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TASSARE IL CIBO SPAZZATURA?

Il ministro della Salute ha allo studio una tassa sul cibo spazzatura. Misure di questo tipo riducono il consumo di bibite zuccherate, anche se gli effetti sui rischi di sovrappeso e obesità sono difficili da quantificare. Funzionano meglio se accompagnate da una pluralità di interventi da realizzare in primo luogo nelle scuole e con il coinvolgimento dei genitori. Il rischio è che la eventuale tassa sia utilizzata più per fare cassa che per promuovere comportamenti alimentari sani. E le strutture sanitarie dovrebbero dare il buon esempio.

Il ministro della Salute ha dichiarato di avere allo studio l’introduzione di una tassa sul junk-food, il cosiddetto cibo-spazzatura, allo scopo di ridurre il rischio di sovrappeso e obesità. Interventi analoghi sono stati da poco adottati in Francia (la taxe soda sulle bevande gassate zuccherate, circa due centesimi di euro per lattina) e in Danimarca (la tassa sul cibo ricco di grassi saturi, come snack e merendine, di circa 2 euro per chilo). Negli Usa, molti stati applicano da tempo una tassa sulle bevande zuccherate dell’ordine del 3-5 per cento del prezzo. Si tratta di interventi capaci di ridurre il consumo dei prodotti tassati, ma con effetti complessivi di difficile valutazione. Le esperienze in corso vanno pertanto analizzate molto attentamente.

ALIMENTI “KILLER”: BEVANDE GASSATE E SNACK IPERCALORICI

 A partire dal secondo dopoguerra, la tradizione e la cultura alimentare dei paesi industrializzati ha subito un profondo cambiamento: con la maggiore disponibilità di cibo, si è progressivamente diffuso il consumo di cibi pronti, spesso poveri di fibre e ricchi di grassi, ad alta densità calorica. Negli Usa, fino alla fine degli anni Novanta, fra i bambini dai 2 ai 18 anni, la principale fonte delle calorie provenienti dall’assunzione di bevande era il latte, mentre negli anni più recenti il maggior contributo è dato dalle bevande zuccherate. Numerosi studi longitudinali condotti sulla popolazione statunitense mostrano una chiara relazione positiva fra consumo di bevande zuccherate e peso corporeo, soprattutto fra i giovani (la relazione è messa in dubbio solo dagli studi sponsorizzati dall’industria delle bevande gassate). (1) È inoltre dimostrato che la causa principale dell’obesità sta nell’aumento dell’apporto calorico del cibo consumato. Analoghe considerazioni valgono per l’Italia, anche se il fenomeno è più recente.
In particolare, allarmante è il dato sull’obesità infantile, per il quale da pochi anni l’Italia appare fra i paesi più colpiti: un bambino su tre ha problemi di sovrappeso, con picchi elevati nelle regioni del Sud. E un bambino obeso ha un rischio elevato di sviluppare malattie croniche in età adulta. Fra gli adulti il tasso di obesità è del 10,3 per cento, un valore ancora inferiore alla media dell’area Oecd, del 16,9 per cento, secondo l’International Association for the Study of Obesity. (2)

L’obesità sta quindi diventando un problema di salute pubblica. Oltre a ridurre la qualità della vita e la capacità lavorativa, rappresenta un fattore di rischio per molte malattie croniche, come ipertensione, diabete di tipo 2 e malattie cardiovascolari, il cui trattamento richiede un notevole impiego di risorse: si stima che l’obesità e le patologie associate incidano per il 4,6 per cento della spesa sanitaria nel Regno Unito e per il 6-10 per cento negli Usa. Un intervento pubblico è pertanto giustificato dalla necessità di correggere le esternalità e le carenze informative presenti nel mercato degli alimenti ipercalorici.

I PROGRAMMI DI CONTRASTO DELL’OBESITÀ

Gli interventi più diffusi sono la tassa sui prodotti ipercalorici e le iniziative volte a rendere più difficile l’accesso alle bevande gassate (a favore di succhi di frutta, bevande dietetiche e acqua). La soda tax stenta tuttavia a decollare, anche a causa dell’opposizione dei produttori di bevande ipercaloriche (negli Usa, la potente American Beverage Association raccoglie colossi come Coca Cola e Pepsi). C’è inoltre chi obbietta che la tassa potrebbe indurre gli individui a sostituire la bevanda tassata con altre bevande a basso prezzo, potenzialmente più dannose. Una importante obiezione attiene al carattere regressivo della tassa, dato il maggior consumo delle bevande ipercaloriche fra i ceti meno abbienti; ma il problema potrebbe essere affrontato destinando una parte del gettito del tributo a programmi di promozione della salute delle categorie più a rischio, moltiplicando in tal modo i benefici a favore dei più esposti.

LA TASSA SUL CIBO SPAZZATURA: QUALI EVIDENZE?

Numerosi studi stimano una elasticità della domanda di bibite ipercaloriche prossima all’unità: un aumento del prezzo del 10 per cento riduce i consumi dell’8-10 per cento; l’elasticità è più elevata fra i giovani, in particolare fra quelli in sovrappeso e appartenenti a famiglie non abbienti. La riduzione del consumo di bibite zuccherate produce a sua volta un calo dell’indice di massa corporea, soprattutto fra i giovani. L’effetto dipende dalla storia alimentare dei giovani, ovvero dai livelli di consumo nelle età infantili, da cui la necessità di politiche in grado di intervenire precocemente.
In breve, le esperienze internazionali indicano che una tassa riduce il consumo di bibite zuccherate, soprattutto fra le categorie più a rischio, anche se gli effetti sui rischi di sovrappeso e obesità sono di difficile quantificazione. Più promettente l’abbinamento con una pluralità di interventi, finanziati con il gettito della tassa, da realizzare in primo luogo nelle scuole, anche con il coinvolgimento dei genitori.
Appare quindi cruciale la scelta della destinazione del gettito della (eventuale) tassa sul cibo-spazzatura. L’ipotesi avanzata dal ministro della Salute ha già innescato un acceso dibattito. Il Governo sembrerebbe intenzionato a finanziare investimenti in edilizia e tecnologie sanitarie. Le Regioni potrebbero essere interessate a compensare parte dei tagli imposti dalle ultime manovre. La Coldiretti ha già chiesto di sostenere la produzione di frutta e verdura. Il rischio è che la (eventuale) tassa sia utilizzata più per produrre gettito che per promuovere comportamenti alimentari sani. In tal senso sarebbe auspicabile, fra l’altro, l’avvio di un programma di promozione di una sana alimentazione all’interno delle strutture sanitarie, attraverso il miglioramento della ristorazione ospedaliera e la limitazione all’accesso a prodotti ipercalorici nei distributori e nei bar degli ospedali. Prima di ogni altro intervento, il servizio sanitario dovrebbe infatti mostrarsi capace di promuovere al proprio interno stili di consumo esemplari, a vantaggio dei propri assistiti e dei propri dipendenti. Un intervento che potrebbe trovare ampio favore presso l’opinione pubblica e contribuire a contrastare le inefficienze del mercato dei prodotti alimentari ipercalorici.

(1) Brownell, Farley, Willet, Popkin, Chaloupka, Thompson, Ludwing, The Public Health and Economic Benefit of Taxing Sugar-Sweetened Beverages, NEJM, 2009, www.nejm.org
(2) http://www.oecd-ilibrary.org/docserver/download/fulltext/8111101ec019.pdf?expires=1328031673&id=id&accname=guest&checksum=E9246685448E6F0B7DA593D64100A844

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18 commenti

  1. AM

    Mi pare un’ottima idea. La cosa deve essere studiata bene.

  2. mirco

    assolutamente favorevole alla tassazione dei cibi spazzatura : aliquota molto elevata.!

  3. Stefano P.

    Se come riconoscono gli autori verosimilmente la percentuale di persone obese non diminuira’, perche’ inventare una nuova tassa per finanziare il settore sanitario gia’ iperfinaziato. Riguardo agli stili di consumo esemplari perche’,ad esempio,gli operatori sanitari dovrebbero seguirli ? Credo siano in possesso di conoscenze e competenze sufficienti a calcolare i rischi,nonche’ delle capacita’ di educare adeguatamente i propri assistiti. Concludendo mi pare assurdo che lo stato decida per me cosa sia sano e cosa sia dannoso,lo so gia’.

  4. Giuseppe Sacco

    Sarebbe troppo complicato semplicemente tassare direttamente le aziende produttrici o importatrici di questi cibi e bevande? In questo modo forse si darebbe una svolta alla produzione facendo sì che le aziende stesse si orientassero su altri prodotti.

  5. PN

    anche se il fine fosse solo quello di creare gettito fiscale, mi pare una buona idea. Sempre meglio tassare un bene non di prima necessità e soprattutto dannoso per la salute pittosto che altre accise o tasse o iva.

  6. Lettore

    E se introducessimo sussidi per i cibi piu’ genuini, anziche’ pensare a nuove tasse?

    • La redazione

      Gli approfondimenti in corso vanno nella direzione di utilizzare parte  del gettito sul cibo spazzatura per sussidiare il consumo di cibi sani  (o l’acquisto di attrezzature per la preparazione dei pasti in casa, nell’ipotesi che i pasti preparati in casa siano più sani -ad esempio- del fast food). L’idea è coerente con la convinzione che sia necessaria  una pluralità di interventi, anche se le evidenze sull’efficacia delle
      diverse azioni è ancora piuttosto modesta. Un argomento sul quale  bisogna ancora lavorare.

  7. Anonimo

    Il regime di tassazione è direttamente proporzionale alle capacità di reddito costanti nel tempo. Dunque, il sistema fiscale interessa i beni di consumo, come è ovvio, ma anche le nuove attività produttive che facilitano gli scambi commerciali, pertanto è da non condividere un’innalzamento delle tasse su beni di consumo voluttuari come lo sono i cibi energizer (lasseiz-faire), ovviamente il tutto in difesa del sistema sanitario nazionale .

  8. Bruno Cipolla

    1) il diabete di tipo 2 (quello degli adulti) sta diventando un grosso problema anche per i bambini, cercare su google (scholar) “type 2 diabetes in children”
    2) molti succhi di frutta industriali contengono anch’essi zuccheri aggiunti (sciroppo di glucosio ecc)
    3) Io inserirei nella categoria “junk food nocivo” e tasserei pesantemente anche tutti quegli alimenti inutilmente raffinati (privati di vitamine, fibre, minerali ecc) che ingurgitiamo quotidianamente, come zucchero raffinato, farina raffinata, sale raffinato, riso raffinato, olio raffinato ecc ecc.

  9. P. Magotti

    Se il problema è contrastare l’obesità a mio parere, la soluzione migliore è creare incentivi per essere magri. Detrazione fiscale ai normo peso ad esempio, da certificare con una dichiarazione del medico di famiglia, in fase di dichiarazione dei redditi. Pensare che si diventa grassi bevendo bibite zuccherate, o mangiando al fast food è alquanto “bigotto”. Conosco, ma penso chiunque conosce se fa mente locale, molte più persone grasse a causa di troppi piatti di pastasciutta, che di hamburger e coca cola. Inoltre non si tiene conto dell’attività fisica, se una persona si tiene in forma, magari anche pagando (sport, palestra, centri benessere, ecc), è giusto tassarlo per una bibita? Riassumendo, se il nostro obbiettivo è veramente il peso della popolazione, non tutelare produzioni locali come temo si voglia fare, è giusto andare a colpire direttamente la variabile dipendente (ci sono vari modi per farlo), non le presunte variabili indipendenti.

  10. dirk

    Se il gettito di questa nuova tassa venisse usato per aumentare le ore di attività fisica nelle scuole, “coprendo” quelle ore tolte dalla riforma Gelmini? Un’azione preventiva i cui risultati si vedranno negli anni, ma che permettere di educare le giovani generazioni.

  11. annata77

    Tassare il cibo spazzatura e lasciare che i prezzi di frutta e verdura freschi lievitino (causa il mal tempo, causa lo sciopero dei trasporti, causa il rincaro della benzina, ecc.), porta solo ad un aumento dell’utilizzo degli stessi alimenti sbagliati. E’ stata apprezzata la detrazione di spese per “attività fisica dei ragazzi” dalla dichiarazione dei redditi e non mi pare sia costata tanto allo Stato (visto anche il basso limite massimo detraibile). Facciamo pagare di piu’ la pubblicità di questi prodotti ai produttori: si tratta di produttori di beni che creano esternalità negative. I produttori e solo loro dovrebbero sostenere il costo del danno che provocano. In alternativa facciamo pagare loro campagne di sensibilizzazione al consumo responsabile di cibi e bevande nocive o campagne di educazione alimentare.

  12. Giancarlo Perasso

    La “fat tax” appare, di primo acchito, una buona idea ma e’ un’idea che si presta a parecchie critiche, a mio parere. Al di la’ dell’obiezione sollevata da altri commenti sugli stili di vita (se mangio un gelato ogni tanto e faccio un sacco di sport sono sicuramente piu’ sano di uno che non mangia gelati ma sta tutto il tempo seduto) resta il problema della definizione di junk food (il gelato e’ junk food? Le torte?) e, soprattutto, dell’efficacia di una tassa di questo tipo. Studi sul consumo di sigarette hanno dimostrato che per i fumatori accaniti il prezzo non e’ un fattore discriminante e se il prezzo aumenta oltre certi livelli a causa della tassazione, si ricorre alle sigarette di contrabbando. Potremmo quindi assistere alla creazione di un mercato parallelo della Coca Cola? Inoltre, il fast food, per definizione, e’ cibo veloce: se devo passare del tempo a cucinare qualcosa di sano, ho meno tempo a disposizione per fare sport (situazione paradossale e probabilmente non comune ma che non puo’ essere scartata a priori). L’Economist tempo fa aveva affrontato questi argomenti, l’articolo e’ leggibile a http://www.economist.com/node/14120903 e ha anche degli interessanti riferimenti bibliografici Personalmente, penso che una tassa sull’eccessivo Body Mass Index sia molto piu’ efficace perche’ sarebbe un incentive a seguire uno stile di vita piu’ sano e non colpirebbe un solo aspetto (il cibo) dello stile di vita.

  13. marco

    Una tassa di questo tipo peserebbe sulle tasche dei consumatori che devono combattere una lotta impari conto il marketing e le nuove povertà-Penso che occorrerebbe invece ripensare la fiscalità in modo da premiare le aziende che non delocalizzano e non inquinano (e investono in ricerca) – Chi produce cibo qualitativamente migliore, biologico, biodinamico, da permacultura e vende prodotti tipici sul territorio attraverso una filiera corta dovrebbe essere premiato fiscalmente e pagare meno tasse- Bisognerebbe anche dedicare qualche attenzione in più all’educazione alimentare nelle scuole e in tv; diversi studi hanno infatti mostrato correlazioni tra la qualità del cibo e le spese sanitarie esossime dei paesi occidentali; il risparmio per lo stato sarebbe garantito! Insomma essere meritocratici e premiare i più bravi!

  14. michele

    Prima ci avvelenano con le loro porcherie, dopo siamo colpevoli delle nostre malattie, dobbiamo pagarci la palestre, le cure e pure le tasse! dobbiamo limitare la lobby alimentare, vietando l’uso di additivi e conservanti noti cancerogeni, e limitare tutti i processi chimici che azzerano il valore nutrizionale degli alimeneti naturali. le costituzioni del sudamerica hanno posto con forza la questione della sovranità alimentare, del diritto di un popolo di difendere la biodiversità e controllare ciò che mangia. Perchè la dieta, come insegnava già Ippocrate, è il fattore cruciale della salute fisica e mentale. Chi controlla l’alimentazione, controlla la salute pubblica. E i tentativi di imporre nel mondo il Codex alimentarius, una legislazione sovranazionale, decisa da organi non elettivi, e di cui pochi parlano, ne mostrano l’importanza. esiste un’industria dei sapori che ha il compito di dare un gusto simile a quello dei cibi naturali, a dei cibi resi praticamente inorganici, che non scadono mai, dopo vari trattamenti chimici e l’aggiunta di additivi. La legge deve evolvere a trattare come tossico tutto ciò che non può essere assimilato dal metabolismo.

  15. Tommaso

    “… trattare come tossico tutto quello che non può essere assimilato dal metabolismo”. Mi pare giusto: quando vietiamo i funghi e l’insalata?

  16. bellavita

    Uno degli aspetti più allucinanti del consumismo è il confronto tra il costo al litro in supernercato del vino e delle bevande dolci zuccherate che hanno costi di produzione irrisori: neanche gli ambientalisti si spno accorti di questo argomento.

  17. m.f.parini

    Per motivi di volontariato frequento sia uno ospedale sia un centro di assistenza degli immigrati.Ho notato numerose persone decisamente con IMC superiore a 35 e con una grande prevalenza sia di sudamericani sia di africani del centro e,soprattutto,donne.C’è una tendenza per queste persone a consumare bibite zuccherine e cibi ipercalorici(panini,hamburger,ecc) risultato complicazioni sanitarie. Donne anche giovani con gambe gonfie e problemi seri di circolazione agli arti inferiori.Il costo socio-economico sarà elevatissimo se non si provvede in qualche modo.

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