Da una parte, il nostro paese afferma i principi dell’efficienza energetica, del “chi inquina paga” e si ripromette di spostare la tassazione sui consumi più che sui redditi. Dall’altra, fisco, bollette e diritti di sfruttamento incentivano il contrario. Una proposta per uscire dalla contraddizione.
AMBIENTE E FISCO
L’Italia dovrebbe trasferire il carico fiscale dai redditi ai consumi, in particolare quelli che provocano un depauperamento dell’ambiente? Le raccomandazioni in questa direzione non mancano. Il consiglio arriva nel 2011 prima da Bankitalia al Parlamento, successivamente dalla Bce al Governo Berlusconi, poi con gli orientamenti di una proposta Ue, per finire oggi con la comunicazione della Commissione al Governo Renzi del 2 giugno 2014. (1)
Per parte sua, la Strategia energetica nazionale predisposta dal Governo Monti, la prima in Italia da quando i mercati dell’energia sono liberalizzati, mette al primo posto l’efficienza energetica come strumento per favorire il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità ambientale già decisi per il 2020 e in fase di negoziazione europea per il 2030, e ritiene l’efficienza funzionale a uno sviluppo associato all’innovazione tecnologica e alla minore dipendenza energetica tramite diversificazione delle fonti d’energia.
Collegato a questi, c’è poi il principio, più specifico della tutela dell’ambiente, del “chi inquina paga”, introdotto nel 1983 dall’Ocse e ripreso nel Trattato Ue. Tra le sue conseguenze, il Protocollo di Kyoto ha impegnato esplicitamente i firmatari a eliminare tutti i sussidi alle attività climalteranti.
Dunque: tassazione dei consumi più che dei redditi, efficienza energetica, “chi inquina paga”. Principi coerenti con il far pagare i costi ambientali ai soggetti che li causano.
INCENTIVI AL CONSUMO ECCESSIVO DI RISORSE
Eppure il nostro fisco, le nostre bollette e le procedure di assegnazione dei diritti di sfruttamento di molte risorse ambientali non vanno in questa direzione. Anzi, introducono incentivi all’uso irrazionalmente elevato delle risorse, in termini di loro depauperamento in quantità o qualità.
Legambiente e Radicali italiani lo hanno evidenziato in un documento recentemente presentato a un convegno presso la sede romana della Commissione europea.
Nel fisco, la violazione più clamorosa dei principi menzionati la individua la Ragioneria generale dello Stato, che stima esenzioni alle accise sui consumi energetici pari ad almeno 5,7 miliardi di euro nel 2014, quasi tutte a vantaggio del consumo di fonti fossili, in gran parte nei trasporti. (2)
Le bollette dell’energia hanno componenti che la stessa Autorità di settore definisce “parafiscalità” e che non pesano sui consumatori in modo proporzionale, bensì con un andamento favorevole a chi consuma di più (1,3 miliardi a consumatori manifatturieri elettrici grandi o con grandi incidenze dei costi energetici) e, in misura minore, ai consumatori domestici residenti. (3) L’incentivo ai consumi più forti scoraggia gli investimenti in efficienza energetica proprio degli operatori che in assenza di sconti ne avrebbero più interesse. Eppure l’efficienza energetica è essa stessa promossa da incentivi ad hoc: uno dei casi italiani di sussidi a una cosa e al suo contrario.
Le bollette, certo, contengono anche forti sussidi alle fonti rinnovabili di energia: alcuni potrebbero ridursi parallelamente a quelli alle fossili senza perdita di competitività per le rinnovabili.
I canoni di concessione per l’attivitàdi escavazione stabiliti dalle Regioni sono estremamente bassi o pari a zero, con regole di tutela incomplete e inadeguate che premiano rendite e illegalità. (4) Rispetto ad altri paesi europei, in Italia il recupero e riutilizzo di rifiuti inerti provenienti dall’edilizia è inoltre estremamente basso anche per un contenuto costo di conferimento a discarica dei rifiuti edilizi. (5)
I canoni di concessione per le acque minerali stabiliti dalle Regioni sono estremamente bassi, perfino in aree dove vi sono difficoltà di approvvigionamento idrico, premiando rendite e vantaggi economici per pochi. (6)
Quelli per le concessioni balneari, di nuovo, sono in larga parte del paese bassi, le assegnazioni avvengono senza gara, premiano rendite di posizione e hanno generato abusi edilizi e illegalità nei confronti del diritto di accesso alle spiagge.
QUALE SOLUZIONE?
È possibile superare queste distorsioni, in linea con le raccomandazioni da cui siamo partiti, eliminando gli incentivi antiecologici e usandoli per ridurre le imposte sui redditi di persone e aziende e per contributi agli investimenti in innovazione all’interno dei settori colpiti.
In campo fiscale, occorre un’applicazione immediata dell’articolo 15 della delega fiscale che prevede una revisione del fisco coerente con i principi ricordati qui. (7)
Nelle bollette energetiche, occorre eliminare le redistribuzioni tra categorie di clienti così da lasciare la politica industriale, qualsiasi cosa sia, alla fiscalità generale ed eliminare i sussidi diretti alle fonti fossili.
Una proposta che va in questa direzione è stata presentata in un manifesto da Legambiente e Radicali Italiani. Ma nelle regole di accesso alle risorse ambientali c’è una complicazione in più: la potestà regionale attribuita in materia dalla Costituzione. In attesa della riforma del Titolo V, il legislatore potrebbe dare indicazioni per un riordino delle modalità e degli oneri di accesso che offra segnali economici razionali e omogenei.
(1) Si veda l’Audizione nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulla riforma fiscale e assistenziale. [1] Il 13 aprile 2011 la Commissione UE ha emanato una proposta (COM2011 – 169), attualmente in via di finalizzazione, di revisione della direttiva 96/03/Ce che attualmente regola l’ammontare minimo delle accise sui prodotti energetici. La proposta reca da un lato norme per l’omogeneizzazione dell’ammontare minimo di accisa basandolo sull’effettivo contenuto energetico, dall’altro introduce una nuova componente legata alle emissioni convenzionali di CO2 parametrata a un valore di 20€/T. La relazione introduttiva della Commissione auspica che il maggior gettito delle accise sia utilizzato per ridurre i contributi sociali sul lavoro a carico delle imprese, al fine di aumentare il potenziale di crescita economica delle nuove misure.
(2) Di circa 5,7 miliardi di esenzioni di accise sul consumo di combustibili previsto per il 2014 dalla Ragioneria dello Stato, i trasporti pesano per 4. Il trasporto aereo commerciale ha sconti per 1,6, poco più di quello a Tir e autolinee passeggeri (a queste ultime molto meno che ai Tir). 640 milioni a trasporto marittimo e pesca. Il totale di 5,7 miliardi è una stima per difetto, perché i dati non includono alcune forme di non assoggettabilità alle accise.
(3) Nelle sole bollette elettriche il vantaggio dei clienti allacciati in altissima tensione (categoria che comprende con discreta approssimazione i consumatori più grandi) vale circa 0,5 miliardi di euro all’anno. Altri 0,8 miliardi , invece, sono trasferiti ai clienti con forte incidenza dei costi energetici sul fatturato a spese degli altri. Ogni sconto sulla bolletta elettrica pagato da altri clienti è riconducibile a un incentivo alle fonti fossili nella misura in cui esse ancora concorrono alla generazione dell’elettricità in Italia, vale a dire per più della metà, sebbene la proporzione sia decrescente.
(4) Nelle Regioni Basilicata e Sardegna non sono previsti canoni per l’attività di escavazione e la media di canoni versati nelle Regioni rispetto al prezzo di vendita degli inerti non arriva al 3,5 per cento (Rapporto Cave 2014 di Legambiente).
(5) In Italia la percentuale di rifiuti da costruzione e demolizione riciclati è pari al 9 per cento, in Danimarca è al 93 per cento, Olanda 95 per cento, Germania 91 per cento (Fonte Uepg). Il conferimento a discarica nel nostro paese è ancora rilevante (39 per cento dei rifiuti urbani), con situazioni persino di conferimento di rifiuti tal quali (vietati ma purtroppo praticati).
(6) I canoni di concessione stabiliti dalle Regioni in alcune zone non arrivano a 0,1 centesimi per litro) e in molte Regioni (Emilia Romagna, Liguria, Molise, Puglia, Sardegna) si paga non in funzione delle portate derivate ma degli ettari di concessione.
(7) La legge 23/2014 (“Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita”) delega il Governo “ad introdurre […] nuove forme di fiscalità […] finalizzate ad orientare il mercato verso modi di consumo e produzione sostenibili, e a rivedere la disciplina delle accise sui prodotti energetici e sull’energia elettrica, anche in funzione delle emissioni di carbonio e delle emissioni di ossido di azoto e di zolfo, in conformità con i principi che verranno adottati con l’approvazione della proposta di modifica della direttiva 2003/96/Ce prevedendo, nel perseguimento della finalità del doppio dividendo, che il maggior gettito sia destinato prioritariamente alla riduzione della tassazione sui redditi, in particolare sul lavoro generato dalla green economy, alla diffusione e innovazione delle tecnologie e dei prodotti a basso contenuto di carbonio e al finanziamento di modelli di produzione e consumo sostenibili, nonché alla revisione del finanziamento dei sussidi alla produzione di energia da fonti rinnovabili“ (art. 15).
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Pier Luigi Tossani
per non parlare del decreto 161/2012, approvato in modo bi-partizan da questa classe politica oligarchica, a disposizione dei “poteri forti”: le “terre di scavo” delle grandi opere, inquinate, derubricate a non-rifiuto: la democrazia, senza sussidiarietà, è una finzione totale.
ING
ottime considerazioni, andrebbe direttamente fatto uno scambio: eliminazione sconti energia – pari riduzione cuneo fiscale
Antonio carbone
Finalmente delle parole chiare sul tema delle concessioni!
Vorrei aggiungere una notazione su un aspetto non secondario della questione:
In tempi di “riformismo” e “semplificazione” dichiarati da più parti, il testo normativo di base sulle concessioni idriche e sugli impianti elettrici e’ ancora il R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775 – Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici (G.U. 8 gennaio 1934, n. 5).
Tale regio decreto del 1933 costituisce ancora l’impianto normativo generale su cui poggia il sistema delle concessioni in materia, sul quale si è intervenuti con miriadi di integrazioni e modifiche normative.
Mettere mano (davvero) a tale norma mostrerebbe anche la volontà di incidere su buona parte del coacervo di rendite di posizione affrontate sinora (per altri versi) solo dalle “lenzuolate” di Bersani. Con buona pace dei tanti “riformatori” a parole.