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SE IL CREDITO DIPENDE DALLA GEOGRAFIA

La stretta creditizia che ha colpito le imprese italiane dopo il crack di Lehman Brothers è stata più intensa nelle aree dove il sistema bancario ha una minore autonomia decisionale. A essere maggiormente penalizzate, però, non sono state le imprese più rischiose e di minori dimensioni. Le banche nazionali hanno privilegiato le imprese più vicine al loro territorio di origine, riducendo l’offerta di credito verso quelle più distanti, anche se grandi e produttive. I vincoli finanziari sono dunque più stringenti per le aziende delle aree finanziariamente meno sviluppate.

L’aggravarsi della crisi dei debiti sovrani in alcuni paesi europei rischia di avere effetti destabilizzanti sui sistemi finanziari nazionali, attraverso un aumento dei rischi di credito e una contrazione della liquidità sul mercato interbancario (Baglioni, A.  Il rischio della crisi di liquidità, lavoce.info, 8 Agosto 2011). In questo scenario, in molti temono il verificarsi di una nuova stretta creditizia, dopo quella che ha fatto seguito al fallimento della banca d’investimento Lehman Brothers nel settembre 2008.

LA STRETTA CREDITIZIA IN EUROPA

Nella recente crisi finanziaria, come sempre accade, si sovrappongono effetti di domanda, che allontanano le imprese dai mercati del credito, e effetti di offerta, che spingono le banche a ridurre il volume degli impieghi. Evidentemente, dal punto di vista del policy maker è di fondamentale importanza riuscire a identificare se e in che misura la diminuzione dei prestiti che si osserva nell’aggregato sia il risultato di un’effettiva stretta creditizia da parte delle banche, ovvero di un rallentamento della domanda di credito da parte delle imprese. Tuttavia, la scomposizione, così come la valutazione di quali siano i fattori che possono influenzare la differente intensità del credit crunch in aree e mercati diversi, pone numerose difficoltà all’economista applicato.
Diverse analisi condotte per valutare gli effetti della crisi finanziaria sulle piccole e medie imprese  mostrano che di fatto, nei mesi successivi al fallimento di Lehman Brothers, in Italia e in molti altri paesi europei, si è assistito a una contrazione dell’offerta di credito. (1) Questa sembra aver interessato in special modo le imprese giovani, di minori dimensioni e informativamente più opache, ossia quelle meno in grado di fornire alla banca garanzie solide e informazioni utili per valutare il proprio merito di credito.
L’intensità della stretta creditizia che ha colpito le imprese può dipendere, tra le altre cose, anche dalla struttura gerarchica delle banche che sono presenti nel mercato del credito in cui operano. Come è stato recentemente messo in luce da Ralph De Haas e Neeltje van Horen, “la banche i cui centri direzionali sono distanti dalla loro clientela rappresentano fonti di finanziamento meno affidabili in tempi di crisi”. (2) La distanza funzionale che separa il centro decisionale della banca dagli sportelli periferici rende più difficile e costosa la raccolta e la gestione delle informazioni di natura informale e non codificata sulla clientela locale. Ciò attenua la capacità delle banche distanti di instaurare rapporti di credito esclusivi e duraturi con le Pmi e rende meno conveniente l’impegno verso questo segmento di clientela. Di conseguenza, in aree in cui il sistema bancario è funzionalmente distante, le condizioni di accesso al credito da parte delle Pmi tendono a essere mediamente più difficili e ci si può attendere che gli effetti di una eventuale stretta da parte delle banche siano relativamente più severi. (3)

DISTANZA FUNZIONALE E CREDIT CRUNCH

In un recente lavoro abbiamo analizzato i dati della “Indagine sulla fiducia delle imprese manifatturiere” pubblicata dall’Isae (e ora dall’Istat) per verificare se durante la crisi le banche italiane abbiano evidenziato una preferenza per la prossimità nell’allocazione del credito. (4) L’indagine è basata su un campione di imprese rappresentativo dell’industria italiana e raccoglie informazioni dettagliate sull’accesso al credito bancario che consentono di isolare gli effetti di offerta da quelli di domanda. Mettendo a confronto i dati a livello di impresa con una misura della distanza funzionale del sistema bancario calcolata a livello provinciale, è possibile mostrare che, nei mesi immediatamente successivi al fallimento di Lehman Brothers, il sistema bancario ha effettivamente contratto in misura significativa l’offerta di credito, e che ciò è avvenuto in maniera più pronunciata nelle province in cui le banche sono funzionalmente distanti. Tuttavia, dai dati dell’Isae non appare confermata l’opinione comunemente condivisa secondo cui la piccola impresa sarebbe stata colpita in maniera più forte dal credit crunch rispetto alle aziende di maggiori dimensioni.
La figura 1 mostra come la distanza funzionale abbia influito sull’intensità della stretta creditizia. Dai grafici emergono due elementi interessanti. Il primo ha a che fare con la dimensione temporale e mostra che, mentre la domanda di credito è rimasta piuttosto stabile prima e dopo il fallimento di Lehman, la risposta del sistema bancario alla crisi di liquidità è stata trasferita immediatamente al settore reale in termini di un maggiore razionamento del credito. (5)
Il secondo – e più interessante – elemento è legato alle differenze geografiche nell’accesso al credito. In media, durante il periodo considerato, le imprese localizzate nelle province in cui il numero di sportelli di banche funzionalmente distanti è maggiore sono meno propense a domandare credito. Una tendenza opposta si può invece osservare nel tasso di razionamento. Nel periodo appena precedente lo scoppio della crisi, la quota di imprese razionate era pari all’11,6 per cento, sia nelle province il cui sistema bancario era funzionalmente distante, sia in quelle in cui la prossimità delle banche era elevata. Nel primo trimestre dopo il fallimento di Lehman Brothers, la restrizione dell’offerta di credito è osservabile ovunque, ma è significativamente maggiore nelle province in cui maggiore è la presenza di banche distanti. (6)

 

Figura 1: Domanda e offerta di credito in Italia: 2008:q1 – 2009:q3

Note: Elaborazioni basate su un campione di 3.631 aziende (24.651 osservazioni) estratto dall’Indagine sulla fiducia delle impresa manifatturiere (Isae/Istat). La quote di imprese che hanno richiesto credito bancario (figura a sinistra), e che sono state razionate (figura di destra) sono state calcolate separatamente per le imprese localizzate nelle province in cui il sistema bancario è funzionalmente vicino (l’indicatore di distanza funzionale è minore del 75° percentile della sua distribuzione) e funzionalmente distante (l’indicatore è maggiore del 75° percentile della sua distribuzione). La distanza funzionale è misurata a livello provinciale come rapporto tra gli sportelli nella provincia, pesati ciascuno per il logaritmo della distanza (in chilometri) tra la provincia considerata e quella in cui ha sede legale la banca di cui lo sportello fa parte, e il numero totale di sportelli nella provincia. Fonte: Presbitero, Udell e Zazzaro (2012).

COLPITE ANCHE LE GRANDI IMPRESE

Durante la recente crisi globale, i gruppi bancari internazionali hanno mostrato una tendenza a concentrare il proprio portafoglio prestiti verso la clientela domestica (home bias) in risposta a shock negativi alla loro struttura finanziaria. (7)
Analogamente, all’interno del mercato nazionale è possibile che la minore esposizione delle banche distanti verso la clientela locale sia dovuta alla volontà di limitare la contrazione degli impieghi verso le imprese più prossime al territorio di origine della banca (dove è localizzato il proprio centro direttivo). Alternativamente, il più severo credit crunch nelle province dominate da banche distanti potrebbe essere il risultato di un flight to quality, ovverosia di una riallocazione del portafoglio verso la clientela meno rischiosa.
Dall’analisi dei dati dell’indagine Isae/Istat emerge che, nei mercati in cui il sistema bancario è funzionalmente più distante, la stretta creditizia non ha colpito in misura relativamente maggiore le imprese più rischiose, meno produttive e informativamente più opache. Questo è in contrasto con l’opinione prevalente secondo cui il credit crunch ha determinato la riallocazione del portafoglio prestiti dei grandi gruppi bancari a scapito della clientela marginale. Al contrario, sembrerebbe che le banche nazionali abbiano ridotto il credito nelle province più distanti in misura proporzionalmente maggiore, interessando in maniera indiscriminata sia le imprese più grandi e produttive che quelle minori.
Da un punto di vista di policy, ciò evidenzia che la distribuzione del sistema finanziario non è neutrale al processo di sviluppo economico e che, specialmente in tempi di crisi, i vincoli finanziari sono più stringenti per le imprese che operano nelle aree finanziariamente meno sviluppate, a prescindere dalla qualità delle aziende locali.

 

(1) Si veda Albertazzi, U. e Marchetti, D.J. (2010). “Credit supply, flight to quality and evergreening: an analysis of bank-firm relationships after Lehman”, Working Paper n. 756, Banca d’Italia. E Jimenez, G., Ongena, S., Peydro, J. e Saurina, J. (2011). “Credit supply and monetary policy: identifying the bank-balance sheet channel with loan applications”, American Economic Review, in stampa.

(2) De Haas, R. e van Horen, N. Running for the exit: International banks and crisis transmission, VoxEU, 13 Febbraio 20011.

(3) Alessandrini P., Presbitero A.F. e Zazzaro A. (2009). “Banks, distances and firms’ financing constraints”, Review of Finance 13(2): 261-307.

(4) Presbitero, A.F., Udell, G.F. e Zazzaro, A. (2012). “The home bias and the credit crunch: A regional perspective”, paper presentato al MoFiR workshop on banking

(5) La quota di imprese razionate (ovvero quelle che hanno domandato credito alla banca, ma non lo hanno ottenuto nella quantità richiesta) è aumentata dal 11,6 per cento nel terzo trimestre 2008 al 21,6 per cento nell’ultimo trimestre dell’anno, per aumentare ancora al 25,5 e al 27,5 per cento nel primo e nel terzo trimestre del 2009, rispettivamente.

(6) La quota di imprese razionate è pari al 26,4 per cento (20,9 per cento) nelle province in cui l’indicatore di distanza funzionale è maggiore (minore) del 75° percentile della suo distribuzione provinciale e questa differenza è statisticamente significativa.

(7) Si veda Giannetti, M. e Laeven, L. (2012). “The flight home effect: Evidence from syndicated loan market during financial crises”, Journal of Financial Economics, in stampa. E Popov, A. e Udell, G.F. (2012). “Cross-border banking, credit access, and the financial crisis”, Journal of International Economics, in stampa.

 

 

 

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LA RISPOSTA AI COMMENTI

  1. marco

    Sarebbe come dire che le banche radicate sul territorio siano state più presenti nel tutelare gli interessi dello stesso-bene! L’unico problema è che prima di questa crisi i nostri guru continuavano a sostenere in tv che le banche italiane erano sottodimensionate e che avrebbero dovuto assolutamente fondersi per non cadere nelle mani delle straniere-io all’opposto ho sempre pensato chese una banca è grossa, ma mal gestita è più facile che fallisca di una piccola e che il vero problema sia la qualità di molte gestioni d’azienda nel Belpaese. Ultima cosa la BCE ha prestato tanti soldi alle banche a interessi stracciati; la banche ci possono fare quello che vogliono senza nessun obbligo imposto dalla politica perchè, si dice la BCE e le banche devono essere indipendenti; ma i soldi della BCE da dove sono usciti? A me questo circuito vizioso sembra un imbroglio legalizzato…sbaglierò!?

  2. bob

    Io non so da quale ricerca vengono le vs. deduzioni e quali strumenti sono stati utilizzati per definire ciò che affermate. Una cosa che si nota in questo Paese in maniera evidente ( basta fare un giro in Europa per verificarlo) è una disinformazione da Sud-America! Basterebbe una mattina mettersi in cravatta e presentarsi in un qualsiasi sportello bancario come titolare di una impresa per valutare la situazione delle banche. Per mia esperienza, non credo che sia un fatto geografico, ma una carenza paurosa della professionalità del personale bancario. La completa incapacità di valutazione dovuta alla scarsa(assente) abitudine di saper valutare dinamiche di una qualsiasi azienda o mercato.Attenzione questo non ha portato danni solo alle aziende ma anche alle banche stesse, danni che qualcuno ripiana.

  3. ENRICO MARRAS

    L’appello. del Governatore della Banca d’Italia Visco alle banche perchè allarghino i cordoni della borsa nei confronti di imprese e famiglie mi sembra assurdo. Lo sa Visco quali e quante garanzie vogliono gli istituti bancari? Forse è il caso nche qualcuno glielo spieghi.

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