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VIRTÙ FISCALI: PER DECRETO?

Quanto funzionano le regole fiscali imposte dalla legge, come il vincolo del pareggio di bilancio dello Stato inserito nella Costituzione previsto dal disegno di legge approvato dal governo? Varie esperienze internazionali suggeriscono che sono i paesi (gli uomini) virtuosi che si danno delle regole e le applicano; non sono le regole che rendono i paesi (gli uomini) virtuosi.

Il Consiglio dei ministri, nella riunione dell’8 Settembre, ha approvato il disegno di legge per l’introduzione del vincolo di pareggio di bilancio nella Costituzione (modifiche dell’art. 81). Il provvedimento stabilisce che il “bilancio dello Stato debba rispettare l’equilibrio delle entrate e delle spese, e non è consentito ricorrere all’indebitamento, se non nelle fasi avverse del ciclo economico nei limiti degli effetti da esso determinati, o per uno stato di necessità che non può essere sostenuto con le ordinarie decisioni di bilancio”. Si tratta dell’attuazione del Patto Europlus del Consiglio europeo del marzo 2011 già preannunciata nel documento di Economia e Finanza 2011.
L’idea di adottare “regole fiscali” come il pareggio di bilancio nasce dalla costatazione che in moltissimi paesi esiste una distorsione di natura politica che spinge i governi a spendere più di quanto incassano, scaricando sulle generazioni future, che non votano, gli oneri del risanamento e rischiando di mettere la finanza pubblica su un sentiero che porta alla bancarotta. D’altro canto, limitando la discrezionalità nelle politiche di bilancio, le regole possono intralciare le politiche di stabilizzazione volte ad attenuare l’impatto del ciclo economico sul reddito e l’occupazione. Sui problemi di credibilità e compatibilità con il federalismo fiscale dei nuovi provvedimenti rinvio ai contributi di  Boeri e Panunzi e di Pisauro, rispettivamente. Qui aggiungo due elementi per valutare la proposta: 1) Il vincolo del bilancio in pareggio garantisce la sostenibilità del debito? 2) Come hanno funzionato le “regole fiscali nell’esperienza dei paesi che le hanno adottate?

PAREGGIO DI BILANCIO, SOLVIBILITÀ E SOSTENIBILITÀ DEL DEBITO

La solvibilità dello Stato è la sua capacità di generare nel futuro dei surplus di bilancio sufficienti (in valore attuale) a ripagare il debito esistente. La sostenibilità richiede che il debito cresca, nel lungo periodo, a un tasso inferiore al tasso d’interesse, per evitare che il debitore finisca col dover indebitarsi sempre più, solo per pagare gli interessi preesistenti (la catena di S. Antonio). Dunque il pareggio di bilancio rappresenta una condizione sufficiente (perché il debito non cresce) ma non necessaria alla solvibilità: basterebbe che i disavanzi del passato fossero bilanciati da futuri surplus. Il problema è che le promesse di futura virtù fiscale non sono generalmente credibili, e dunque si preferisce parlare di sostenibilità del debito. Questa vale se la politica di bilancio non fa aumentare il rapporto tra debito e Pil. In questo caso, è immediato verificare che un bilancio in pareggio non è condizione né sufficiente né necessaria a garantire la sostenibilità. Non è sufficiente perché, ad esempio, pur con un debito invariato, il rapporto debito/Pil cresce quando il Pil nominale si riduce (com’è accaduto al Pil dei paesi industrializzati nella recente recessione). Non è una condizione necessaria, perché anche se lo stock di debito cresce, ma meno velocemente del Pil nominale, il rapporto debito/Pil cala e dunque il debito è sostenibile. Per questo la crescita è così importante per la sostenibilità.

LE REGOLE FISCALI FUNZIONANO?

Nell’esperienza internazionale, molti paesi (tabella 1) hanno adottato diversi tipi di fiscal rules, basate su target numerici o regole di bilancio, che si applicano a diversi aggregati di finanza (l’indebitamento, le spesa pubblica, la spesa corrente, il bilancio primario), possono applicarsi a diversi livelli di governo (l’intera Pubblica amministrazione, Stato ed enti locali, lo Stato solamente), sono spesso accompagnate da requisiti sulle procedure di bilancio e sulla trasparenza, possono prevedere diverse “clausole di salvaguardia”, tipicamente eccezioni per gravi recessioni, sanzioni in caso di sforamento, organi di controllo formale (come la Corte dei Conti) o sostanziale (la proposta delle agenzie fiscali formate da esperti indipendenti), ed essere accompagnate da leggi di responsabilità fiscale. (1)

LA BUONA NOTIZIA

Valutare se queste regole abbiamo contribuito a ridurre la “propensione al disavanzo” dei paesi che le hanno adottate, e se abbiano ostacolato le politiche di stabilizzazione, non è facile impresa. Ci ho provato in un lavoro del 2007 (2) ottenendo questi risultati. La buona notizia è che l’evidenza empirica (49 paesi industriali ed emergenti, dal 1970 al 2004) suggerisce che le regole fiscali non siano un ostacolo significativo alle politiche di stabilizzazione, probabilmente per il fatto di prevedere clausole di salvaguardia prima discusse, presenti in qualche misura anche nel decreto del governo.

LA CATTIVA NOTIZIA

A una prima analisi, la presenza di regole fiscali sembrerebbe essere associata a un minor disavanzo primario, circa mezzo punto di Pil. Tuttavia, quando si tiene conto della qualità delle istituzioni dei diversi paesi, ad esempio, la stabilità dei governi, la tutela della legalità, l’assenza di tensioni legate a conflitti etnici e religiosi, l’effetto delle regole sparisce. Come a dire: sono i paesi (gli uomini) virtuosi che si danno delle regole e le applicano; non sono le regole che rendono i paesi (gli uomini) virtuosi.

 Tabella 1: Paesi con Regole Fiscali, 1970-2005

Fonte: Paolo Manasse (2007), Procyclical Fiscal Policy: Shocks, Rules and Institutions – A View from Mars, International  Monetary Fund,  Working Paper (2)

(1) Si veda  Kopits, George, 2004, “Overview of Fiscal Policy Rules for Emerging Markets,” in G. Kopits (ed.), Rules Based Fiscal Policy in Emerging Markets: Background, Analysis and Prospects, (New York: Palgrave Macmillan), Kopits, George and Steven Symansky, 1998, Fiscal Policy Rules, IMF Occasional Paper No. 162 (Washington: International Monetary Fund). IMF, 2005, World Economic Outlook, September 2005: A Survey by the Staff of the International Monetary Fund, World Economic and Financial Surveys (Washington), IMF (2005), Fiscal Responsibility Laws (Unpublished: Washington, International Monetary Fund), Kumar, Manmohan S. and  Ter-Minassian, Teresa,(2007) “ Promoting Fiscal Discipline”,   Banca d’Italia , “Fiscal Rules”, (2001)
(2)
Paolo Manasse (2007), Procyclical Fiscal Policy: Shocks, Rules and Institutions – A View from Mars, International  Monetary Fund,  Working Paper

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15 commenti

  1. Maxx Monopoli

    Riporto il link ad un articolo di Alberto Lombardo su http://www.comedonchisciotte.org. Analisi cruda e senza sconti.

    • La redazione

      Temo che l’articolo da lei suggerito sia un buon esempio di un grave difetto nazionale: pontificare su argomenti che si ignorano completamente e che non ci si è dato la pena di studiare.

  2. franco.benincà

    La proposta di riforma dell’art. 81 si inserisce nel déjà vu della politica di annuncio. Vorrei ricordare che Einaudi inserì l’attuale testo nella Costituzione, ed in particolare l’ultimo comma, il quale, nel corso degli anni ottanta di deficit spending, è stato sempre disatteso. Non dimentichiamo, inoltre, che i nostri principi di politica economica possono essere indirizzati e coordinati ai fini sociali: quindi vale il principio solidaristico. Le politche di svuluppo dovranno essere attuate innestando il trattato di Maastricht (basato su principi monetari e controllo dell’inflazione) con gli artt. 41 e 81 della Cosituzione. Disattendere a tali principi perchè si è legati a consensi elettorali di lobbies influenti non crea una economia che cresce in profondità: allo stato attuale siamo in presenza di una rincorsa elicoidale che, come topi impazziti, sta divorando le risorse che mano a mano si producono, sino al loro esaurimento.

    • La redazione

      Concordo in pieno fino al punto dei topi impazziti, il cui significato non colgo appieno.

  3. Marcello Battini

    Condivido l’affermazione che sono gli uomini a determinare l’efficacia e la corretta applicazione delle leggi. E’ ovvio. Pure l’esistenza delle regole che possono apparire superflue, nel momento in cui sono deliberate, possono essere utili, a futura memoria per le giovani generazioni. Se così non fosse, ogni società, al cambio generazionale, dovrebbe reiventarsi vecchie regole, perchè ricade negli stessi errori della precedente generazione. Ciò non elimina totalmente questo rischio, come l’esperienza storica insegna. Però, se ogni generazione si limitasse a deliberare solo le regole significative, lasciandone l’interpretazione ai protagonisti (ed in caso controverso alla magistratura), è da ritenere che sarebbe più difficile ricadere, sempre e comunque, negli stessi errori.

    • La redazione

      Sono d’accordo, in generale. Rispetto alla proposta in discussione, mi sembrano ragionevoli le obiezioni di Panunzi e Boeri in merito alla sua scarsa credibilità.

  4. breggion oscar

    Per far pesare di più il voto delle generazioni future, quelle che dovranno pagare i debiti, si potrebbe assegnare alle mamme un voto in più per ogni figlio minorenne. Sicuramente la classe politica dovrebbe prestare maggiore attenzione alle generazioni future, bilanciando gli effetti negativi di un’Italia sempre più vecchia e non disposta a fare sacrifici nell’immediato.

    • La redazione

      Trovo eccellente proposta, che però potrebbe scontrarsi con obiezioni di incostituzionalità (il voto non può essere esercitato per delega)

  5. Luigi Bernardi

    Meglio un tetto alla spesa (eventualmente solo quella corrente) o, ancor più, alla pressione fiscale, sulla scia di Buchanan. Il pareggio è un vincolo troppo rigido e che può essere raggiunto anche con livelli di tassazione e di spesa molto elevati.

    • La redazione

      Certamente. Il debito risulta da una distorsione politica soprattutto alla spesa pubblica

  6. Giovanni

    Forse occorrerebbe distingue tra regole più efficaci e regole meno efficaci. E’ pur vero, infatti, che le regole determinano il sistema di incentivi entro cui gli individui agiscono e ne orientano quindi i comportamenti. Del resto non è da escludere che lo stesso contesto istituzionale influenzi la qualità degli uomini e per tale via quella delle regole. Per cui si potrebbe dire: sono gli uomini (generazioni, paesi) virtuosi che creano regole efficaci per orientare in senso virtuoso altri uomini (generazioni, paesi) che non lo sono abbastanza.

    • La redazione

      Sono d’accordo. Quindi la domanda sarebbe: l’introduzione di un vincolo di bilancio nella Costituzione cambia il sistema di incentivi delle scelte di politica di bilancio? Temo di no. Su questo, ho scritto un semplice lavoro su IMF Staff Papers a cui rimando.

  7. Anonimo

    Le regole di finanza pubblica sono reattive alle scelte di utilità individuali dei consumatori e quindi funzionali rispetto al trend della situazione temporale di “mercato”.

  8. Anonimo

    Le politiche di crescita del P.I.L. sono dipendenti sempre di più dai livelli dei prezzi relativi delle imprese di capitale quotate sul mercato e non, per cui il contenimento dei rischi di portafoglio hanno così determinato aumenti dei saggi di profitto netto tali da essere equiparati ad un aumento del tasso di interesse, qui inteso come premio di liquidità, e la creazione di politiche private di inflazione degli asset di investimento a scapito della concorrenza intra-fattoriale e, soprattutto, dell’occupazione del lavoro; il tutto indipendentemente dalla politica fiscale di deficit-spending.

  9. michele

    Piuttosto che inserire in Costituzione un vincolo di pareggio di bilancio, ovvero un limite in valore assoluto al debito pubblico come è presente negli Stati Uniti, sarebbe opportuno demandare a leggi ordinarie la determinazione di un tetto massimo al disavanzo e alla spesa pubblica in relazione al reddito nazionale disponibile, e limitarsi a enunciare il suddetto principio.

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