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Silenzio, parla Istat

Un comunicato del ministero del Lavoro nel giorno in cui Istat ha diffuso i dati sulla disoccupazione ha creato non poca confusione sul reale andamento del mercato del lavoro. Invece è indispensabile informare con chiarezza i cittadini, anche attraverso le statistiche. Soprattutto se ufficiali.

DUE COMUNICATI IN UN SOLO GIORNO
Venerdì 28 novembre l’Istat ha pubblicato i dati relativi alle forze di lavoro per il mese di ottobre 2014. Sembra di leggere un bollettino di guerra, come purtroppo accade dall’inizio della crisi. L’occupazione è diminuita di 55mila unità rispetto a settembre e la disoccupazione è aumentata del 2,7 per cento (9,2 per cento rispetto a ottobre 2013). Ovviamente per i giovani (15-24 anni) i dati sono molto più negativi: tra settembre e ottobre l’occupazione scende dell’1,7 per cento (-2,3 per cento rispetto a un anno fa) e la disoccupazione sale dello 0,6 per cento (+5,6 per cento rispetto a un anno fa).
Esattamente lo stesso giorno, anche il ministero del Lavoro ha emesso un comunicato stampa nel quale, sulla base di dati di natura completamente diversa (le comunicazioni obbligatorie sugli avviamenti e sulle cessazioni dei rapporti di lavoro dipendente e parasubordinato), dichiara che nel corso degli ultimi dodici mesi (ottobre 2013-ottobre 2014) sono stati creati circa 2 milioni e mezzo di nuovi posti di lavoro (2 milioni e 474 mila), di cui 400mila a tempo indeterminato. Si tratta, come dice il comunicato stesso, di una “prima indicazione che emerge da un’anticipazione dei dati forniti dal sistema informativo […]”, ovvero di dati non definitivi e non confermati. Sarò malizioso, ma lo vedo già il povero ricercatore addetto a estrarre i dati dal sistema informativo messo sotto pressione dal dirigente di turno per far saltar fuori qualche numero positivo il giorno stesso del comunicato stampa dell’Istat. C’era davvero bisogno di pubblicare dati provvisori proprio in quel giorno, confondendo le idee ai media e al pubblico meno avvezzo a districarsi tra le statistiche? Per esempio, il comunicato dice anche che a fronte dei 2 milioni e 474 mila nuovi contratti ci sono stati 2 milioni e 415 mila cessazioni di contratti, quindi con un leggero saldo positivo (sarà confermato nei dati definitivi?). Tuttavia, mentre si afferma che, tra i nuovi contratti, 400mila sono stati a tempo indeterminato, nulla si dice su quanti siano quelli di questo tipo tra le cessazioni. Il ministero conclude poi sostenendo che “questi dati […] confermano che il cosiddetto decreto Poletti […] ha prodotto l’esito che era auspicabile, cioè un incremento dei contratti a tempo indeterminato […]”. Tralasciamo il fatto che il comunicato stampa non riporta quale sia stata la variazione netta dei contratti a tempo indeterminato e che, tra l’altro, il decreto Poletti è entrato in vigore a fine marzo, la domanda è un’altra: la norma non riguardava i contratti a tempo determinato e facilitava il loro rinnovo ripetuto? Dunque, c’era da aspettarsi piuttosto un aumento degli avviamenti di contratti a tempo determinato come effetto della nuova normativa. Bene che siano aumentati i contratti a tempo indeterminato, ma pare davvero difficile attribuirne il merito al decreto Poletti. Il comunicato si chiude dando appuntamento al 4 dicembre per i dati definitivi: “I dati completi delle comunicazioni obbligatorie relativi al 3° trimestre 2014 saranno diffusi con la Nota trimestrale mercoledì 4 dicembre”.
È vero che non si dovrebbe pensar male, ma sembra davvero che il comunicato sia stato emesso per bilanciare quello dell’Istat (e magari astutamente togliergli spazio mediatico). Che l’intenzione fosse questa oppure no, resta grave il fatto che si siano confuse le acque. Si rischia ancora una volta di minare la credibilità dell’informazione statistica, soprattutto di quella ufficiale dell’Istat, in un momento in cui il paese ha un disperato bisogno di chiarezza, anche statistica, per informare il dibattito pubblico. Il ministro Poletti ha l’età giusta per ricordarsi di un efficace spot pubblicitario anni Ottanta che, parafrasando, potremmo riadattare come “silenzio, parla Istat”.

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10 commenti

  1. Roberto

    Molto interessante questo articolo che svela quale dei 2 comunicati sia più credibile.
    Venerdì infatti ero rimasto parecchio sorpreso nel leggere 2 comunicati sull’occupazione italiana in antitesi tra di loro.
    E’ incredibile come il governo faccia di tutto per camuffare i dati negativi pur di mantenere quella falsa aurea positiva sul suo operato.
    Tutto questo a danno dell’informazione e dei cittadini, già scarsamente competenti in materie economiche.

    • Giovanni Teofilatto

      I campionati di sezione algebrica sono funtori di gruppo. In altre parole il gruppo statistico è rilevante per il determinato ma non per il continuo statistico che risulta finito in classi di omogeineità implicite: autocorrelazione.

  2. Mario Rossi

    Il detto dice che le bugie hanno sempre le gambe corte. Questa massima è di una realtà quasi disarmante come verrà disarmato alla svelta anche questo governo e nemmeno tanto per colpa di Renzi che si è oramai arenato ma per un sistema di potere che punta a non cedere di 1 mm. Sapete cosa avverrà? i soldi non basteranno mai, le tasse aumenteranno soprattutto sui beni come l’IVA che arriverà forse anche al 30% e andremo avanti così ancora per qualche anno. Lo sapete perchè non facciamo la fine della Grecia? perchè ancora gli italiani hanno un mucchio di soldi spesso frutto dell’appartenenza al sistema di potere con clientele e imboscamenti vari tanto che stiamo spendendo tutto lo stipendio e sempre qualcosina in più. Il problema sarà di colui al quale verrà lasciato il cerino in mano e cioè si troverà a gestire la situazione quando per davvero di soldi non ce ne saranno più. Quel giorno spero di essermene andato dall’Italia e mi godrò lo spettacolo da qualche canale satellitare!

  3. bob

    la statistica è una formidabile arma di potere, ancor più potente in un Paese culturalmente sottosviluppato come il nostro- Il detto di Totò sul mezzo pollo si ntetizza alla perfezione cosa voglio dire. E’ volato un asino fa alzare lo sguardo al cielo ai creduloni, del resto!

  4. Troppo buono. Il ministero Poletti si sta segnalando al mondo soprattutto per la sua inconsistenza. E le sue dichiarazioni, comunicati e interventi pubblici finiscono, se possibile, per peggiorare ulteriormente le cose. Autorevolezza e credibilita’ pari a zero. Non e’ di questo che abbiamo bisogno.

  5. Giuseppe

    Con questo Governo e con Renzi stesso ci siamo ormai abituati all’improvvisazione e al pressapochismo, a discapito del merito e della competenza solo a parole mediaticamente evocati. Nulla di nuovo sotto il sole, quindi, con la guida a sussulti del neo-patentato Poletti …

  6. L’abilità a camuffare o a fornire un’idea falsa della realtà purtroppo è un abitudine che questo governo ha saputo esercitare con l’accondiscendenza dei media. Se si fanno dichiarazioni inesatte il giornalista informato pone domande, fa repliche, in un paese dove l’informazione sia in mano a professionisti. Credo che dovremmo porci qualche domanda anche sulla incapacità dei mezzi di comunicazione di replicare in maniera competente. I lettori di questa testata non bastano a replicare agli interessi di “regime”.

  7. Dario Maggi

    Tuttavia nelle notizie via radio e stampa si diceva anche (non so se da fonte ISTAT o governativa) che l’aumento degli inoccupati poteva essere causato da un incremento nelle iscrizioni agli uffici di collocamento. L’articolo non parla di questo. Cosa ne pensa l’autore?

    • Luca

      Non sono l’autore ma rispondo lo stesso: il mito dell’aumento degli iscritti alle liste di occupazione come segno di ripresa economica recita che gli inattivi – rincuorati da un tangibile incremento delle attività produttive – decidano di reiscriversi alle liste di occupazione. Questo non mi sembra proprio il caso dell’Italia odierna. Io attenderei dati certi.

  8. Confucus

    Ricordo un fatto successo qualche anno fa. Lo stesso ISTAT informò in due comunicati emessi alla distanza di un giorno che la disoccupazione era aumentata e che la disoccupazione era diminuita. Spiegazione dell’arcano? Il primo dato dipendeva dalla diminuzione delle ore lavorate, il secondo dal fatto che le ridotte ore lavorate erano state lavorate da un numero maggiore di individui (incremento dei contratti part-time?). I dati vengono lanciati sui media senza specificare la definizione della grandezza misurata e senza specificare la metodologia di calcolo. E’ vero, alla gente non piace la matematica e le spiegazioni sono noiose, ma il solo titolo gridato può essere fuorviante ed alimentare la disinformazione

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