In Commissione Finanze della Camera è in discussione un testo che potrebbe porre fine all’impunibilità dell’autoriciclaggio. Scopo, sanzionare l’inquinamento del sistema imprenditoriale con l’utilizzo di denaro o beni di provenienza delittuosa. I rischi di uno stravolgimento del testo.
COS’ È IL REATO DI RICICLAGGIO?
Il riciclaggio è il principale canale di occultamento dei profitti di ogni forma di criminalità anche organizzata ed economica. Si sostanzia nell’insieme di operazioni volte a dare parvenza lecita a capitali la cui provenienza è in realtà illecita, rendendone così difficile l’identificazione ed eventualmente il recupero. Come mostrato da Unger, Takats e Masciandaro, la misurazione del suo impatto economico è assai difficoltosa (numericamente paragonabile ad un’‘industria’ il cui fatturato varierebbe dai 200-500 miliardi di dollari alla stima, ben più considerevole, di 2,85 trilioni). Tramite il riciclaggio, il denaro sporco penetra l’economia legale e acquisisce legittimazione sociale. Si pensi al boss del cartello della droga di Medellin, Pablo Escobar Gaviria che, all’apice del suo potere negli anni ’80, si offrì di ripianare il debito pubblico colombiano. Anche il rapporto di Europol Threat Assessment Italian Organized Crime del 2013 conferma che, grazie ai proventi riciclati dalle attività criminali, le mafie sussidiano le loro imprese operanti nei settori legali dell’economia, permettendo a queste di operare temporaneamente sotto-costo ed eliminare i concorrenti.
L’IMMUNITÀ DELL’AUTO-RICICLAGGIO
Ai sensi dell’art. 648 bis del codice penale, il reato di riciclaggio consiste nella condotta di chi, fuori dai casi di concorso nel reato, sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto doloso, ovvero compie altre operazioni in relazione ad essi, in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa. La clausola di riserva in caso di concorso nel reato rende irrilevante, sotto il profilo penale, l’attività di riciclaggio attuata da chi occulta direttamente i proventi del delitto che egli stesso ha commesso, il cosiddetto autoriciclaggio: ciò significa che non commette reato, il riciclatore che “lava” i profitti del suo stesso crimine (per esempio il corrotto che investe la tangente o l’evasore che acquista una casa con il ‘nero’). La ratio dell’esclusione dell’autoriciclaggio si fonda sulla cosiddetta consunzione: per chi ha partecipato alla realizzazione del fatto antecedente, il riutilizzo dei proventi illecitamente conseguiti rappresenta la naturale continuazione della condotta criminosa non idonea ad assumere un diverso e autonomo rilievo penale. Già tra il 2005 e il 2009, tuttavia, il Fondo Monetario Internazionale, il Gafi (Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale) e l’allora Governatore della Banca d’Italia Draghi manifestarono perplessità e obiezioni sull’opportunità di mantenere nell’ordinamento penale italiano il ‘privilegio d’immunità dell’auto-riciclaggio’. Inoltre, proprio le direttive europee determinano l’introduzione in Italia del d. lgs. 231/2007 contente disposizioni volte a prevenire l’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio e che reca, all’art. 2, una seconda definizione positiva di riciclaggio priva di riserva analoga al 648 bis c.p. Ad animare ulteriormente il dibattito sul tema, è stata l’ampia convergenza consolidatasi a livello europeo e internazionale per la penalizzazione dell’autoriciclaggio, nonché l’introduzione di tale fattispecie delittuosa in ordinamenti non distanti dal nostro (quelli spagnolo e francese). Le ragioni sistematiche che osterebbero all’introduzione di tale reato (oltre la non punibilità del post factum, soprattutto, evitare ingiustificati aggravi sanzionatori sugli autori dei reati principali e, insieme, un eccessivo aggravio del lavoro delle Procure) sembrano superabili con opportuni accorgimenti, privilegiando l’opportunità di rafforzare l’intera struttura dell’intervento legislativo ispirato alla rimozione di aree di impunità intollerabili. La necessità di introdurre l’autoriciclaggio è emersa soprattutto di fronte a oggettive difficoltà in sede processuale, riconducibili all’esigenza di provare allo stesso tempo la consapevolezza dell’illecita origine del denaro sostituito o trasferito e la contestuale estraneità del soggetto agente alla commissione del reato da cui il denaro proviene.
PERCHÉ RIFORMARE?
Le ragioni a favore dell’auspicata riforma sono ormai parte del patrimonio giuridico comune che guarda alla trasparenza e affidabilità del sistema economico come a un bene primario. Quanto agli strumenti, anzitutto, è opportuno limitare la punibilità all’autoriciclaggio che segue le più gravi forme di criminalità organizzata ed economica (traffico di stupefacenti su larga scala, corruzione, grande contraffazione ed evasione fiscale punibile penalmente), per non ingolfare le procure. Altrettanto importante è dosare attentamente le sanzioni, prevedendo che l’entità della pena per l’autoriciclaggio trovi una qualche correlazione con quella per il reato-base, considerando anche l’introduzione di una sanzione diversa dalla tradizionale pena detentiva. All’ipotesi di una norma onnicomprensiva (riciclaggio comprendente pure il self-laudering), infine, è forse preferibile l’introduzione di due fattispecie distinte. Il testo in discussione in Commissione Finanze della Camera, frutto del lavoro di una commissione di studio presieduta dal magistrato Francesco Greco, è una solida base per un intervento normativo. Tuttavia, numerosi quotidiani anticipano la stesura di un testo governativo che stravolge l’originale attraverso la riduzione delle sanzioni ma, soprattutto, l’esclusione della punibilità per i reati presupposto puniti con una pena inferiore ai cinque anni di reclusione (esclusi sarebbero i reati di appropriazione indebita e infedele o omessa dichiarazione dei redditi) e il “comma del godimento”, per cui l’autore del reato non sarebbe punibile quando denaro, beni o altra utilità vengono destinati alla utilizzazione o al godimento personale, perché non c’è “ulteriore vantaggio o profitto”. La vera finalità sottesa all’introduzione del reato di autoriciclaggio sarebbe, pertanto, quella di sanzionare l’inquinamento del sistema imprenditoriale con l’utilizzo di denaro o beni di provenienza delittuosa e dunque non il semplice “lavaggio” di denaro. Se tale sarà il testo finale della norma, ben definito sarebbe il bene giuridico tutelato (l’ordine economico), ma povero l’effetto deterrente che sta anzitutto nell’impedire a chi delinque di godere il frutto dei suoi crimini. Inoltre, si graverebbe la magistratura inquirente di un arduo onere probatorio, insieme fornendo un’agevole giustificazione agli accusati (al corrotto, ad esempio, non risulterebbe difficile dimostrare di non aver investito proprio la mazzetta in attività di impresa, derivandone nuovo profitto, ma di averci acquistato, invece, una casa o una macchina). Infine si taglierebbe fuori la grande evasione fiscale poiché omessa e infedele dichiarazione sono, al massimo, punite con la detenzione fino a tre anni e quindi ricadrebbero nell’esclusione della punibilità.
* Aggiornamento
Il testo della norma, modificato dalla commissione Finanze della Camera il 9 ottobre, entra in aula per la discussione e il voto nella seguente formulazione che inserisce nel codice penale dopo l’articolo 648-ter:
“Art 648-ter.1. — (Autoriciclaggio). – Si applica la pena della reclusione da due a otto anni e della multa da euro 5.000 a euro 25.000 a chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, sostituisce, trasferisce ovvero impiega in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa. Si applica la pena della reclusione da uno a quattro anni se il denaro, i beni o le altre utilità provengono dalla commissione di un delitto non colposo punito con la reclusione inferiore nel massimo a cinque anni.
Fuori dei casi di cui ai commi prece- denti, non sono punibili le condotte per cui il denaro, i beni o le altre utilità vengono destinate alla mera utilizzazione o al godimento personale.
La pena è aumentata quando i fatti sono commessi nell’esercizio di un’attività bancaria o finanziaria o di altra attività professionale.
La pena è diminuita fino alla metà per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che le condotte siano portate a conseguenze ulteriori o per assicurare le prove del reato e l’individuazione dei beni, del denaro e delle altre utilità provenienti dal delitto.
Si applica l’ultimo comma dell’articolo 648″.
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SpeculaThor
Aggiungerei 2 cose.. una tecnica: le prescrizioni autoassolventi che la classe politica ed imprenditoriale (eufemismo) italiane si son date se ci fosse l’autoriciclaggio verrebbero vanificate perché la ripulitura diventa un nuovo reato che sposta in avanti il boccino.. una basata sui rapporti di forza: la classe politica, le lobby affaristiche pseudoimprenditoriali, ed il club degli avvocati che godono del suddetto autoassolvimento dovrebbero in parlamento autocastrarsi? E’ più facile che lo faccia la Troika (insieme ai megatagli ed alla patrimoniale) se un giorno dovesse arrivare anche da noi..
Leonardo
Grazie per le osservazioni, azzeccatta la metafora del boccino. Sull’effettivita’ dell’intervento: pare il testo in discussione oggi sia lievemente migliorativo, prevedendo, ad esempio, l’autoriciclaggio anche per reati con Pena inferiore ai 5 Anni, ma sanzionandolo con pene inferiori (quindi prescrizione brevi e limitazione delle tecniche investigative utilizzabili). Fa molto riflettere quanto scrive Bruno Tinti: se lo voleva perseguire efficacemente perche’ non eliminare semplicemente le sette parole Della clausala di riserva del 648bis?
Piero
Un reato che serve solo ad aumentare il potere ai magistrati per costruire teoremi che, in molti casi, alla fine vengono smontati dalle difese.
Se si vuole più severità e ciò sicuramente è necessario, sarebbe sufficiente aumentare la pena per il reato presupposto, già oggi abbiamo il sequestro penale anche per equivalente del profitto del reato.
Il riciclaggio punito nei confronti dell’autore del reato presupposto non ha senso, l’evasore che non paga le imposte, naturale che i soldi risparmiati rimangono investiti nell’azienda, abbiamo una multa da 5000 a 25000 euro per avere impiegato i soldi un’azienda??
In Italia dobbiamo fare rispettare le pene, questa è la vera riforma, non l’auto riciclaggio, se si vuole si aumentano le pene sui reati presupposto, di raggiunge lo stesso risultato.
Non è vero che nel mondo vi è l’autoriciclaggio come inteso in Italia.
Leonardo
Piero, grazie delle osservazioni. Il punto che solleva è importante: l’applicazione delle pene è fondamentale per la deterrenza. Tuttavia, è proprio tramite diversi congegni legislativi (esempio, prescrizioni brevi, quando non brevissime; depenalizzazione sostanziale del falso in bilancio et sim) che l’applicazione delle pene è divenuta ardua, quando non impossibile. Non condivido la sua posizione sul “non senso” della punizione del reato di auto-riciclaggio, se intesa come critica all’introduzione del reato tout-court: se escogitato bene, permette di risolvere molti problemi, tra cui la difficoltà di punire i colpevoli dei reati presupposto, ad esempio, per l’intervento di prescrizioni (vd. sotto, commento di SpeculaThor sul ‘boccino’); non è detto, poi, che i soldi siano rinvestiti sempre in attività d’azienda, anche perché potrebbero non essere generati da attività d’impresa (traffico di stupefacenti, ma anche contraffazione). Infine, il reato in esame esiste in altri ordinamenti; esempi vicini, Francia, Portogallo e Spagna, sebbene lì non sia stato congegnato con tutte le limitazioni nostrane.
piero
In Italia abbiamo bisogno di una legislazione penale semplice ed efficacie, l’autoriciclaggio non sarà semplice ed efficacie, abbiamo due reati commessi dallo stesso autore, i confini sono incerti, avremo in primis un aumento dei fascicoli penali, quando al contrario dobbiamo ridurli, avremo un’aumento della popolazione carceraria, quando al contrario dobbiamo diminuirla. Se si vuole colpire i patrimoni illeciti, dobbiamo applicare le leggi che già esistono, sulla confisca penale, ricordo a tutti che la 159/2011 sulle misure di prevenzione se applicata tutela ampiamente la società.
Per colpire meglio il reato presupposto non occorre aggiungere un’altro reato, basta allungare la prescrizione e vietare i patteggiamenti se non vi è il risarcimento del danno.
AM
Non ho studiato a fondo questa proposta, ma di primo impatto mi pare una forma surretizia per introdurre un inasprimento delle pene e, date le difficoltà di interpretazione. per aumentare ulteriormente la discrezionalità del magistrato. Se un rapinatore anziché utilizzare il frutto della sua rapina per pagarsi una vacanza alle Maldive oppure nascondere il denaro nel materasso opta per investirlo in BTP dati in amministrazione alla banca commetterebbe un ulteriore reato? Se è questo il reato di autoriciclaggio tanto valeva aumentare gli anni di reclusione per la rapina senza bisogno di complicazioni e di riduzione della trasparenza nel processo penale