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Nella legge di Stabilità spunta un’idea di reddito minimo

La legge di Stabilità introduce un fondo nazionale per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale, allargando a tutta Italia la sperimentazione del Sia. Pur con tutti i suoi limiti, la misura si avvicina a uno schema generale di reddito minimo. Beneficiari, esclusi e una gradualità positiva.

Assieme ad alcune misure discutibili, come l’innalzamento del limite sull’uso del contante o l’abolizione della Tasi sulla prima casa, la legge di Stabilità per il 2016 contiene anche novità interessanti. Una delle principali è l’introduzione di un fondo nazionale “per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale” del valore di 600 milioni, che dovrebbero salire a un miliardo dal 2017.
Il fondo è destinato a finanziare un piano nazionale di durata triennale, elaborato dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Per il 2016 il piano si dovrà concentrare, sempre secondo la bozza della legge di stabilità, su due misure: a) 380 milioni saranno destinati all’estensione su tutto il territorio nazionale del Sia, il sostegno per l’inclusione attiva, già oggetto di una recente sperimentazione sulle dodici maggiori città italiane; b) i restanti 220 milioni andranno ad integrare l’Asdi, il sussidio introdotto con il Jobs Act per i disoccupati che abbiano esaurito il trattamento di disoccupazione e con minori a carico o almeno 55 anni.
Questi 600 milioni si sommano alle altre risorse già disponibili contro la povertà: nel 2016, in dettaglio, mettendo assieme vecchia carta acquisti, Asdi e Sia, avremo circa 200 milioni della vecchia carta acquisti, 54 milioni del fondo disoccupazione dei cococo e cocopro, figure che scompariranno nel 2016, 380 milioni già impegnati per l’Asdi, a cui si aggiungono i nuovi 220 milioni, e 370 milioni per l’estensione del Sia al mezzogiorno e non ancora spesi, più i nuovi 380 milioni. Si raggiunge così per il 2016 una cifra attorno al miliardo e mezzo, ancora sparpagliata tra varie misure. Per il 2017 il quadro è più chiaro: il miliardo previsto dalla legge di stabilità si aggiungerebbe ai 250 milioni della vecchia carta acquisti e al fondo già previsto di 200 milioni dell’Asdi, più 50 milioni circa del fondo per i cocopro, per un totale di 1.5 miliardi.
Da queste cifre, se saranno confermate dalla versione definitiva del disegno di legge di Stabilità, si ricava che per la nuova misura nazionale (cioè il Sia esteso) nel 2016 saranno disponibili circa 750 milioni. Per il futuro si vedrà, dipende dalla sorte di carta acquisti e Asdi, cioè se saranno assorbite nel Sia o rimarranno istituti separati. Tutte le tre misure andranno soprattutto a famiglie con minori: il Sia per definizione, l’Asdi in base ai primi dati disponibili, ed anche la carta acquisti, perché il nuovo Isee rende più difficile per gli anziani restare sotto i 6500 euro di soglia.
Anche se le caratteristiche del nuovo strumento saranno dettagliate da un decreto del ministero del Lavoro, sembra che l’estensione all’intera Italia del Sia avverrà con le regole attuali: riguarderebbe cioè tutte le famiglie con minori e con Isee (Indicatore della situazione economica equivalente) inferiore a 3mila euro annui.
Si tratta di un risultato importante: la nuova misura è quanto più si avvicina a uno schema generale di reddito minimo tra i vari istituti introdotti in via permanente o una tantum in Italia negli ultimi anni. È un risultato a cui hanno contribuito la gravità della crisi iniziata nel 2008 e la pressione di molte associazioni operanti nel sociale, nonché gli sforzi di chi si è occupato di questi temi negli ultimi governi e nel ministero del Lavoro. Vediamo in breve alcuni punti critici e quelli positivi del provvedimento.
Luci e ombre
Il principale aspetto problematico è il carattere categoriale della misura, che non si rivolge a tutti i nuclei in povertà, ma solo a quelli con almeno un minore. Ci potrebbe essere il rischio che nasca un nuovo trasferimento settoriale che si aggiunge a vari già presenti, come l’Asdi stessa o l’assegno ai tre figli o la carta acquisti da 40 euro al mese. Va però detto che la povertà infantile è in Italia un problema molto grave, che secondo le stime dell’Istat riguarda circa 600mila nuclei. Un trasferimento pensato per tutte queste famiglie è un buon modo per iniziare una seria politica di contrasto della povertà. La stessa legge di stabilità prevede che in futuro si dovrà procedere a un riassetto dell’insieme degli strumenti assistenziali, per evitare doppioni o buchi, e la nuova misura potrebbe assorbirne alcuni.
L’importo del finanziamento è una cifra molto significativa, ma ancora meno di quanto servirebbe per ridimensionare in modo evidente la povertà assoluta in Italia. Dai dati Istat si evince che sarebbero necessari circa 5-6 miliardi per colmare il divario tra soglie di povertà assoluta e spese delle famiglie povere. Si tratta di una cifra ipotetica, perché eliminare la povertà non sarebbe così semplice, ma rende l’idea: 1.5 miliardi, considerando carta acquisti, Asdi e Sia, sono circa il 25-30% del “gap di povertà” italiano.
Se dividiamo i 750 milioni del Sia per 600mila famiglie con minori in povertà si ottengono 1250 euro all’anno. È ragionevole invece, sulla base degli importi del Sia in fase sperimentale, che la nuova misura trasferisca mediamente a ogni famiglia povera circa 3-4mila euro all’anno. Non tutti i nuclei poveri con minori potranno quindi accedervi, neppure nel 2017. La selezione avverrà ragionevolmente non dando pochi soldi a pioggia, ma in base al bisogno, ad esempio attraverso un livello molto basso della soglia di accesso: nel Sia sperimentale è 3mila euro di Isee all’anno, una cifra davvero contenuta se ad esempio si pensa che il limite per la vecchia carta acquisti è di 6.500 euro. Solo i più poveri tra i poveri saranno ammessi al beneficio. Realisticamente, si tratterà di circa 200-250mila famiglie. Certo molte meno di quelle con figli e in povertà, ma un grande miglioramento rispetto ai 6.500 nuclei intercettati con la sperimentazione del Sia.
In sé la gradualità non è un aspetto negativo: in una fase iniziale è naturale e consigliabile procedere per gradi, per verificare l’ampiezza effettiva della platea e il comportamento dei beneficiari, e anche per permettere ai servizi sociali di organizzare i necessari progetti di reinserimento. Quando lo strumento sarà rodato, si dovrà però estendere la platea anche a livelli di Isee superiori e ad altre tipologie familiari.
Pur con alcuni aspetti critici, in particolare l’esclusione dei nuclei di adulti o di una sola persona, dove pure l’incidenza della povertà assoluta non è bassa, il fondo permette alla lotta alla povertà di fare un importante salto di qualità: non più interventi una tantum, ma un “secondo” passo, speriamo decisivo, che a partire dalla sperimentazione del Sia introduce una misura strutturale che potrà entrare a far parte dei livelli essenziali delle prestazioni assistenziali da garantire a ogni cittadino. Una volta messa in piedi una infrastruttura fatta di risorse e competenze, sarà più facile procedere fino al pieno universalismo. E allora potremo dire che l’Italia non è più l’unico paese europeo, assieme alla Grecia, a non disporre di un reddito minimo contro la povertà.
 
 

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Il Punto

  1. AM

    Possono beneficiarne solo i cittadini italiani o anche gli stranieri che spesso (soprattutto se rom) hanno famiglie molto prolifiche

  2. Laura

    Sono solo interventi settoriali, “pecette” che non risolvono minimamente il problema dei 9-10 milioni di persone in povertà presenti in Italia. Bisogna fare una revisione totale degli ammortizzatori, dei vari sussidi che si perdono in mille sottocategorie, e una grande riforma dei centri per l’impiego pubblici e privati. Tutto il resto è fuffa!

  3. giuseppe

    Sono inclusi nella legge di stabilità anche i 55enni con un Isee o disoccupati dal 2011 con una moglie a carico?

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