Le recenti vicende greche e alcune decisioni della Bce hanno riacceso i dubbi sul futuro dell’euro, ma anche sull’esistenza di un’unica banca centrale in Europa. I governi europei sapranno arginare le spinte nazionalistiche e ridare vigore alla costruzione europea?
LA BCE E LA GRECIA
Quando nel gennaio del 1999 venne introdotto l’euro, milioni di cittadini europei pensarono di avere conquistato per sempre un’unica moneta, un’unica banca centrale e un’unica politica monetaria.
Dieci anni dopo, la crisi del debito sovrano mise in discussione per la prima volta queste certezze, mostrando tutte le debolezze della costruzione europea. Il famoso intervento di Mario Draghi, “whatever it takes”, rassicurò, almeno temporaneamente, i mercati e gli operatori. Tuttavia, le recenti vicende greche e alcune decisioni della Bce hanno riacceso i dubbi non solo sul futuro dell’euro, ma anche sull’esistenza di un’unica politica monetaria e di una unica banca centrale in Europa.
Il 4 febbraio scorso, il Consiglio della Bce, in risposta alle prime dichiarazioni del nuovo esecutivo greco di voler mettere in discussione il piano di austerità negoziato dai precedenti governi, stabiliva che non avrebbe più accettato titoli di Stato greci quale collaterale nelle operazioni di rifinanziamento del sistema bancario e, di conseguenza, non li avrebbe inclusi nel programma ampliato di acquisti, il cosiddetto Qe.
Per evitare il collasso del sistema bancario greco, che ogni giorno assiste a una costante fuga dai depositi, la Bce concedeva alle banche elleniche di rifinanziarsi in maniera temporanea, per quantità limitate e a un costo più elevato, presso la Banca centrale greca, attraverso una linea di credito di emergenza (Ela – Emergency Liquidity Operation). Alcuni commentatori hanno sostenuto che la Bce abbia agito in maniera strategica, al fine di costringere il governo greco a raggiungere un accordo in tempi brevi con gli organismi comunitari, tuttavia di fatto ha reso inoperanti i principali strumenti di politica monetaria in un paese dell’Eurozona.
LE RIVENDICAZIONI DELLE BANCHE CENTRALI NAZIONALI
Passando al tema dell’unicità della Banca centrale europea, è evidente come sia stata di fatto messa in discussione non solo dalle decisioni nei confronti della Grecia, ma anche dal cosiddetto “compromesso” sul Quantitative easing.
Il 22 gennaio, infatti, il consiglio della Bce, al fine di ridurre il grado di condivisone del rischio di default tra gli Stati membri, ha delegato alle banche centrali nazionali il compito di acquistare l’80 per cento dei titoli pubblici e privati previsto dal Qe.
La conseguenza è che ogni singola banca centrale dell’Eurozona comprerà i “propri” titoli di Stato: il governatore Ignazio Visco ha recentemente dichiarato al convegno annuale del Forex, che la Banca d’Italia acquisterà 130 miliardi di Btp, praticamente la totalità della quota che si stima sia stata allocata ai nostri titoli di Stato nell’ambito del Qe. Così, nei prossimi mesi i bilanci della Banca d’Italia, della Banca di Francia e delle altre cominceranno a crescere in maniera più che proporzionale rispetto a quello della Bce, gonfiati dagli acquisti dei rispettivi titoli di Stato.
Già oggi, i governatori di molte banche centrali nazionali hanno preso l’abitudine di commentare criticamente, spesso con arroganza, le decisioni del consiglio della Bce a cui avevano pocanzi partecipato, comportamento inaccettabile in qualsiasi organizzazione privata e tanto meno in una pubblica. In altre parole, i banchieri centrali nazionali, incoraggiati dai loro governi e forse anche dall’opinione pubblica, sembrano essersi stufati del ruolo “operativo” in cui la Bce li ha relegati e rivendicano a pieno titolo le prerogative di azionisti.
SPINTE NAZIONALISTICHE E COSTRUZIONE EUROPEA
La bizantina organizzazione della Banca centrale europea e i numerosi vincoli imposti al suo Statuto hanno certamente favorito queste evoluzioni. Ovviamente, i vincoli sono figli dell’assenza di un’Europa sovrana e politicamente legittimata, ma non possiamo negare che un ruolo determinante è giocato anche dalla poca lungimiranza dell’attuale classe dirigente europea.
Molti commentatori durante la crisi degli anni scorsi avevano notato l’incapacità della Bce di porsi quale prestatore di ultima istanza. Oggi ci chiediamo se abbia dovuto prematuramente abdicare ai compiti di qualsiasi banca centrale nel disperato tentativo di salvare la sua esistenza. Nei prossimi giorni sapremo se i governi europei sapranno arginare le spinte nazionalistiche e ridare vigore alla costruzione europea anche attraverso un serio accordo con la Grecia. A questo proposito, i margini di manovra appaiono molto stretti, anche perché il debito pubblico ellenico è stato più volte ristrutturato e già oggi gode di condizioni particolarmente favorevoli. Sul tavolo le proposte sono diverse, anche se ognuna di esse presenta criticità finanziarie e politiche difficili da sormontare: dallo swap dei titoli esistenti in nuove obbligazioni, indicizzate ai risultati economici del paese e con scadenze lunghissime, a una parziale mutualizzazione attraverso il bilancio dell’Unione. D’altra parte, se l’accordo con la Grecia fosse solo di facciata e temporaneo o non ci fosse affatto, la probabilità che nei prossimi anni gli elettori di qualche altro paese europeo portino alla vittoria partiti antieuropeisti diventerebbe altamente probabile. Se l’Europa rientra ancora nell’orizzonte di Syriza, per altri l’obbiettivo è solo la piena sovranità nazionale. Allora, la fine dell’euro – e forse anche dell’Unione – sarebbe veramente certa.
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Giovanni Teofilatto
Le scommesse di voto sono un fattore vincolante delle riduzioni proporzionali delle zone di libera circolazione valutaria tale da indurre una politica di Banca Centrale in connective_oriented con l’andamento del mercato finanziario con un beta di correlazione del portafoglio finanziario globale superiore. In altre parole le politiche di concertazione della massa monetaria sono sufficienti per un controllo dei prezzi e, quindi, della crescita mondiale nel suo insieme di varietà di sviluppo del Pil. nazionale.
Giovanni Teofilatto
Le leggi fallimentari del diritto di emissione di moneta è variato dall’economia di scambio è la domanda interna il processore di intelligenza di scelta di consumo è causa di crescita delle povertà. In altre parole una dose di import di valuta estera è un buon principio di conserva da aspettative riduzionistiche, come è il debito e la pressione fiscale, a vantaggio di opzioni mirate di scambio individuale dato il risparmio disponibile.
zundap46
Ormai sembra che le tesi di Alberto Bagnai si stiano verificando nella realta’ e che per l’euro ci sia solo il tramonto.
zundap46
Sembra che le tesi di Alberto Bagnai stiano diventando realta’ e che per l’euro ci sia solo il tramonto.
Piero
Oramai l’Euro è morto, la Grecia non può tornare indietro sul programma elettorale, la Troika ha sospeso i vecchi impegni della Grecia, che comportavano lacrime e sangue per i Freci, si è aperto di conseguenza il vaso di Pandora, i paesi indebitati possono dire la loro, la politica della Merkell, dei compitini a casa propria non è più perseguibile, la Germania e’ ad un bivio o accetta e si ritorna allo spirito iniziale dell’Unione europea oppure ognuno fa la sua strada.
Il fatto che i Greci non vogliono uscire dall’Euro e’ una falsa informazione, sanno benissimo che se non cambiano le regole imposte dalla Merkel, loro escono dall’euro.
Maurizio Cocucci
In quale passaggio del documento ufficiale rileva tutti questi (presunti) successi? http://www.consilium.europa.eu/en/press/press-releases/2015/02/150220-eurogroup-statement-greece/
Ad un certo punto leggo invece che la Grecia si impegna a mantenere gli accordi sottoscritti nel 2012 e che per quanto riguarda l’avanzo primario per il 2015 esso non è variato ma si terrà comunque conto dell’andamento economico. A me pare una decisa capitolazione rispetto alle richieste iniziali, se poi Tsipras è soddisfatto per aver ottenuto 4 mesi sui 6 richiesti di estensione degli aiuti e che la parola Troika venga sostituita con Istitutions ne sono contento. Meno soddisfatti però alcuni esponenti del suo partito come il più votato europarlamentare greco che si è dimesso ammettendo il fatto di aver ceduto su ogni richiesta.
bob
concordo pienamente. Tsipras è stretto tra la morsa Tedesca e il ricatta degli armatori ( cosa vergognosa da Paese di quarto mondo) che sono l’unica risorsa consistente delle Grecia da cui potrebbe attingere fiscalità. Mi chiedo come possa un Paese presentarsi alla Germania con un comparto di quelle dimensioni che è esente da tasse per Costituzione. E come il debitore che chiede altri soldi al creditore in maniche di camicia e perfettamente abbronzato.
Ludovico
L’euro è più vivo che mai. Chi l’ha detto che il parto dell’euro si potesse esaurire nel 1999 o nel 2002? Il parto di una moneta, come di qualsiasi altra grande Istituzione è ben più lungo di quello umano e può durare anche 30 anni prima che si completi e prenda una vita fisiologicamente autonoma. Se all’Unità d’Italia avessimo affrontato, con lo stesso metodo, gli stessi problemi con il Meridione italiano per la moneta unica (la lira) che ora l’Europa sta affrontando con i Paesi europei del sud, la situazione italiana sarebbe ben diversa e migliore e non avremmo certe regioni del sud nelle condizioni attuali.
bob
..Se all’Unità d’Italia avessimo affrontato, con lo stesso metodo, gli stessi problemi con il Meridione italiano”
..se non si fosse ” svuotato” il Sud il cosidetto “Nord” starebbe peggio della Grecia. Si vada a vedere le riserve in oro dopo il 1860 degli Stati pre-unitari (leggesi Banco di napoli) . Altro che barzellette
Fulvio
Sarebbe intellettualmente onesto dire che è totalmente impossibile continuare sulla strada del “più europa” , dato che la volontà di cooperazione tra i paesi è scemata a causa degli squilibri e delle tensioni che la moneta unica ha creato. Una disgregazione dell’eurozona è ormai assolutamente necessaria proprio per salvaguardare e portare avanti il processo di integrazione europea