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BCE: COME DIVENTARE UNA BANCA CENTRALE CREDIBILE

Ritorniamo sulla proposta di un programma di “Quantitative easing”. La Banca centrale europea dovrebbe adottarlo per affrontare la crisi del debito sovrano in Europa. Acquistando sul mercato secondario in modo sistematico titoli degli stati in sofferenza con un piano pre-annunciato con trasparenza, ampio, e non rivolto selettivamente a un solo membro dell’Unione monetaria. Ecco perché, nonostante varie critiche a questo strumento, la Bce guadagnerebbe credibilità.

In un intervento dell’8 Agosto ho argomentato che una risposta alla crisi del debito sovrano in Europa richiede una radicale svolta di politica monetaria da parte della Bce, con l’attuazione di un programma di Quantitative easing (Qe) su larga scala e diretto all’acquisto esclusivo di titoli di stato sul mercato secondario. È evidente che tale svolta si impone perché la “gestione governativa” della crisi a livello europeo sembra avvitarsi in una serie imbarazzante di errori, a cominciare purtroppo dal nostro esecutivo (anche se non solo).
La Bce è da alcuni giorni apparentemente attiva sul mercato, con il risultato che lo spread Btp-Bund è persino rientrato sotto quota 300 punti (ovviamente non un livello rassicurante, ma quanto meno a distanza da soglie considerate pericolose, diciamo dai 400 punti a salire).
Gli interventi della Bce, tuttavia, sono per ora ben diversi da un programma di Qe. Per un motivo centrale: non fanno parte di un programma sistematico. Cioè (i) preannunciato nella sua durata (dai tre ai sei mesi), (ii) nella sua ampiezza (fino a 1000 miliardi di euro), e (iii) nei suoi obiettivi (orientato ai titoli dell’intera area dell’euro, e non dei soli paesi in difficoltà oggi).
Consideriamo il terzo aspetto, gli obiettivi. Nuvole minacciose si addensano ora sulla Francia. Se un’ondata di vendite cominciasse a colpire i titoli di stato francesi, che cosa farebbe la Bce? Comincerebbe a intervenire per sostenere i prezzi anche di quelli? In tal caso, non farebbe altro che suggerire al mercato la prossima mossa (concentrarsi sui titoli belgi), invece di anticiparla. Questa discrezionalità ex-post renderebbe il programma del tutto inefficace.
Si noti che l’elemento di sistematicità è ancora più importante per un eventuale programma di Qe della Bce, rispetto, ad esempio, alla Fed. Per il semplice motivo che la Bce, diversamente dalla Fed, è la banca centrale di una unione monetaria di paesi con politiche fiscali non-coordinate, mal di testa che almeno Bernanke può risparmiarsi.
La Bce sembra invece, per ora, muoversi in modo estemporaneo, con l’obiettivo principale di strappare concessioni di breve periodo al governo di turno in difficoltà. Esempio oramai di scuola: il Governo italiano sotto tutela costretto dalla Banca una seconda manovra correttiva dei conti.

OBIEZIONI AL QE, E UN NUOVO STRUMENTO: IL TASSO D’INTERESSE SULLE RISERVE BANCARIE

Sono solitamente tre le obiezioni di principio a un programma di Qe su vasta scala. La prima: crea inflazione. La seconda: è solitamente inefficace (vedi Giappone). La terza: la banca centrale perde credibilità.
Consideriamo il rischio inflazione. L’argomento più comune è che attraverso il Qe la banca centrale “stampa moneta”. Eppure sono tre anni che si dice che, con il Qe1 e Qe2 di Bernanke, il rischio inflazione sia dietro l’angolo negli USA, ma ancora stiamo aspettando. E un po’ di inflazione, siamo sicuri, Bernanke la gradirebbe, per due motivi: (i) per favorire il “deleveraging” delle famiglie indebitate (l’inflazione redistribuisce ricchezza dai creditori ai debitori); (ii) per far ulteriormente scendere i tassi d’interesse reali, e sostenere una ripresa degli investimenti. In più chiediamoci: quanta inflazione ha generato il programma di Qe della Banca del Giappone nella seconda metà degli anni ’90? (Pochissima).
Di fatto si dimentica spesso che generare (aspettative di) inflazione è il vero (seppur non dichiarato) obiettivo indiretto di un programma di Qe in una situazione di trappola della liquidità (cioè con tassi d’interesse nominali a breve che hanno raggiunto lo zero). Con tassi a zero, maggiore inflazione (attesa) genera minori tassi reali, e la politica monetaria ritorna magicamente efficace.
In linea teorica, da dove proverrebbe però la spinta inflazionistica? Facciamo un esempio. La banca centrale acquista Btp e Bonos da Unicredit, e in cambio accredita (via computer) maggiori riserve per Unicredit presso la Bce stessa. Punto importante: la Bce paga un tasso d’interesse sulle riserve bancarie, e lo fa da sempre, mentre la Fed solo dal 2008. Di questo strumento, che è diverso dal tasso overnight sui prestiti interbancari (il tasso principale che la Bce cerca tipicamente di influenzare), ci siamo un po’ tutti dimenticati. Eppure è cruciale per una gestione oculata del Qe.
La Bce dovrebbe riappropriarsi attivamente dello strumento del tasso sulle riserve. L’incentivo di Unicredit a immettere credito nel sistema (e quindi a creare possibili premesse inflazionistiche), infatti, dipende criticamente dallo spread tra (i) il tasso d’interesse sulle riserve, e (ii) il rendimento atteso dell’impiego (prestare soldi alla “Rav snc” di Ravenna per acquistare due nuovi macchinari). Manipolando attentamente questo spread, la Bce potrebbe modulare a piacere la tendenza del sistema bancario a inondare di liquidità il sistema economico.
La Bce vestita a nuovo dovrebbe così agire su tre fronti: (i) annunciare il programma di Qe di cui si è detto; (ii) abbassare i tassi d’interesse a breve overnight (per fronteggiare i rischi di una nuova recessione); ma, soprattutto, (iii) tenere invariati e/o rialzare (per tutta la durata del programma di QE) i tassi sulle riserve, in modo da contenere eventuali (ma solo eventuali) pressioni inflazionistiche.
Veniamo ora alla critica di “inefficacia” del Qe. Questa critica ha basi sia teoriche (1) sia empiriche. L’argomento teorico si basa sull’idea che, quando i tassi di interesse sono a zero, la moneta e i titoli sono asset equivalenti (la moneta è di per sé un titolo, cioè una promessa di pagamento, ma con tasso di interesse a zero). Quindi, immettere moneta per acquistare titoli sul mercato è come acquistare titoli dando in cambio gli stessi titoli: gli effetti dovrebbero essere nulli. L’argomento empirico si basa invece sull’evidenza che né in Giappone negli anni ’90 né negli USA dopo il 2008 si sono visti risultati apprezzabili della politica di Qe su crescita e occupazione (e questo nonostante il programma della Fed fosse diretto all’acquisto di una gamma di titoli molto più ampia rispetto ai semplici titoli di stato).
Tralasciando la fondatezza o meno di tali critiche, un programma di Qe per l’area euro avrebbe in realtà uno scopo diverso, perché più limitato. Non quello (come in Giappone e forse USA adesso) di evitare i rischi di una fase prolungata di depressione reale (che spesso si autorafforza). Bensì quello specifico (e molto più realistico) di evitare che la spirale di liquidità sul mercato dei titoli di stato si avviti a tal punto da condurre alcuni paesi al default. Se poi il programma riuscisse anche ad avere un impatto positivo sull’economia reale (la critica di inefficacia teoricamente qui non si applica perché i tassi nominali in Europa non sono a zero), abbassando i tassi a lungo termine e stimolando quindi gli investimenti, sarebbe tutto di guadagnato.

LA BCE DEVE AFFRANCARSI DALLA BUNDESBANK

Infine, il problema “credibilità”. È probabile che un programma di Qe su vasta scala sia osteggiato in primo luogo dalla componente tedesca della Bce. Il paravento è il solito: si deve proteggere la credibilità della Banca. Si dimentica però che i mercati, nella loro complessità, sono forse più razionali di quanto crediamo. Quando politiche monetarie eccezionali sono giustificate da circostanze eccezionali, difficilmente producono una perdita di credibilità. È facile per gli investitori capire che quella del “patrimono di credibilità” è una scusa per far valere le ragioni, strettamente politiche, del contribuente tedesco. A mio avviso, e paradossalmente, implementare il Qe aumenterebbe, invece che diminuire la credibilità della Bce. Perché è tempo ormai che la Bce diventi veramente la banca centrale dell’Unione, e non la cugina, talvolta litigiosa, ma pur sempre la cugina, della Bundesbank. Quella della crisi del debito sovrano è un’occasione unica da prendere al volo.

(1) Si veda, ad esempio, Eggertson and Woodford (2003), per le condizioni sotto le quali la proposizione di inefficacia è vera.

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12 commenti

  1. maurizio

    Penso che la Bce dovrebbe abbasare il tasso di interesse a favore delle imprese e dei cittadini. Il problema è che pensa a salvare le banche ritirando titoli “semitossici”e remunerandogli le riserve.

  2. Giana74

    Alcuni dubbi sul fatto che un vero QE, sebbene preferibile al nulla, da parte della ECB possa avere effetti espansivi:
    1) la missione statutaria della ECB è unicamente il controllo dell’inflazione (pare incredibile ma evidentemente anche di quella importata, ecco perchè stringe anche quando l’economia EU ristagna!), per procedere ad un QE strutturato e dichiarato (l’attivismo attuale sul secondario lo è, in parte, forse, ma si giustifica con lo stato di emergenza), andrebbero rivisti mandato e struttura (sile FED?) aprendo un lungo e incerto processo politico;
    2) i venditori di govies ITA/SPA con durate medio/lughe da due mesi a questa parte non sono le banche italiane/spagnole ma soprattutto fondi non-EU ;
    3) in ottica solvency Basel III, per le banche europee, posizioni in titoli governativi a breve termine siano poco fungibili con finanziamenti alle imprese;
    4) l’economia europea è meno reattiva di quella US a stimoli monetari, perchè più ingessata e frammentata;
    5) la scarsa credibilità della ECB è esogena e descritta dalla ECB stessa: ‘Nowhere else has the Community developed its own identity more convincingly than in the euro and the ECB’.

  3. bellavita

    articolo interessantissimo, e fuori dal coro, grazie. In effetti, anche se i tedeschi sono ferocemete contrari, aumentare la liquidità e abbassare la quotazione dell’euro potrebbe fare molto bene all’economia europea. O dico una bestialità?

  4. Porta

    Vi è la improvvisa conversione di un ben definito gruppo di economisti al QE. Ritengo più seria l’analisi dell’Economist che (citando in copertina Rembandt) chiede un colpo di reni al politici.

  5. Lorenzo

    Da economista eterodosso, non posso non essere contento di questo articolo. Lo condivido in molte parti. Mi resta una domanda. Per quale ragione non auspica un acquisto dei titoli sul mercato primario?

  6. Alberto

    “L’incentivo di Unicredit a immettere credito nel sistema (e quindi a creare possibili premesse inflazionistiche), infatti, dipende criticamente dallo spread tra: (i) il tasso d’interesse sulle riserve, e (ii) il rendimento atteso dell’impiego (prestare soldi alla “Rav snc” di Ravenna per acquistare due nuovi macchinari)”. Ma le banche commerciali, nel suo esempio unicredit, non prestano mai in funzione delle riserve, ma in funzione del capitale. Per questo il QE non è inflativo, né può essere considerato “stampare moneta”. è solo uno scambio di attività, titoli contro riserve.

  7. mirco

    Per curare gli eroinomani ci si serviva del metadone una droga artificiale che doveva essere man mano ridotta fino alla scomparsa della dipendenza. Il vero problema è che le banche private invece di fare il loro mestiere classico( raccogliere denaro e proporre mutui e prestiti alle imprese produttive, speculano sui prodotti finanziari mentre il tessuto produttivo reale in occidente sta morendo. La liquidità che la bce può gestire (il metadone) attraverso il sistema delle riserve dipende a che scopo viene somministrato. Potremmo anche decidere che invece di farli smettere possano continuare a prendere il metadone a vita ma non sarebbe la cura. I problemi sono politici e di prospettiva non tecnici. Io ad esempio ho il forte sospetto che il sistema finanziario anglosassone con questi derivati tossici sia stata un’arma politico finanziaria ai danni dell’euro. Per intossicare un potenziale concorrente visto il declino del dollaro. Se l’euro dovesse mai sostituire il dollaro coem moneta di riferimento è importante che la BCE rimanga salda e in attivo. E non si riempia i forzieri di robaccia.

  8. Simona

    Buongiorno, ho trovato l’articolo molto interessante. Avrei una domanda da porre: nell’articolo si sostiene che il meccanismo che permette alla Bce di non generare spinte inflazionistiche a fronte del QE è quello di aumentare il tasso sulle riserve bancarie presso la Bce. Lodovico Pizzati su NoiseFromAmerika scrive che lo stesso obiettivo si raggiunge se “la banca centrale aumenta l’obbligo di riserva per un ammontare uguale a quello dei titoli di stato che compra dalla banca commerciale”. La mia domanda è: i due meccanismi coesistono? O uno è preferibile rispetto all’altro? Vi ringrazio in anticipo per il chiarimento.

  9. Giorgio

    Leggo: “un programma di Qe per l’area euro avrebbe in realtà uno scopo diverso, perché più limitato. […] quello specifico (e molto più realistico) di evitare che la spirale di liquidità sul mercato dei titoli di stato si avviti a tal punto da condurre alcuni paesi al default.” e mi domando: ma se questo è l’obiettivo perché la BCE non dovrebbe acquistare direttamente i titoli di Stato dai singoli Governi evitando così che debbano pagare tassi eccessivi? Non è la soluzione che alla fine è stata in pratica adottata con la Grecia con un finanziamento a condizioni determinate per un tempo determinato? Non è che c’è un altro obiettivo, cioè quello di manternere artificialmente alto il prezzo dei titoli di Stato per sostenere, di nuovo, le banche che ne possiedono grandi quantità? Cordiali saluti.

  10. Piero

    Concordo sull’iniziativa che deve essere della bce, a mio avviso non deve monetizzare il debito dei paesi in difficoltà, ma deve fare un’annuncio, naturalmente seguito dai fatti, di una monetizzazione di almeno il 50% del debito/PIL di ogni singolo paese euro in un’arco della durata di 15 anni(circa 400 mld all’anno), cio’ comporterà un’aumento dell’inflazione dell’ 0,5%, si passera’ dal 2% al 2,5%, e una svalutazione dell’euro sul dollaro, che contribuirà al sostegno delle nostre esportazioni (oggi è una gara a chi svaluta di più fra usa,Cina e Giappone). Tali manovre rientrano nei compiti della Bce, se vuole mantenerne la stabilità ne deve salvaguardare l’esistenza.

  11. Paolo Zuccaro

    Una richiesta di aiuto a tutti, docenti o esperti non accademici: poichè la mia opinione è che lo strumento dei tassi di interesse (ma anche il livello di riserva giacente) non è efficace nel contenimento delle spinte inflazioniste, specialmente in presenza di inflazione importata e comunque quando l’aumento dei prezzi è legato a variabili indipendenti dalla massa monetaria in circolazione (es. il greggio e le materie prime), qualcuno, cortesemente, mi potrebbe spiegare i meccanismi e i passaggi con i quali si esplicano gli effetti sull’inflazione di questi strumenti di politica monetaria ? Dove posso trovare studi esaustivi che dimostrino a posteriori la fondatezza di queste teorie? grazie per ogni utile contributo.

  12. Simona

    Il pdf alla voce “Articoli” presente qua è un’esauriente e completa spiegazione di come gli interventi della banca centrale si ripercuotono sull’economia, cioè i meccanismi di trasmissione.

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