Con la crisi nascono meno imprese. E si è ridotto anche il numero di quelle che riescono a sopravvivere sul mercato e a strutturarsi. Il difficile passaggio da micro-imprese a Pmi e il ruolo fondamentale dei finanziamenti bancari. Le misure di aiuto all’imprenditoria hanno avuto successo.
QUANTE SONO LE VERE START-UP?
La crisi ha colpito in maniera significativa la natalità delle imprese italiane: nonostante il successo delle misure di sostegno all’imprenditoria, è calato il numero di nascite e, tra le nate, si è ridotta la quota di quelle che riescono a sopravvivere sul mercato, a strutturarsi e a crescere.
Dal 2008, anno in cui l’economia italiana è entrata in recessione, è costantemente diminuito il numero di iscrizioni alle camere di commercio, fenomeno coinciso con una maggiore diffusione delle forme giuridiche più complesse: nel 2013 sono più di un quarto le start-up che hanno scelto la forma di società di capitale, in crescita rispetto al 22 per cento di dieci anni prima.
Non sempre a un’iscrizione corrisponde una nuova impresa: in molti casi (come fusioni, scissioni e acquisizioni), si iscrivono aziende di fatto già operative sul mercato. Cerved ha sviluppato una metodologia che permette di distinguere le ‘vere’ start-up, escludendo quindi tutte quelle società più volte iscritte o che presentano bilanci precedenti la data di iscrizione. In base a questa metodologia, sono circa 72mila le ‘vere’ società di capitali nate nel 2013, circa il 75 per cento delle 96mila iscritte nell’anno e in forte aumento rispetto al 2012 (+11,8 per cento). A trascinare l’incremento è stato il successo delle misure di aiuto all’imprenditoria, in particolare la creazione delle srl semplificate: hanno scelto questa nuova forma giuridica 16mila imprenditori nel 2013 e quasi 14mila nei soli primi sei mesi del 2014, circa un terzo del totale delle nate. Nonostante il contributo della nuova forma giuridica, il livello delle nascite rimane ben al di sotto di quanto osservato nel 2007, in cui si contavano 81mila ‘vere’ nuove imprese.
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PIÙ PICCOLE E CON PIÙ DIFFICOLTÀ
Oltre a essere meno, le start-up tendono a essere più piccole: il fenomeno, in atto dall’inizio della crisi, si è rafforzato con il successo delle srl a capitale ridotto. Nel 2013 sono solamente 26mila le nuove società con capitale versato superiore a 5mila euro, il 36 per cento del totale delle iscritte, un crollo rispetto alle 59mila del 2007 (73 per cento delle iscritte). Sono invece 38mila le start-up con meno di 5mila euro di capitale versato, in forte aumento rispetto alle 14mila osservate prima della crisi.
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La riduzione della scala potenziale, misurata tramite il capitale sociale versato, è stata accompagnata da una maggiore difficoltà a insediarsi sul mercato: se si considera un periodo di tre anni dall’iscrizione dell’impresa, la percentuale di start-up effettivamente attive è in costante calo dal 2007. Nel 2012 meno della metà delle start-up nate nel 2009 (48,3 per cento) ha prodotto ricavi senza aver aperto alcuna procedura concorsuale, mentre nel 2004 la percentuale sfiorava il 58 per cento (tra le nate nel 2001). In termini assoluti, dopo il picco toccato nel 2010, in cui si registravano 43mila start-up attive (nate nel 2007), il numero di società sopravvissute è crollato, toccando quota 34mila nel 2012.
La difficile congiuntura ha anche avuto effetti molto negativi sul numero di start-up che in breve tempo riescono a crescere e a superare le soglie che separano le microimprese dalle Pmi (almeno 10 addetti e 2 milioni di euro di fatturato). Dopo il picco del 2009, in cui quasi 5mila start-up nate nel 2006 erano diventate piccole e medie aziende (6,3 per cento di tutte le nascite del 2006), nel 2012 il numero si è ridotto a 3.544 (5 per cento rispetto a tutte le start-up nate nel 2009).
L’IMPORTANZA DELLE BANCHE
Per le start-up, un importante fattore che favorisce una rapida crescita è rappresentato dalla presenza di finanziamenti bancari. Le statistiche dicono che l’11,2 per cento delle imprese nate con finanziamenti bancari superiori a 20mila euro
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raggiunge la dimensione di Pmi nei tre anni successivi l’iscrizione; percentuale che scende al 5 per cento nel caso di piccoli prestiti (fino a 20mila euro) o in assenza di finanziamenti.
Diventa quindi un fattore determinante della limitata crescita delle start-up il cambiamento nel tempo del sostegno bancario ai nuovi progetti imprenditoriali: il numero di società neonate che registrano nel primo bilancio debiti o oneri finanziari si è fortemente ridotto dopo il 2007. Nel 2012 solamente 5mila nuove imprese hanno iniziato la loro attività con un prestito bancario, quasi il 50 per cento in meno del dato del 2007; se si osserva quante hanno ottenuto finanziamenti oltre 20mila euro, la differenza è ancora più marcata: si passa dalle 5.755 del 2007 alle 2.470 del 2012 (-57 per cento).
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