Lavoce.info

Quel dualismo tra Nord e Sud nel mercato del lavoro

Riuscirà il Jobs Act a migliorare la situazione dell’occupazione nel breve periodo? I dati del mercato del lavoro italiano dopo la crisi evidenziano ancora una volta che il principale problema non è l’articolo 18, ma il dualismo territoriale Nord-Sud. Ed è su questo che bisogna intervenire.
IL DIVARIO NORD-SUD
Il Jobs Act e i provvedimenti sull’articolo 18, pur se importanti strutturalmente in termini di produttività del fattore lavoro, intervengono marginalmente nelle emergenze attuali del mercato del lavoro. Se si analizzano i dati sulla riduzione complessiva degli occupati in Italia dopo la crisi, si può bene comprendere come gli interventi proposti agiscano nel medio e nel lungo periodo, mentre è verosimile aspettarsi risultati limitati nel breve periodo. I dati del mercato del lavoro italiano dopo la crisi economico-finanziaria del 2008 evidenziano ancora una volta quello che ormai da trent’anni è il principale problema: il dualismo territoriale Nord-Sud (e non l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori). Sul totale dei posti di lavoro persi in Italia (tabella 1) con la crisi, circa due su tre, esattamente il 59 per cento, si sono registrato nelle Regioni del Mezzogiorno (circa 583mila posti persi in cinque anni).
david1
david2
DIFFERENZE DI GENERE
È poi interessante osservare come la crisi abbia avuto un impatto sul mercato del lavoro diverso non solo per territorio, ma anche per genere. Se dal 2008 al 2013 l’Italia ha perso circa un milione di posti di lavoro (-984,4 mila), il numero di donne occupate è rimasto di fatto stabile (-0,12 per cento). In sostanza, l’occupazione persa con la crisi ha un genere prevalente: quello maschile. Addirittura, nonostante la crisi, nel Nord-Ovest (+1,15) e nel Centro (+1,10) le donne occupate sono cresciute in questo periodo.
david3
La tendenza è comune per molti paesi europei a livello UE-28, dove negli ultimi cinque anni (2008-2013) si è registrato un calo del 4,4 per cento dell’occupazione maschile (-5 milioni 442mila occupati) e una sostanziale tenuta di quella femminile, diminuita di appena lo 0,4 per cento (-441mila unità).
In Italia, come riportato nel Rapporto Istat 2014, la tenuta è il risultato di più fattori: il contributo delle occupate straniere, aumentate di 359mila unità tra il 2008 e il 2013 a fronte di un calo delle italiane di 370mila unità (-4,3 per cento), la crescita delle occupate con 50 anni e più per l’innalzamento dell’età pensionabile e quella di coloro che si immettono nel mercato del lavoro per sopperire alla disoccupazione del partner.
IL CALO DELL’OCCUPAZIONE NELLE COSTRUZIONI
Per quanto riguarda l’industria in senso stretto (tabella 2), se in Italia gli occupati si sono ridotti del 9,63 per cento, i posti di lavoro persi al Centro (-13,61 per cento) e al Sud (-14,05 per cento) sono in percentuale circa il doppio di quelli nel Nord (-7,24 per cento).
david4
david5
E le stesse proporzioni si registrano nelle costruzioni (tabella 3), con il Nord che riduce gli occupati del 15,74 per cento e il Mezzogiorno di quasi il 32 per cento, con 205mila posti di lavoro persi (un terzo di quelli disponibili del 2008). In sostanza, riducendosi i trasferimenti pubblici e la domanda interna, sono calati nel Mezzogiorno gli investimenti pubblici e privati, e si è bloccata la più grande industria del Sud: l’edilizia. Nel comparto in Sicilia, dal 2008 al 2013, si è perso quasi il 39 per cento dei posti di lavoro, in Campania e in Calabria circa il 35 per cento e in Puglia il 33 per cento.
david6
david7
I DIPENDENTI PUBBLICI
La riduzione dei dipendenti pubblici (tabella 4) nel Mezzogiorno, dal 2008 al 2013, è stata di circa il 15 per cento (87mila posti di lavoro in meno), superiore di cinque punti al dato nazionale (-9,98 per cento). Se pensiamo che nello stesso periodo in Italia se ne sono persi circa 144mila, significa che il 61 per cento di questo risparmio di spesa pubblica dello Stato l’hanno pagato le Regioni meridionali.
david14bis
david15bis
E mentre il Nord in questo periodo aumentava i posti di lavoro in istruzione e sanità (tabella 5) di oltre 62 mila unità, della stessa quantità era la riduzione di occupati nello stesso settore al Sud.
david13bis

Leggi anche:  La tutela del lavoro ai tempi dell’intelligenza artificiale

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  I contratti pirata? Ecco dove si trovano

Precedente

Vendita case popolari: molto rumore per nulla

Successivo

Garanzia giovani, cronaca di un fallimento annunciato

  1. Paolo forin

    Le ultime due tabelle sono fuorvianti, perché non partono dal dato, certo, che l’occupazione pubblica, istruzione compresa, al Sud è da sempre con organici completi e più, bloccando la assunzioni il normale turn-over porta a quelle percentuali, ma è solo il primo è minore degli aggiustamenti che avverano man mano che gli sprechi vengono tagliati.

  2. Anatea

    “La riduzione dei dipendenti pubblici (tabella 4) nel Mezzogiorno, dal 2008 al 2013, è stata di circa il 15 per cento (87mila posti di lavoro in meno), superiore di cinque punti al dato nazionale (-9,98 per cento).” QUESTA E’ UNA BUONA NOTIZIA. Al sud la Pubblica Amministrazione spessissimo è stata utilizzata come fonte di assistenzialismo in mancanza di altri posti di lavoro. In sostanza non si erano create situazioni per altri tipi di lavoro e quindi interveniva lo Stato … questa è storia.

  3. M.S.

    Questo ottimo articolo mostra ciò a cui il titolo allude, e cioè a mio avviso che anche la struttura economica italiana (non solo il mercato del lavoro) resta dualistica: i sistemi economici di nord e sud sono differenti, e interagiscono in un modo che svantaggia quello più debole. Le regioni del Sud, quindi, sommano due problemi: una struttura economica troppo dipendente e sovradimensionata in settori a bassa produttività del lavoro (l’edilizia), e una maggiore esposizione a fattori congiunturali (calo della domanda interna). Quindi gli interventi di politica economica, industriale, ambientale, nel Mezzogiorno non devono essere ordinari, ma straordinari nel senso di strutturali (qualcosa che modifichi nel lungo termine la struttura economica). Siccome da più di trent’anni questo concetto è evaporato, in ossequio all’ortodossia neoclassica – e anche ad un certo riduzionismo neokeynesiano – e alle illusioni che essa coltiva, soprattutto nelle aree più povere, ogni apparente passo avanti comporta due passi indietro durante la crisi. Termini Imerese, Stazione Ferroviaria, circa il 2007-2008:” Non ci preoccupiamo per la chiusura dello stabilimento, abbiamo quest’altra risorsa “. L’uomo che parla ha una cinquantina d’anni, ed indica un palazzo in costruzione o rifacimento in prossimità della stazione. A queste illusioni contribuiscono i ricchi prenditori del Nord Italia, che propagandano l’idea di un Mezzogiorno fatto di porticcioli turistici per le loro barche..

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén