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Lezioni elleniche: il ruolo delle banche nell’economia

La crisi greca ci ricorda che banche ed economia reale sono inscindibilmente legate. E la vigilanza bancaria, per quanto attenta e prudente, può fare poco di fronte a crisi sistemiche dovute al fallimento di uno stato. Coinvolgimento dei correntisti nel salvataggio e ulteriore instabilità.

Aiuti, banche e cittadini greci
Da settimane politici, economisti e commentatori discutono di quanta parte dei piani di salvataggio erogati alla Grecia negli ultimi cinque anni o decisi la scorsa settimana sia finita o finirà alle “banche” piuttosto che al “popolo”. Se non si comprende il ruolo svolto dalle banche nel sistema economico, le cifre finiscono per alimentare facili derive demagogiche che aumentano la confusione dell’opinione pubblica. Per questo motivo non daremo numeri, ma mostreremo i legami tra banche ed economia reale.
Iniziamo dal caso più semplice, quello degli aiuti alle “banche greche”. Le istituzioni finanziarie spesso falliscono per errori del proprio management, eppure non ci risulta che le banche greche abbiano investito in titoli tossici o speculato in derivati. Tra l’altro, dal novembre 2014, le principali tra loro sono sotto la vigilanza della Banca centrale europea. Semplicemente hanno finanziato imprese e privati, cercato di trattenere i risparmi dei loro concittadini meno abbienti (i più ricchi da tempo avevano portato le loro fortune all’estero) oltre che investito in titoli pubblici e obbligazioni private, che poi hanno consegnato in banca centrale come garanzia per ottenere maggiore liquidità.
Come insegnano la pratica e la teoria, se si verifica una “corsa agli sportelli” non c’è sistema bancario al mondo che possa sopravvivere. I risparmiatori, per il timore che il paese potesse uscire dall’euro o la propria banca fallire, hanno cercato di ritirare i propri depositi, tesaurizzando le banconote nelle cassette di sicurezza o sotto il materasso. La nuova normativa europea sulla risoluzione delle crisi bancarie, che entrerà in vigore nel gennaio del prossimo anno, ha contribuito poi a inasprire la fuga dai depositi. In base al tanto celebrato principio del bail-in, prevede infatti che a pagare i danni di un eventuale salvataggio delle banche non siano solo gli azionisti o gli obbligazionisti subordinati, ma anche i correntisti con depositi superiori a 100mila euro. La chiusura della banche, i controlli ai movimenti di capitale e le code ai bancomat sono la plastica rappresentazione di una crisi sistemica di liquidità.
In questo contesto, è chiaro a tutti che gli aiuti assegnati dalla Bce alle banche greche, per esempio attraverso la Emergency Liquidity Assistance (Ela), siano finiti nelle tasche dei greci in fila ai bancomat. Ed è altrettanto chiaro che gli aiuti per ricapitalizzare le banche greche consentiranno alle imprese, alle famiglie e allo Stato, cioè al “popolo greco”, di poter ricominciare a negoziare e investire come in una economia moderna.
 
Quanto è andato alle banche stranierie
 
E veniamo adesso al caso delle banche straniere. Iniziamo ricordando che con il Private Sector Involvement (Psi) del 2012, tutti i soggetti privati, banche comprese, che avevano in portafoglio titoli di Stato greci hanno subito perdite pari mediamente al 75 per cento del controvalore nominale.
Se qualcuno pensa che si sia trattato di un’operazione relativamente indolore, dovrebbe chiedere lumi alle banche cipriote che sono “saltate” proprio a causa delle perdite subite sui titoli greci. Così come non sono riuscite a sfuggire alle dolorose conseguenze del default greco tutte quelle banche europee, come il Credit Agricole, che avevano effettuato un investimento diretto in Grecia.
Si sono invece salvati quegli investitori che avevano in portafoglio titoli di Stato ellenici che scadevano tra il primo salvataggio del 2010 e il secondo del 2012 in cui veniva attivato il Psi. Quei titoli sono stati, infatti, rimborsati grazie al sostegno dell’Europa e del Fondo monetario internazionale. Anche in questo caso è però errato affermare che il “popolo greco non ha visto un euro”. Un prestito può, ad esempio, servire per costruire una strada o una scuola. Se il mutuo lo ripaga un altro soggetto, non ci perde l’investitore, ma nemmeno chi usufruisce adesso della strada o della scuola. Inoltre, il nuovo debito, che si è sostituito al vecchio, ha condizioni nettamente più vantaggiose e di questo sta beneficiando lo Stato greco.
Con il senno di poi, si sarebbe dovuto procedere subito nel 2010 a un default della Grecia, anticipando di due anni il Psi. Ma il mondo era ancora sotto shock per l’errore di aver lasciato fallire la Lehman Brothers e tutta la costruzione europea si reggeva allora su due postulati: l’irreversibilità dell’euro e l’impossibilità di un default sovrano.
Le crisi, oltre a comportare altissimi costi sociali e politici, sono incredibili laboratori che mettono a nudo problemi e impartiscono importanti lezioni. La crisi greca non è da meno.
In primo luogo, ci ha ricordato quanto banche ed economia reale siano inscindibilmente legate e, pertanto, il tema dell’aiuto che non è arrivato al popolo greco, ma alle banche, è mal posto. Al limite, sarebbe più corretto domandarsi se non fosse giusto suddividere il costo degli aiuti in maniera diversa tra contribuenti e creditori. Inoltre, la vigilanza bancaria, per quanto attenta e prudente possa essere, poco può fare di fronte a crisi sistemiche generate dal default sovrano. Strumenti come gli stress test servono a poco in questi casi, mentre procedure di risoluzione delle banche che si fondino su procedure di bail-in dei depositanti possano rendere più instabile il sistema.

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  1. maria di falco

    Avete letto l’articolo di Loretta Napoleoni Intitolato ” Grecia, tassiamo gli armatori! Storia di un clamoroso fiasco di politica industriale” ? pubblicato sul fatto quotidiano del 19 luglio scorso. Mi sembra molto interessante! Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate.

  2. Rainbow

    Concordo su tutto,questo articolo e’un esempio di corretta divulgazione economica!La vulgata corrente ormai considera le Banche “nemiche della civiltà! Partendo da un presupposto vero, ossia che le banche e la finanza in generale, hanno un ruolo predominante e sovrabbondante nella economia globalizzata, si giunge a conclusioni sbagliate criminalizzando tutti gli intermediari finanziari,ignorandone il ruolo essenziale nell’Economia Moderna,e mettendo sullo Stesso piano una Banca di credito cooperativo,una Banca d’Affari stile J.P.Morgan,e le Banche Centrali! Tutte sono indistintamente “Banche”, quindi “brutte,sporche e cattive” a prescindere! Ci sono poi diverse teorie complottistiche che girano in rete,l e teorie del signoraggio bancario, che alimentano la distorta ideologia anti-banche, scemenze sesquipedali dal punto di vista scientifico che hanno, comunque, molti adepti, specie nei partiti populisti! Tutto ciò ha un formidabile brodo di cultura, ossia la macroscopica ignoranza del cittadino medio in materia economica e finanziaria! Bisognerebbe introdurre lo studio obbligatorio dell’economia e della finanza, nelle scuole primarie e secondarie!

    • Andy Mc Tredo

      Concordo pienamente su articolo e risposta. Mi sembra solo un po’ ottimistico risolvere l’ignoranza con uno studio scolastico generale che diverrebbe comunque generico. Purtroppo il problema è che chiunque abbia un’infarinatura su un qualche argomento (storia, economia, calcio, politica, eccc ecc…) immediatamente pontifica e staparla, trovando comunque un uditorio pronto a travisare e amplificare …

  3. Ivan

    Volevo capire una cosa, dato che di numeri si tratta (che poi vada ad influire sulla vita delle persone penso che a Bce , Troika e via discorrendo poco glie ne importi) e che alla fine della partita i conti devono ritornare.
    Dato che penso che in Bce etc etc non lavorino delle persone che non sappiano fare il loro lavoro ( almeno lo spero) , possibile che sia cosi estremamente difficile prevedere che una nazione come la Grecia dopo questa infilata di antibiotico fiscale , non riesca a tirare su la testa? Penso che esistano dei modelli matematici che per quanto ” rozzi” e pieni di falle, avessero previsto che la medicina non avrebbe funzionato così meravigliosamente, e su questo ne sono sicuro penso al 99% . Perché si e’ voluto fare così male a qualche milione di persone? E perché si è cercato di coprire il buco debitorio con altro debito? Lo sa anche un bimbo che alla fine non si riesce più a ripagare nulla. Questo è strozzinaggio alla ennesima potenza, si parla di miliardi di euro al colpo come fossero noccioline.

    • Miguel

      Purtroppo è perfettamente umano sbagliare le previsioni, quindi non darei troppo peso ai modelli applicati. Queste discussioni di carattere tecnico sul piano finanziario servono a poco se poi non c’è volontà politica. Come ha detto giustamente lei, alla Troika non mancano certo le competenze e sono stati scritti fiumi di analisi sui pro/contro dell’euro, su chi ci doveva entrare subito e chi solo dopo.
      La vergogna, secondo me, è stata la scelta dei politici europei di aver giocato troppo d’azzardo, puntando sul verificarsi o meno di certi eventi per risparmiare/fare-prima/fare-bella-figura/adrenalina (altro?) invece che prendersi più tempo per consolidare le basi, ad esempio l’unione bancaria (qui su La Voce sono usciti 3-4 post negli ultimi giorni). L’unione bancaria era un intervento strutturale fondamentale che doveva essere fatto con la massima priorità: da quello che ho compreso, l’unico motivo per non farla poteva essere… solo un corso degli eventi particolarmente fortunato!
      In sostanza, dal mio punto di vista la dirigenza europea non va rimproverata di aver sbagliato le previsioni (non siamo infallibili) ma di aver continuato a giocare d’azzardo, anche dopo che gli indicatori da lei stessa decisi non andavano come previsto.
      Per evitare 100 di costi certi, si è voluto sfidare la sorte su 1000 o più di potenziali. Che però sono arrivati. L’Europa non può più guardare solo al caso fortunato.

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