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LA CONTABILITÀ DELLA FINANZA GLOBALIZZATA

Le regole della contabilità appaiono ai più come una tecnica noiosa, da lasciare agli addetti ai lavori. Ma le potenziali conseguenze finanziarie delle scelte in materia sono enormi. In Europa e in un numero crescente di paesi si utilizzano oggi gli International Financial Reporting Standards. Una sfida senza precedenti perché si tratta di regole stabilite a livello globale. E che non può prescindere da un ripensamento delle istituzioni finanziare internazionali, che dia maggiore rappresentanza alle economie emergenti.

Talvolta occorre una lente piccola per distinguere i contorni precisi di un oggetto grande. Il futuro della globalizzazione finanziaria, qualunque sia il giudizio sui suoi rischi e vantaggi, è una delle grandi questioni dei nostri tempi. Eppure, la contabilità è percepita spesso come una tecnica noiosa. Tuttavia, il dibattito sul tema, e in particolare sugli International Financial Reporting Standards (Ifrs) che stanno sostituendo le regole nazionali in un crescente numero di paesi, ha conseguenze di rilievo, e molto da insegnare, sull’integrazione finanziaria globale.

PERCHÉ LA CONTABILITÀ È IMPORTANTE

Molti osservatori si sono accorti di recente dell’importanza della contabilità, a causa delle discussioni sul principio del “mark-to-market” (o contabilità “fair value”, come preferiscono definirla gli addetti ai lavori) e della sua rilevanza nel corso della crisi finanziaria. Tra la fine del 2007 e l’inizio del 2008, molti prominenti finanzieri e lobbysti sostenevano con veemenza che il rapido decremento dei prezzi di mercato delle obbligazioni garantite dai mutui Usa e di altre attività era irrilevante e dovuto a una mancanza di liquidità. Secondo questo punto di vista, riportare nei bilanci la riduzione di valore delle attività avrebbe determinato una inutile crisi. Col senno di poi, sappiamo che l’analisi era sbagliata: la ragione della riduzione dei prezzi di mercato non era una temporanea mancanza di liquidità, ma una permanente perdita di valore. Si possono adattare i vincoli di capitalizzazione imposti dalle autorità di vigilanza bancaria in modo da renderli capaci di filtrare la volatilità di breve termine dei prezzi di mercato ed evitare così effetti pro-ciclici, ma la contabilità finanziaria dovrebbe fornire agli investitori una immagine affidabile delle condizioni del mercato al momento della misurazione. Tuttavia, l’abilità dei manager dell’industria finanziaria e dei lobbisti nel confondere le acque è stata tale che molti in Europa, e qualcuno anche in America, restano sinceramente convinti che i principi di contabilità fair value siano stati un fattore di peggioramento della crisi. Una situazione simile si era già verificata alcuni anni fa negli Stati Uniti, quando le grandi società riuscirono a ritardare per circa un decennio il riconoscimento contabile dei costi delle stock option.
Tutto ciò mette in evidenza una caratteristica della contabilità che si estende a molti altri campi della regolazione finanziaria: i problemi sono così tecnici, ed espressi in un linguaggio altamente tecnico, e le potenziali conseguenze finanziarie così grandi che il dibattito pubblico e le decisioni politiche sono spesso “catturate” da interessi particolari. Dunque, le scelte di governance sono fondamentali e non rispettano una chiara divisione di ruoli tra ambito pubblico e privato.

LE SFIDE DELL’IFRS

La governance delle istituzioni chiamate a definire le regole di contabilità è stata molto diversa nel corso del tempo e nei diversi paesi, ma la tendenza generale negli ultimi decenni ha visto istituzioni sempre più indipendenti dai governi e dagli interessi particolari del settore industriale. Tuttavia, le sfide legate all’Ifrs non hanno precedenti perché si tratta di regole stabilite a livello globale e non esiste un governo globale che sovrintenda alla Ifrs Foundation – l’organizzazione che stabilisce le regole Ifrs – o che imponga l’attuazione delle regole nei diversi paesi. Né esiste alcuna rappresentanza globale degli investitori, alle cui necessità di informazione gli Ifrs rispondono in primo luogo. Le risposte si potranno trovare in un maggiore sforzo da parte della Ifrs Foundation per organizzare la comunità globale degli investitori o per stabilire gli incentivi affinché le singole giurisdizioni adottino le regole Ifrs in modo da favorire una genuina comparabilità a livello internazionale degli enunciati finanziari. È ancora troppo presto per giudicare se il tentativo di rendere le regole Ifrs il linguaggio contabile dominante è destinato a un successo duraturo, ma si possono già trarre importanti insegnamenti che hanno un significato che oltrepassa la comunità dei professionisti contabili.
Primo, regole finanziarie globali non sono una illusione utopica, ma una realtà. Il successo iniziale degli Ifrs è stato notevole, la loro adozione non ha generato problemi e in generale ha migliorato la qualità dell’informazione finanziaria, nell’Unione Europea a partire dal 2005, ma sempre più anche in altri paesi. Date le giuste condizioni, l’armonizzazione della regolazione finanziaria tra continenti può dunque funzionare.
Secondo, la crisi ha accresciuto la necessità di una supervisione pubblica delle regole finanziarie, ma non è ancora chiaro come si possa raggiungere l’obiettivo in modo efficace e coerente. Un cosiddetto comitato di controllo composto da istituzioni pubbliche è stato creato nel 2009 per controllare la Ifrs Foundation, ma ha una struttura incerta che fa sorgere perplessità sulla sua legittimità e futura efficacia. Per il prossimo futuro dobbiamo fare affidamento su una sperimentazione per prove ed errori per quanto riguarda le istituzioni internazionali di regolamentazione finanziaria, che in molti casi non possono prendere a modello le attuali istituzioni nazionali. Terzo, gli attuali istituti a livello globale devono ancora adattarsi al ribilanciamento in corso nel mondo finanziario. La Ifrs Foundation è registrata in America, il suo personale è a Londra e si rivolge ancora largamente agli operatori di Stati Uniti, Unione Europea e Giappone, anche se le grandi economie emergenti rappresentano una quota rapidamente crescente della finanza globale. Non sappiamo se e come la Cina, l’India e gli altri paesi vorranno prendere impegni a livello globale sulla trasparenza e integrità dell’informazione finanziaria. Ma se non si accelerano gli sforzi per dare loro maggiore potere nelle istituzioni globali, è difficile comprendere come tali istituzioni possano svolgere a pieno il loro ruolo.

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UNA GERARCHIA PER I PROF ABILITATI

  1. Paolo Quattrone

    E’ interessante che l’articolo riproponga, dopo il fallimento di vari tentativi che vanno indietro agli anni ’60, la chimera di una comparabilità dei bilanci, senza tenere in conto che non si possono comparare cose che comparabili non sono. Gli IFRS sono disegnati per economie di mercato ma non tutte le imprese operano in tali mercati. Il risultato della crescente diffusione degli standards è una maggiore comparazione dei bilanci, non una maggiore comparabilità, con il risultato che si crede di comparare cose che in realtà comparabili non sono anche per la diversità delle operazioni che si vogliono rappresentare. Allo stesso modo l’indipendenza dello IASB (come quella delle agenzie di rating) è semplicemente poco credibile (basti vedere la lista dei finanziatori). Lo stesso vale per l’ideale di trasparenza, che presuppone ciò che si vuole rendere trasparente rendendo perciò opaco ciò’ che non viene regolamentato. Sarebbe meglio pensare a sistemi contabili che partano dall’idea di impossibilità di comparabilità, trasparenza ed indipendenza. Ne gioveremmo tutti.

  2. Amedeo Pugliese

    Leggevo pochi giorni fa un’interessante analisi di Laux and Leuz (2010 J. of Economic Perspectives) sul presumibile impatto degli IFRS e Fair Values sulla crisi. La conclusione (ben supportata) è che poter contabilizzare rapidamente le perdite di valore (long term) degli asset delle banche ha addirittura un effetto benefico sugli investitori che si sentono più protetti non dovendo attendere impairment o riduzioni di valore. Quello che manca all’analisi contemporanea è una sistematica indagine empirica per comprendere se le regole di bilancio hanno ex-ante giocato un ruolo (incentivi verso leverage elevati?) nel provocare un’assunzione dei rischi fuori controllo. Senza considerare che fair value ha effetti drammatici sulla liquidità (Allen- Carletti, 2008 J.of Accounting and Economics).

  3. Claudio Cintioli

    Giusti tutti i giudizi relativi alla, ormai indispensabile,comparabilita’ di rappresentazioni contabili di realtà, per loro natura diverse, come sottolinea l’autore, per difficoltà di confronto dovute anche a differenze geografico/legislative. Ma il principio del fair value, in particolare quando il riferimento è un mercato (il mark to market è un pilastro del fair value, ma non è l’unico) dovrebbe potersi applicare con “intelligenza” soprattutto in fasi di perturbazioni di mercato. E’ di oggi (sul Sole 24 ore) l’intervento del presidente IASB che sostanzialmente censura svalutazioni del debito greco da parte di banche transalpine giudicate contenute (il 21%). E’ come dire che il piano di salvataggio UE non esiste e/o non avra’ effetti (prima ancora che sia definitivamente ratificato!). Il confronto con i comportamenti dei principali rater internazionali pare evidente. Non siamo in presenza di azioni di tutela dei mercati ma di azioni che, personalmente, reputo al limite dell’agiotaggio per le perturbazioni che inducono in un mercato dei capitali, che, bisognerebbe al fine riconoscerlo, e’ men che perfetto e bisognoso di regole sui suoi meccanismi e non solo sugli operatori.

  4. bellavita

    Chissà se Ifrs è arrivato a definire un metodo per dare un valore ai pacchetti di rate di mutui subprime, quelli mischiati secondo regole di alta matematica e dei quali nessuno sa dire cosa c’è dentro e dove stanno i titoli delle relative ipoteche.

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