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FREQUENZE TV: ITALIA FA L’OPPOSTO DELL’EUROPA

Dura ormai da anni il contenzioso tra Europa e Italia sulla concorrenza nel mercato delle comunicazioni digitali. Il diritto comunitario è retto da due principi fondamentali: neutralità delle tecnologie e armonizzazione delle regole a garanzia della concorrenza. Noi invece attribuiamo vantaggi a reti e operatori Tv. E riconosciamo loro un diritto di proprietà sulle frequenze non utilizzate. Il tutto avallato dalle Autorità di garanzia, che hanno scelto procedure diverse per l’assegnazione del dividendo digitale.

Il contenzioso tra Europa e Italia in materia di diritto della concorrenza nel mercato delle comunicazioni digitali è aperto dal 2005 e non è ancora chiuso. L’Italia è stata considerata inadempiente e ci sono evidenti ragioni a favore dell’accusa.
L’infrazione contestata al nostro paese è riconducibile alla rigidità del quadro normativo in materia radiotelevisiva e alla mancata conformità delle regole italiane di gestione dello spettro radio e assegnazione delle frequenze Tv alla disciplina comunitaria.

COSA CHIEDE L’EUROPA

Il diritto comunitario delle comunicazioni elettroniche è retto da due principi fondamentali:

– la neutralità delle tecnologie: tecniche che diffondono comunicazioni e informazioni digitali sono sottoposte alle stesse regole (convergenza tecnologica=convergenza del diritto);

– l’armonizzazione delle regole a garanzia della concorrenza: obblighi regolamentari possono essere imposti a livello nazionale solo in assenza di concorrenza effettiva. Obiettivi di utilità pubblica o interesse generale possono richiede regole ex ante solo se il mercato non soddisfa le esigenze pubbliche, ben definite nei contenuti (servizio universale delle telecomunicazioni e servizio pubblico radiotelevisivo).

Le frequenze radio sono essenziali per la trasmissione Tv in tecnica digitale su piattaforme terrestri (DVB-T) e mobili (DVB-H/DVB-T2). E per perseguire neutralità e concorrenzialità, il legislatore riduce gli ostacoli all’accesso alle frequenze per usi digitali e sopprime i vincoli artificiali, primo tra tutti il diritto delle tecnologie analogiche tradizionali. Il superamento delle vecchie regole è, infatti, necessario per non ostacolare i potenziali offerti dalla digitalizzazione. I sistemi di compressione digitale consentono infatti la trasmissione di otto canali (e più) di Tv digitale standard nello spettro radio utilizzato da un singolo canale analogico. Lo switch-over al digitale, previsto entro il 2012, libera dunque una grande quantità di frequenze (da 200 MHz a 1 GHz), da utilizzare per aumentare la gamma di operatori e servizi digitali (dividendo digitale).
Poiché lo spettro radio è un bene pubblico, le risorse liberate attraverso il passaggio dalla televisione terrestre a quella digitale – il cosiddetto dividendo digitale – vanno assegnate secondo principi di neutralità tecnologica, massimizzazione dei benefici per i consumatori e i cittadini, tutela della concorrenza e costituzione del mercato europeo delle comunicazioni digitali.

COSA FA L’ITALIA

L’Italia invece attribuisce vantaggi a reti e operatori Tv. Riserva infatti in via preventiva alla DVB-T frequenze già occupate dalla tecnica analogica, in quantità non giustificate né dalla conversione dei canali analogici esistenti (switch off) né dai potenziali di domanda, limitando la proporzionalità nello sviluppo e la concorrenza di altre piattaforme. Riserva ex ante a operatori Tv analogici risorse frequenziali DVB-T (e DVB-H), non giustificate né dalla conversione dei canali trasmessi né da logiche di interesse generale, ostacolando l’entrata di altri operatori nel mercato e rafforzando le posizioni dominanti. (1)
I diritti d’uso delle frequenze vanno concessi dalle Autorità mediante procedure aperte, obiettive e non discriminatorie. L’Europa prevede l’adozione di procedure diverse dal confronto concorrenziale solo “per il conseguimento di obiettivi d’interesse generale” e nel caso di selezione comparativa l’Autorità “considera l’esigenza di ottimizzare i vantaggi per gli utenti e di favorire lo sviluppo della concorrenza”.
La disciplina dell’Agcom ha invece avallato l’attribuzione di diritto di frequenze DVB-T agli operatori analogici oltre le esigenze per lo switch off; ha scelto diverse procedure di assegnazione del dividendo digitale: concorrenziale (asta) per le frequenze a comunicazioni mobili e comparativa (beauty contest) per frequenze a DVB-T. (2) E ha distinto, nell’unico caso di assegnazione “aperta”, le frequenze DVB-T in lotti (A e B) riservando risorse pregiate agli operatori televisivi tradizionali. (3)
L’assegnazione concede il diritto d’uso e non trasferisce la proprietà di un bene pubblico (inalienabile). La partecipazione all’assegnazione ha implicito il valore economico dato dall’impresa all’uso commerciale della risorsa. La normativa comunitaria prevede un meccanismo di tutela dal rischio di mancato uso attraverso la possibilità di trasferire i diritti a terzi, vietando il cambiamento di destinazione. Lo scambio dei diritti non deve dar luogo a una distorsione della concorrenza attraverso il mancato utilizzo dello spettro radio e a tal fine vigilano le Autorità.
L’Italia ha stabilito: a) un diritto di proprietà degli operatori Tv analogici che non riconsegnano nello spettro pubblico le frequenze non utilizzate, cedono le frequenze per usi DVB-T (diversa destinazione) e sono rimborsati in caso di “esproprio” (parte degli introiti dell’asta radiomobile a Tv locali); b) il coinvolgimento di tre autorità – ministero Sviluppo economico, Agcom e Agcm – nel controllo dei trasferimenti di frequenze da un operatore a un altro, ma senza trasparenza sugli scambi avvenuti o sulla destinazione commerciale, rendendo impossibile verificare la distorsione (non uso) o la limitazione della concorrenza (rafforzamento di posizione dominante). (4)
Le azioni messe in atto da legislatore e Autorità di garanzia si muovono in controtendenza rispetto alle richieste dell’Europa. È comprensibile che gli operatori tradizionali vogliano preservare lo status quo e conservare le proprie rendite di posizione, è imbarazzante verificare che ciò sia rafforzato dal diritto e deludente che trovi il consenso di Autorità indipendenti e garanti del mercato unico e della concorrenza.

(1) Rai e Mediaset utilizzano frequenze per reti digitali DVB-H.

(2) L’asta banda 800 si è chiusa il 22 settembre 2011 con un incasso di 2,9 miliardi di euro. Al tema delle ricadute sul bilancio dello Stato è stato dato spazio su lavoce.info https://www.lavoce.info/articoli/pagina1002015-351.html.

(3) I criteri di assegnazione hanno aperto un contenzioso con la Commissione. L’operatore Sky, escluso in una prima fase dall’Agcom viene riammesso dopo la decisione della Dg Concorrenza che proscioglie la società da impegni precedenti. Parere avverso alla Dg Concorrenza è stato reso da entrambe le Autorità nazionali, Agcm e Agcom.

(4) Non si trova traccia dei trasferimenti avvenuti o in corso

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  1. saverio

    Non sarà perchè abbiamo un presidente del consiglio proprietario di reti televisive?

  2. Francesco Laudani Fichera

    Il contesto delle analisi, giustamente, parla di autorità di garanzia. Ma, se parliamo della realtà, troviamo dei fattorini ben remunerati (da noi) a servizio del satrapo di Arcore, nonchè Testa d’Asfalto.

  3. michele

    Le tv locali rischiano di morire, perchè la legge privilegia la copertura del territorio e il numero di dipendenti, quindi le grandi tv a diffusione nazionale. Nulla garantisce alle tv che preesistevano allo switch-off, salvo un punteggio-premio a quante si consorziano per condividere le stesse frequenze su regioni differenti. Una legge neutrale dovrebbe garantire alle tv con meno mezzi economici frequenze 2″ad equo canone”, o ad uso gratuito.

  4. Bruno Stucchi

    Ci sono più reti private in Italia che non in tutto il resto d’Europa. Ma, il futuro della TV non era Internet (cioè la vecchiaTV via cavo)? P.S. Il sistema ADSL nacque proprio per la TV on demand via cavo.

  5. Marco

    Leggo in un commento: “Una legge neutrale dovrebbe garantire alle tv con meno mezzi economici frequenze 2″ad equo canone”, o ad uso gratuito.” Che una parte delle frequenze possa essere destinata alle tv locali può essere ragionevole, ma che queste possano usufruire di frequenze gratuitamente mi pare illogico: le tv locali sono aziende private a tutti gli effetti e non c’è motivo per cui debbano essere particolarmente tutelate, utilizzando perlopiù risorse dello stato senza pagare.

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