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La manovrina

Il Governo ha messo le carte in tavola sulla Legge di stabilità. I 20 miliardi di tagli alla spesa si riducono a 5 e saranno lineari. Poche le risorse per gli ambiziosi progetti annunciati. Bene rimandare gli obiettivi sul bilancio strutturale. Cosa dirà ora l’Europa? E i mercati?

LA LEGGE DI STABILITÀ

E alla fine il Governo ha messo le carte in tavola. Scomparsi i 20 miliardi di tagli alla spesa pubblica annunciati ancora qualche settimana fa, per il 2015 la Legge di stabilità conterrà al massimo riduzioni di spesa per 5 miliardi, con vari sacrifici per i ministeri e gli acquisti di beni e servizi probabilmente nella solita tradizione dei tagli lineari. Tutto ciò verrà rimpolpato da un miliardo o poco più di tasse aggiuntive, mediante tagli alle tax expenditures, alle detrazioni o deduzioni fiscali su Irpef o Iva (di cui per il momento si sa poco). La soglia del 3 per cento sul disavanzo sarà (appena) rispettata sia per il 2014 che 2015, ma lasciando peggiorare l’obiettivo rispetto alla legislazione vigente (il quadro tendenziale è migliore di quello programmatico, si veda la tabella qui sotto)  e sfruttando appieno la riduzione della spesa per interessi senza utilizzarla, come si dovrebbe, per ridurre il debito. Si potranno, così recuperare altri 10-11 miliardi di spazio fiscale. Quel che conta di più è che l’Italia, dopo la Francia, unilateralmente dichiara di abbandonare gli obiettivi sul saldo strutturale e sul rientro del debito imposti dal fiscal compact e dalle regole europee, posticipando al 2017 il raggiungimento dell’equilibrio strutturale. A garanzia, verranno imposte le solite “clausole di salvaguardia” (inasprimenti automatici di imposte indirette e Iva per raggiungere gli obiettivi di bilancio nel 2016-18, se le aspettative sulla ripresa dell’economia e dunque delle risorse addizionali non fossero rispettate), ma queste appaiono essenzialmente foglie di fico messe lì per tranquillizzare la Commissione europea. Una volta arrivati al 2016 o al 2017 ci si può sempre ripensare.

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I PIANI DEL GOVERNO

Con questi spazi recuperati, il Governo vuole finanziare un ambizioso programma di sostegno all’economia; fiscalizzazioni dei contributi sociali sul costo del lavoro per 2-3 miliardi, conferma del bonus di 80 euro sull’Irpef per 7 miliardi, 1,5 miliardi per i nuovi ammortizzatori sociali che dovrebbero accompagnare il Jobs Act, 1,5 miliardi per assumere una parte dei precari nella scuola, 1 miliardo per alleggerire il patto di stabilità dei comuni, eccetera. Non si capisce bene dove siano le risorse per finanziare altre misure annunciate (dallo sblocco dei salari per i tutori dell’ordine, a eventuali ulteriori interventi sull’Irap, agli incentivi per la conversione dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato, ai 3 miliardi da finanziare lasciati in eredità dal Governo Letta). Pur di contenere la manovra, si eccede una volta di più nell’ottimismo: si ritiene che la crescita nel 2015 sarà dello 0,5 per cento (contro lo 0,1 per cento previsto dall’Ocse) e che salirà allo 0,6 per cento grazie agli interventi del Governo (che varranno il doppio nel 2016).

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COSA DIRÀ L’EUROPA?

Che dire? Bene ha fatto il Governo a rimandare gli obiettivi sul bilancio strutturale; con un’economia in recessione da tre anni, incaponirsi a rispettare gli obiettivi di medio periodo rischiava di essere controproducente, deprimendo ancora più l’economia e rendendo le finanze pubbliche ancor più insostenibili. Meglio avrebbe fatto a raggiungere prima un accordo con l’Europa, sulla base di riforme portate a casa. Adesso corriamo notevoli rischi. Come reagirà Bruxelles è, infatti, tutto da vedere. L’Italia invocherà le circostanze eccezionali, che per un paese nelle nostre condizioni (recessione più deflazione) appaiono motivate, ma la profonda sfiducia nei nostri confronti e la presenza in Europa ormai di due visioni nettamente diverse sulla crisi e sul modo per uscirne, potrebbe benissimo condurre all’apertura della procedura di infrazione per disavanzo eccessivo da parte della Commissione.
Ma il vero problema per noi, più che le eventuali sanzioni, è la reazione dei mercati finanziari. I bassi tassi di interesse con cui ancora ieri collocavamo il nostro debito sono frutto dell’aspettativa che dietro l’Italia ci sia la Banca centrale europea, cosa che in realtà è già tutta da vedere e che potrebbe essere messa ancor più in dubbio da una posizione negativa dell’Europa nei nostri confronti. I mercati saranno disponibili a darci la loro fiducia solo se agli annunci seguono i fatti; se cioè le varie riforme annunciate, dal mercato del lavoro al pubblico impiego alla giustizia, arrivano in fondo e rappresentano davvero una svolta credibile rispetto alla deprimente situazione attuale. Soluzioni pasticciate sono il peggio che si possa fare. Bisogna che il Governo dia prova di forza e determinazione nel portare avanti il cammino delle riforme e nel tagliare la spesa pubblica. Purtroppo, il segnale su quest’ultimo piano non è buono. Non riesce né a tagliare, né a cambiare la composizione della spesa pubblica. Il piano Cottarelli rimane in un cassetto. Poteva essere utilizzato per riqualificare la nostra spesa pubblica e renderla più favorevole alla crescita.

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13 commenti

  1. Ernesto

    Dubbi.
    Premetto che non sono affatto un esperto e quindi vorrei imparare meglio a leggere la tabella proposta nell’articolo.
    Se ho capito bene, rispetto a quanto accadrebbe se non facessi niente (quadro tendenziale), la prossima legge di stabilità “aumenterà” il deficit di uno 0,7% (quadro programmatico) e quindi di circa 11 miliardi (per semplicità considero il Pil pari a 1.600 mld). E’ così? Se fosse così tutta la manovra per il prossimo anno consisterebbe in una maggiore spesa, rispetto a quanto già previsto in precedenza, di soli 11 miliardi? Altro dubbio; da dove si evince, guardando la tabella, l’affermazione degli autori che sostengono come la riduzione della spesa per interessi venga usato per altro e non per la riduzione del debito? Grazie in anticipo a chi vorrà chiarirmi le idee!

    • Luca

      Eppure mi pare che lo stesso Padoan abbia parlato in QUESTI GIORNI di tagli alla spesa per il 2015 inferiori sia ai 20 miliardi annunciati, sia ai 16 miliardi del piano Cottarelli, ma nell’ordine comunque di 10-12 miliardi. Sarebbe comunque uno dei maggiori tagli di spesa fatti dallo Stato. Inoltre, da quello che so, si parla di inserire in legge di Stabilità sia l’accorpamento delle centrali d’acquisto, sia l’accorpamento delle partecipate (e la liquidazione di quelle in rosso che non erogano nemmeno servizi). Secondo me, prima di fare commenti sulla Legge di Stabilità basandosi sul DEF occorre vedere la legge di stabilità.

  2. Antonio

    Siamo sempre alle solite, non cambia mai niente. Bla, bla, bla… L’unico modo per venirne fuori è riacquistare la Sovranità che ci ha tolto l’Europa, visto che la politica non è in grado di prendere decisioni drastiche e impopolari che fanno perdere voti. Non puoi sederti al tavolo con gente che sta meglio di te se sei indebitato fino al collo. Le loro regole ti strangolano. È semplicissimo capirlo!

    • Enrico

      Riacquistare sovranità significa anche tornare completamente nelle mani dei politicanti italiani, gli stessi che ci hanno portato in questa situazione: il nostro debito pubblico non lo ha fatto l’Europa.

    • gc

      I nostri politici non sono in grado di prendere decisioni, quindi dobbiamo dargli più potere.

      Sarà semplicissimo, ma io non lo capisco.

    • Maurizio Cocucci

      L’Europa non ha tolto nulla. La Ue è una unione libera e chi vi partecipa lo fa perché lo ha voluto e noi lo abbiamo voluto fortemente tanto che nel referendum del 1989 oltre 29 milioni di italiani ha votato a favore. Inoltre le decisioni importanti e vincolanti vengono prese non dall’Europa in senso stretto (Commissione Europea e Parlamento), ma dal Consiglio Europeo, ovvero dai capi di Stato e di Governo, quindi anche dal nostro primo ministro. Purtroppo oggi domina l’ignoranza, intesa come non conoscenza, delle cause della nostra crisi. Se guadagni 100 e ti rimane 30, con cui arrivi a fatica a fine mese e quindi non puoi sostenere i consumi, che la valuta sia euro, lire o sesterzi non cambia nulla. Sovranità monetaria non significa che la banca centrale funge da bancomat per la spesa pubblica, non era così per l’Italia con la lira, non è così per i Paesi a sovranità monetaria e non lo sarebbe nel caso tornassimo ad una moneta nazionale. Difatti anche gli economisti che propendono per questa ultima soluzione ribadiscono che la spesa pubblica deve essere riformata altrimenti l’operazione (di tornare alla lira) sarebbe inutile.

  3. Celso Saresani

    LE ‘MOSCHE COCCHIERE’
    «Non di tutto quel che accadde il merito o la colpa può essere data agli uomini di governo. Anche allora, come in tutti i tempi ed in tutti i paesi, quel che accade non è massimamente, anzi è solo in piccola parte, dovuto all’opera dei governi; e questi, quando si attribuiscono meriti di accadimenti prosperi, fan spesso come le mosche cocchiere, le quali ai buoi aggiogati all’aratro con sicumera comandano: ‘ariamo’».

    Ma cosa possono fare le mosche cocchiere se i buoi sono vecchi e stanchi, il vomere ha perso il filo e il versoio è pieno di ruggine.

  4. Piero

    Una semplice manovra elettorale, oppure l’incapacità di Renzi di governare?
    Prima dobbiamo precisare che questa manovra non serve a niente, si doveva incidere in modo forte sulla spesa, almeno il 10% di riduzione in due anni, avremmo avuto 70 mld di risparmio che potevano essere utilizzati per eliminare l’Irap sulle imprese ( 39 mld) e per diminuire la tassazione sul lavoro in modo permanente (31 mld). L’occasione e’ stata persa, Renzi si è “incartato” sulla riforma del lavoro, riforma che poteva aspettare anche qualche mese, tanto il problema principale dell’Italia non è la ritorna del lavoro ma l’improduttività della pubblica amministrazione, la mancanza di liquidità per le imprese e l’alta tassazione.
    Si doveva subito intervenire su questi argomenti, invece Renzi ha continuato con la politica del deficit spending, si avrà un Pil negativo anche nel 2015, i conti non torneranno. Renzi si è allineato alla Francia, contro la politica dei compiti a casa propria della Merkel. La scelta è giusta ma certi compiti e’ giusto che in Italia vengano fatti, il vero problema è la Bce che attualmente non sta svolgendo il suo compito statutario, qui l’alleanza con la Francia deve intervenire, però al comando abbiamo Draghi, il quale ha il consenso sia di Napolitano che di Renzi, qualcuno ci sta prendendo in giro.

  5. Piero

    La tabella e’ un semplice lavoro di fantasia, nel 2014 abbiamo una riduzione del Pil, nel 2015 con le manovre annunciate si avrà un’ulteriore riduzione.
    Dobbiamo togliere i freni alla crescita delle imprese, sono il credito e la tassazione, non si esce da questa situazione se non vengono toccati questi argomenti, il resto e’ noia.

  6. Massimo Matteoli

    Penso che sarebbe l’ora – e chi meglio della Voce potrebbe farlo – di iniziare a dire che l’idea di poter uscire dalla crisi tagliando la spesa pubblica è una bufala colossale.
    Del resto non è vero che i tagli non ci siano stati, è di stamani sui giornali la notizia che dal 2010 spendiamo quasi otto miliardi in meno di euro per stipendi del pubblico impiego, basta girare per gli uffici pubblici per vedere lo stato in cui sono ridotti, la sanità è ormai all’ultimo posto per spesa pro-capite nei paesi civili e per carità di patria non parliamo di scuola e ricerca.
    L’opinione pubblica confonde la spesa inefficiente con la spesa inutile, dimenticando che – solo per fare un esempio – trasformare un ospedale da luogo di morte ad uno in cui si curano sul serio i malati vuol dire sicuramente evitare una spesa inutile, ma difficilmente significherà spendere meno.
    Questa demagogia della spesa ha, così, coperto una serie di manovre di tagli lineari che ormai sono arrivati a tagliare la carne viva dei servizi essenziali,
    In questo modo, poi, si sono invece salvati molte – troppe – inefficienze vere e privilegi totalmente ingiusti.
    Cominciamo, perciò al dire che la lotta va fatta agli sprechi ed alle inefficienze e non ai servizi e qualcuno lavori ad individuare dove questi ci sono veramente, evitando di sparare nel mucchio come fino ad ora si è fatto in Italia.

    • Maurizio Cocucci

      Credo che Lei abbia colto un punto importante: la cattiva informazione. Quando si parla di ridurre la spesa pubblica non si intende infatti di farlo riducendo i servizi, ma attraverso la razionalizzazione dei costi che spesso sono maggiori di quelli che dovrebbero essere. Nella sanità l’errore è di ridurre i posti letto o il numero di strutture, però non si interviene sul listino dei prodotti, infatti fino a poco fa (ora pare che vi sia una correzione in tal senso) ogni regione effettuava gli acquisti in proprio e ovviamente la regione più piccola pagava gli stessi prodotti più della regione grande. E’ necessario una unica centrale di acquisto nazionale che stipula i contratti con le aziende produttrici e le regioni che effettuano gli ordinativi con le quantità a loro necessarie ma allo stesso prezzo per tutti, si otterrebbe da qui un enorme vantaggio. Passiamo poi alle aziende municipalizzate che sono in numero spropositato e nella maggior parte dei casi inefficienti e in perdita, spesso fonte di privilegi e/o mezzo per comprare voti assumendo personale oltre il necessario. Di questo si fa riferimento quando si cita il taglio della spesa, poi con quanto risparmiato si deciderà se ridurre la pressione fiscale oppure migliorare i servizi. Però dopo la sceneggiata dei vari Bondi e Cottarelli chiamati per la spending review, tema che se parla da decenni, nutro sempre più dubbi sulla vera intenzione di perseguire questa via.

  7. Piero

    Ancora una volta si è persa l’occasione per la riduzione della spesa pubblica in Italia, Renzi si vuole concentrare sulla riforma del lavoro, a tutti i costi fare qualcosa, in modo tale che quando siede sul tavolo con la Merkel dirà che lui i compiti a casa sono stati svolti, a quel punto chiederà più flessibilità.
    Tutto sbagliato, Renzi non deve chiedere la flessibilità in Europa, deve chiedere la liquidità, nell’ultimo anno la politica di Draghi ha tolto 1000 mld dal mercato, entro fine anno ci sarà il rimborso dei vecchi Ltro del 2011, spariranno dal mercato altri 350 mld. Renzi deve puntare i piedi e fare cambiare la politica monetaria e in Italia faccia le riforme vere, che sono quelle della pubblica amministrazione ( Costa troppo) e quelle sulle tasse. La sua politica di annunci sta costando veramente troppo e alla fine sarà peggio del bunga-bunga di Berlusconi.

  8. marcello

    La spesa pubblica aggredibile in Italia è di circa 340 mld, di questi 11 mld sono spese per la sanità, 86 mld sono stipendi di 3,3 mln di dipendenti (5.5 in Francia e 5.7 in UK), poi ci sono oltre 100 mld di INPS, qualche mld all’Università e poco altro, dove c’è il grasso che cola per rilanciare un’economia manifatturiera vorrei tanto che qualcuno me lo spiegasse come a un bambino di 6 anni.
    Le naticipazioni sula manovra parlano di 5 mld di “nuove tasse”, ovvero di riduzione-abolizione delle detrazioni-deduzioni IRPEF, tassa pagata all’82% dal lavoro dipendente (12 mln su 23 di occupati). L’indice di Gini del reddito è 0,34, quello sulla ricchezza dello 0,64, quello sulla ricchezza finanziaria dello 0,77, quindi per sillogismo i lavoratori dipendenti e pensionati sono i ricchi del nostro paese. Se l’imposta sul reddito è così distorta e la ricchezza si concentra sempre più forse, ma solo forse, è il caso di pensare a una patrimoniale sulle ricchezze complessive e ovunque possedute superiori al milione di euro, con un’aliquota crescente dall1% al 2% annuo, come nei paesi civili e democratici del mondo. In questo modo la Tasi e l’Imu tornano a essere tasse su una forma di patrimonio, come le tasse sui depositi o quelle sul capital gain. Perché in Italia non si può fare, meglio distruggere il ceto medio?

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