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GRECIA, L’USCITA DAL TUNNEL È LONTANA

Secondo il piano approvato lunedì, il vero contributo alla riduzione del debito greco dovrebbe venire dai creditori privati: ma le banche aderiranno alla “insolvenza mascherata”? La Troika si installa permanentemente ad Atene: servirà a raggiungere gli obiettivi prefissati? Sono pesanti interrogativi, che gettano un’ombra su un accordo presentato come un successo del’Europa.  

Nella notte di lunedì 20 febbraio i ministri dell’Eurogruppo hanno trovato un’intesa per sbloccare il tanto atteso secondo pacchetto di aiuti alla Grecia, che segue il primo piano approvato nel maggio del 2010 e che ha avuto scarso successo. E’ stato anche raggiunto un accordo di massima con i creditori privati: in realtà sono questi ultimi che sono chiamati al maggiore sforzo, quello che dovrebbe abbattere il rapporto debito/Pil di oltre 40 punti percentuali.

I NODI SALIENTI DELL’ACCORDO

1) Contributo pubblico. Erogazione di prestiti da parte del Fondo di stabilità europeo (Efsf) e, in misura minore, dell’Fmi, per un totale di 130 miliardi di euro, da versare entro il 2014. Parte di questi fondi serviranno per ricapitalizzare le banche greche, che subiranno il maggiore impatto del contributo richiesto al settore privato. Il contributo pubblico è subordinato alla attuazione del programma di aggiustamento economico e fiscale e del successo della operazione di coinvolgimento del settore privato.
2) Contributo privato. I creditori privati (banche, fondi, assicurazioni) rinunciano subito al 53,5 per cento del valore nominale dei titoli che detengono in portafoglio. Per il valore restante, i titoli vengono sostituiti in parte (31.5 per cento del nominale) con titoli pubblici greci a lungo termine (scadenza tra 11 e 30 anni) e tasso d’interesse inferiore a quello di mercato (tra il 2 per cento e il 4,3 per cento, a seconda della scadenza del titolo), in parte (15 per cento del nominale) con titoli emessi dallo Efsf. Tenendo conto del basso tasso d’interesse concordato, si stima un “taglio di capelli” (haircut) sul valore  attuale dei titoli attorno al 70 per cento.
3) Contributo del Sistema Europeo di Banche Centrali. I profitti realizzati dal Sebc (Bce e banche centrali nazionali) sui titoli in portafoglio verranno trasferiti, tramite i governi nazionali, alla Grecia. Ciò dovrebbe fornire un ulteriore contributo di 3,2 miliardi da qui al 2020.

A fronte di queste concessioni, il governo greco si è impegnato a realizzare un impegnativo programma di aggiustamento economico e di finanza pubblica: quello approvato dal Parlamento greco il 12 febbraio. Ma l’accordo della scorsa notte aggiunge altre condizioni di non poco conto.

IL RUOLO DELLA “TROIKA” E DEL SETTORE PRIVATO

La Commissione Ue dovrà instaurare un monitoraggio permanente: dovrà in sostanza mettere propri rappresentanti nei ministeri del governo greco, per controllare che i provvedimenti previsti vengano adottati e messi in pratica. Inoltre, la Troika dovrà controllare che i fondi ricevuti con gli aiuti comunitari, oltre ai fondi interni destinati al servizio del debito, vengano versati su di un conto apposito, dedicato al rimborso del debito in scadenza. Si richiede anche alla Grecia di inserire nella sua Costituzione una norma che dia priorità al servizio del debito pubblico nell’utilizzo dei fondi disponibili (quest’ultima richiesta è un po’ vaga: non si capisce a quali fondi si faccia riferimento).
Il vero contributo alla stabilizzazione del debito pubblico greco dovrebbe venire dal settore privato. In caso di adesione al 90 per cento da parte dei creditori privati, il debito greco verrebbe immediatamente ridotto di 96 miliardi, portando il rapporto debito/Pil dal livello attuale (oltre il 160 per cento) al 120 per cento circa. Secondo le previsioni, questo rapporto aumenterà negli anni successivi per poi ritornare ad un livello prossimo al 120 per cento nel 2020. Il contributo pubblico è sotto forma di prestiti: quindi sostituisce debito esistente con altri debiti. Naturalmente ciò non vuol dire che sia inutile: esso serve ad evitare che il governo greco debba andare sul mercato a finanziarsi ai tassi d’interesse proibitivi attualmente prevalenti sul mercato secondario. Il contributo del Sebc è in realtà solo un trasferimento dei profitti che esso farà, avendo acquistato titoli greci ad un prezzo ben al di sotto del valore nominale: i titoli detenuti dal Sebc verranno infatti rimborsati al loro valore pieno.

TRE ELEMENTI DI FRAGILITÀ

Nei prossimi giorni, sarà decisiva la attuazione del piano concordato con i rappresentanti dei creditori privati. Ciò comporta la soluzione di un classico problema di coordinamento. È chiaro che ciascuna istituzione finanziaria ha un forte incentivo a non aderire al piano: se tutti gli altri vi aderiscono, chi si “chiama fuori” realizza dei bei profitti (la Bce ha dato il buon esempio…). Occorrerà quindi un buona dose di moral suasion da parte delle autorità e di controllo reciproco tra le banche. In caso di mancato successo (una adesione inferiore al 90-95 per cento), il governo greco prevede di applicare forzatamente l’accordo, mediante la applicazione retroattiva di Cac (Clausole di Azione Collettiva) ai titoli già in circolazione; anche questa strada però richiede un livello di adesione volontaria non da poco (almeno il 70-75 per cento dei creditori affinché si possa applicare la Cac). (1) Questa strada potrebbe inoltre fare scattare i famosi Cds (Credit Default Swap), aggiungendo un ulteriore elemento di destabilizzazione del mercato dei titoli greci. Questi elementi di fragilità riflettono la contraddizione di fondo del cosiddetto “coinvolgimento del settore privato”: si sta di fatto organizzando una insolvenza senza volerla chiamare con il suo vero nome.
Guardando oltre, le maggiori perplessità derivano dal fatto che, nonostante lo stretto monitoraggio della Troika, gli obiettivi di bilancio concordati potrebbero essere disattesi, anche a causa di un peggioramento della congiuntura rispetto alle previsioni alla base del piano stesso. Ciò è alquanto probabile, dato l’impatto recessivo di alcune delle misure imposte (riduzione dei salari e delle pensioni, licenziamenti nel settore pubblico, aumenti di imposte). Siamo quindi destinati ad assistere ancora alle estenuanti trattative che avverranno in prossimità della erogazione di ogni tranche del prestito.

LA MIOPIA DELLA TROIKA

È difficile dire se la Grecia uscirà mai da questo incubo. Certo la strategia del Fmi e dei partner europei, tutta improntata al raggiungimento di ambiziosi target di bilancio in tempi ravvicinati, non ha aiutato. Ovviamente i greci hanno le loro responsabilità, e non solo i governanti: anche tutti coloro che evadono sistematicamente il fisco, ad esempio. Tuttavia, una strategia più lungimirante della Troika avrebbe imposto alla Grecia vere riforme (lotta all’evasione fiscale, privatizzazioni, ridimensionamento del settore pubblico) in tempi ragionevolmente lunghi, senza l’ossessione degli obiettivi immediati sui saldi di bilancio. I risultati della miopia della Troika sono sotto gli occhi di tutti: un piano di sacrifici che ha fatto salire ai massimi livelli la tensione sociale e una insolvenza pilotata dagli esiti incerti.

(1) Una curiosità: nelle stesse ore in cui si negoziava il “coinvolgimento del settore privato”, la Bce faceva una operazione, concordata con il governo greco, grazie alla quale i titoli in suo possesso venivano sostituiti con altri titoli immuni da eventuali Cac.

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11 commenti

  1. Confucius

    Non mi pare che la soluzione si discosti da quella che è stata denominata “default” dell’Argentina. L’hair cut del 70 % è del tutto in linea con quanto accaduto per l’Argentina, e, come per l’Argentina, le istituzioni VIP (ad esempio il FMI) si sono chiamate fuori e si sono fatte restituire tutto il valore nominale dei titoli (azione che, svolta da un privato, si chiamerebbe “bancarotta fraudolenta”). E’ l’ennesimo esempio della “neolingua”, sempre più usata, dove le parole non hanno più il significato storico ma un significato nuovo: Il default della Grecia viene denominato “salvataggio”, così come il via libera ai licenziamenti significa “l’apertura del mercato del lavoro ai giovani”.

  2. bob

    a parte tutte le menzogne sistematiche e i trucchi finanziari che si stanno applicando per risolvere (solo?) i problemi della Grecia, io in questo raggiro vedo sempre più la debolezza della Germania. Usando una metafora: mi da l’idea di una Germania stanca e sfinita “che corre tra un bunker all’altro della Berlino bombardata”. Ma soprattutto di una Germania consapevole che la corda è stata tirata troppo e rischia di spezzarsi. Consapevole che oggi fare la Grande Germania con i carri armati non è più possibile, ma neanche pensare che Stati all’avanguardia Europei possono svolgere il ruolo di “colonie di lusso”. Pongo una domanda a Lei: e se la Grecia facesse come l’Islanda?

  3. Piero

    Tutti vogliono risolvere il problema della Grecia, perché hanno paura che una sua uscita possa incrinare la tenuta della moneta unica, di piu’, se dall’uscita la Grecia riparte sarebbe la prova provata che l’euro così come concepito non funziona. Ricordiamoci che l’Argentina e’ ripartita dopo il default con l’abbandono del cambio fisso con il dollaro, in sintesi la politica monetaria ha fatto ripartire l’economia, come di fatto nel caso dell’argentina ne ha provocato il default (ha voluto il cambio fisso con il dollaro, mentre il Brasile ha continuato la sua politica di svalutazione del cambio). L’accordo fatto ieri, già e’ saltato, non e’ vero che il 75% dei greci vogliono l’euro, e’ una falsa notizia non certificata da nessuno.

  4. tomaso

    mi sembra che la soluzione per la crisi della Grecia abbia purtroppo dimostrato che la comunità europea non è in realtà in grado di tutelare gli investitori, piccoli o grandi che siano, dal fallimento di uno degli stati dell’area. mi chiedo veramente su che base si possa pensare che un investitore privato possa prendersi il rischio di acquistare titoli dei paesi a rischio visto che è de facto venuta meno qualsiasi garanzia implicita della comunità sul debito dei singoli stati. Consideriamo inoltre il caso che lo swap da volontario diventi coercitivo, questo comporterebbe il default della Grecia, lasciando anche perdere i CDS, ci sarebbe un vulnus gravissimo della credibilità chi, merkel in primis, ha sempre sostenuto che avrebbe fatto il possibile per evitare un default. un default della Grecia significherebbe che i paesi della Comunità Europea possono fare default. non so se tutti i partecipanti a questo gioco si sono resi conto di che cosa questo significhi

  5. Giancarlo Perasso

    Una piccola aggiunta all’articolo, col quale concordo pienamente. L’accordo stipulato non serve a salvare la Grecia ma a salvare il resto dell’area Euro dal contagio greco. Tra pochi mesi la Grecia sara’ nella stessa situazione pre-accordo: recessione e non raggiungimento degli obiettivi a causa dell’insipienza dei governanti greci e delle condizioni stesse imposte dalla Troika. Con elezioni ad aprile, poi, chissa’ quale governo sara’ in carica! L’accordo recente, finalmente!, isola la Grecia dal resto dell’Eurozona cosi’ che un eventuale rischio default sara’ trattato come una “classica” ristrutturazione del debito, come ne abbiamo viste tante, grazie alle cacs e altri aspetti legali dei nuovi bonds. A quel punto, il resto dell’Eurozona (grazie alla pulizia avvenuta nei bilanci delle banche per mezzo del LTRO e del PSI, alle politiche interne che sono state o stanno per essere adottate ed all’entrata in vigore dell’ESM) sara’ meno colpita dai problemi greci e quindi il contagio sara’ molto limitato. Si poteva fare tutto questo, a costi inferiori, due anni fa ma tant’e’, meglio tardi che mai.

  6. Carlo Borgnis

    Essenzialmente per tre motivi. Il primo è di dare tempo) le banche tedesche e soprattutto quelle francesi ad ammortizzare gran parte dei loro titoli greci. Il secondo è evitare un collasso delle banche greche, che riceveranno 30 miliardi di euro di capitali freschi, per compensare le perdite che registreranno a causa della ristrutturazione dei titoli greci da loro detenuti. Mentre le banche greche, che hanno visto negli ultimi mesi fuggire un’enorme quantità di depositi e che quindi sopravvivono solo grazie ai prestiti della Banca centrale europea, non riceveranno invece soldi per allentare la stretta creditizia che contribuisce a soffocare l’economia greca. Il terzo motivo è che l’Europa non vuole un fallimento disordinato della Grecia, poiché teme l’effetto contagio, che rimetterebbe in subbuglio i titoli di stato portoghesi, spagnoli e italiani. Non è casuale che sia stato proprio il Presidente del Consiglio italiano Mario Monti a spendersi per giungere a questa intesa. Forse la La crisi greca ha messo in luce l’ “impraticabilità” politica del salvataggio dell’euro?

  7. Marco Manfredi

    Sinceramente non credo che questo accordo porterà ad un’effettivo salvataggio della Grecia. La soluzione migliore sarebbe stata quella di effettuare immediatamente un’uscita programmata dall’Euro in modo da poter far riadottare la dracma e far ripartire l’export (ci sarebbero state misure a dir poco draconiane ma non mi pare che la Troika ne proponga di più leggere) e contemporaneamente avviare meccanismi di copertura per gli altri Paesi esposti (creazione immediata dell’ESM). La questione di fondo rimane comunque l’impossibilità statuaria della ECB di essere prestatore di ultima istanza. E ultima cosa: chi ci dice che gli hedge fund accetteranno il piano avendo in portafoglio CDS pronti a scattare?

  8. giovanna guzzetti

    molto chiaro il testo del Prof. Baglioni. avrei però una domanda: l’accordo – se ho ben capito – riguarda gli investitori istituzionali del mercato primario (banche, ecc.). ma che cosa succede per i titoli del retail. ad esempio, adesso per quanto riguarda il titolo GR0110021236 come si mette la cosa? grazie mille G.G.

  9. umberto Carneglia

    Finalmente ho capito qualcosa del pacchetto di finanziamenti alla Grecia . O almeno lo spero. ll governo greco riceverà un finanziamento di 130 miliardi, che però in parte dovrà girare alle banche. Immaginiamo che il tasso sia basso ( 2% o 3%) e che alle banche vada il 50% del finanziamento). I grandi creditori ridurranno del 53,5% il valore nominale dei propri titoli. Convertiranno un ulteriore il 31% in titoli molto più lunghi e con un tasso calmierato. Inoltre scambieranno un 15% con titoli EFSF,che supponiamo l’EFSF congeli nei confronti della Grecia,di fatto accollandoseli. Supponiamo che i grandi creditori rappresentino il 70% del totale debito, essendo la restante parte ( retail) non soggetta ad hair cut. Inoltre le Banche Centrali daranno un contributo gratuito di 3,2 miliardi. Supponiamo che l’accordo con i privati vada in porto. Se questa interpretazione fosse vicina alla realtà – nonostante le numerose ipotesi di fantasia da me inserite, direi che la Grecia avrebbe fatto tombola o giù di lì, sia per l’abbattimento del debito, sia per l’abbattimento degli interessi annui. Mi piacerebbe molto sapere se questa ricostruzione è vicina alla realtà.

  10. bellavita

    Nell’ipotesi che scattino i CDS chi è che paga? Perchè se si tratta di assicurazioni private dubito che siano in grado di farlo. E anche se fosse un titolo derivato non credo che il prenditore finale che opera sul mercato solo per lucrare le differenze, possa far fronte. Un altro prodottto finanziario che al momento della verità si rivela fuffa?

  11. bob

    La Germania in Europa non vuole concorrenza, altro che ritorno alla dracma! Il problema è la Germania, non è un problema di economia è la Storia che si ripresenta

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