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Consulta: i custodi del diritto. E del rovescio

La sentenza della Consulta sulla rivalutazione delle pensioni si richiama a principi che impediscono la discriminazione fra cittadini. Principi che però sembrano valere solo per i pensionati di oggi. Difficile poi garantire qualsiasi tipo di diritto acquisito se lo Stato fallisce.

L’importanza dei contrappesi
La gran parte dei commenti alla sentenza numero 70 del 2015 della Corte costituzionale si sono concentrati sul calcolo dei suoi effetti sugli equilibri di bilancio pubblico dell’Italia. Facendo di lavoro gli economisti, e non i costituzionalisti, a questo dovremmo forse limitarci e dare un contributo all’affinamento delle stime.
Ma oltre che economisti siamo cittadini. Come cittadini, vogliamo certamente essere tutelati dai rischi di strapotere dei governi. Siamo quindi in linea di principio rassicurati dall’esistenza e dall’attività di un organo terzo come la Corte costituzionale che, di fronte a una controversia tra cittadini (rappresentati dal giudice comune) e Stato, prova a incarnare l’interesse di più lungo termine della collettività. E lo fa guardando sia al dettato costituzionale che alla giurisprudenza che si è accumulata nei quasi settant’anni che ci separano dalla stesura della Costituzione della Repubblica.
Poi, però, esiste anche la sostanza delle controversie. Di fronte alla quale anche a cittadini che apprezzano l’esistenza e l’operare di contrappesi ai governi, riesce difficile riempire un fossato, quello che separa il dettato costituzionale dalle implicazioni che, dal rispetto di quel dettato, ne ricava la Consulta nella sentenza appena ricordata.
I principi difesi dalla sentenza
In vari punti nella sentenza della Consulta si richiamano gli articoli della Costituzione a cui i giudici delle leggi fanno riferimento per decidere in modo negativo sulla questione della costituzionalità del provvedimento del governo Monti che – si ricorda – manteneva l’adeguamento del trattamento pensionistico all’inflazione solo per le pensioni al di sotto di tre volte il minimo. Si tratta dell’articolo 38 secondo comma (“i lavoratori hanno diritto che siano preveduti e assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria”), dell’articolo 36 primo comma (“il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e sufficiente ad assicurare a sé e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa”) e del combinato disposto (si dice così) tra articoli 36, 38 e 3. L’articolo 3 stabilisce l’uguaglianza di tutti davanti alla legge indipendentemente da razza, sesso e altre circostanze comprese le condizioni sociali.
Per la Consulta l’assenza di rivalutazione delle pensioni più ricche lederebbe vari principi costituzionali. “L’assenza della rivalutazione impedirebbe la conservazione nel tempo del valore della pensione”, mentre “il blocco della perequazione lederebbe il principio di proporzionalità” tra pensione e retribuzione lavorativa. Infine, “la mancata rivalutazione, violando il principio di proporzionalità tra pensione e retribuzione e quello di adeguatezza della prestazione previdenziale altererebbe il principio di eguaglianza e ragionevolezza, causando un’irrazionale discriminazione a danno della categoria dei pensionati”. Niente di meno, il tutto richiamando varie pagine di giurisprudenza costituzionale.
Le conseguenze da trarre
In tutto questo c’è però una cosa che colpisce. Un cittadino non dotto in materie giuridiche si potrebbe per esempio chiedere come mai i diritti dei pensionati siano da preservare in punta (acuminata) di diritto, mentre quelli dei dipendenti pubblici, i cui scatti di anzianità sono congelati dal 2010, non richiedano una simile difesa. Anche quel provvedimento del 2010 può ledere i principi costituzionali sopra elencati, mettendo in forse “la conservazione nel tempo del valore” dello stipendio. Si potrebbe anche chiedere come mai per l’Alta Corte, il principio di “proporzionalità tra pensione e retribuzione lavorativa” non sia violato dall’esistenza di fatto di due sistemi pensionistici, uno, il retributivo, per le pensioni in essere, che genera un legame tra retribuzione e pensione molto più stretto dell’altro, il contributivo, che varrà invece per le pensioni del futuro, cioè per i giovani attuali. Viene il sospetto che per la Consulta i pensionati attuali siano lavoratori, mentre i lavoratori del pubblico impiego o i giovani lavoratori del pubblico o del privato non lo siano.
Ma non può essere così. Se non altro perché la discriminazione tra categorie sociali è vietata dalla Costituzione, proprio nell’articolo 3, il cui combinato disposto con il 36 e il 38 è richiamato nella stessa sentenza. D’altra parte, se avessimo usato per tutte le categorie gli stessi principi invocati dalla Consulta per i pensionati, allora pur in mezzo alla crisi, non avremmo bloccato gli stipendi pubblici o riformato il sistema pensionistico, con il probabile effetto che lo Stato sarebbe andato a rotoli, non potendo dunque garantire gli stessi diritti che la Consulta intende difendere.
La conclusione allora è che questa sentenza, per quanto formalmente e giuridicamente ineccepibile, fa fatica a passare il test che conta davvero per i cittadini. Quello della ragionevolezza.

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42 commenti

  1. Francesco Rotondo

    Assolutamente vero..

    • giovanni d'anna

      “Fiat iustitia et pereat mundus” è l’unico commento da fare al pronunciamento della Corte Costituzionale.

  2. Savino

    Da questa vicenda abbiamo capito che, tra la miriade di riforme italiane da fare, c’è anche quella relativa a elezioni e nomine, quorum, tipo di sentenze, modalità di intervento e, soprattutto, rapporti con gli altri poteri dello Stato e raffronto col pareggio di bilancio e con le istituzioni e le norme UE (fonti di diritto di pari grado alla Costituzione) della Corte Costituzionale. La sentenza è una clamorosa gaffe della Corte i cui giudici dovrebbero, ora, collegialmente, dimettersi perchè: 1) hanno illuso i cittadini; 2) hanno minato alla credibilità dello Stato; 3) hanno agito in conflitto con il potere legislativo ed esecutivo, ben sapendo di confliggervi; 4) hanno provocato, come conseguenza della loro decisione, incremento notevole della spesa pubblica; 5) non hanno soppesato i diritti di molti cittadini (i pensionati) con il diritto di tutti i cittadini ad avere un bilancio in pareggio; 6) non hanno bilanciato la decisione con altrettanti diritti dei lavoratori ancora attivi e delle giovani generazioni, ai sensi degli gli artt. 3, 36 e 38 . La sentenza è un precedente di scorrettezza istitituzionale e di iniquità fra cittadini dello stesso Stato e fra generazioni molto preoccupante, laddove non si tiene presente del contesto storico-economico (sono vergognosamente citate due vecchie pronunce del 1980 e del 1985, davvero altri tempi). Non si può dare una “nobile ragione” a comando dei ricorrenti, compito ormai attuale della Corte, il cui ruolo è da rivedere.

  3. Mauro

    Mi pare che si trascuri la diversa situazione dei dipendenti pubblici con stipendi bloccati e dei pensionati INPS con perequazione bloccata. I primi possono sempre dimettersi e impiegarsi altrove (mi rendo conto delle difficoltà attuali, ma in astratto è così). I secondi no, non possono più cambiare l’ente erogatore: il loro investimento passato nel sistema pensionistico è irreversibile, così come le loro scelte lavorative ecc. che hanno scontato anche l’aspettativa (allora fondata) della pensione “con rivalutazione”.
    Questo vale, più in generale, anche per le considerazioni sull’equità del sistema retributivo rispetto a quello contributivo. Anche perché la gestione pregressa dell’INPS (fondo lavoratori dipendenti) ha visto consistenti sottrazioni di risorse per finalità, quanto meno, ultronee. Bisognerebbe tenere conto anche di queste, prima di affermare che il bilancio dell’INPS (fondo lavoratori dipendenti) non è compatibile con la perequazione di quelle pensioni.
    Un cordiale saluto

  4. Savino

    Non era questa disuguaglianza tra generazioni e questa disuguaglianza tra chi può ricorrere e chi no che volevano i nostri padri costituenti.

  5. Maurizio Cocucci

    Continuo a rimanere perplesso quando leggo che economisti si lanciano in giudizi su argomenti che spettano solamente al Diritto essere valutati. La decisione della Corte Costituzionale è legittima per il semplice fatto che se lo Stato mi impone di sottoscrivere un programma previdenziale pensionistico, allora lo Stato stesso una volta maturata la pensione deve garantirne il potere di acquisto e questo in particolare per gli importi medio bassi. Sempre se non si è giunti al colmo di considerare 1.400-1.500 euro mensili un assegno di alto valore. La domanda poi inserita nell’articolo in cui si fa osservare come mai non vengono garantiti allo stesso modo i salari dei dipendenti pubblici credo che la risposta sia ovvia, un dipendente può sempre cambiare lavoro, il pensionato no: o INPS o INPS, dato che la base previdenziale è questa ed il resto riguarda solo una possibile pensione integrativa. Se invece lo Stato mi lasciasse libero di decidere con chi e come sottoscrivere un programma previdenziale allora sarebbe diverso e potrei accettare la clausola che consenta all’ente (Inps) la facoltà di congelare l’adeguamento per brevi periodi di tempo, cosa che comunque vorrei rammentare la Corte ha accettato con una precedenza sentenza sempre riguardante la medesima questione (legge Damiano del 2007 se ricordo bene).In quella occasione però il provvedimento era limitato ad un anno e per assegni superiori ad otto volte il minimo.

  6. Aggelo Bedini

    “Viene il sospetto che per la Consulta i pensionati attuali siano lavoratori, mentre i lavoratori del pubblico impiego o i giovani lavoratori del pubblico o del privato non lo siano”.
    Le sentenze possono piacere o non piacere, si possono ovviamente discutere, ma nel discuterle, evitate considerazioni così banali; confezionate addirittura in …..concorso!!

  7. Michele Gussoni

    Un punto che mi pare poco evidenziato ma che secondo me è fondamentale è il comportamento dei cittadini sulla base delle regole che a loro vengono date.
    Io ho 35 anni e sono col sistema contributivo, so che avrò un certo flusso stimato di versamenti pensionistici che mi garantiranno un certo livello di pensione, di conseguenza mi adopero per eventualmente integrare questi flussi.
    Durante la fase di contrattazione individuale del mio salario, ho ben presente che necessito di un reddito più alto, perché devo integrare la pensione e quindi inserisco questo aspetto nella contrattazione individuale.
    Mio padre, che ha sempre lavorato con il sistema retributivo e che quindi secondo le regole sapeva che avrebbe avuto l’80% della media degli ultimi anni di stipendio, non aveva (o meglio non credeva di non avere) la necessità di integrare la sua pensione, perché il livello da lui atteso era sufficiente.
    Se ex post, questo livello di pensione viene abbassata, bene ciò non è giusto, proprio perché lui ha modulato i propri comportamenti salariali sulla base delle regole che lo Stato gli ha imposto.

    • Max

      Ora bisogna vedere cosa ha fatto suo padre con i soldi che ha “risparmiato” non dovendo preoccuparsi di farsi una pensione integrativa. Ha aumentato il suo consumo corrente, riducendo i risparmi? Li ha accumulati sotto forma di ricchezza (comprando ad esempio un’abitazione)? Nel primo caso ha comunque senso ridurgli la pensione in un’ottica di equità intergenerazionale se sta ricevendo più di quanto ha dato perché sta consumando a scapito delle generazioni che lavorano attualmente (che gli stanno pagando la pensione con le imposte). Se ha risparmiato è ancora più giusto ridurgli la pensione perché ha accumulato ricchezza in passato grazie al trattamento generoso dello Stato e la può in parte liquidare per sostenere il consumo da pensionato. Bisogna capire che con un vincolo di bilancio stringente i diritti “acquisiti” da alcuni sono i diritti persi (o che non saranno mai acquisiti) da altri….Meglio garantire un po’ di diritti a tutti.

  8. Roberto

    Nel 2011 c’era sicuramente il rischio di tenuta dei conti pubblici quindi qualche manovra andava fatta subito per evitare il tracollo.
    Certamente le pensioni erano il tema principe che andava riformato in Italia però a posteriori si può dire che si poteva fare molto meglio.
    Il blocco totale della rivalutazione delle pensioni è stato troppo penalizzante perché nei pressi della soglia di 3 volte il minimo c’è stato chi ha ottenuto la piena rivalutazione mentre chi era appena sopra la soglia non ha ottenuto nulla.
    Bastava introdurre un sistema a scaglioni, come è stato fatto nel 2014, o garantire almeno la rivalutazione fino a 3 volte il minimo per tutti per garantire una migliore equità.
    Il governo adesso ha l’occasione per rimediare all’errore fatto sulla rivalutazione e rendere il nostro sistema pensionistico sostenibile ed equo con le generazioni future.
    Per fare ciò bisogna calcolare tutte le pensioni con il sistema contributivo, vero cavallo di battaglia di Boeri che dovrebbe insistere fortemente su questo tema.
    Naturalmente nel ricalcolo va mantenuta una soglia di salvaguardia, che può essere quella di 3 volte il minimo, per evitare di penalizzare troppo chi prende pensioni basse.

    • Michele Gussoni

      Il ricalcolo delle pensioni con il sistema contributivo penalizza chi, in buona fede e conoscendo le regole del retributivo, ha costruito la sua pensione sulla base delle regole che lo Stato gli ha imposto.
      Come dico sotto, se i pensionati attuali avessero saputo durante il loro ciclo lavorativo che le regole pensionistiche potevano essere cambiate in corso, probabilmente avrebbero agito di conseguenza.
      Magari con una pensione integrativa, magari tenendone conto durante la fase di contrattazione del salario.
      Ma poiché nulla di tutto ciò è mai stato loro detto, trovo scorretto agire retroattivamente ora.
      Se poi per esigenze di cassa occorre agire sulla fiscalità generale, credo che nessuno vieti al governo di ridisegnare le aliquote fiscali, andando magari ad aumentare anche sensibilmente le fasce alte.

      • Rita Trifiletti

        Finalmente un discorso logico e scevro da pregiudizi. È ormai una rarità, si sono inventati il conflitto generazionale perché cosí non ci devono mettere la faccia alzando l’aliquta marginale

      • franco

        Il problema è sempre quello: i “diritti”. Come dicono bene gli autori dell’articolo, se lo Stato fallisce che fine fanno questi presunti “diritti”? Al solito la realtà ci mostra il conto. Ricordo poi che di pensioni si parla da almeno 40 anni, non venitemi a dire che (pochi) economisti, politici, studiosi mettevano in guardia dal rischio del fallimento del sistema pensionistico, della necessità di renderlo sostenibile etc. Avete messo la testa sotto la sabbia e fatto finta di niente perché il vecchio sistema sì che conveniva…..
        E ora ditemi come fare ricorso alla consulta perché da disoccupato ho “diritto” ad un lavoro (art. 1). Siamo in molti ma che importa, il Governo troverà i soldi!

        • QualeWelfare

          Di quale fallimento stiamo parlando (il titolo dell’articolo è tra l’altro fuorviante rispetto al contenuto del testo…) ? E’ a conoscenza del fatto che già prima della riforma Fornero la spesa pensionistica in rapporto al PIL era prevista diminuire fino a circa il 2025-26? (fonte: Ragioneria Generale dello Stato, Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e sanitario, vd. sito RGS)…Se lo stato italiano “fallisce” non è certo a causa della spesa pensionistica…

      • Roberto

        Il tuo ragionamento è condivisibile però ci sono situazioni obiettivamente scandalose, come chi è andato in pensione a 35 anni o chi prende una pensione completamente sproporzionata rispetto ai contributi versati.
        Visto che la situazione attuale delle pensioni è radicalmente cambiata a svantaggio della nostra e delle future generazioni, trovo normale che chi ha goduto di certi vantaggi possa contribuire a meglio equilibrare la spesa pensionistica, che ricordo è la principale voce di spesa nel bilancio pubblico italiano.
        Poi si può benissimo discutere sulla scelta delle soglie di salvaguardia e sul livello di contributivo da prendere in considerazione (ad esempio si può stabilire un 50% di contributivo oltre la soglia di 3 volte il minimo), ma per me qualcosa va fatto e proprio la vicenda della rivalutazione può essere lo spunto per ridiscutere la materia e introdurre quel correttivo che manca alla riforma Fornero.
        Pensare di risolvere i problemi economici aumentando ancora le aliquote fiscali mi sembra oltremodo penalizzante considerando il già elevato carico fiscale italiano.

      • adele

        Ho costruito la pensione con 41 anni di lavoro.
        la mia pensione è stata calcolata con il sistema misto. se l’avessero calcolato con il contributivo
        sarebbe stata pià alta. chi devo ringraziare pwe questa legge? il presidente della mia regione?
        i miei contributi sono serviti per pagare quelle delle p.a., baby pensioni, invalidità?

  9. roberto

    Al termine di 40 anni di lavoro sono andato in pensione. Dopo 10 anni in valore assoluto essa è del 10% più bassa.E nessuno mi vuole assumere perchè ho più di 70 anni. Gli economisti che vogliono ulteriormente ridurre la mia pensione in pratica vogliono che venda la casa per sopravvivere perchè con le tasse su di essa e l’aumento delle spese è l’ultima risorsa che posso vendere. Da giovane ho sostenuto i genitori senza pensione, pagato contributi per assistenza medica senza averne, per fortuna, mai avuto bisogno e così per tutti i servizi sociali che non ho utilizzato. Non capisco se viviamo in una collettività o nel paese dei furbi e dei forti.

  10. Dario

    La corte allora va bene quando boccia il porcellum ma va male quando giudica le pensioni.
    Si sta sottovalutando l’inadeguatezza del cosiddetto governo dei tecnici. Nel passato erano stati tolti dei benefici ma in maniera proporzionale; non con l’accetta.
    Oppure e’ scomodo pensare che quella legge e’ stata approvata praticamente da tutti i partiti dell’epoca; gente con esperienza decennale nella gestione della cosa pubblica.
    E la considerazione sulle generazioni lascia il tempo che trova. Uno Stato puo’ benissimo prendere decisioni per far cassa che siano aderenti alla carta costituzionale; magari decisioni scomode per l’elettorato di riferimento.
    Faccio qualche esempio brutale che da l’idea:
    1) gli F35 non si comprano piu’
    2) tassa di successione (in Germania fino al 50 % e progressiva, non l’8%)
    3)Patrimoniale progressiva una tantum
    Riassumendo il discorso generazionale mi pare ideologico

  11. Raul Wittenberg

    L’indicizzazione dei redditi da lavoro e da pensione può essere considerata un diritto universale, che ha una sua declinazione nell’articolo 38. Per i redditi da lavoro non è automatica perché ci pensa la contrattazione.Per i redditi da pensione non può che essere automatica e garantita a tutti i titolari. Sulla misura dell’indicizzazione può decidere il legislatore distinguendo a seconda dell’importo della pensione o della categoria che si vuole tutelare di più (ad esempio la reversibilità a un figlio disabile). Quindi i giudici bocciano la sterilizzazione, ma non il taglio progressivo senza però arrivare allo zero. Fosse pure lo 0,1% sulle pensioni di 100mila euro al mese.

  12. alberto

    per completezza di informazione sarebbe bene ricordare a quanto ammonta la “pensione” di un giudice costituzionale, son il vecchio sistema retributivo e con il nuovo contributivo e a quanto ammonta, di conseguenza, la perequazione che gli è stata illegittimamente sottratta dal legislatore. anche un piccolo richiamo ai benefit di cui godono questi giudici, in servizio e in quiescenza, sarebbe utile. forse un giudice pensionato costituzionale riesce a mantenersi benissimo anche in caso di fallimento dello stato. per la serie: ognun per sè e dio per tutti.

    • Giorgio

      Concordo pienamente su tutto.
      Sarebbe possibile che i lavoratori coinvolti dal sistema contributivo facciano una class action contro il nuovo sistema pensionistico per applicare i diritti richiamati dalla Corte Costituzionale?

    • A me sembra assolutamente folle l’idea di aumentare le aliquote fiscali in un paese in cui la pressione fiscale è abbondantemente al di sopra del 50%. E non perchè abbia particolarmente a core la sorte dei ricchi (non lo sono) ma perché l’impatto di misure fiscali di quel tipo è notoriamente negativo sull’economia. Non si possono applicare principi astratti all’economia, cosa che ha fatto sostanzialmente la Corte Costituzionale stessa, commettendo, secondo me un enorme errore, foriero di iniquità.

  13. alberto ferrari

    Non condivido per i seguenti motivi.
    – l’art. 53 della Parte I della nostra Costituzione dice che “ Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.” Non quindi in base al colore dei capelli, della pelle o dell’appartenenza ad una categoria. Ma esclusivamente in base al loro reddito.
    – l’Art.134, sempre della nostra costituzione dice che “ La Corte Costituzionale giudica sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni. “ Mettere in discussione questo potere attribuito alla Corte Costituzionale come fa il sottosegretario Puglisi significa mettere in discussione la Costituzione .
    La Corte Costituzionale , e la Corte dei Conti, hanno più volte detto e scritto che la via maestra c’è ed è molto chiara: intervenire sulle aliquote IRPEF in modo che 4mila€ al mese percepite da un pensionato “ ricco” , da un dirigente d’azienda, da un parlamentare, da un professionista ecc. siano tutti tassati allo stesso modo, come scrive la nostra Costituzione.
    Ma probabilmente è proprio questo che i politici, parlamentari ecc. non vogliono, perchè sarebbero anch’essi chiamati a pagare di più.
    Ma chi si dice di sinistra non può non porre sul tappeto il problema di introdurre ulteriori aliquote IRPEF per i redditi più alti, oltreché per i patrimoni come ricorda Piketty.

    • Savino

      Peccato che la capacità contributiva di tanti ragazzi inoccupati e disoccupati e di tanti potenziali pensionati di domani e di dopodomani sia praticamente zero

  14. asterix

    Il diritto alle rivalutazioni è sacrosanto. Spiace che economisti si sentano in grado di parlare di diritto costituzionale, credo che le medesime difficoltà le stia affrontando all’INPS da Boeri che non comprende come funzionano il diritto previdenziale.. Gli economisti che accusano la Consulta di attentato al Paese per aver negato la costituzionalità di misure di coperture di deficit di bilancio con i tagli alle spese delle pensioni dovrebbero spiegare al Popolo Italia quale è la legge economica che dice che il 3% di deficit è bene ed il 4% è negativo? Io all’università non l’ho mai studiato. Ho studiato la Costituzione italiana, non la legge aurea del vincolo dell’Euro. Da quando abbiamo buttato nel cesso la costituzione dei nostri nonni per difendere i vincoli di bilancio?

  15. Maurizio

    Mi stupisce tutto questo accanimento contro la sentenza della Corte. Io osservo che:
    se c’era la necessità di reperire con urgenza fondi dalle pensioni, si poteva farlo in modo molto più semplice e temporaneo, riservando gli interventi più complessi in un momento successivo;
    se si ritiene che ci siano problemi di equità fra generazioni bisogna tener presente che anche nell’ambito dei pensionati con il retributivo ci sono notevoli iniquità. Il rapporto contributi/prestazioni non è uguale per tutti e un provvedimento che si consideri “equo” non può ignorare questa circostanza;
    i pensionati retributivi di oggi hanno preso delle decisioni sulla base della normativa vigente. Anche la data il cui è stato lasciato il lavoro è stata decisa su tale base. In condizioni diverse sarebbe stata posticipata con tutte le conseguenze del caso anche per le imprese che hanno facilitato l’esodo degli anziani;
    Queste e molte altre sono le considerazioni che si possono fare e sinceramente mi stupisce che non si sia colta l’occasione per un serio approfondimento del problema anziché tentate molto semplicisticamente di far passare dalla finestra ciò che non passa per la porta.

    • Marina

      Condivido l’articolo ed alcuni commenti. Ma mi pongo una domanda . Gli “anziani” sono bravissimi a risparmiare e tanto più lo fanno quanto più , oltre all’incertezza per l’età che avanza, non ci vedono chiaro nel loro potere di acquisto futuro. Si chiedono di quanto aumenterà l’inflazione ( non so quanto rassicurati da quel 2% della BCE) e quanto aumenterà nel tempo il costo dei servizi sanitari . Nel frattempo , consumano il meno possibile. Quali le ricadute sull’economia?
      Grazie
      Marina

    • manlio antoniotti

      Volevo complimentarmi per l’articolo perché fa un po’ di chiarezza in una materia difficile e soggetta a facili interpretazioni. Ho letto un’affermazione dell’ex ministra Fornero, polemica nei confronti di soggetti che hanno dato inizio al ricorso alla consulta; è davvero possibile supporre che siano coloro che percepiscono le pensioni più elevate?
      Se così fosse, ci sarebbe da riflettere a lungo…

  16. Rainbow

    Sono completamente d’accordo con questo commento, la giusta riflessione che si pongono gli autori, l’ho fatta anche io non appena ho letto la sentenza rispolverando i miei studi giuridici e sono giunto alle loro stesse conclusioni: se e’arbitraria la non rivalutazione delle pensioni di in certo importo in poi,per par condicio lo devono essere anche gli stipendi di analogo ammontare bloccati per legge dal 2010, ossia quelli del pubblico impiego! Ed anche la pensioni contributive rispetto a quelle retributive! Insomma, andando a fondo, il ragionamento che giustifica questa sentenza e’sempre meno convincente! Inoltre,da sempre, la Corte ha dimostrato di non essere infallibile: in passato dichiarò perfettamente costituzionali e non discriminatorie rispetto al privato le pensioni baby, quelle erogate nel P.I. dopo soli 19 anni di servizio!

  17. Piero

    Non sono assolutamente d’accordo con l’articolo. Rispondo sulla questione non da fisico ma da cittadino e vado subito alle conclusioni. La corte Costituzionale ha l’obbligo,se interpellata,di esprimersi sulla costituzionalità delle leggi emanate dal Parlamento. Vedi la pubblicazione “Che cosa è la Corte Costituzionale” con la prefazione di Alfonso Quaranta. Se la Legge è dichiarata incostituzionale essa decade.
    La sentenza della Corte Costituzionale è definitiva quindi va applicata in automatico dall’Inps e se per caso così non fosse,qualunque cittadino danneggiato potrebbe,a mio avviso,intimare all’Istituto l’adeguamento previsto entro un adeguato periodo di tempo (trenta giorni) e poi procedere,in assenza di riscontro,ad atti esecutivi. Voi autori concludete con questa frase “La conclusione allora è che questa sentenza, per quanto formalmente e giuridicamente ineccepibile, fa fatica a passare il test che conta davvero per i cittadini. Quello della ragionevolezza.”
    La vera conclusione è questa:I parlamenti non siano manovrati dalle lobby,imparino a scrivere leggi
    applicando l’attuale costituzione. I Governi a venire si preoccupino di formulare proposte di lungo respiro che vadano oltre i loro mandati temporali,evitino di effettuare miopi promesse elettorali.
    Su quello che Voi Autori avete scritto non sono sufficienti 1500 caratteri per rispondere poiché avete toccato tematiche importanti che meriterebbero più ampia discussione.

    • Savino

      La Corte Costituzionale non ha il sole in tasca. Ad esempio,purtroppo, non può dare lavoro a tutti i disoccupati in nome del principio di cui all’articolo 1. Se i suoi giudici vogliono fare politica e dettare le linee guida della politica economica e sociale, si dimettano da giudici costituzionali e si facciano eleggere in Parlamento la prossima volta.

  18. marno

    Le voci che si elevano nei commenti a difesa delle sentenza sono folli. Nessuno, a prescindere dalle norme sui cui afferma aver preso alcune decisioni di vita, può fare affidamento sul fatto di ricevere somme maggiori di quelle che ha versato. si tratta di un limite, per così dire, intrinseco – perché le leggi non modificano la realtà – e rispetto al quale nessuno è legittimato a fare serio affidamento.
    Se sono norme che violano la matematica elementare, quindi, non venitemi a dire: è ma ci siamo organizzati così. Inoltre andrebbe verificato a quali aliquote di imposte/contributi costoro sono stati soggetti. la decisione della consulta spinge i giovani a NON lavorare perché non conviene farsi il mazzo se il 65% di quel che guadagni finisce nelle mani di vispi 70 enni che da 15 anni o se la godono o fanno secondi lavori. La cosa che mi fa più schifo è che il ricorso è stato presentato dietro sollecitazione di un sindacato dirigenti – federmanager – il che dimostra il livello mentale della classe dirigente: il bieco mantenimento dello status quo che è il declino di ogni entità economica, inclusi paesi “sovrani”.

  19. Fabrizio

    Sono curioso di vedere se la Corte verrà interessata a rispondere su tre quesiti riguardanti il pubblico impiego:
    1. Può un datore di lavoro disattendere un contratto mediante una legge ma senza trattativa?
    2. Può disapplicare, per 6 anni, il pagamento dell’indennità di mancato rinniovo del CCNL?
    3. Può decidere di rinviare di due anni il pagamento del TFS/TFR (salario differito anche con trattenuta del 2,5% per il TFS)?
    Se poi fosse presa una decisione favorevole ai lavoratori, leggerò con interesse i commenti dei lettori.
    P.S.: sono ovviamente un dipendente pubblico transitato dal privato a 40 anni per motivi di famiglia. Oggi ho 62 anni e devo attendere ancora 3 per la pensione con stipendio bloccato (grazie Maroni, Tremonti e Fornero).
    Non credo, come qualcuno suggerisce, di essere ricollocabile nel mondo del lavoro.
    P.P.S.: conosco diverse persone, sia nel privato sia nel pubblico, che sarebbero ben liete di avere 1.500 euro lordi al mese
    per crescere una famiglia.

    • Massimo Gandini

      Personalmente non vedo di buon occhio i dipendenti pubblici, ma quanto scrive il sig. Fabrizio è ineccepibile. A questo punto attendiamo il ricorso, assolutamente legittimo, dei lavoratori statali. Un’altra voragine nel bilancio pubblico deve essere aperta , la Costituzione piu bella del mondo (tono ironico…) ce lo impone

  20. Savino

    Adesso la Consulta si è occupata anche di fecondazione assistita, dicendo che non c’è bisogno di un test pre-impianto per coppie con patologie. Ma cosa ne sanno questi signori di questa materia? Hanno studiato medicina e hanno una specializzazione apposita? Loro capiscono di previdenza, di economia, di fecondazione, di ambiente, di opere pubbliche, di impresa, di turismo, di sport….Sembra come andare dal dottor azzeccacarbugli di manzoniana memoria.

  21. davide

    solo per rammentare che pochi anni fa la corte cost ha dapprima sentenziato che la riduzione del 10% sugli stipendi dei pubblici dipendenti sopra i 90.000 euro era illegittima in quanto violava il principio di eguaglianza tra i lavoratori; contemporaneamente sentenziava che la trattenuta sui giorni di malattia per i dipendenti pubblici era legittima perchè i dipendenti pubblici sono diversi dagli altri dipendenti e se si ammalano è giusto tagliare loro la retribuzione. Ma… che gli stipendi dei giudici della corte siano sopra quella soglia?

    • Ottavio

      Dovresti leggere il testo delle sentenze e le norme dichiarate illegittime o legittime prima di commentare

    • Marco Dal Pra'

      Proposta “provocatoria”
      Scriviamo nella busta paga di tutti i pensionati il mix delle fonti (come sulla bolletta elettrica).
      Tanto per evidenziare da dove arrivano i soldi :
      Se sono soldi onestamente accumulati in modo contributivo,
      oppure se sono soldi che mette lo Stato, ovvero gli altri cittadini, o ancora, se arrivano aumentando il debito pubblico.
      PS : Voglio vedere se ancora hanno il coraggio di parlare di “Diritti Acquisiti” negando che si tratta di “Privilegi Acquisiti”.

  22. Gaetano

    Se lo stato mi avesse lasciato i miei contributi adesso avrei un tesoretto di circa 400000 euro. sicuramente avrei vissuto senza pensione e meglio!

  23. Roberto

    Spessso si fa una gran confusione tra finanziamento dei sistemi pensionistici e modalità di calcolo delle pensioni. I fondi pensionistici finanziati a ripartizione, come l’attuale sistema pubblico italiano, si fondano su un patto generazionale, ma diverso da quello di cui si parla in questi giorni. L’ipotesi è che il reddito dei lavorarori crescerà costantemente e che sarà in grado di garantire un volume di versamenti tale da garantire il pagamento delle pensioni a coloro che a un certo punto della loro carriera smetteranno di versare contributi e diventeranno percettori. Il patto è dunque che da giovane tu lavori e versi contributi che servono a pagare ad altri la pensione. Nel frattempo l’economia cresce e da vecchio i ruoli si invertono. Tu incassi e altri pagano. Quindi sono i lavoratori giovani e maturi a “mantenere” i vecchi e non viceversa. Questo è comunque ciò che è sempre avvenuto nella storia dell’umanità. Facendola un po’ semplice, la vita finora ha funzionato così: quando sei giovane, prima di lavorare vieni mantenuto, poi lavori, ti riproduci e allevi i figli, e alla fine sono gli altri che ricambiano e mantengono te. Certo, se la giostra dello sviluppo si ferma sono guai. I fondi finanziati a capitalizzazione si fondano su un altro patto puramente finanziario. I lavoratori versano dei contributi che vanno a costituire un capitale che il gestore cerca di far rendere. Alla fine si incassa una rendita. Niente patti generazionali, solo soldi e calcoli attuariali.

  24. Massimo Matteoli

    La Corte Costituzionale non ha affatto difeso in maniera acritica “i diritti acquisiti” ma segnalato – più che giustamente direi – che per tagliare le pensioni, specie quelle medio basse, non ci si può limitare a poche frasi di circostanza come fu fatto all’epoca.
    Allora (ed in tanti lo vorrebbero fare anche adesso) si usarono i tagli non per migliorare la gestione pensionistica, ma solo per fare “cassa”, alla faccia della lotta a sprechi e privilegi
    La colpa di quello che sta succedendo, perciò, più che al “governo dei giudici” va data al “governo dei furbetti”.
    Per chi interessa ( il testo integrale lo trovate qui: http://www.leggioggi.it/allega… ) questa è la frase decisiva della motivazione:
    ” La disposizione concernente l’azzeramento del meccanismo perequativo…si limita a richiamare genericamente la «contingente situazione finanziaria», senza che emerga dal disegno complessivo la necessaria prevalenza delle esigenze finanziarie sui diritti oggetto di bilanciamento, nei cui confronti si effettuano interventi così fortemente incisivi. ……L’interesse dei pensionati, in particolar modo di quelli titolari di trattamenti previdenziali modesti, è teso alla conservazione del potere di acquisto delle somme percepite, da cui deriva in modo consequenziale il diritto a una prestazione previdenziale adeguata.

    • DACHI

      Ho letto una cinquantina di commenti, pieni essenzialmente di “acrimonia” per chi percepisce una pensione cosiddetta alta, pensioni che porterebbero alla rovina il sistema paese.
      A me sembra “pauroso” che mai una singola volta venga nominata da nessuno, nemmeno dallo scrittore dell’articolo, il male peggiore, e prima vera causa, dello stato nostro paese e cioè l’evasione. Si pretende di costringere un pensionato a rinunciare a quanto percepisce, (per leggi giuste o sbagliate ma sempre leggi ) mentre non si fa niente, nemmeno a parole, contro gli evasori che rubano, infrangendo leggi ed etica, e continuano anno dopo anno, protetti dalle loro lobby politiche, a portare, loro si, il paese verso la rovina.
      E lo stato avrebbe tutti gli strumenti tecnici per individuarli e fare giusta cassa con i ladri/evasori.
      Ma anche negli articoli e nei commenti è più facile prendersela con i deboli che con i colpevoli.

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