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UN CAMBIO DI ROTTA PER LA BCE

Se la Grecia dovesse abbandonare l’euro, la Bce dovrebbe essere il pilastro del meccanismo di assicurazione sui depositi necessario perché l’uscita avvenga in modo ordinato. La Banca centrale dovrebbe anche cambiare impostazione di politica monetaria. Un esplicito impegno a mantenere eccezionalmente bassi i tassi per lungo tempo avrebbe un duplice effetto: orientare al meglio le aspettative e, senza il costo di dichiararlo esplicitamente, indurre un deprezzamento dell’euro. Favorendo così il processo di aggiustamento di cui l’Europa ha disperatamente bisogno.

Ci sono due possibili modelli, estremi, di unione monetaria. Il modello 1 non prevede alcun tipo di unione fiscale e, soprattutto, la possibilità per ciascun membro dell’unione di fallire senza che alcuna risorsa comune venga impiegata per evitarne il fallimento. L’estremo opposto, il modello 2, prevede invece un sistema robusto di centralizzazione delle risorse (un budget federale) che sostenga meccanismi di assicurazione. I meccanismi di assicurazione possono essere due: (i) trasferimenti automatici tra stati (il paese A in espansione paga più tasse, e quindi finanzia i sussidi di disoccupazione dello stato B in recessione); (ii) regole permanenti, anticipate dai mercati, per gestire la crisi finanziaria grave di un membro dell’unione, o di un suo gruppo di banche.

L’IBRIDO INSOSTENIBILE

L’aspetto preoccupante dell’Unione monetaria europea è che ha scelto un terzo modello, un ibrido, che non rispecchia nessuno dei due precedenti. La lezione principale che abbiamo appreso dalla crisi del debito nel continente è invece che il modello ibrido semplicemente non è sostenibile. Eppure l’Europa continua a rimanere in mezzo al guado tra i due modelli, incerta su quale scegliere. Il modo migliore per assorbire i costi di entrambi senza goderne dei benefici. Assumendo che il modello 1 (quello del fallimento libero) sia probabilmente impraticabile in Europa (principalmente per motivi culturali), da tempo siamo in attesa di capire se l’area euro prenderà la strada di una qualche forma del modello 2. Una forma timida di epifania di questo modello sembrava il Fondo europeo salva stati, che si è rivelato però il tipico esempio di un’istituzione inefficace proprio nei momenti in cui la sua utilità sarebbe stata più grande (cioè salvare quantomeno la Spagna). L’Ume è un’area economica bancocentrica. Avrebbe quindi un assoluto bisogno quantomeno di un meccanismo automatico e trasparente di gestione comunitaria delle crisi bancarie. Se la crisi dell’euro ci lascerà in eredità almeno questa istituzione, non sarà stata completamente inutile e distruttiva. A testimoniare l’importanza di tale sistema è la situazione attuale. In questo momento l’Europa è sull’orlo di una corsa agli sportelli. Ciascun risparmiatore, nella mera aspettativa che altri risparmiatori si affretteranno a ritirare i propri depositi, non ha altra scelta, razionalmente, che affrettarsi agli sportelli per portare tutto sotto il materasso. Il fallimento delle banche è in questo caso una profezia che si auto realizza. È un meccanismo ben noto alla teoria economica. Il fatto che in una economia bancocentrica non esistano forme comunitarie implicite o esplicite di assicurazione che prevengano le corse agli sportelli è un peccato originale delle burocrazia europea. In questo momento, l’Europa non ha alternative: ammettere il fallimento della Grecia, accettarne l’uscita dall’euro e, allo stesso tempo, mettere in campo una garanzia credibile sui depositi bancari che prevenga crisi di panico razionali (un ossimoro solo apparente). La Bce sembra l’unica istituzione consapevole del ruolo centrale delle banche. Le operazioni di finanziamento illimitato a tre anni messe in campo recentemente ne sono una dimostrazione. Allora sembravano sufficienti, ora forse non bastano più.

COSA DOVREBBE FARE LA BCE

A questo punto la Bce può fare due cose. Primo, se la Grecia deve uscire dall’euro, essere il pilastro del meccanismo di assicurazione sui depositi necessario per accompagnare l’uscita in modo ordinato. Secondo, impostare la propria politica monetaria diversamente. Mai come in questo momento, infatti, Fed e Bce sembrano seguire modelli completamente diversi. La Fed ha preso un impegno esplicito a mantenere i tassi di interesse a zero fino alla fine del 2013. Non è noto al grande pubblico, ma la strategia è facilmente interpretabile alla luce delle teorie di politica monetaria più recenti. La Bce, da sempre, osteggia qualsiasi forma di impegno ex-ante che cerchi di orientare le aspettative dei mercati (forward guidance), ritenendolo un vincolo troppo rigido. Il problema è che la Banca centrale europea non riesce a comunicare ai mercati, né alla comunità scientifica, il proprio modello alternativo, che rimane incomprensibile. In una fase di eccezionale instabilità aggiungere anche questa forma di incertezza pare del tutto immotivato. Di fronte all’avvitarsi della crisi, e dopo aver già speso lo strumento degli interventi di liquidità a favore delle banche, appare inevitabile che la Bce debba cambiare. Un esplicito impegno a mantenere i tassi eccezionalmente bassi per un prolungato periodo di tempo avrebbe un duplice effetto: orientare al meglio le aspettative e, senza il costo di dichiararlo esplicitamente, indurre un deprezzamento dell’euro. Quest’ultimo avrebbe effetti asimmetrici sulle esportazioni dei diversi paesi membri, favorirebbe cioè soprattutto un paese export-intensive come la Germania, e quindi indurrebbe una crescita dell’inflazione asimmetrica del “core” rispetto alla “periferia” (i paesi Pigs). In altre parole, il deprezzamento nominale dell’euro indurrebbe un deprezzamento del tasso di cambio reale interno (cioè una crescita dell’inflazione relativa del core rispetto alla periferia), esattamente ciò di cui il processo di aggiustamento in Europa ha disperatamente bisogno.

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12 commenti

  1. Antonino Tramontana

    Ma, caro professor Monacelli, se ben ricordo, nel dicembre 2007, su lavoce.info, quando già si profilava il disastro della crisi, Lei rimproverava la BCE per non aver alzato i tassi ufficiali e per non fare una politica sufficientemente antiiinflazionistica, affermando che in tal modo avrebbe perso credibilità. Come mai ha “cambiato rotta” così radicalmente? Con molti cordiali saluti Suo Antonino Tramontan.

  2. Anonimo

    Non sono sicuro di aver capito il commento precedente. Tra il dicembre 2007 ed oggi c’è quasi un’era geologica in termini di politica monetaria, e dire che i segni della crisi attuale si “profilavano” già allora sembra molto strano. Dai dati di mercato disponibili sembra di capire che le aspettative di inflazione Eurozona fossero relativamente alte, il che giustifica la posizione di Monicelli. Sono scese marcatamente solo nella seconda metà del 2008; e tuttora si assestano alquanto al di sotto della norma (il che sembra suggerire che la politica monetaria attuale è tendenzialmente troppo restrittiva).

  3. paolo41

    L’aggiustamento dell’euro sta già avvenendo senza l’abbassamento dei tassi (evento comunque probabile alla prossima conferenza della Bce). Comunque non risolve il problema di fondo dell’Europa che è legato agli eccessivi disequilibri economici fra i vari paesi europei, disequilibri che si sono gradualmente accentuati dopo l’introduzione dell’euro. Ho notato che girate intorno a tale problema, ma non ho ancora visto una seria volontà di affrontarlo.

  4. bob

    Perché nei circuiti cosidetti ufficiali non si parla della “moneta locale” dei prof. Fantacci e Amato?

  5. Bruno Pellegrino

    Innanzitutto devo contestare al ragionamento del Prof. Monacelli che la Fed ha preso un impegno tuttaltro che decisivo (se non addirittura di Pulcinella) a mantenere i tassi a zero fino al 2014. Infatti non appena i dati macro sono migliorati si e’ iniziato a dire che l’indicazione non era “vincolante” e che non c’era il completo accordo tra i membri dell’FOMC. Le montagne di denaro che si stanno stampando tra Euro Area e Stati Uniti al momento non sono ancora inflazionarie per tutta una serie di motivi (in primo luogo perche’ finche’ lo tieni sotto il mattone il denaro non e’ inflazionario). Ma dovessero malauguratamente disancorarsi le aspettative di inflazione – e dovesse l’inflazione stessa iniziare a galoppare negli states per motivi che esulano dai prezzi delle commodities – sarei curioso di vedere se la Fed continuerebbe a considerare “vincolante” la sua forward guidance. Inoltre non dimentichiamoci che la BCE ha recentemente offerto (e a mio avviso lo fara’ presto nuovamente) liquidita’ illimitata alle banche a 3 anni al tasso base. Che a pensarci bene non si discosta tantissimo in termini di politica monetaria dal promettere tassi bassi per altri 3 anni.

  6. Giorgio

    Negli Usa la M1 – ossia il circolante e i depositi a vista – sono cresciuti nel primo trimestre di quest’anno di oltre il 17% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Per i monetaristi da strapazzo, che assumono invariata la velocità di circolazione della moneta e il prodotto, dovrebbe esserci un’inflazione paurosa. Invece il deflatore del pil è di circa il 2%. Le aspettative di inflazione sono solo nella testa di chi si affida a banali formule matematiche, smentite dai fatti. M1 infatti è la liquidità utilizzata per gli scambi e non è certo tenuta sotto il materasso. Con una disoccupazione dell’8% negli Usa e dell’11% nella zona Euro, non vi può essere vera inflazione con una politica monetaria espansiva. E se anche vi fosse, se i prezzi aumentassero del 3-4-5% anzichè del 2, non sarebbe un dramma se ciò si accompagnasse ad una ripresa dell’attività produttiva e dell’occupazione.Il dramma non è l’inflazione. Il dramma è la mancanza di lavoro per oltre 17 milioni di europei.

  7. Piero

    Oggi sul il sole 24 c’e un articolo del Prof. Tabellini, chiarisce la natura della crisi e la soluzione monetaria alla crisi, in sintonia al Qunatitative easing di Monacelli, non vedo una via di uscita a questa soluzione, in difetto uscita dall’euro in massa almeno i paesi editerà nei, che al limite possono adottare il dollaro come valuta legale, una dollarizzazione dell’economa in questo momento di conflittualità tra Usa e Cina fa solo prosperare i paesi europei.

  8. umberto carneglia

    Condivido le tesi dell’articolo. Osservo che i teoremi tradizionali della politica monetaria sono del tutto insufficienti. Proprio l’esempio della FED, ma anche di altre banche centrali che hanno adottato il quantitative easing, ci ha dimostrato che in casi come questo il timore di inflazione fuori controllo dovrebbe essere del tutto secondario rispetto al pericolo dell’incombente recessione e credit crunch che si avvitano.

  9. Johann Gossner

    L’immissione di liquidità è solo un giro di partita che non risolve il problema. O, da un punto di vista diverso, mira a rendere sostenibile il finanziamento dei debiti pubblici sotto l’assioma che esso sarà sanato a spese dei contribuenti con maggior tassazione e minori prestazioni sociali: le tasse pagate non serviranno per avere prestazioni bensì per pagare un debito creatosi con sprechi e ladrocini di ogni tipo. Possono i singoli contribuenti sopportare per un lungo periodo una pressione fiscale ai livelli attuali ? L’eccesso di pressione fiscale non rischia di produrre una fuga di capitali e base imponibile e diminuzione delle Entrate Tributarie ? Può l’Europa permettersi una svalutazione dell’Euro ? La BCE acquisti e annulli il 10% del debito pubblico delle singole nazioni dell’Unione Europea come fece a a suo tempo la FED per salvare le banche americane dal fallimento di Lehmans. In cambio l’Europa aggiunga al Fiscal Compact una clausola che richieda la convergenza di spesa pubblica corrente a valori pro capite per abitante, riducendo in quelli Stati che non rispettano il parametro. L’Euro non morirà… e magari nemmeno i contribuenti.

  10. Giorgio

    Se il parametro deve essere la spesa pubblica procapite, i sacrifici dovrebbero farli gli olandesi, gli austriaci, i francesi e i tedeschi, notevolmente sopra a quanto viene speso in Italia, Spagna e Grecia. Si veda il grafico pubblicato dall’Istat: http://noi-italia.istat.it/index.php?id=7&user_100ind_pi1%5Bid_pagina%5D=119&cHash=9794dadd5a47fd61cfc0b2c375ef5265

  11. Piero

    Mai la Bce puo’ cambiare rotta se i tedeschi non cambiano l’atteggiamento nei confronti del resto dell’Europa, non hanno il concetto della solidarietà non hanno lo spirito europeistico, sono entrati in Europa perché hanno perso la guerra ed oggi ci restano perché la possono gestire, non vogliono l’unione politica perché dopo il voto e’ per testa e non per influenza economica.

  12. Piero

    Abbiamo toccato il fondo, la commissione europea ( ergo la Germania e quindi Monti ubbidira’) ha detto che in Italia la politica fiscale deve spostare la tassazione dal capitale e dal lavoro alla proprieta’ e ai consumi, cio’ vuole dire aumentiamo le imposte indirette per fare diminuire i consumi interni e aumentare quindi le esportazioni ( svalutazione fiscale che la Germania ha fatto cinque anni fa, pero’ con un PIL positivo), tassare la proprieta’ viole dire tassare il bene piu’ desiderato degli italiano che e’ la casa ( gia’ tassata da Monti con l’imu e dalle banche con l’aumento degli interessi bancari sui mutui, dalle imposte locali che verranno nel 2013). Non penso che il parlamento nella sua composizione attuale autorizzi una manovra suicida come questa, a mio avviso la tassazione fiscale deve essere utilizzata per spostare la tassazione dal capitale al lavoro, ossia dalla rendita ai redditi dei lavoratori e delle imprese quelle medio piccole, tanto fare pagare le tasse alle grandi multinazionali e’ impossibile. La rendita finanziaria e’ quella che si e’ avvantaggiata dall’euro forte, si potranno mettere delle aree di esenzione fino ad un reddito finanziario di 10.000 euro

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