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INDICI DI BORSA A CONFRONTO

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     Fonte: Datastream. Andamento degli indici di Borsa negli ultimi cinque anni.

L’andamento della borsa è ovviamente solo un indicatore (neppure molto preciso) dello stato di salute di un’economia, ma la differenza fra l’indice di borsa italiano e quello di Stati Uniti, Germania e Gran Bretagna è troppo vistosa per non essere considerata anche come la conseguenza dei mali profondi che affliggono la nostra economia e che sono stati impietosamente messi a nudo dalla crisi.
C’è naturalmente un fattore statistico: la nostra borsa è dominata da banche e assicurazioni, dunque dai settori più colpiti in questa lunga fase negativa, ma comunque il fatto che il nostro mercato finanziario non rispecchi la realtà produttiva del paese è un elemento oggettivo di debolezza.
Detto questo, il grafico ci dice che la crisi ha aperto un solco fra l’Italia e gli altri tre paesi che è rimasto sostanzialmente invariato in quasi cinque anni, anzi si è accentuato negli ultimi tempi, perché l’ultima fase di rialzo ha toccato solo in modo marginale l’Italia. Ma quel solco ha un solo nome: il differenziale di crescita attesa del paese, degli utili delle imprese e dunque del valore delle azioni. Come aspettarsi che la Borsa italiana segua quella degli altri paesi quando il nostro Pil aumenta sempre un po’ meno degli altri nelle fasi positive e diminuisce più degli altri in quelle opposte? Il grafico è come il test dell’emoglobina: con pochi globuli rossi non sperate di correre al passo degli altri.
Un’ultima indicazione metodologica e polemica: se concentriamo l’attenzione sugli ultimi mesi del grafico, dobbiamo concludere che i tanti titoli di giornale “Vola Piazza Affari” che abbiamo letto negli ultimi mesi, erano – come disse Mark Twain della notizia della sua morte – un tantino esagerati. Guardando non al dato del singolo giorno, ma ad un orizzonte appena più lungo, ci si accorge che almeno fino a quando l’economia italiana non sarà avviata su un sentiero stabile di crescita, la borsa italiana al massimo svolazza. Ma sempre rasoterra. Chiamami Aquila, potrebbe dire la borsa italiana come John Belushi, ma nessuno ci crede.

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LA RISPOSTA DEGLI AUTORI

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LA SCELTA GIUSTA PER BOLOGNA

  1. luca cigolini

    E voi, giornalisti cattivi, a non mettere questi altri nella tabella per farci fare brutta figura!

  2. RR

    Probabilmente non cambia nulla ma almeno lo sforzo di prendere indici settoriali comparabili lo si poteva fare. E’ il minimo che ci si aspetta quando si scrive su una rubrica intitolata “la parola ai numeri”. Grazie

  3. Anonimo

    Le dinamiche protezionistiche degli scambi finanziari hanno determinato negli ultimi venti anni un aumento delle aspettative di profitto a scapito della concorrenza monopolistica e, quindi, delle ragioni di scambio internazionali quali risultano essere le acquisizioni di profitto nel lungo termine. Dunque l’aumento dei profitti è dato direttamente da una maggiore garanzia di profitti a parità di reddito e degli altri fattori della produzione, in funzione degli aumenti di reddito netto delle locazioni di profitto (vedi delocalizzazioni).

  4. Paolo Zanghieri

    Aggiungerei che vicende come quella di Fondiaria-Unipol fanno passare la voglia di investire nella Borsa italiana.

  5. Leonardo Tomat

    Stupisce che dopo quello che abbiamo visto accadere in borsa negli ultimi anni ci sia ancora qualcuno che usi un grafico di borsa per motivare le distanze del paese dal resto del mondo. Onado dovrebbe spiegarci come mai un paese come la Cina con un pil in crescita del 7% abbia entrambi gli indici lontanissimi dai massimi mentre un paese con una crescita artificiosamente (per le casse pubbliche) intorno al 3% sia ad una decina di punti percentuali dal max storico (l’indice di riferimento americano non è il dow jones ma l’sp500!). Inoltre, perchè in quel grafico non compare il cac francese? Anche per la francia vale il discorso fatto per l’italia visto il – 36,30% maturato dai francesi nel quinquinnio. Il Prof. Onado dovrebbe spiegarci se la svalutazione del 25% subita dalla sterlina negli ultimi 5 anni abbia una qualche remoto riferimento ai corsi azionari del Ftse. Se i volumi sulla nostra borsa sono l’effetto o la conseguenza di certe strategie commerciali assunte da Borsa Italia in questi anni. E via discorrendo. Insomma da un professore mi aspetto interventi molto più sostanziosi. Leonardo Tomat

  6. enzo

    Concordo con alcuni dei commenti che la comparazione fatta risulta essere fuori luogo vista l’incompatibilità fra indici e la mancanza di altri fondamentali per le considerazioni riportate nel testo. sottolineo ancora, come convinzione personale ma anche conprovata da diversi studi, come confronti fra indici borsistici non siano affidabili nel breve e medio periodi perchè falsati da fenomeni statistici, computazionali e contigenti ( si pensi al QE americano ed al LTRO europeo).

  7. P. Magotti

    Personalmente mi stupisco che un grafico simile non sia stato postato prima, e per prima intendo un anno fa. (forse me lo sono perso?). Sintetizza in una linea tutti i problemi italiani. Il grafico è ovviamente grezzo, ci sarebbero 100 ma e se da dire, però la differenza in livelli è così consistente che non si può ignorare. PS Vorrei rispondere ad un utente, che ha scritto prima di me, riguardo l’indice cinese. La Cina ora cresce al 7%, 2 anni fa cresceva al 10%, questa potrebbe essere una ragioni, un’altra potrebbe essere che la competitività delle merci cinese sta subendo forti cali causa aumenti salariali e costi di trasporto. Per quanto tempo sarà ancora conveniente produrre in Cina certi beni con questi trend?

  8. Leonardo Tomat

    @Pmagotti: nel 2008 il pil cinese e’ cresciuto del 28%, nel 2009 del 10% nel 2010 del 17% e nel 2011 del 18%. Gli attuali corsi azionati sono fermi ai valori di settembre/ottobre 2008. Aspetto che Lei o Onado mi spieghiate questo spread ( – 60% dai max oppure -30% di honk kong) tra valori borsistici e Pil. Ps. la Cina (e per Cina intendo anche aziende italiane apparentemente in loco) sono anni che terziarizza verso paesi come il Vietnam. Tradotto la Cina e’ gia’ da tempo che e’ diventata poco competitiva per l’esercizio di certa attivita’ compresa la manifattura pura. Buona giornata.

  9. P. Magotti

    Premesso che non dispongo di verità assolute e non ho una conoscenza approfondita del mercato cinese, io ho ipotizzato 2 ragioni che molto probabilmente rispondono in parte al problema che lei si pone. Vedo che concorda con me riguardo la perdita di competitività e rallentamento (piacerebbe anche in italia avere un rallentamento della crescita al 7% reale) del PIL cinese. Questo trend calante di crescita e competitività possono, a mio modesto parere, spiegare in parte quel differenziale dell’indice di borsa. Non deve mica essere proporzionale il rapporto tra pil e indice di borsa. Senza contare che il livello dell’indice, dipende anche, tra le svariate altre cose, dal pay out dei titoli, dato che onestamente ignoro della borsa cinese.

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