero comunque espletate da altre amministrazioni locali o centrali. L’abolizione delle Province mi sembra un diversivo per sviare l’interesse da altri costi della politica. Vogliono dare in pasto alla folla inferocita un capro espiatorio. Sarebbe interessante valutare i costi rappresentati dalle società interamente controllate o partecipate dagli enti locali che costituiscono una matassa difficilmente dipanabile a causa della stratificazione di interessi clientelari. Anche in questo caso la parte del leone la fanno altri enti territoiali: Regioni e Comuni.

  7. Andrea

    Quest’articolo, a mio avviso, coglie nel segno. È del tutto fuorviante credere che con l’abolizione delle Province possano essere ricavati risparmi consistenti, e che ne giovi il funzionamento delle Amministrazioni Locali. Quest’approccio, del resto, non valuta che l’abolizione di tale livello di governo necessiterebbe di una riforma costituzionale, e di un ripensamento complessivo del panorama istituzionale sul territorio. Ridurre il numero di Province (e perché no, di uffici periferici dello Stato) potrebbe essere una soluzione nettamente più praticabile. A costituzione invariata (v. art. 118 Cost.), invece, potrebbero essere ridistribuite le funzioni amministrative tra Comuni, Province, Regioni e Stato per conseguire le massime economie di scala e la massima efficienza, eliminando consorzi ed enti associativi variamente denominati. È paradossale, infatti, chiedere l’abolizione delle Province e poi imporre ai Comuni l’esercizio associato di talune funzioni (evidentemente, quelle per i quali la loro dimensione è inadeguata).

  8. Andrea

    E – dimenticavo – accorpare i Comuni, specialmente i più piccoli. In tutta Europa, dove si sono aboliti enti territoriali intermedi, si è contestualmente proceduto ad una aggregazione dei Comuni. Qui il ruolo centrale spetta alle Regioni (la fusione di più Comuni è disposta con legge regionale), tra le quali esistono squilibri ben visibili: il Piemonte (da solo) è composto da 1.206 Comuni (media: 3.700 abitanti), la Toscana da 287 (media: 13.065 abitanti), il Molise da 136 (media: 2.351 abitanti), per fare alcuni esempi. Il totale dei Comuni italiani, per inciso, è 8.100, di cui un terzo è concentrato tra Lombardia e Piemonte. Finché non si parlerà di questo, l’abolizione delle Province rimarrà sempre irrealistica demagogia.

  9. Fabio Pietribiasi

    Penso non vi siano alternative alla soppressione delle Province. Nel riordino degli Enti locali, sono ipotizzabili soluzioni diverse mettendo in discussione altri Enti come i Consorzi, gli Ato, le Comunità montane. Ma sono soluzioni impraticabili e illogiche, perché bisognerebbe impegnarsi a sopprimere più Enti per mantenerne in vita uno abbandonato dalla vita politica. Questa si svolge altrove e passa dal livello comunale a quello regionale, scavalcando disinvoltamente quello provinciale su tutte le questioni con un minimo di importanza, mentre niente fa pensare che la geografia dei centri di potere possa cambiare, nemmeno in tempi di sbandierato federalismo.

  10. Martino

    Ottimo articolo, finalmente fa un po’ di conti in tasca a certe speculazioni politiche e giornalistiche. La mia impressione e’ che il vero buco nero nell’organizazione degli enti territoriali siano i picoli comuni. E qui il discorso, piu’ che in termini di risparmi sui flussi di cassa, andrebbe fatto sull’efficienza della spesa e sull’efficacia della loro azione.

  11. Agostino De Zulian

    Da mio punta le provincie sono in toto da abolire non per i risparmi ma bensì perchè ci sono troppi livelli di Governo. Assieme alla provincie via anche i comuni polvere e le micro regioni. Per il principio della sussidiarietà dal mio punto di vista amministrativo doverbbe esistere un solo ente che individuo nell’Ente Comune. Un Ente che dovrebbe contare almeno 50.000 abitanti. Allo stesso Ente dovrebbero essere affidati tutti i compiti compreso il pagamento delle spese sanitarie dei residenti. Alle Regioni dovrebbe restare quanto non riesce a fare lo Stato oppure i singoli comuni.

  12. turk99

    Concordo al 99% con quanto riportato nell’articolo. Però ci sarebbero da considerare anche quei costi, diciamo, “nascosti” e legati alla gestione di un ente pubblico di fatto “politicizzato”. Mi spiego meglio: ogni consigliere, assessore e presidente si porta dietro un bacino elettorale che dovrà accattivarsi o accontentare con affidamenti diretti ad imprese, consulenze a tecnici, incarichi ad amici di partito e via discorrendo. E parliamo di tanti soldi: ricordiamo che le Province gestiscono le strade, le scuole di secondo grado, l’ambiente, ecc. Certo eliminare le Province e passare queste competenze ad altri Enti non elimina il problema, ma certamente lo ridimensiona

  13. psk

    2 miliardi di risparmio strutturale mi sembra un operazione sensata.

  14. Alessandro Gnoatto

    Alla luce della situazione di finanza pubblica, qualsiasi risparmio, anche se limitato, è auspicabile.

  15. maurizio

    Nella Provincia di Roma, ma credo che ciò sia avvenuto in altri enti locali, ha avuto l’onore della cronache una inchiesta della magistratura che ha portato al rinvio a giudizio di alcuni consiglieri provinciali della precedente consiliatura che approfittando dell’art.80 del dlgs 267/2000, che prevede il rimborso dei permessi retribuiti al datore di lavoro da parte dell’ente locale, si facevano assumere da parenti e amici con stipendi favolosimettendoli poi a carico dei contribuenti. Questi “costi” sono della politicama probabilmente non sono computati nell’inventario.

  16. giusidora

    2 miliardi di euro non sono pochi, specie in questi tempi di vita grama; si può fare di meglio anche abolendo o ristrutturando tutte le aree comunali di piccole dimensioni in modo tale da rendere la pubblica amministrazione più snella, ma anche più efficace, più decisionale e meno legata a particolarismi. non si possono continuare a pagare enti che molte volte fanno solo lavori di ridondanza amministrativa.

  17. maurizio

    Abito in un comune di 18.000 abitanti  Ariccia, dove da due anni viene fatta la raccolta differenziata porta a porta secondo un determinato calendario di consegna (3 volte a settimana rifiuti organici, 1 volta plastica e vetro,2 volte rifiuti indifferenziati). Nei comuni limitrofi tutto viene messo negli stessi contenitori. E’ una grottesca inciviltà, purtroppo dovuta al fatto che la competenza della raccolta è dei comuni e ognuno fa propri appalti infischiandosene del vicino,soprattutto se la giunta è di altro colore politico e ci sono altre cordate di interessi. Questo purtroppo è il federalismo (meglio campanilismo) idiota che impera nel nostro paese.

  18. Ermete Abboccato

    Il titolo dell’articolo è degno di 1984. La parola più pregnante, a sostegno della tesi di Olivieri, è “poco”. Ottimo esempio di articolo inutile in risposta alla tesi sostenuta dai boccaloni italiani secondo i quali l’abolizione delle provincie abbia come obiettivo la riduzione “significativa” dei costi. Olivieri ha abboccato e ha scritto un articolo adeguato.

    • La redazione

      L’interrogativo su quanto si risparmia razionalizzando gli assetti delle istituzioni e della pubblica amministrazione è estremamente importante. Infatti, le strategie debbono necessariamente tendere ad aumentare l’efficienza del sistema, riducendone i costi.
      Il tema, dunque, dell’abolizione delle province non è certo nè peregrino, nè da sottovalutare. Non è un caso che se ne parli da decenni.
      Ovviamente, fondamentale è allora cercare di quantificare i risparmi nella maniera più realistica possibile. Non è ovviamente sensato indurre a ritenere che poichè le province costano 12 miliardi di euro la loro abolizione comporta un risparmio di 12 miliardi, come troppe volte si sente e si legge.
      Abbiamo provato a fare una stima un po’ meno ottimistica e più realistica. Stando alla quale, l’importo comunque importante di 2 miliardi appare realisticamente conseguibile anche non solo con la pura e semplice eliminazione dell’ente, ma mediante soluzioni intermedie, come accorpamenti e razionalizzazione delle competenze.

  19. Roberto Fiacchi

    Non sarebbe forse più utile una valutazione sia dei costi che dei benefici? Il risparmio di 2 miliardi di euro non dice gran chè se non è rapportato ad un approfondimento che evidenzi quale prezzo possa essere in termini di risultati l’eliminazione delle province. Inoltre, concordo con chi sostiene che occorre una più ampia riorganizzazione ( esempio l’accorpamento di comuni ) che aggiorni la valutazione alle mutate condizioni sociali, politiche, etc…Si spendono tanti soldi per molteplici consulenze a tutti i livelli, non sarebbe forse utile farlo per un aspetto importante come il “sistema operativo dello Stato”? Così, prima di ” dare i numeri ” si possono avere dati ed informazioni quantitative e qualitative cui fare riferimento e permettere di avere concrete alternative su cui decidere.

  20. Daniele C

    Ma non è solo una questione di vile danaro (e comunque 2 miliardi sono 2 miliardi); le province sono un livello amministrativo ridondante; non servono: bastano le regioni ed i comuni, proprio come si fa all’estero (che poi si chiamino comunità autonome, stati federali, contee, poco conta). Dunque sono uno spreco di danaro (per via delle elezioni) ed un concentrato di clientelismo (se non hanno compiti precisi, non sono nemmeno controllabili), ed è questa la Ragione. Dopodiché chiaramente, una volta soppresse, quello che fanno, poco o molto che sia, dovrà essere fatto da qualcun altro; ma già il solo fatto di avere messo sulla strada tromboni politicanti sarà un generatore di pulizia, negli appalti e nella gestione della cosa pubblica. Questo si può monetizzare?

    • La redazione

      Secondo i dati dell’Unione Nazionale delle Province il costo che affrontano le province per indennità e gettoni di presenza a presidenti, assessori e consiglieri ammonta a 113 milioni annui. La “monetizzazione” del costo vivo delle cariche politiche è semplice e trasparente.
      Possibili risparmi indotti da minori inquinamenti degli appalti e un ridotto clientelismo nella gestione della cosa pubblica sono non facilmente quantificabili. Tenendo anche presente che influenze negative sugli appalti sono frutto di patologie ed atti di delinquenza. L’eliminazione delle province non comporta automaticamente la cancellazione degli appalti connessi allo svolgimento delle loro funzioni e, dunque, non azzera rischi di corruzione o altri reati; semplicemente li sposterebbe verso qualche altro centro decisionale.
      In quanto alle competenze, è certamente vero che la gran parte dei cittadini non sa bene di cosa si occupino le province e ciò certamente contribuisce a rafforzare la campagna sulla loro abolizione. Posto che nessuna funzione debba necessariamente essere gestita da un certo tipo di ente, dovere di completezza di informazione richiederebbe di evidenziare quali funzioni svolgono le province, specie quelle connesse ad ambiti troppo grandi per coincidere con quelli comunali. In particolare, le politiche del lavoro e della formazione professionale, il turismo (accoglienza dei turisti, promozione, classificazione delle strutture ricettive), la rete dei trasporti extraurbani, le autorizzazioni per l’esercizio della caccia e della pesca, la pianificazione territoriale di primo livello, i controlli su cave, discariche e funzioni sulla tutela dell’ambiente. Ma, analizzando il decreto legislativo 112/1998 e le leggi regionali attuative, di funzioni dettagliate e precise se ne rinvengono molte altre. Approfondendo meglio le competenze svolte si può comprendere con maggior cognizione di causa il rapporto costo-benefici dell’impresa di abolizione pura e semplice dell’ente provincia, invece di una sua diversa configurazione.

  21. Peppe

    Se per voi risparmiare due miliardi sono pochi. Poi credo che la cifra sia sottostimata. Ci sono provincie che affittano edifici e comunque gli edifici che si liberano possono essere occupati dalle Regioni (che sicuramente affittano). Inoltre il personale delle Provincie è spesso sottoutilizzato. Quindi può essere destinato a miglior lavoro. Inoltre si ripsarmiano le indennità di dirigenza. Insomma cominciamo a risparmaire questi due miliardi.

    • La redazione

      Un risparmio stimabile in 2 miliardi, che comprende in particolar modo i cosiddetti costi della politica ovviamente non è affatto poco, specie perchè strutturale. E’ sembrato, tuttavia, necessario analizzare gli effetti dell’eliminazione delle province, per non rimettere a tale eventuale decisione effetti salvifici sui conti pubblici.
      Le posizioni in merito sono, come si nota, piuttosto divaricate: si va dall’idea di eliminare totalmente le province, per passare dalla teoria di un loro accorpamento, fino a quella che giunge all’idea della loro conservazione. Probabilmente, la pressante campagna mediatica spinge a polarizzare le opinioni. Probabilmente, tuttavia, analizzando meglio gli effetti finanziari derivanti dalla soppressione delle province, si potrebbe tentare di conseguire risparmi analoghi con la razionalizzazione del loro numero e, soprattutto, definendo in maniera chiara e tassativa quali sono le competenze degli enti territoriali, per evitare duplicazioni.
  22. Dario Quintavalle

    Abolire le province presenterebbe il vantaggio di poter destinare il loro personale ad altre funzioni. Gli uffici territoriali dello Stato soffrono ormai di cronica carenza di personale, e trovano difficoltà a riempire gli organici, soprattutto al Nord. Basti pensare che l’organico degli uffici giudiziari è sceso in nove anni di 10.000 unità, pari a 1/5 della forza lavoro prevista. Il personale delle province, radicato territorialmente, potrebbe ben supplire a questi deficit, senza correre il rischio che chieda il trasferimento ad altra sede. Quindi l’ipotesi di una mobilità dalle province ad altri uffici pubblici andrebbe studiata ‘a prescindere’ dall’abolizione delle stesse.

  23. Paolo Bizzarri

    Moltissime delle funzioni elencate possono essere svolte con maggior efficacia a livello regionale, abolendo inutili duplicazioni e relative strutture dirigenziali. Analogamente, la manutenzione di strade ed edifici potrebbe essere pianificata ed eseguita in modo molto più economico a livello regionale, con gare più grandi e quindi sconti migliori. Analogamente perfino per i prestiti, che potrebbero essere accorpati e rinegoziati a tassi migliori.

  24. andrea

    2 Miliardi? Non son mica noccioline… ben venga allora detto risparmio.

  25. giulio

    Pensiamo alla riduzione di potere della Casta, che quindi si tradurrà in maggiore efficienza, minore disorganizzazione, spreco, ecc., pensiamo al livello in meno di tangenti da pagare per poter progredire nei lavori pubblici. Occorre intelligenza per valutare queste cose: la semplice somma algebrica della riduzione delle spese ufficiali è solo una parte (la minore) del risparmio reale.

  26. Marco

    Vado un po’ contro corrente probabilmente ma voglio lanciare la provocazione. E’ vero che cosi’ come sono le province, non hanno a mio avviso compiti “vitali” per la vita pubblica italiana e che 2 miliardi, in tempi di crisi, son comunque meglio di niente. Ed e’ altrettanto vero che gli enti pubblici sono probabilmente in eccesso. Ma occorre considerare il fatto che abolendo la provincia come ente si andrebbe ad aver un grosso distacco amministrativo fra comune e regione, considerando anche il fatto che i territori da amministrare sarebbero di dimensioni molto ampie. Quindi perche’ non abolire le Regioni? Si creerebbe una sorta di estensione dell’amministrazione del Trentino-Alto Adige, che male non funziona. I compiti delle regioni andrebbero alle province (magari ridotte per numero nei casi piu’ eclatanti). Cosa ne pensate?

  27. alberto arnoldi

    A parte che le Province sarebbero dovute scomparire già dal 1970 quando furono definite ufficialmente le Regioni, ed invece da allora non hanno fatto altro che aumentare, esse non hanno alcun tipo di giustificazione nemmeno come ente intermedio poiché ormai la gerarchia istituzionale è composta da: Unione Europea, Amministrazione centrale, amministrazione locale (Comuni e Regioni). Le Province quindi si configurano come enti inutili e costosi, la cui unica funzione è creare poltrone per amici e parenti dei politici, pagati profumatamente dai contribuenti italiani. E’ evidente che poi serva anche l’accorpamento amministrativo dei Comuni piccoli, magari raggruppandoli fino a raggiungere almeno una popolazione di 50000 abitanti, naturalmente non sommando aritmeticamente i numeri dei relativi consiglieri e relativo personale altrimenti la manovra sarebbe inutile. La sola eliminazione delle Province porterebbe un risparmio di almeno 2 miliardi di euro all’anno: come si fa a chiamarlo “poco”? L’Fmi richiese l’abolizione delle province alla Grecia come una delle condizioni per usufruire dei suoi aiuti.

  28. luca

    Ottimo articolo. Quando si parla di abolire le province andrebbe anche considerato che il personale trasferito alle Regioni costerebbe di più, perchè un dipendente regionale ha un contratto più favorevole rispetto a un provinciale. E la cosa più prevedibile è che comunque la Regione creerebbe un mega ufficio regionale per ogni provincia, mettendoci un dirigente dallo stipendio sicuramente più alto di un presidente di provincia. Non dimentichiamo poi che tutta la vita sociale del paese è articolata per livelli provinciali: lo sono i partiti, i sindacati, le associazioni di categoria, il volontariato, semplicemente perchè funzionano meglio dei dispersivi livelli regionali. Nel Veneto la Regione ha un livello di spesa inutile e clientelare, attraverso una miriade di società e agenzie, neanche paragonabile a quanto avviene nelle province. E la possibilità di controllo dell’opinione pubblica è praticamente nulla. Si tenga poi conto che è in vigore la riduzione dei consiglieri ed assessori provinciali e comunali. Ad ogni rinnovo scatta la riduzione del 20%. Ma non trovo dati su quanto questo possa portare a un effettivo risparmio. Non ne parla nessuno.

  29. massimo tannia

    Quando nel 1970 vennero istituite le Regioni mi chiedevo come mai l’Italia aveva funzionato dal 1945 senza intoppi.. Da allora sono trascorsi 41 anni e mi continuo a chiedere a cosa diavolo servano..!

  30. Marino

    La provincia sta diventando un capro espiatorio dei costi della politica. Secondo voi un consorzio di sindaci (nelle province di Roma e Milano siamo a quota 120-130 comuni) sarebbe meno costoso e più efficace di un consiglio provinciale elettivo? Basta che si mettono un minimo rimborso forfettario e ciao risparmi. Paradossalmente sarebbe meglio raddoppiare le province: i capoluoghi diventano città metropolitane con le competenze congiunte di comune e provincia, la provincia dell’hinterland assorbe tutti i comuni meno quelli, per dire oltre i 50.000 abitanti. In totale gli enti locali diventerebbero, a spanne, intorno ai 500 contro gli 8100 comuni di adesso.

  31. carlo grezio

    Ad un osservatore appena appema imparziale e razionale non può sfuggire che la macchina pubblica amministrativa è inutilmente farragginosa e soprattutto dotata di un livello, quello regionale, completamente inutile : – a livello comunale : azzeramento circoscrizioni, comunità montane, etc; fusione obbligatoria dei piccoli comuni in comuni di almeno 15.000 abitanti; riduzione, privatizzazione,razionalizzazione delle società partecipate dalle pubbliche amministrazioni; – province : abolizione delle province delle grandi città e costituzione delle “città metropolitane” come risultante dell’aggregazione amministrativa di comune e provincia di Roma, Milano, Torino, Napoli, Bologna,Firenze, Bari , Palermo, Genova.Se questo desse come risultante la nascita di qualche nuova provincia dei comuni limitrofi non è un problema, le province non fanno nessun danno e le piccole province funzionano molto bene in generale, costando molto poco : sono quelle collegate alle grandi città che non servono a nulla. – abolizione regioni a statuto ordinario e speciale : questo è il punto fondamentale.

  32. alessandro fabbrini

    Finalmente un commento che mette a nudo il facile populismo sbraitato dai vari tribuni di turno. E’ inaccettabile l’equazione pubblico uguale spreco privato uguale efficenza. Non corrisponde a verità e trovo politicamente ed economicamente sbagliato fare crociate contro un ente che è parte essenziale della nostra democrazia, punto di riferimento per vaste aree composte per lo più da piccoli comuni. Il principio democratico della rappresentanza passa anche da questo ente che svolge funzioni importanti e che permette ai cittadini attraverso il voto di esprimere programmi politici di sviluppo e tutela del proprio territorio. Le funzioni delle province passerebbero poi alle regioni creando centri di potere enormi nelle mani di pochi dirigenti. Cerchiamo quindi i giusti risparmi della politica in altre direzioni: dimezzare il numero dei parlamentari, togliere privilegi, accorpare i piccoli comuni e eliminare solamente le province che hanno un territorio corrispondente alle grandi aree urbane, togliere i tanti enti intermedi. Poter eleggere un amministratore è l’essenza della democrazia e le province ne sono un tassello importante anche più delle regioni in un ottica federalista.

  33. Anton

    Dalle mie parti c’è un detto: tanti ci cin fan i ciciuni. Traduzione, tanti piccoli risparmi fanno grandi risparmi.

  34. Enrico

    Non credo debba esser sottovalutato un risparmio di 2 miliardi di euro, in tempi come questi. Basta dare un’occhiata ad un articolo del “Messaggero” di qualche giorno fa in cui si facevano i conti delle sole auto blu in carico alla Provincia di Roma: dal Presidnte, agli Assessori, consiglieri, dirigenti…una vergogna se pensiamo alla totale inutilità delle funzioni svolte dalle province che potrebbero tranquillamente passare alle regioni o ai comuni!

  35. giuliano vergnasco

    Le province sono di fatto inutili, vivono di poteri a loro delegati dalle regioni, non hanno praticamente potesta’ impositiva e utilizzano praticamente solo fondi trasferiti da stato e regioni. Le loro funzioni possono tranquillamente essere svolte dalle regioni che sono enti di programmazione, hanno autorita’ impositiva e legislativa, e che assorbendo il personale provinciale risolverebbero in buona parte il problema delle carenze organiche. Nei costi che verrebbero tagliati andrebbero anche conteggiati i contributi duplicati, ad esempio nella cultura che e’ l’ambito che conosco meglio, ci sono mille iniziative che godono di contributi regionali e provinciali, questi ultimi dati grazie a fondi regionali girati alla provincia e che costituiscono quindi un costo doppio. Le province come anche le comunita’ montane sono di fatto inutili e sono solo fonte di reddito per politici da svezzare oppure per trombati eccellenti, la loro mancanza non avra’ nessuna ripercussione sulla vita pubblica.

  36. Ubaldo Muzzatti

    Oliveri evidenzia che le economie ottenibili dalla soppressione delle province saranno meno di quelle ipotizzate perché altri enti dovranno accollarsene le incombenze. Non di meno egli stima un risparmio di due miliardi di euro. Cifra che egli stesso considera “tutt’altro che da disdegnare”, anche se, a suo parere, ottenibile “senza stravolgere l’organizzazione degli enti locali”. In verità il ruolo delle province non è messo in discussione esclusivamente per il dato di spesa a essa attribuibile, ma per l’inidoneità a svolgere un ruolo amministrativo di sviluppo del territorio. Non avendo soppresso le province quando furono istituite le regioni, ci troviamo ora con 5 livelli istituzionali che salgono a 6 con le comunità montane. Troppi. Essendo evidente che le città maggiori (capoluoghi) hanno in sé le risorse sufficienti per gestirsi, la provincia avrebbe dovuto essere l’istituzione di supporto al territorio. Al contrario la provincia, incentrata sul capoluogo, ha favorito quasi esclusivamente lo sviluppo di quest’ultimo. Chi ne dubitasse guardi gli andamenti demografici, sociali ed economici dei capoluoghi e dei rispettivi territori, degli ultimi decenni.

  37. Lorenzo

    Esistono non pochi Paesi nel mondo suddivisi in Regioni, quindi in Province (“distretti”) e infine in Comuni. Non credo, quindi, che l’Istituzione Provinciale in sè sia il problema da estirpare. Piuttosto, come sempre, il problema vero è individuare le sacche di inefficienza – grandi e piccole – che, in ogni Amministrazione, provocano sprechi economici e disservizi al cittadino. Bene ha fatto, per esempio, il Presidente della Regione Piemonte Roberto Cota a disdire il contratto di affitto per la sede operativa e di rappresentanza della Regione a Roma, perchè troppo costosa, sostituendola con una più semplice economica.

  38. carlo cetteo cipriani

    Aboliamo le Regioni, piuttosto. Le province hanno una serie di compiti fondamentali vicino al cittadino, che la frammentazione dei comuni non potrebbe svolgere (es le scuole superiori o le strade di collegamento,che non posson esser gestite dai comuni). Certo facciamo attenzione acchè poi non si ‘allarghino” con cose inutili e dispendiose come la ‘polizia provinciale’ e che non se ne creino di nuove per compiacere piccoli pruriti locali. Aboliamo invece le Regioni, sprecasoldi a tutto spiano, dando le competenze alle Province ed allo Stato, secondo i casi.

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén