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La mappa dell’ignoranza economica

I ragazzi italiani si classificano al penultimo posto nell’indagine Pisa-Ocse sulle competenze economico-finanziarie. Anche i dati per Regione non sono confortanti: le due che ottengono i risultati migliori arrivano appena alla media europea. Perché è una situazione difficile da modificare.

LA (SCARSA) FINANCIAL LITERACY DEI QUINDICENNI ITALIANI

Non c’è proprio da stare allegri: il 9 luglio sono stati rilasciati i dati Oecd-Pisa sulle competenze economico-finanziarie dei quindicenni dei diciotto paesi che hanno deciso di partecipare alla ricerca sulla financial literacy come ulteriore ambito rispetto alla consueta rilevazione triennale sulle competenze ritenute strategiche. (1) L’Italia è penultima: peggio di noi fa solo la Colombia, come si può vedere dal grafico 1. (2)

Grafico 1 – Punteggi Pisa 2012 per la financial literacy

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I dati a nostra disposizione permettono di scomporre la situazione italiana su base regionale. (3) Il grafico 2 presenta la situazione comprendendo anche le Regioni italiane (e alcuni dipartimenti colombiani). Se prima non si rideva, qui si piange: solo poche Regioni, tutte del Nord, si situano ai livelli della media Oecd (500), mentre la gran parte si trova al di sotto e spesso molto al di sotto. Alcune Regioni italiane fanno addirittura peggio di quanto accade in alcuni dipartimenti della Colombia. E pensare che il sistema di istruzione italiano è compito dello Stato: una palese dimostrazione che i sistemi scolastici centralistici non garantiscono la parità delle opportunità.

Grafico 2 – Punteggi Oecd-Pisa differenziati anche su base regionale
(le Regioni italiane sono rappresentate dalle barre rosse)

finicastrovilli2

PUNTEGGI BASSI

Un altro dato significativo è costituito dalle differenze nei punteggi. Il grafico 3 mostra le differenti percentuali nelle quali si situa ciascun campione nazionale. Tenete presente che il livello 1, il più basso, sta a indicare risposte sbagliate o non date ed è in sostanza corrispondente a una valutazione di insufficienza. Le situazioni considerate soddisfacenti vengono valutate con punteggi che vanno dal due al cinque.

Grafico 3 – La distribuzione dei punteggi in percentuale

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Si vede che più di un quinto del campione italiano è a livello 1 e, all’estremo opposto, solo poco più del 2 per cento si situa nella fascia più alta costituta dal livello 5.
Inoltre, la comparazione internazionale permette di vedere come i punteggi italiani siano compressi verso il centro, nelle posizioni 2 e 3, cioè posizioni di sufficienza, ma certamente non soddisfacenti: ben il 60 per cento dei nostri quindicenni si situano in questa fascia di mediocrità. Il grafico 4 presenta una semplice aggregazione dei punteggi in base al livello raggiunto: notate come l’Italia non soltanto ha un valore percentuale di punteggi aggregati a livello 2 e 3 molto elevato ma, correlativamente, una percentuale tra le più basse nei punteggi 4 e 5.

Grafico 4 – La distribuzione dei punteggi in forma aggregata e in percentuale

finicastrovilli4

In sostanza i quindicenni italiani registrano un grado di illiteracies, o di scarsa literacy, superiore di alcuni punti percentuali rispetto ai pari età degli altri paesi. L’unico aspetto relativamente positivo in questo scenario è costituito dal fatto che alcune Regioni italiane (poche) si situano in prossimità della media: per carità, niente di eccezionale, ma beato chi ha un occhio in un mondo di ciechi…
A questo punto abbiamo di fronte alcune interessanti alternative: piangerci addosso, gridare ai quattro venti che i test non sono in grado di valutare le competenze, che i docenti dovrebbero rifiutarsi di farli, oppure semplicemente far finta di niente (che ci sembra l’opzione più gettonata in questo momento). All’estremo opposto c’è la scelta di riflettere, discutere e compiere scelte concrete (in quest’ordine) per cercare di rendere possibile un miglioramento.
Questa ultima possibilità è ovviamente da preferirsi, anche se non risolve i problemi di un sistema scolastico congegnato male e che trova i suoi limiti (che il Pisa semplicemente mette in evidenza) in uno stile di insegnamento e di apprendimento centrato quasi esclusivamente sulla lezione frontale dai prevalenti contenuti teorici.
Difficile che da una simile situazione si esca facilmente: sarebbe necessario uno scatto d’orgoglio e, soprattutto, la volontà di fare scelte non sempre facili. Ci si può però provare. È quello che cercheremo di fare in un prossimo articolo dedicato alle cause della insufficiente literacy economico-finanziaria.

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(1) Per una sintesi dei risultati sulla financial literacy vedi il documento dell’Ocse in Focus 41: “I quindicenni sanno gestire i soldi?” http://www.oecd.org/pisa/pisaproducts/pisainfocus/pisa-in-focus-n41-(ita)-final.pdf
I risultati completi di Pisa 2012 sulla financial literacy sono contenuti in “Students and Money Financial Literacy Skills for the 21st Century – Volume VI”http://www.oecd.org/pisa/keyfindings/PISA-2012-results-volume-vi.pdf
(2) La Colombia peraltro sta avviando un deciso programma di monitoraggio del sistema educativo nazionale con l’obiettivo di superare, almeno in parte, i deficit cognitivi che il Pisa ha messo in evidenza.

(3) In effetti, per Italia e Colombia si dispone di un campionamento di maggior dettaglio che permette una maggiore analiticità.

 

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I giovani italiani bocciati in educazione finanziaria*

  1. Riccardo

    Nulla di nuovo sotto questo sole, le materie economiche come quelle di diritto sono state pesantemente tagliate dalla riforma Gelmini, pertanto è scontato il punteggio basso. Poi vi è sempre il solito rimpallo sulla capacità o meno di avere buoni insegnanti ma certamente se non ci metti le materie… Ai licei, ad esempio, prima vi erano di diritto ed economia un pò in quasi tutti gli indirizzi, una infarinatura potremmo dire, ora invece le troviamo solamente negli indirizzi umanistici, dove anche qui per trovarli tutti i 5 anni è necessario scegliere Liceo delle Scienze Umane opzione economico-sociale… 3 ore a settimana. La scuola italiana farà sempre acqua fino a quando le riforme parleranno di tagliare o un anno scolastico (5 anno delle superiori), materie (Geografia, storia, diritto…) oppure più semplicemente le ore (dalle 1300 ore annuali di qualche tempo fa alle 1000 circa di ora).

  2. roberto fini

    vero: niente di nuovo sotto il sole per quanto riguarda l’ignoranza economico-finanziaria in Italia. E, ovviamente, per i giovani la questione è anche più cogente. Ma, caro Rccardo, forse la soluzione non è quella di aumentare le ore: semmai quella di rendere più efficaci quelle, già tante, che gli studenti italiani fanno. Non facciamola facile: ci sono problemi di qualità degli insegnanti, di discipline poco integrate, di cultura poco attenta alle questioni economiche. In un simile contesto aggiungere ore non serve a nulla, come del resto dimostrano i dati PISA al riguardo. Il liceo economico sociale è comunque un passo importante: per la prima volta l’economia non viene considerata una mera “tecnica”, ma una disciplina scientifica a tutto tondo. non è molto, ma neppure poco.

    • Riccardo

      Siamo pienamente d’accordo, lavoro nella scuola come impiegato da 15 anni ormai ed ho visto tante riforme passare, ma nessuna, dico nessuna, ha realmente creato e formato docenti, anzi. Si è passati dai concorsi come metodo di selezione alla semplice domanda con corsi annessi per entrare nelle varie fasce, fino ad arrivare al concorso del 2012 dove di fatto nessuno di quelli che lo hanno vinto sono stati assunti. Non scarichiamo sempre la colpa sui singoli, se lo Stato investe 0 nella formazione e nella selezione è ovvio che la qualità si abbassi e lo farà sempre di più. Nell’azienda privata un buon imprenditore pota e taglia i rami secchi e investe nei suoi dipendenti, da noi invece non spende in nulla! Si ci paga lo stipendio per carità ma ci fà lavorare anche male, lo sapeva per esempio che le assenze del personale devono essere registrate per 3 volte in 3 diversi database ministeriali? Nel Miur 2 volte uno per le statistiche ed uno per il fascicolo personale ed un’altra volta nel sito del Ministero del Tesoro per la decurtazione dello stipendio, considerando che poi siamo obbligati ad altre varie pastoie burocratiche avrà capito di come siamo messi. Non le racconto le giornata passate a telefonare per cercare un supplente per un giorno o due perchè non vi è realmente nessuno a disposizione… a volte sarebbe meglio ascoltare il bidello per far funzionare meglio la scuola. Scusi lo sfogo, ma io sarei realmente il più felice se la scuola funzionasse meglio.

  3. umbedx

    Sono dati completamente errati.
    Prova provata il fatto che i migliori studenti (vedi esami di maturità) arrivano da Sicilia, Calabria,Campania.

    • rob

      non si tratta di fare classifiche da bar, a mio avviso il problema verte sull’utilizzare una scienza complessa come la statistica per altri fini (questi: una palese dimostrazione che i sistemi scolastici centralistici non garantiscono la parità delle opportunità). A parte che altri Paesi a questi dati danno molta poca importanza ma l’ Italia è il paese della commedia

    • reed

      Il fatto che i voti di maturità e le percentuali di promossi siano più alte al sud purtroppo non significa che gli studenti delle regioni da lei menzionate siano migliori. Gli standard con cui vengono assegnati voti elevati e la propensione alla bocciatura sono differenti tra nord e sud. I test PISA – con tutti i loro limiti – sono test disegnati appositamente per aggirare questi diversi standard tra aree geografiche.

  4. rob

    anche gli interventi critici vanno pubblicati soprattutto se non offendono nessuno. Lo scopo di questo studio? Questo: una palese dimostrazione che i sistemi scolastici centralistici non garantiscono la parità delle opportunità”. Analfabeti? Andate a fare un giro in Veneto. La statistica di Totò è sempre attuale

  5. Ettore

    La cattiva performance dei ragazzi italiani potrebbe essere legata alla minor diffusione tra di essi di strumenti di pagamento quali bancomat o carte di credito rispetto ai coetanei degli altri stati che compongono il campione?

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