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Tra Uber e i tassisti, perde il consumatore

I motivi che hanno portato a costruire il sistema di licenze per i taxi non sussistono più. Ma aumentarne il numero o tollerare i servizi abusivi equivale a una patrimoniale per i tassisti di oggi. Come risolvere la questione? Le soluzioni possibili sono varie, non tutte a favore dei consumatori.

Perché i taxi sono a numero chiuso
Il 26 maggio il tribunale di Milano ha disposto il blocco dell’app Uberpop per “concorrenza sleale” e “violazione della disciplina amministrativa che regola il settore”. Uber è un’azienda che consente a chiunque che sia in possesso di un’autovettura e abbia alcuni requisiti minimi (patente di guida e mini corso di formazione) di trasformarsi di fatto in un conducente a chiamata. La decisione del giudice considera Uber come una infrazione al sistema delle licenze, sistema che è apertamente progettato per mettere il servizio taxi al riparo dalla concorrenza.
Val la pena allora di chiedersi se tale sistema sia giustificato e come affrontare i nuovi problemi posti dall’entrata di Uber.
Finora tra gli obiettivi di pubblico interesse spiccano: la protezione del consumatore, l’incentivo agli investimenti, la riduzione delle emissioni e della congestione del traffico. Se questi sono i motivi, allora il numero chiuso non ha più motivo di esistere.
Riguardo alla protezione del consumatore, i nuovi servizi adottati da Uber hanno di fatto superato il problema. In un paio di click si può visualizzare il giudizio di tutti i clienti precedenti del conducente in arrivo e valutarne la professionalità meglio di quanto possa far il regolatore pubblico. Paradossalmente, gli abusivi hanno più incentivo dei taxi bianchi a non “maltrattare” i clienti. Provare per credere (“la musica è troppo alta? La temperatura va bene? Le spiace se abbasso il finestrino? Ha un percorso preferito o faccio io?”).
La seconda motivazione si basa sulla falsa premessa che aumentare i ricavi dei titolari di licenza spinga a re-investirne una parte in qualità del servizio. Lo sanno bene le regioni e gli enti locali che con il tempo hanno imparato a condizionare gli adeguamenti tariffari al “raggiungimento di obiettivi” quali la “lingua inglese,” la “correttezza del percorso”, o la disponibilità di sistemi di pagamento elettronico.
Infine, i problemi di congestione si riferiscono a un periodo storico in cui i taxi si sostituivano ai mezzi pubblici. Nelle nostre città, milioni di persone usano l’auto privata proprio perché non possono permettersi il servizio taxi e non sono serviti dai mezzi di trasporto pubblici.
L’interesse dei tassisti e quello dei consumatori
Il contingentamento nel numero di licenze ha di fatto trasformato quelle esistenti in fonti di rendita protette per chi le possiede, una sorta di Tfr. Un rapporto di qualche anno fa della Banca D’Italia snocciola cifre che vanno dai 50-60mila ai 300mila euro per l’acquisto di una licenza sul mercato secondario.
La questione Uber evidenzia due interessi concorrenti: quello dei tassisti a estrarre la rendita attesa nel momento in cui hanno acquistato la licenza e quello (diffuso) dei consumatori ad accedere a un servizio a prezzi e modalità ragionevoli.
Il problema, da questo punto di vista, è l’ampia fetta di popolazione tagliata fuori da quello che è in tutto e per tutto un servizio di pubblica utilità. UberPop, i servizi di car sharing e ride sharing, appagando di fatto il bisogno di mobilità, sono indirettamente prova dei malfunzionamenti diffusi in questo mercato. I taxi sono cari e troppo spesso introvabili nelle ore di punta. Quanto a qualità, il servizio abusivo di Uber è oggettivamente migliore sotto tanti importanti aspetti. Già da diversi anni, consente di chiamare un autista con un click (niente attese), vederlo arrivare sullo smartphone in tempo reale (no ansia), valutare il servizio, pagare senza neanche mettere una mano in tasca e ricevere una ricevuta elettronica sulla propria casella di posta (alzi la mano chi non ha mai perso una ricevuta o dimenticato di chiederla). Se mai i tassisti si adegueranno a questi standard qualitativi, lo dovremo alla minaccia concorrenziale e non certo alla loro generosità (con tariffe fisse e numeri garantiti per quali altri motivi dovrebbero investire?)
D’altra parte, aumentare il numero di licenze o tollerare servizi abusivi equivale a una patrimoniale a carico dei detentori di licenze. Con una evidente iniquità: verrebbe tassato solamente l’attuale detentore della licenza, non quello da cui questi l’ha acquistata a caro prezzo.
Come se ne esce? Si possono formulare varie proposte, con gradi diversi di realizzabilità:
– utopica: ricomprare tutte le licenze ai prezzi medi di compravendita degli ultimi anni e liberalizzare integralmente il mercato;
– concreta (già sperimentata a Bologna nel 2008): vendere nuove licenze e devolvere il ricavato agli attuali possessori;
– fattibile: se è vero che vi è molta domanda di mobilità insoddisfatta, liberalizzare integralmente il mercato e usare l’extra gettito fiscale che deriva dalla sua espansione per finanziare un fondo di solidarietà per i detentori di licenze;
-politica: fare prevalere un interesse sull’altro: privare (espropriare) i tassisti delle loro rendite o gli utenti di un servizio.

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20 commenti

  1. bob

    ..scusate per essere sintetici, ma dalla “liberalizzazione” delle Autostrade l’utente quali benefici ha avuto? Lei che dice che Uber offre un servizio migliore ( non si sa da quale verifica lo deduce) io le rispondo per esperienza Italia /estero che i tassisti italiani sono tra i più professionionali al mondo. Provi a prendere di notte un taxi a Parigi? Oppure a utilizzare i taxi periferici ( quelli con bollino verde sul parabrezza a Londra). Poi magari per un imbecille su 6000 tassisti romani si colpevolizza l’ intera categoria……ma questa è un’ altra storia

    • Mario

      Di fatto,con questa nuova Legge,si va contro al Diritto Fondamentale della libera concorrenza. Non vi possono essere categorie protette a priori. Qualsivoglia Lavoro, può sparire o cambiare e spesso molte persone si son dovute purtroppo adattare. Non è comprando una licenza che abbiamo l’usufrutto vita natural durante, dobbiamo anche prevedere che i tempi cambiano e bisogna mettere in preventivo ciò!

    • Di Passaggio

      Beh, il taxi a Parigi l’ho preso, qui meno male vado sempre in auto la notte, due volte mi sono rassegnato a tornare a casa a piedi dopo 40 minuti di chiamate inutili…

  2. Sergio

    Se l’intento delle proposte è quello di spaccare il tessuto sociale tra buoni e cattivi, tra progressisti e conservatori una proposta vale l’altra, basta solo decidere da che parte stare.
    Se invece vogliamo fare proposte migliorative che non esasperino il conflitto in atto, allora dobbiamo cambiare i presupposti di partenza, le condizioni per svolgere il servizio devono essere uguali tra le parti.
    Se i tassisti devono pagare un’assicurazione per i passeggeri, lo devono fare anche i conducenti di UBER.
    Se i conducenti di UBER vengono valutati per il servizio svolto, la stessa cosa si deve poter fare con i tassisti classici.
    Se per fare il conducente di UBER, devi fare formazione, altrettanto devono fare i tassisti delle auto bianche.
    Se i conducenti di UBER non hanno fasce orarie da rispettare, questo deve valere anche per gli altri.
    Se i conducenti di taxi devono essere iscritti in un elenco al comune dove esercitano, lo devono fare anche i conducenti di UBER.
    I trattamenti erariali e previdenziali a cui sono sottoposti i “tassinari” devono essere gli stessi applicati agli occasionali di UBER.
    Resta fuori il discorso delle licenze o TFR del tassista, i comuni devono semplicemente riacquistare le licenze ai prezzi medi di compravendita degli ultimi anni pagandole totalmente o portando gli importi in detrazione totale o parziale.
    Concludendo, l’unica soluzione che sia proponibile è quella di dare alle parti parità di diritti e doveri; altre soluzioni che aumentano o attenuano le disuguaglianze tra le parti sono esclusivamente benzina sul fuoco dello scontro sociale.

  3. fiorenzo

    1) Il “valore della licenza” 50-300mila euro per l’acquisto. Capisco differenze del genere per un’abitazione, ma la licenza dovrebbe essere equiparata ad un titolo azionario, può salire o scendere.ma uguale per tutti, altrimenti si può immaginare evasione fiscale.Ma il passaggio di proprietà paga le tasse?
    2) Maggior sicurezza dei tassisti-Uber non prevede passaggio diretto di denaro ed il lavoro diventa meno rischioso, anche perché Uber conosce l’identità del cliente
    3)La ricevuta del servizio diventa reale, e non permette abusi da parte del taxista o del cliente per un eventuale rimborso-spesa.
    E’ il progresso
    9

  4. Giulio Bizzaglia

    Il costo (sul mercato privato, e vuol dire qualcosa) delle licenze si è strutturato e si mantiene alto proprio sul bisogno di mobilità della cittadinanza, peraltro non soddisfatto. Ma questo bisogno rimane comunque al centro, non certo l’interesse privato di chi, sopra, vi fa aggio. Allora forse basterebbe introdurre lentamente, nel tempo, tante altre licenze fino a riportare il mercato a condizioni di (perfetta ) concorrenza, risolvendo la drammatica situazione dei cittadini e delle città mediante un uso del taxi alla portata di (quasi ) tutte le tasche. Il problema che si profila, però, è tutto politico: quali forze possono essere in grado di proporre e adottare misure di governance così semplici, efficaci, decisive, affrontando l’opposizione di una lobby che ha parecchi santi in paradiso, oltre che sulla strada? Oltre tutto sembra essere un percorso obbligato: come è possibile che un lavoro a così bassa specializzazione possa costare in modo tanto difforme, tra New York, Barcellona e Roma? Anche qui la globalizzazione, prima o poi, arriverà: cerchiamo di essere pronti.

  5. Enrico

    Il punto centrale sono le licenze. Avrei le seguenti domande (principalmente per gli autori):
    1) Ma la compravendita delle licenze è legale o solo tollerata? (la licenza resta del comune, che la può revocare, se non sbaglio è data in concessione…)
    2)Se un comune emettesse ua nuova licenza quanto mi costerebbe?
    Le domande di cui sopra (o meglio le risposte) servono a chiarire di che cosa si sta parlando: non è che i costi esorbitanti delle licenze li hanno creati i taxisti stessi, decidendo in ultimo di vendere direttamente la licenza invece di restituirla al legittimo proprietario, cioè il comune?

    • Emilio

      Le licenze sono riferite a un singolo veicolo, sono rilasciate a titolo gratuito mediante un concorso pubblico e sono trasferibili ma non cumulabili. Il prezzo riflette la rendita derivante dal numero chiuso. Se il comune le scrive su un pezzo di carta che lei e’ l’unico autorizzato a vendere gelati ad Ostia, la sua gelateria acquisterà molto valore nel caso decidesse di venderla. In analogia limitare il numero di autovetture che possono trasportare clienti aumenta il giro d’affari e dunque il valore della licenza.

      • Niccolò

        Da quel che ricordo la disponibilità e il possesso della licenza hanno regole molto particolari. Ricordo che la norma parla chiaramente di trasferimento, ma mai di vendita. Il trasferimento credo fosse inteso come dazione a qualcuno (eredi) senza possibilità di richiedere nulla in cambio. Quello che poi si è generato è l’abuso (tollerato) del tassista che cede in cambio di un pagamento il proprio titolo. Credo che questo schema sia fuori dal sistema normativo che regola i taxi. Per quanto riguarda le proposte la più attuabile sembra quella di Bologna, ma quale giustizia c’è nel pagare un’impresa perché arrivano dei concorrenti? in nessun altro settore economico avviene. Ed è giusto che non avvenga, è il “rischio d’impresa”, senza non c’è innovazione.

  6. lodovico

    Darei più importanza al fatto che negando l’esistenza di UBER si nega la possibilità di nuove forme di economia più avanzate. Non si deve mai dimenticare che le televisioni private sono nate eludendo la legge o contro questa eppure hanno portato uno sviluppo che non ci sarebbe stato con le televisioni di stato. Il valore di una licenza vale per il servizio offerto e se non sbaglio per fare l’imbianchino non serve un concorso o l’acquisto di una licenza.

  7. Francesco

    La vicenda Taxi vs Uber sembra ridare smalto alla vecchia musica pro-deregulation; rivitalizzata dalla nuova e assordante cacofonia pro share economy. Una sintetica replica in 3 punti:
    1) I taxi -piaccia o no ai signori Polo e Calvano- sono un servizio pubblico. Il taxi si rivolge a tutti:giovani, anziani, famiglie, turisti, businessman,ecc,con smartphone oppure no, con carta di credito oppure no.I taxi sono presenti anche nei luoghi e nei momenti scarsamente remunerativi (Obbligo di servizio) La tariffa nn cambia che nevichi, esondi, faccia caldo a 40° o semplicemente si scorra agevolmente (Tariffa amministrata). Obbligo di servizio e tariffa amministrata hanno come necessaria controparte un numero contingentato se si vuole rendere economicamente sostenibile il servizio e al contempo escludere l’elargizione di sussidi (come nel caso del trasporto pubblico collettivo) Cosa risaputa in letteratura e confermata da infinite esperienze empiriche (Vedi flop della deregulation dei taxi in Olanda, Irlanda, Svezia 2000-2013).
    2) Il controllo pubblico riguarda aspetti ben più sostanziali che nn la presunta maggiore cortesia dei driver (Es: Validità patente, casellario giudiziario, omologazione e revisione periodica dei mezzi, assicurazione professionale,ecc).
    .4) Infine di sicuro interesse la lettura dei seguenti articoli “Ma Uber è vera innovazione?” Maselli,Giuli Lavoceinfo 31/03/15.
    “How everyone gets the sharig economy wrong” Mims, The Wall Street Journal 24/05/15

    • Maria Rosaria Di Pietrantonio

      Francamente mi riesce difficile comprendere perché alcuni (tassisti e farmacisti per esempio) debbano avere un numero contingentato per garantire loro una redditività sicura e altri invece commercianti invece no, in virtù di cosa? Per quanto riguarda le farmacie aggiungo in virtù dei senatori che stanno li a fare in modo che nulla cambi nel Meraviglioso mondo delle Farmacie Italiane. Anche qui uno dei problemi è la licenza il cui prezzo è infinitamente più elevato di quelle dei taxi. Una licenza per una farmacia di un paese di 1000 abitanti costa 1milione e 500 senza arredi e scorte, via via più su fino ad arrivare a 7 milioni di euro e più per farmacie da 7-8 milioni e più di fatturato, cosa non proprio rara,ovviamente ci sono piccole farmacie in frazioni di 500-700 abitanti che (è successo 1 mese fa) vengono vendute a 450-500 mila euro, è ovvio che di fronte a queste cifre non ci potrà mai essere una liberalizzazione dei farmaci con un vero risparmio dei cittadini e una possibilità per tanti farmacisti di svolgere la loro professione, la piccolissima farmacia (sono circa 500 su 17500 farmacie italiane) vengono aiutate dalla regioni a pagare il dipendente con “regali” di 6-7 mila euro l’anno e così via tanti piccoli e grandi privilegi di questa meravigliosa categoria. Concorrenza? ma per favore! I vertici ordinistici sono rimasti gli stessi per più di 30 anni! Cambierà? certo che no, troppi soldi girano intorno alle meravigliose farmacie italiane.

    • Emilio

      Grazie per la replica. 1- UBER non puo’ sostituire il servizio taxi per i motivi da lei indicati (e se non ho uno smartphone? O una carta di credito?) Cio’ non toglie che i servizi possano teoricamente convivere. – Non esiste un prezzo “giusto”. Come fa notare lei, le tariffe amministrate sono ritenute troppo basse dai tassisti (e quando piove e fa freddo?) e troppo alte per il consumatore medio (che piova oppure no). Il dramma delle tariffe fissate dal regolatore pubblico e’ che scontentano tutti. E ahimè l’interesse diffuso dei consumatori di solito in questo paese soccombe agli interessi delle lobby (non dico questo sia il caso del servizio taxi ma il dubbio e’ fondato). 1c. L’obbligo di servizio e’ un ottimo punto. Si può tranquillamente estendere a tutti i soggetti. Non penso UBER abbia da ridire se li si obbliga ad avere un certo numero di macchine sul territorio in ogni momento. 2 – Il cittadino deve sapere che il taxi bianco offre maggiori garanzie e standard qualitativi. Ma deve anche essere libero di scegliere di salire su un’auto, come UBER, che per un prezzo più basso offre un servizio diverso (più scadente se preferisce). Rimane l’obbligo del conducente di avere un auto che rispetta i requisiti minimi dettati dal codice della strada pe il trasporto in tutta sicurezza di un passeggero.
      Rimane un problema di iniquita’ causato dall’abusivismo che va risolto tutelando appieno l’interesse della categoria.

      • Non sarebbe bastato che nel 2007 quando si parlo di liberalizzazioni si fosse trovato il modo di dare un scadenza alle licenze (ad esempio 10 anni) che consentisse ai proprietari delle licenze di estinguere i mutui e a noi utenti di risolvere almeno in prospettiva il problema?

  8. Angelo

    I taxi e uber saranno un ricordo in meno di tre anni. Signori, il futuro e’ già sulla strada, si chiama electric unicycle.

  9. Massimo Gandini

    Trovo incredibile che per svolgere un lavoro che, con tutto il rispetto possibile, definirei di bassisimo livello per quanto riguarda le competenze richieste, occorra una licenza. Essere elettricista o operatore di macchine utensili necessita di conoscenze incommensurabilmente maggiori ma non occorre nessuna licenza. E’ un mistero

  10. Massimo

    Il problema non riguarda solo i taxi e ha la sua radice nella generale tolleranza fin qui accordata alla compravendita degli atti amministrativi, le licenze appunto. Proporrei una soluzione in 2 step:
    1) propsta di legge: “Ogni licenza emessa da una PA è personale, non cedibile e al termine dell’uso torna alla PA emittente”
    2) Con questa proposta in campo i costi della compravendita di qualsiasi licenza calerebbero gradualmente e la soluzione definita dall’autore “utopica” diverrebbe praticabile in breve tempo. L’importante è, a mio avviso, che riguardi tutti i tipi di licenze (farmacie, caldarroste, ecc.). La Pubblica amministrazione si riapproprierebbe delle sue competenze e gli attuali possessori di licenze non subirebbero un trauma economico. Concludo affermando che se uno nel 2015 paga 300.000 euro per una licenza …. beh… chi è causa del suo mal …

  11. Daniele Ferrante

    Secondo me il legislatore, come accade spesso, si dimentica che l’orizzonte temporale su cui può e deve muoversi lo stato è diverso da quello su cui si muove una persona.
    Una possibile soluzione può essere trovata nell’assegnare a tutti i detentori di licenza una licenza aggiuntiva (permettendo il possesso di più licenze ovviamente), la licenza dovrà essere utilizzata direttamente (assumendo dei dipendenti) o ceduta entro un certo periodo pena l’annullamento della stessa. In caso di licenza acquistata sarà necessario possederne 2 (o 3) per svolgere l’attività in regola. Questo meccanismo deve ripetersi ogni 5 anni per i prossimi 20 o 30 alla fine dei quali le licenze verranno definitivamente eliminate.
    Una pianificazione simile permetterebbe l’assorbimento dell’investimento da parte del tassista e la sicurezza di arrivare ad una situazione in cui sarà possibile abolire la contingentazione delle licenze.

    • Massimo

      Orizzonti temporali.
      Fra 20 o 30 anni presumibilemnte ci sarà il teletrasporto …

  12. fatti neri

    ma quale interesse dei consumatori? questi sono un esempio vivente tangibile di una lobby, la parte visibile, dietro esiste un sistema magna magna e lo sa chiunque ha partecipato a un concorso. il regolamento poi è anni ’50… tramandazione, uso del taxi fuori orario…! ma chi paga 180.000 eur un pezzo di carta chiamato licenza se rende poco come dichiarano? vietino la compravendita licenze, chi smette torna al comune, e ne immettano altre per chi vuole lavorare non mercificare sulla licenza come fanno da decenni!

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