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COME SARÀ LA NUOVA ICI?

Uno dei tasselli principali della manovra del governo sarà la revisione della fiscalità sugli immobili. Ma le ipotesi sono molte, spesso con finalità diverse. Il problema principale è che la legge delega sul federalismo fiscale vieta di tassare la prima casa. Un ostacolo che il governo Berlusconi ha cercato di aggirare con l’introduzione all’ultimo istante della Res-servizi, destinata a gravare non solo sui proprietari, ma anche sugli inquilini. Tutto sommato però funziona peggio della vecchia Ici. E allora perché non tornare semplicemente indietro?

Uno dei tasselli principali della manovra del governo annunciata per lunedì prossimo sarà la revisione della fiscalità sugli immobili. In un momento in cui è urgente raccogliere nuovi gettiti senza andare a deprimere le prospettive di crescita, gli immobili costituiscono la base imponibile per elezione, insieme con i consumi, su cui concentrare l’aumento del prelievo.

TUTTO NASCE DALL’ABOLIZIONE DELL’ICI

Al tavolo dell’imposizione sulla casa sembrano però oggi accorrere un po’ troppi invitati, ognuno con propri gusti e appetiti. C’è chi dalla riforma delle imposte sulle abitazioni vorrebbe ricavare gettiti aggiuntivi per il consolidamento dei conti pubblici, chi guadagnare un po’ di equità nella distribuzione del carico fiscale, chi consolidare il federalismo fiscale dando più autonomia ai comuni e rafforzando il legame tra amministratori locali e cittadini, chi contribuire al contrasto all’evasione fiscale. Si tratta di obiettivi tutti egualmente nobili, ma talvolta contrastanti, che per convivere richiedono una qualche forma di coordinamento tra le varie proposte di imposizione oggi in discussione sulla casa: Ici, Imu, Res e da ultimo anche la cosiddetta patrimoniale.
Proviamo a fare un po’ di ordine con riferimento soprattutto alla questione della tassazione della prima casa. A livello patrimoniale, gli immobili residenziali e commerciali sono oggi tassati dall’Ici. In prospettiva, dal 2013, arriverà l’Imu, che altro non è che l’Ici ribattezzata e maggiorata nell’aliquota per includere anche il gettito oggi prodotto dall’Irpef sui redditi fondiari (ad esclusione di quelli su abitazioni locate, su cui opera la “cedolare secca”). L’Ici oggi, e l’Imu domani, escludono totalmente la prima casa dalla base imponibile.
Questa esenzione (non solo dal prelievo patrimoniale Ici/Imu, ma anche da quello reddituale Irpef) comporta una serie di effetti negativi più volte evidenziati: un prelievo (aggravato) su non residenti (seconde case) e su imprese e lavoratori autonomi con palese violazione del principio della corrispondenza tra contribuenti e beneficiari dei servizi a livello locale; il mancato riconoscimento ai comuni di un’importante leva di autonomia fiscale; una forte sperequazione dei gettiti tra comuni, a vantaggio di quelli con molte seconde case, come quelli turistici, e insediamenti commerciali; una significativa distorsione a danno delle famiglie in locazione rispetto a quelle proprietarie di prima casa, con conseguente freno alla mobilità dei lavoratori e all’uscita dei giovani dalla famiglia di origine.

LA NUOVA RES-SERVIZI

Il governo Berlusconi, dopo aver difeso tenacemente l’inviolabilità fiscale della prima casa, tanto da aver sancito il divieto alla reintroduzione in Ici dell’abitazione principale nella legge delega sul federalismo fiscale, poco prima di lasciare il testimone si convinceva dell’opportunità di fare una mezza marcia indietro.
Ma invece di prendere il toro per le corna, e cioè emendare la legge base del federalismo fiscale e reintrodurre la prima casa nell’Ici/Imu, ha provato a ottenere lo stesso risultato seguendo una via traversa. Nello schema di decreto correttivo alla fiscalità comunale approvato dal Consiglio dei ministri il 24 ottobre scorso, è stata infatti prevista l’introduzione a partire dal 2013 di un nuovo prelievo, per far fronte dei servizi indivisibili forniti dai comuni (viabilità, vigilanza, arredo urbano, eccetera): il tributo comunale rifiuti e servizi nella componente servizi (d’ora in poi Res-servizi). La Res-servizi è un’imposta comunale molto simile all’ci, anche se limitata alle sole abitazioni di residenza (sono esclusi gli immobili commerciali). Tuttavia, diversamente dall’Ici, non grava sul proprietario dell’immobile, ma su chi lo “occupa” e quindi tanto sui proprietari quanto sugli inquilini. La base imponibile è quasi identica a quella dell’Ici (la rendita catastale rivalutata del 5 per cento moltiplicata per cento), ma la Res-servizi, diversamente dall’Ici, si applica anche ai proprietari che occupano la loro prima casa. L’aliquota base è fissata allo 0,21 per cento con facoltà del comune di aumentarla fino allo 0,30 per cento o di ridurla fino ad azzerarla. Parallelamente all’introduzione della Res-servizi, la bozza di decreto prevede che l’Imu (che ovviamente rimane sempre “monca”, senza prelievo sulla prima casa) riduca di un punto la sua aliquota-base, originariamente fissata allo 0,76 per cento, portandolo allo 0,66 per cento.
Il quadro complessivo della tassazione immobiliare Imu/Res-servizi che deriva dalla riforma è illustrato nella tabella 1. Rispetto all’assetto attuale, o per meglio dire quello che andrà a regime nel 2013, la riforma comporta uno spostamento del carico fiscale, almeno in termini relativi, dalle seconde case e dagli immobili commerciali alle prime case, mentre sugli immobili locati si attua, almeno formalmente, un trasferimento dell’onere fiscale dai proprietari a danno degli inquilini. In termini territoriali la riforma dovrebbe produrre un qualche spostamento dei gettiti dai comuni con maggiore concentrazione di seconde case (si pensi a quelli turistici) e di strutture commerciali a favore di quelli dove invece prevalgono le prime case.

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La caduta del governo Berlusconi ha lasciato la bozza di decreto sulla Res-servizi a mezz’aria: approvata in via preliminare dal Consiglio dei ministri, deve ancora iniziare l’iter (parere delle Conferenze e della Commissione bicamerale sul federalismo fiscale) che potrebbe portarlo alla sua adozione definitiva.
Cosa farà ora il nuovo governo? Sul tavolo c’è la scelta tra, da un lato, la conferma alla soluzione Res-servizi e dall’altro, in modo più diretto, una revisione della legge delega federalismo fiscale e un ritorno alla formula dell’Ici prima dell’abolizione del prelievo sulla prima casa.

I PRO E I CONTRO

Qualche considerazione può aiutarlo in questa decisione. La prima riguarda gli effetti redistributivi. Se confrontiamo, a partita di gettito complessivo, la soluzione Res-servizi del decreto del governo Berlusconi con un’Ici configurata grosso modo come era nel 2007 (prima dell’esenzione sulla prima casa) risulta che la distribuzione dell’incidenza fiscale per decili di reddito familiare non differisce granché tra le due imposte, anche se nel caso dell’Ici mostra un profilo di maggiore progressività sui decili più elevati (grafico 1). (1)

Grafico 1 – Distribuzione dell’incidenza delle imposte sulla casa per decili di reddito familiare

La considerazione degli aspetti redistributivi richiama però un altro aspetto, che è il vero elemento che differenzia le due soluzioni: la Res-servizi tassa gli inquilini, l’Ici con prima casa no. Coinvolgere anche gli inquilini (oltre ai proprietari) nel prelievo può essere valutato per certi aspetti positivo, ma non per altri. Positivo può essere il coinvolgimento anche dei locatari residenti nel finanziamento dei servizi comunali in linea con il principio del beneficio. Negativo è invece, sul piano dell’equità, il fatto che, in generale, con la Res-servizi due contribuenti con lo stesso reddito, ma il primo proprietario della sua abitazione e il secondo no finirebbero per pagare la stessa imposta pur avendo capacità contributive (misurate sul complesso reddito più patrimonio) certamente differenti.
Infine, va sottolineato un punto critico della Res-servizi: è troppo rigida, poco modulabile rispetto alle caratteristiche rilevanti del nucleo familiare che “occupa” l’abitazione e questo contrasta con la sua finalità dichiarata di essere un corrispettivo all’utilizzo che quella famiglia fa dei servizi comunali indivisibili. Avrebbe dovuto essere disegnata come un’imposta “personale”, che tenga conto delle caratteristiche della famiglia residente nell’abitazione. Invece, replicando da troppo da vicino nei suoi elementi essenziali l’Ici/Imu, denuncia chiaramente la sua vera finalità, che è l’aggirare il divieto della tassazione patrimoniale della prima casa. (2)
Insomma, l’introduzione della Res-servizi ha certamente un merito: quello di mettere una pezza sulla sventurata vicenda dell’esenzione della prima casa. Tutto sommato però lo fa meno bene della vecchia Ici. Per tornare indietro non serve molto: “un tratto di penna” nella legge del federalismo fiscale.

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(1)
In particolare, viene considerata un’aliquota Ici per le prime case del 5,2 per mille più una detrazione di 150 euro, e del seconde case pari al 6,2 per mille. Non si applica alcuna rivalutazione delle rendite. Entrambe le soluzioni produrrebbero un gettito di circa 4,7 miliardi di euro. La maggiore incidenza dell’Ici rispetto alla Res-Imu nel decile più povero potrebbe essere corretta aumentando l’ammontare della detrazione riconosciuta sulla prima casa.

(2) A dimostrazione di ciò va richiamata la difficoltà della Res-servizi a trattare il caso delle esenzioni previste per gli “occupanti” a basso reddito: il reddito rilevante per la verifica al riconoscimento dell’esenzione è quello cumulato familiare (nel caso più comune di una famiglia composta da più componenti che occupa l’abitazione), ma poi questo reddito viene confrontato con gli scaglioni Irpef che, per definizione, sono riferiti a posizioni individuali.

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MOLTO RIGORE, POCA EQUITÀ E POCHISSIMA CRESCITA

  1. Raffaella

    La Res come concepita dal governo Berlusconi è simile alla Council Tax britannica in certi aspetti, e sottolineo in certi. Questa tassa viene pagata anche dai coinquilini a determinate condizioni, come ad esempio essere in un contratto congiunto con altri coinquilini, non essere studenti a tempo pieno (fra l’altro questa esenzione è discutibile, io non sono d’accordo) e il fatto che la casa non sia l’abitazione principale del proprietario. Ne cito alcune anche se a dispetto della maggiore semplicità delle leggi britanniche, la materia Council Tax non è affatto semplice. Non vedo cosa la Res abbia di iniquo rispetto all’ICI, che fra l’altro viene calcolata in base alle caratteristiche dell’immobile e non commisurata anche ai redditi di chi la deve pagare. Non tutti i proprietari di casa hanno un reddito alto, c’è chi eredita la casa in cui vive ma fa fatica a trovare un lavoro dignitoso specie in tempi di crisi. E questa è la realtà, non sono lagne assistenzialistiche.

  2. Maurizio

    Ma c’è ancora qualcuno che ragiona in questo paese? Qualcuno che capisce che non si può continuare ad aumentare le tasse in questo modo? Qualcuno che comprende che un calo generalizzato del valore degli immobili non è nell’interesse del paese oggi? Oggi chi ha un immobile da investimento paga l’ICI al 7 per mille, dichiara gli affitti, paga il calo del valore dell’immobile, e si vede una rivalutazione delle rendite in arrivo. Non mi pare che sia stato un investimento eccezionale! Ma tutte le menti del nostro Paese sono concentrate su come mettere nuove tasse e nessuno pensa a tagliare le spese, nessuno parla di tagli alla casta, di taglio delle province, di riduzione del numero degli impiegati pubblici.

  3. Anonimo

    Il calo del valore degli immobili è l’ultimo dei problemi, anche perché su di esso gravano indirettamente anche le altre imposte, non solo l’ICI. Il vero problema è che questa ICI rinnovata continua ad essere un’imposta fortemente distorsiva, ad esempio a svantaggio delle locazioni. L’ideale sarebbe tassare direttamente il valore fondiario degli immobili, come ad esempio avviene in Estonia. Non vi sarebbero distorsioni o eccessi di pressione, e il gettito dell’imposta sarebbe direttamente proporzionato ai beni pubblici forniti dai governi locali e nazionali.

  4. giancarlo

    Alcuni anni fa ho eredidato da mio padre la casa nativa in un piccolo paese di collina lontano dal luogo dove vivo ed ho messo su famiglia. Negli ultimi anni, per motivi affettivi,ho parzialmente ristrutturato questa casa che stava andando alla malora. Ora mi troverò nella condizione di dover pagare maggiori tasse solo per il fatto che invece di abbandonare al suo destino la vecchia casa,o venderla, ho avuto la balzana idea di ristrutturarla. Mah!

  5. raffaele

    Sono un pensionato che sente arrivare una nuova decurtazione del suo reddito in quanto colpevole di avere fatto sacrifici per acquistare una casa. Il Prof Monti dice che è una anomalia italiana la mancata tassa sulla prima casa, ma di tutte le altre anomalie italiane peggiorative rispetto agli altri paesi quando ce ne occupiamo ?

  6. Giorgio

    Mi sembra che la fretta di tassare abbia prodotto un mostro fiscale per quanto riguarda le seconde (e terze etc.) case. Fino a ieri tenendo disposizione una seconda casa pagavo le tasse sulla rendita aumentata del 30% (Irpef e addizionali) e l’ICI, invece dandola in affitto pagavo le tasse sul reddito della locazione (Irpef e addizionali) e l’ICI. Ora invece con l’IMP che ingloba l’irpef e le addizionali sulla rendita aumentata del 30%, se tengo la seconda casa a diposizione non sono penalizzato, non pago nient’altro, se invece la do in locazione pago in più le tasse sul reddito della locazione (con o senza cedolare secca). Cioè pago due volte, sia sulla rendita catastale incrementata del 30% e sia sul canone di locazione. Non sono un giurista ma questa non è la violazione del principio secondo cui lo stesso reddito non può essere tassato due volte? Oltretutto con l’effetto paradossale che il tenere a disposizione seconde e terze case, cioè sottrarle al mercato della locazione, non solo non è più penalizzato ma può essere addirittura più conveniente rispetto a prima. Cordiali saluti.

  7. mario

    Una rendita catastale di una casa nuova appena registrata deve essere in ogni modo maggiorata del 60%. Secondo voi non c’è modo di impugnare una tale direttiva presso qualche tribunale, Tar o simili, in quanto iniqua perché equipara rendite registrate in tempi diversi? Sono pronto ad intraprendere qualunque tipo di ricorso contro uno stato che ormai non ha più credibilità e sta affossando la nazione e i cittadini. Grazie, Mario Pucci

  8. Roberto

    Concordo con Mario, è possibile fare un ricorso mirato su questo problema? Perchè abitazioni recenti con valori catastali già simili al reale e comunque molto alti deveono subire anche la rivalutazione, mentre apparatementi di lusso in centro hanno rendite castali ridicole di partenza? Non è accettabile allo stato attuale usare il castasto come riferimento per imporre tasse così esose, un ricorso nelle sedi opportune è quanto mai doveroso. Ci uniamo???

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