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Quello che manca: l’ora di economia dalle elementari

Nella scuola italiana l’insegnamento dell’economia non ha oggi molto spazio. D’altra parte non sono solo i ragazzi a essere ignoranti in materia, anche gli adulti hanno molte lacune. L’educazione finanziaria dovrebbe partire fin dai primi anni di scuola. EconoMia e gli altri progetti pilota.

CHI SEGUE L’ORA DI ECONOMIA?

Le caratteristiche anagrafiche dei ragazzi che vengono sottoposti al test Pisa sono molto stringenti: si tratta di studenti quindicenni, che in Italia frequentano quindi il secondo anno delle scuole secondarie superiori. La rilevazione Oecd-Pisa non intende misurare le conoscenze nella materia della prova, ma le competenze raggiunte: nel caso della financial literacy, perciò, le domande sono congegnate in modo tale da consentire una risposta pure a coloro, la maggioranza, che non hanno nel loro curricolo insegnamenti di economia. (1)
Gran parte delle competenze dimostrate nelle risposte ai test Pisa sono dunque quelle apprese (o non apprese) nel ciclo di studi precedente. Se nelle prossime edizioni della prova si vogliono migliorare i risultati ottenuti dagli studenti italiani – oggi classificati al penultimo posto –, è necessario mettere in campo strategie efficaci, che abbiano origine nei segmenti scolastici precedenti al corso di studi secondario-superiore.
Da che cosa dipendono le competenze in ambito economico-finanziario? È sensato immaginare una generalizzazione dell’insegnamento economico a tutte le scuole? Attualmente seguono percorsi curriculari nei quali l’insegnamento dell’economia è esplicito circa il 15 per cento degli studenti, per la gran parte iscritti agli Ite (istituti tecnici economici, ex ragioneria).
Benché il curriculum ministeriale di economia sia consistente, non sembra che alla prova dei fatti questi studenti acquisiscano competenze maggiori o più approfondite rispetto agli altri che non hanno nel loro corso di studi la disciplina economica.
Peraltro, l’economia negli Ite ha una funzione tradizionalmente “ancillare”: viene insegnata insieme a diritto e viene considerata come il completamento di economia aziendale, cui spetta un carico orario molto maggiore. Il fatto poi che tuttora i docenti di discipline economiche e giuridiche siano laureati in legge e privilegino di fatto il diritto, non aiuta nella progettazione di una didattica economica efficace.
Tuttavia, concentrare gli eventuali miglioramenti solo sugli Ite coinvolgerebbe troppo pochi studenti e, tra l’altro, troppo tardi nel percorso scolastico. In ogni caso, non è al momento prevedibile né una separazione del diritto dall’economia (che pure sarebbe auspicabile), né tantomeno un’estensione dell’insegnamento dell’economia ad altri indirizzi. Probabilmente, poi, neanche questa sarebbe una soluzione: nel nostro paese, permane l’idea che il denaro sia lo “sterco del demonio” e che in famiglia, per esempio, non si debbano discutere le questioni economiche di fronte ai figli.
Inoltre, il pregiudizio “crociano” secondo cui l’economia non è una scienza, ma una mera tecnica, la rende agli occhi di molti una disciplina di serie B. Tutto ciò si traduce nel fatto che nell’analisi di fatti storici, letterari, artistici o filosofici, molti docenti evitano accuratamente riferimenti significativi ai contesti economici entro i quali quei fatti si sono verificati. Anche in materie che si presterebbero a un approccio di tipo economico (storia o filosofia, per esempio) sono ben pochi i libri di testo che ne trattano diffusamente.

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NON SOLO I GIOVANI SONO IGNORANTI

Del resto, che gli italiani, gli adulti e non solo i quindicenni, abbiano poca familiarità con le questioni economiche, è testimoniato anche da altri studi. L’indagine biennale sui bilanci delle famiglie italiane, condotta da Banca d’Italia, offre un’immagine delle conoscenze finanziarie non particolarmente positiva: nelle edizioni 2008 e 2010 sono state introdotte alcune domande per misurare la competenza e conoscenza finanziaria nell’effettuare le scelte di investimentoe la percentuale di risposte corrette non ha raggiunto, in media, il 60 per cento. (2)
I ricercatori della Banca d’Italia mettono in evidenza che il titolo di studio del rispondente è la caratteristica che risulta più strettamente connessa con le competenze finanziarie: coloro che al momento della rilevazione non ne avevano alcuno hanno risposto correttamente alle domande solo per un 25 per cento; la percentuale sale al 44 per cento per coloro che hanno un titolo ISCED1 (licenza elementare); nel caso di rispondenti con ISCED2 (licenza media di primo grado) si va al 62 per cento; con ISCED3 (diploma di scuola media di secondo grado) si sfiora il 70 per cento; mentre per i laureati (ISCED5) si arriva al 74 per cento. (3)

I PROGETTI PILOTA

Cosa fare allora? Innanzitutto, chiunque sia interessato a un miglioramento della scuola non può non riflettere sui dati Oecd-Pisa. La financial literacy è ritenuta a livello internazionale competenza costitutiva della cittadinanza, le sue basi concettuali debbono essere poste con la dovuta gradualità fin dai primi anni di scuola.
La scoperta dell’acqua calda? Forse, ma le conseguenze della condivisione di questa presa d’atto potrebbero essere immediate. Il rafforzamento dell’ancor gracile liceo economico sociale e la diffusione tramite l’autonomia scolastica e i progetti di cittadinanza e Costituzione, dell’educazione economica e finanziaria in tutte le scuole apparirebbero a questo punto questione di capacità organizzativa più che di effettiva impossibilità.
Si possono elencare molte iniziative presenti o passate di educazione finanziaria ben strutturate al loro interno e, almeno apparentemente, efficaci: speriamo che continuino e che si rafforzino. Qui, vogliamo citare l’esperienza del concorso “EconoMia”, arrivato alla seconda edizione. (4) Il concorso si svolge nell’ambito del Festival di Economia di Trento e quest’anno ha visto la partecipazione di un centinaio di scuole e di circa cinquecento studenti. Dopo una selezione piuttosto impegnativa, i vincitori, venti, vengono premiati con la copertura delle spese di viaggio e di sistemazione durante i giorni del Festival, oltre a un piccolo premio in denaro. (5)
L’aspetto forse più interessante del concorso non è tanto il fatto che i vincitori provengono da tutta Italia e da ogni tipologia di scuola superiore, quanto l’interesse con cui questi ragazzi e ragazze seguono i dibattiti del Festival. Il che la dice lunga su un paio di pregiudizi diffusi: in primo luogo, forse, l’economia non è una “scienza triste”; in secondo luogo non è poi così difficile. Può essere persino che qualcuno scelga di intraprendere un percorso accademico orientato al tema.

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(1) Per il framework sulla financial literacy e per esempi di item economici-finanziari contenuti nelle prove Oecd-Pisa vedi: http://www.invalsi.it/invalsi/ri/pisa2012/documenti/Financial_Literacy.pdf
(2) Si tratta di domande elaborate da Annamaria Lusardi. Al soggetto individuato come capofamiglia sono stati posti tre quesiti con lo scopo di rilevare la capacità di calcolare variazioni nel potere d’acquisto, comprendere l’opportunità di diversificare il portafoglio e distinguere fra diverse tipologie di mutuo. Inspiegabilmente, nell’edizione 2012 queste domande sono state omesse. Sui temi dell’alfabetizzazione economica e sulla sua importanza in particolare per alcune scelte di vita, si legga O.S. Mitchell e A. Lusardi, Financial Literacy: Implications for Retirement Security and the Financial Marketplace, Oxford University Press, 2011. I supplementi al Bollettino statistico sulla ricchezza delle famiglie italiane si possono scaricare a partire da https://www.bancaditalia.it/statistiche/indcamp/bilfait/boll_stat.
(3) Nel sistema scolastico italiano non esiste ISCED4: istruzione post-secondaria non universitaria.
(4) Il concorso EconoMia è la proiezione nazionale di un’idea nata nell’anno scolastico 2011-12, all’Istituto tecnico economico “Bodoni” di Parma. Ai migliori studenti di quarta e quinta fu chiesto di produrre un saggio breve su un tema di economia. In palio la partecipazione al Festival dell’Economia di Trento. La favorevole accoglienza dell’iniziativa da parte degli organizzatori del Festival ha suggerito ad Aeee-Italia (Associazione europea per l’educazione economica) di proporne l’estensione, dall’anno scolastico 2012-13, a tutto il territorio nazionale. EconoMia, diventato un format del Festival di Trento, è dunque il risultato della fattiva collaborazione tra un’associazione professionale di insegnanti, il comitato promotore del Festival e un istituto secondario di secondo grado.
(5) Ulteriori informazioni si trovano sul sito del concorso: www.concorsoeconomia.it

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Due ostacoli sul cammino verso una buona scuola

  1. Emiliano

    Io sono d’accordo sull’insegnamento dell’economia. Ma allora si deve partire chiarendo bene che l’economia è una scienza “multi paradigmatica” per poi passare ad illustrare le diverse concezioni teoriche. O forse sarebbe piú comodo presentare keynes come un omosessuale maestro della demagogia come nell’università che ho frequentato io che è sulle statistiche una delle migliori in Italia? Perché il neoliberista è un pochino intollerante dai.

  2. Piero Fornoni

    La mia opinione è che la scuola dovrebbe introdurre urgentemente le seguenti materie dalle elementari alle superiori: l’ economia, l’informatica, l’educazione sanitaria e l’educazione civica. Queste saranno delle semplici tecniche, ma ci aiutano a capire il mondo ed a vivere meglio.

    A) Economia: lo stato che ci accompagnava dalla culla alla tomba non esiste più da nessuna parte.
    I cittadini diventano sempre più “mobili” per dove vivono (si nasce in un paese, si lavora in altri paesi, etc.) e per i lavori che svolgono (precarietà od opportunità?). Una cultura economica ci può aiutare nelle scelte di tutte i giorni ed a capire il mondo. Senza dimenticare che solo con i bots, ccts, conti di risparmio, difficilmente ci si può costruire una pensione integrativa.

    B) Informatica: ormai ci sono dei giochi che permettono ai bambini di imparare a programmare ancora prima di leggere e scrivere. Oggi certe nozioni di informatica sono necessarie come conoscere l’alfabeto.

    C) Educazione sanitaria: per secoli le informazioni sulla salute sono state tramandate da padre in figlio, ma questo non basta più perché sono cambiate le condizioni in cui viviamo ed il progresso medico quasi statico per secoli ora avanza rapidamente.

    D) Educazione civica per spiegare le istituzioni democratiche, ma anche il patto sociale e le sue regole: il diritto (cosa e’ un contratto etc.). In Olanda avevano fatto un fumetto per spiegare nozioni legali e di diritto.

    Piero Fornoni
    Toronto

  3. Pif

    In linea con il post di emiliano il buon economista ha una approccio multidisciplinare, quindi esporre solo delle tecniche è riduttivo, come ho già sostenuto in altri commenti manca nelle scuole, soprattutto alle superiori, un approfondimento di tutto ciò che è cultura economico-sociale dall’illuminismo ai giorni nostri. Va bene studiare Platone e i greci ma perchè trascurare Montesquieu, Marx, Keynes, Weber ecc per non parlare dei più recenti.

  4. paolo

    Adesso possiamo affermare che :1) non è necessario studiare una l’Economia tanto non cambia niente, e se ve lo dice l’Associazione per l’educazione economica…ci dovete credere (vale solo per l’economia o anche per altre materie?); 2) Se sei laureato in giurisprudenza e hai studiato Economia Politica, Scienza delle Finanze, Politica Economica, mi dispiace non vale, perchè la laurea è in “legge” ( povero Ciampi laureato in lettere e Governatore della Banca d’Italia); 3)Non è necessario attivare lo studio dell’Economia nelle Superiori, è più che sufficiente il protocollo d’intesa (vedi sito Istruzione.it) della “nostra” Associazione (AEEE-Italia) con il Ministero, ci pensiamo noi a formare il personale.

  5. Massimo

    Alle elementari ho imparato cose bellissime: la lingua italiana, la matematica, la storia, la geografia, le scienze, il disegno, la ginnastica, l’educazione civica ed avevo tempo per fare la cosa più bella: il gioco. Mi dispiace, con tutto il rispetto, ma non c’era tempo per imparare i derivati, quello si doveva fare un po’ più avanti. Per inciso non pensavo che La Voce.info diventasse ricettacolo delle avances della corporazione degli economisti ansiosi di assicurarsi qualche stipendio sicuro a spese dello stato. I nostri bambini non sono degli accumulatori da imbottire di informazioni (oltre all’economia si sente dire che dovrebbero imparare, l’informatica, l’inglese, l’impresa e bla, bla, bla ..).

  6. Rainbow

    Sono completamente d’accordo, sostengo da tempo (mi fa piacere che qualcun altro sia arrivato alla mia stessa conclusione!) che sia l’Economia, sia la Filosofia, sono discipline fondamentali costitutive della cittadinanza per cui andrebbero inserite nei curricola di tutte le scuole sia primarie, sia secondarie. L’Economia e la Finanza, piaccia o no, oggigiorno hanno una importanza fondamentale; in particolare, oggi le scelte dei decisori politici e le proposte programmatiche degli attori politici ruotano tutte intorno all’Economia. Senza nozioni Economico-Finanziarie di base è impossibile a mio avviso capire a fondo cosa accade oggi nel sociale, e c’èil fondato rischio che il cittadino-elettore sia facilmente circuito dai demagoghi di turno che sfruttano questa diffusa incompetenza di massa per propinare qualsiasi sciocchezza! Non concordo sull’affermazione che l’Economia andrebbe separata dal diritto: anche il Diritto è importante, anche un laureato in Legge, come il sottoscritto, può raggiungere buone conoscenze economiche se ha studiato come si deve gli esami ecomomici a giurisprudenza ( Economia Politica e Scienza delle Finanze). Io ho iniziato a capire qualcosa di Economia dopo aver dato gli esami a Legge, poi ho proseguito ed approfondito per conto mio. Inoltre tanti economisti di valore non sono laureati in Economia: Giavazzi e’un ingegnere, Antonio Martino e’laureato in Legge, Romano Prodi e l’ex governatore e presidente Ciampi sono entrambi laureati in Legge, etc.

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