La Grecia è nuovamente l’epicentro della crisi europea. Un compromesso tra le richieste di Tsipras e le esigenze degli altri paesi Ue sarebbe possibile e auspicabile, ma l’accordo non è scontato. Nel frattempo i mercati restano calmi. Grazie soprattutto alle mosse della Bce.
LE INCERTE RICHIESTE DI TSIPRAS SUL DEBITO
La Grecia è nuovamente l’epicentro di una crisi nell’Unione Europea. Il governo di Alexis Tsipras si rifiuta di proseguire l’attuazione degli impegni che i suoi predecessori avevano preso con la Troika formata dalla Banca centrale europea, Fondo monetario internazionale e dalla Commissione UE: ha annunciato il blocco dei programmi di liberalizzazione e privatizzazione, l’aumento delle pensioni e dei salari minimi, l’abbandono delle politiche di ristrutturazione del settore pubblico e, soprattutto, la volontà di rinegoziare il debito pubblico greco.
Sul tema centrale della rinegoziazione del debito, la posizione del governo greco oscilla dal rinegoziarne l’entità al rivederne i tempi del pagamento. L’unico elemento di chiarezza finora è che Tsipras si è impegnato a ripagare interamente il debito detenuto dalla Bce e dall’Fmi, nonché ai creditori privati, cosicché i soli creditori con cui la Grecia vuole rinegoziare il debito sono i governi dell’Eurozona e il fondo anti-crisi che hanno creato nel 2010, cioè l’European Financial Stability Facility: a questi la Grecia complessivamente deve quasi 195 miliardi di euro, circa il 62 per cento del debito totale. In particolare, all’Efsf deve 141,8 miliardi, cioè all’incirca il 45 per cento del totale.
Non c’è molto spazio per allungare le scadenze del debito verso l’Efsf, che sono già molto lunghe: il primo pagamento sarà dovuto nel 2023 e gli interessi sulla maggior parte dei prestiti sono dilazionati al futuro; la scadenza media dei prestiti è di oltre 32 anni, con un tasso medio dell’1,5 per cento, che è quanto pagherebbe un paese con un ottimo rating (AAA). Quindi non si vede come la Grecia possa beneficiare di un’ulteriore dilazione. Ma anche rinegoziare l’entità del debito avrebbe un impatto trascurabile sugli interessi che la Grecia dovrà pagare nei prossimi otto anni.
Certamente, se il governo di Tsipras vorrà mantenere le sue numerose promesse elettorali, il debito pubblico greco dovrà crescere oltre i limiti previsti dagli accordi con la Troika. Ma nell’immediato lo Stato greco ha esigenze di liquidità pressanti, per esempio per poter pagare le pensioni, e quindi ha appena chiesto un prestito-ponte per farvi fronte, in attesa di presentare un piano di rinegoziazione del debito ai governi della UE.
L’INTRANSIGENZA DEI GOVERNI DELL’EUROZONA
Per il momento, le richieste di una rinegoziazione del debito così come quelle di un prestito-ponte sono cadute nel vuoto. Da parte dei governi della UE, e soprattutto da quello tedesco, c’è stato finora un atteggiamento negoziale duro, come si è visto nell’incontro del 5 febbraio tra il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble e quello greco Yanis Varoufakis. E il 6 febbraio anche la possibilità di un prestito-ponte è stata esclusa da Jeroen Dijsselbloem, capo dell’Eurogruppo. C’è da aspettarsi che l’atteggiamento intransigente persista: concedere ulteriori sconti alla Grecia per consentirle un allentamento della politica fiscale dopo due ristrutturazioni del debito sarebbe non solo difficile da far digerire all’elettorato dei maggiori paesi dell’Eurozona (specie quello tedesco), ma rischia di aprire le porte a operazioni analoghe in Portogallo, in Spagna e in Italia. Un rischio particolarmente elevato, considerato il successo di Podemos in Spagna e il peso della Lega e del Movimento 5 Stelle in Italia, entrambi favorevoli a questo tipo di operazioni.
RISCHI DELLA RISTRUTTURAZIONE DEL DEBITO…
Anche i mercati finanziari potrebbero interpretare una ristrutturazione del debito greco come un segnale che operazioni analoghe possano aver luogo anche in altri paesi della “periferia Sud” dell’Eurozona. Queste aspettative metterebbero nuovamente sotto pressione i tassi di interesse di questi paesi. E visto che una rinegoziazione del debito pubblico spagnolo, italiano e portoghese sarebbe inaccettabile per i paesi del “centro” dell’Eurozona, in primis per la Germania, i mercati comincerebbero a valutare nuovamente probabile un crollo dell’euro. Tutto ciò ci riporterebbe indietro al 2010-11, cioè a spread molto elevati sui titoli della “periferia Sud”, con effetti disastrosi non solo per le finanze pubbliche di questi Stati, ma anche per la debole ripresa che si sta appena manifestando.
… E RISCHI DELLA MANCATA RISTRUTTURAZIONE
D’altronde, va riconosciuto che anche la mancata rinegoziazione del debito greco ha i suoi rischi: se dovesse causare l’uscita della Grecia dall’Eurozona, ciò potrebbe innescare l’aspettativa che altri paesi possano seguire lo stesso sentiero, il che non è inverosimile considerate le spinte ostili all’euro emerse in vari paesi. Anche questo pericolo di contagio potrebbe portare a un aumento degli spread sui titoli di Stato della “periferia Sud”.
Inoltre, c’è un considerevole rischio geopolitico: l’uscita della Grecia dall’Eurozona potrebbe spingerla a un’alleanza con la Russia, cosa che comprensibilmente preoccupa molto le cancellerie occidentali, in primo luogo l’amministrazione Usa. Non è un caso che Barack Obama abbia appena invitato i paesi dell’Eurozona a un atteggiamento negoziale conciliante con la Grecia.
In conclusione, i rischi non mancano, quale che sia l’esito della negoziazione. Il rischio maggiore è che una delle due parti possa sopravvalutare il proprio potere negoziale e forzare la mano, conducendo a una rottura delle trattative e alla fuoriuscita della Grecia dall’euro, nonostante la maggioranza dei greci sia favorevole alla moneta unica. L’esito più probabile, e tutto sommato più augurabile, è che vi sia qualche piccola concessione, per consentire a Tsipras di dire al proprio elettorato di aver mantenuto almeno in parte le promesse elettorali, e al tempo stesso abbastanza piccola da non generare eccessivo allarme nell’elettorato tedesco e nei mercati, né corse all’imitazione del governo di Tsipras nella periferia Sud dell’eurozona. Ma non è chiaro se le parti avranno la capacità di raggiungere un compromesso di questo tipo.
LA SORPRENDENTE CALMA DEI MERCATI
In questo quadro di enormi rischi, la cosa che potrebbe apparire più sorprendente è la calma dei mercati. Come mai non sono terrorizzati dal rischio di contagio dalla Grecia al resto della “periferia Sud” come nel 2010 e nel 2011? Allora, il rischio era così forte da spingere i governi della UE, insieme con la Bce e l’Fmi, a varare ben due massicci di piani di salvataggio, uno di 110 miliardi di euro nel 2010 e uno successivo di 130 miliardi nel 2012.
Il rischio di contagio è per ora tenuto sotto controllo da due circostanze: attualmente l’esposizione delle banche degli altri paesi UE verso lo Stato greco è trascurabile, ben minore che nel 2010; e, soprattutto, la Bce sta per varare un massiccio programma di Quantitative easing in funzione anti-deflattiva, che comporterà tra l’altro acquisti massicci di debito pubblico della periferia Sud.
LA MOSSA DELLA BCE
Ciò ci porta al ruolo che la Bce gioca in questa complessa partita. È un ruolo molto delicato, perché la Banca centrale si trova a dover contemperare il suo ruolo di “prestatore di ultima istanza” alle banche greche con la necessità di evitare che il governo greco usi il sistema bancario del paese per finanziare le casse esauste dello Stato, spingendole a impiegare liquidità in buoni del tesoro di nuova emissione.
La Bce è riuscita finora a contemperare le due esigenze in modo magistrale: il 4 febbraio ha chiarito che le banche greche non potranno usare titoli pubblici greci come garanzia per poter prendere a prestito liquidità dalla Bce, cosa che finora era stata consentita eccezionalmente, sebbene il debito greco sia considerato molto rischioso (junk-rated) dalle società di rating. Quindi le banche greche accedono alla liquidità della Bce solo se possono dare a garanzia titoli di buona qualità, il che le scoraggia ovviamente dal cedere alle probabili richieste del loro governo di sottoscrivere titoli pubblici greci. Al tempo stesso, però, la Bce ha lasciato aperta la linea di credito di emergenza (Emergency Liquidity Assistance) grazie alla quale le banche greche possono – entro certi limiti – ottenere liquidità dalla Banca centrale greca.
In tal modo, la Bce sta cercando di evitare che si verifichi una “corsa agli sportelli” da parte dei depositanti greci (pericolo reale, perché le banche greche hanno già perso circa 15 miliardi di depositi nei due mesi prima delle elezioni), ma al contempo cerca di evitare di contribuire alla monetizzazione del debito pubblico greco, il che sarebbe contrario al suo statuto. Per il momento la strategia ha funzionato. Con la sua mossa, la Bce è riuscita anche a “sfilarsi” nei limiti del possibile, cioè a segnalare ai governi dell’Eurozona che la palla è nel loro campo e che tocca a loro raggiungere un accordo.
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Giovanni Teofilatto
La resistenza del profitto è condizione di uomo e i debiti vanno pagati in fraterna amicizia del prossimo. In altre parole il prodotto interno lordo è una garanzia di produzione futura di merci in individualità equivalenti in bisogni assistiti è il benessere economico solidale.
Maurizio Cocucci
Ottimo articolo che illustra la situazione generale con i vari rischi che si possono presentare. Personalmente non credo che la Grecia otterrà quanto richiesto, semmai verrà concessa qualche dilazione di pagamento e questo per i motivi che sono stati esposti chiaramente nell’articolo. Mi trova anche concorde perché sull’operato dei governi greci ci sarebbe molto da dire, a cominciare dall’elevato livello di evasione fiscale, a quello della corruzione, alla pessima spesa pubblica. Capisco che osservare i molti cittadini greci indigenti e i dati sugli effetti della denutrizione e delle malattie sui bambini è un pugno allo stomaco ma la Troika non ha nulla a che vedere con questo. La Troika ha chiesto di ridurre capitolo per capitolo spese che erano oggettivamente insostenibili, non ha certo impedito al governo greco di effettuare una seria lotta all’evasione fiscale. Non ha impedito al governo greco di tagliare le spese militari per trasferire il corrispettivo sulla sanità. Dai dati della Banca Mondiale risulta che recentemente la Grecia didichi circa il 4% del PIL in spese militari, non era o sarebbe possibile una loro riduzione? Tsipras ha annunciato un programma che non può pagare con soldi propri e quindi necessita di aiuti esterni, però allo stesso tempo afferma che non vuole ripagare tutto quanto ha ricevuto il suo Paese. Non credo che questa richiesta sia accettabile, e non solo da tedeschi, olandesi, finlandesi o altri del nord Europa, ma anche da noi italiani.
Cristian Zampaglione
Le politiche della Troika sono una catastrofe. Non solo hanno peggiorato la situazione sociale, ma hanno peggiorato anche quella finanziaria. La sua ideologia di tagli al welfare, pensioni e salari è delirio puro e criminale. I risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Maurizio Cocucci
E chi ha mai parlato di tagli al welfare (che non c’è – almeno da noi), alle pensioni (se conseguite con il sistema contributivo) e salari, salari che ho sempre sostenuto essere bassi e che devono quindi aumentare se si vuole incrementare la domanda? Temo che mi confonda con altri, io parlo di una spesa pubblica ottimizzata eliminando spese ed investimenti inutili se non peggio, i cui esempi li abbiamo quotidianamente. Se ne avessimo la medesima moralità potrei anche condividere un sistema come quello scandinavo.
Mario Rossi
A me pare che le cose non cambiano in alcun modo nè in grecia nè altrove. Non cambia perchè il problema non è dei politici della classe dirigente o cosa altro, il problema è della gente del sud europa della sua cultura da cicala. Nella vita si può fare tutto ma facendolo in pace con sè stessi e soprattutto con gli altri. Non si può vivere nel lusso senza fare niente e pretendere pure che qualcuno lavori per mantenerti. Anche Tsipras da buon comunista adotta la filosofia del caro compagno: “te lavora che io magno!!!!!!”
Jack
Credo che le spinte anti europeiste, citate nell’articolo, si possano sciogliere come neve al sole nel caso di una fuoriuscita della Grecia dall’euro. Quando l’opinione pubblica dei paesi considerati si renderà conto del tracollo economico e sociale a cui verrà esposto un paese fuori dall’euro, prenderà coscienza dei benefici del sistema economico finanziario europeo che protegge paesi vulnerabili come il nostro è credo, addirittura, sarebbe più cosciente della necessità misure drastiche per il rientro del debito.
Sarebbe interessante leggere qualche analisi più approfondita sullo scenario ‘Grecia out’.
Massimo Matteoli
Purtroppo dubito che il buon senso sarà la bussola che guiderà i sacerdoti dell’austerity di Berlino.
Perché il problema non è la Grecia, ma Italia, Spagna e – soprattutto – Francia. Anche un cretino sa che uccidendo un debitore l’unica cosa certa è che non sarà più in grado di pagare i suoi creditori.
Chi vuole spezzare le reni alla Grecia non si preoccupa di recuperare i propri crediti, ma di impedire la svolta nella politica europea che ne deriverebbe. Per questo è disposto a correre rischi ben più gravi di quelli economici, senza capire che senza questa svolta il prossimo problema non sarà Tsipras ad Atene ma la Le Pen all’Eliseo ed a capo della Force de Frappe.
marcello
Se partissimo dalla fine della storia, cioè dalla proposta greca di ristrutturazione del debito attraverso GDP-Linked Bond? L’esperienza più recente, di una forma d bond in uso dagi anni 70, è quella dell’Argentina che, dopo il default del 2001, nel 2005 ha emesso bond a 30 anni che dal 2015 pagano il 5% se la crescita è di almeno il 3%. I bond hanno funzionato benissimo e consentito all’Argentina una ripresa economica, fino alla sentenza del tribunale di New York che ha dichiarato illegittima la ristrutturazione del debito. Inoltre un paper del 2006 del FMI (How to Evaluate GDP-Linked Warrants: Price and Repayment Capacity) definisce in modo semplice le condizioni di operatività del bond. L’adozione di una simile soluzione risolverebbe il problema del pagamento degli interessi sul debito della Grecia e non solo. Infine vorrei segnalare che i due bailout imposti dalla Germania alla Grecia e il conseguente trasferimento del debito greco ha ragioni meno nobili di quelle enunciate dagli ordolibelisti: In seguito all’inesistente dinamica salariale e agli scarsi investimenti interni, i profitti realizzatti grazie ai surplus commerciali dai tedeschi si sono orientati all’estero. Gli investimenti sono stati così maldestri (es immobilaire spagna) tanto da generare perdite per 600 mld nel 2006-2012 (22% del PIL). La BB ha speso 250 mld per slavare le casse di rispamio e avrebbe avuto difficoltà a rifinaziare banche esposte x molte decine di miliardi e con leve oltre 40, come DB.
Maurizio Cocucci
C’è molta disinformazione in merito ai salvataggi effettuati (non solo la Grecia) attraverso i fondi salvastati. Quando scoppiò la crisi si rese necessario evitare il tracollo del sistema bancario di un intero Paese e considerati gli importi non fu possibile intervenire con aiuti bilateriali, che comunque vi furono lo stesso e nel caso della Grecia la Germania è intervenuta il tal senso. Una prima proposta fu quella di emettere Eurobond, strumenti che però sono incostituzionali per la Germania, nella cui Costituzione (o Legge Fondamentale – in tedesco Grundgesetz) è previsto che ogni singolo euro che il governo spende deve prima essere approvato dal parlamento, ovvero dal Bundestag. Gli Eurobond non soddisfano questa condizione e quindi la Germania deve prima cambiare la sua Legge Fondamentale per dare un suo benestare a questo strumento. Il fondo salvastati invece dal punto di vista formale assolve questa condizione perché prevede un importo prefissato, a prescindere che sia da versare o solo sottoscritto. Nel caso ad esempio dell’European Stability Mechanism la cancelliera Merkel si presentò al Bundestag ad ottenere l’autorizzazione ad impegnare la Germania per i circa 190 miliardi di loro competenza e ottenendolo ha dato il via libera alla partecipazione, il tutto nel rispetto quindi della Legge Fondamentale. Altre soluzioni non ve ne sono a meno di cambiare le regole comunitarie (v.monetizzazione deficit da parte della BCE) o accettare ulteriori default parziali.
paolo serra
Mi sfugge un particolare, mi pare che il debito greco che scade nel 2015 sia pressocchè tutto verso il FMI ma leggo di trattattive solo con UE e BCE, non è che tentano di ottenere un subentro?
Maurizio Cocucci
Credo che Lei si riferisca alle due tranche che la Grecia dovrebbe rimborsare entro il 20 luglio per 3,5 mld e 3,2 mld entro il 20 agosto prossimi, ma sono verso la BCE.
marcello
Come ora sappiamo il prendere o fallire imposto alla Grecia non solo si è rivelato pareto inefficiente, ma ha fornito soluzioni sicuramente peggiori di quelle realizzabili con un accordo negoziato dal FMI, piuttosto che il diktat dalle organizzazioni politiche comunitarie La proposta di utilizzare dei derivati (swap) per ristrutturare il debito greco non è nuova ed è già stata utilizzata molte volte dagli anni 70, con la benedizione del FMI. La proposta del ministro dell’economia Yanis Varoufakis di emettere GDP-Linked Bond ripercorre quanto già fatto da Messico, Nigeria, Bulgaria, Bosnia-Herzegovina, Costa Rica, Singapore e ancora nel 2005 dall’Argentina, Le condizioni di operatività e i potenziai rischi di una simile soluzione sono ampiamente discussi in letteratura (Krugman 1988, Shiller 1993, Athanasoulis-Shiller 2001) e comunque ritenuti gestibili con successo se accompagnati da un efficiente design (Borensztein-Mauro 2002, Tabova 2005 e Miyajima 2006). Ricordo infine che lo spread remunera il premio al rischio, che nel caso del debito sovrano ha a che fare con il rischio paese, che per la Grecia era di circa il 10% sulla parità, quindi i tedeschi si sono comportati da veri e propri free rider, di cui l’UE ha pagato la cavalcata senza rischio.
Piero
Che sia un problema solo politico, non vi è ombra di dubbio, per una volta Draghi e’ innocente; finalmente tutti i nodi vengono al pettine, si dovrà capire cosa è l’Unione europea, e’ l’impero tedesco o una vera Unione, qui Renzi dovrà scegliere mettersi dalla parte dell’imperatore o creare veramente un’unione europea, se alla fine la Germania vuole starne fuori, bene, si tengano il bottino che ci hanno ” rubato” con l’euro, i paesi meridionali si sfileranno il cappio dal collo, creando un’altra area valutaria e si riprenderanno tutti i soldi che vi sono stati rubati con la svalutazione dell’euro2.
Non vedo altra via d’uscita se la ?Germania non accetta le giuste richieste della Grecia.
Renzi non deve sbagliare questa mossa politica, in difetto verrà cancellato come i precedenti governi greci, oramai l’andata anti euro e’ talmente forte in Europa che travolgerà tutti i governi.
Maurizio Cocucci
“L’ondata anti euro è talmente forte” che Syriza, i suoi elettori ed in primis il suo leader, nonché premier della Grecia, non chiedono nemmeno lontanamente l’uscita dalla moneta unica. In Italia le elezioni europee hanno affermato l’esatto contrario e a quanto risulta la raccolta di firme proposta dal Movimento 5 Stelle non registra un afflusso così intenso come dovrebbe. Diciamo che ci sono molte cose da migliorare, che non funzionano in Europa, ma da qui a dire che occorre tornare alle valute nazionali ce ne corre. Nel caso di un ritorno alla lira il problema non sarebbe tanto il debito consolidato che (forse) verrebbe convertito, quanto il fatto di non riuscire più a collocare titoli alle attuali condizioni. Per un investitore italiano perché acquistare ad esempio un BTP quando scegliendo un bond straniero può guadagnare sull’effetto cambio post-svalutazione della lira? E per uno straniero perché acquistare il medesimo BTP ai prezzi attuali quando perderebbe il controvalore della svalutazione? Morale, per collocare titoli di Stato saremmo costretti ad aumentare, e di molto, le cedole attuali con conseguenze quindi sul livello del debito, che per carità si può onorare stampando moneta ma a livelli che farebbe crescere l’inflazione a livelli molto alti penalizzando chi non può difendersi, ovvero i redditi da lavoro dipendente e di fascia inferiore.
Piero
I suicidi per motivi economici, la miseria, la fame, la disoccupazione, non è colpa della Troika, ma dei governi che sono dei soldati al servizio dell’imperatore, il problema è solo politico, i paesi meridionali sono sotto ricatto dai paesi nordici, sono uniti al carro dell’euro dalla paura, non sanno cosa succede se escono; il primo paese che uscirà farà crollare l’intera impalcatura.
Si può uscire tranquillamente, lo stato e’ sovrano, si trasforma il debito statale con la nuova valuta, e’ legalmente possibile e non succederà nulla.
I nostri politici non hanno questo coraggio, per questo motivo devono sfruttare la Grecia, loro faranno il primo passo.