La nuova disciplina sulle crisi bancarie prevede un importante strumento, il bail-in, per evitare i salvataggi pubblici. Ma bisogna guardare soprattutto alle misure di prevenzione. Per controllati e controllori una prassi operativa, nella quale si misurano anche i rischi di variabili imprevedibili.
L’utilità del bail-in
Le nuove regole sulle crisi bancarie rappresentano l’ultimo tassello per completare l’apparato dei controlli con misure adeguate per fronteggiare i dissesti bancari.
La novità più rilevante – e discussa – della nuova disciplina è sicuramente il bail-in; come giustamente sottolineato da Lorenzo Stanghellini. Si tratta di uno strumento utile e importante perché introduce il sacrosanto principio che una banca si deve salvare innanzitutto con le proprie risorse e quelle di alcune categorie di creditori, esclusi i meno protetti (i depositanti). Da un lato, si evitano così i conosciuti e tradizionali fenomeni di opportunismo (rischio quanto mi pare, tanto alla fine ci sono sempre le casse pubbliche – cioè tutti noi – pronte a correre in mio aiuto). Dall’altro, e specularmente, il principio impone a tutti gli attori che affidano risorse alle banche più attente e ponderate valutazioni.
Ancora il popolo e le banche
Non dobbiamo però, illuderci, perché non è affatto detto che il bail-in sia da solo in grado di togliere le castagne dal fuoco. Le nuove norme prevedono l’istituzione di “fondi di risoluzione” destinati a intervenire se tutto ciò che sta nella pancia della banca non basta. Sono fondi costituiti con contributi dell’intero sistema creditizio, ma se non bastano si torna a bussare alla solita e tradizionale porta e cioè le nostre tasche. Per farla breve, si fa di tutto per non arrivarci, ma alla fine, è sempre il popolo a dover salvare le banche. Ed è questa un’ipotesi sicuramente lontana per gli intermediari più piccoli o ben capitalizzati, ma molto più vicina in caso di dissesti di rilevanti dimensioni e con caratteristiche sistemiche che coinvolgono interi paesi, anche per il legame perverso tra attivi bancari e debito sovrano (il caso Grecia insegna). Tanto che in sede comunitaria il vero nodo da sciogliere è il famoso backstop, ovvero dove trovare le risorse in attesa che passino i lunghi otto anni necessari al fondo di risoluzione unico, alimentato dalle banche, per entrare a regime con una potenza di fuoco di 55 miliardi di euro. Con la Germania che sembra preferire un backstop in capo ai singoli stati membri e gli altri paesi più orientati verso soluzioni a carico del bilancio comunitario.
Il potere del pensiero negativo
Se il bail-in non è la soluzione miracolosa che allontana del tutto il pericolo dei salvataggi pubblici, è importante avere un buon armamentario in grado di intervenire prima che i buoi siano scappati dalla stalla. E qui la direttiva fa indubbiamente qualche decisivo passo avanti. Da un lato, le banche dovranno redigere piani di risanamento indicando le misure da adottare nel caso di deterioramento della propria situazione finanziaria, dall’altro le autorità di controllo, oltre a poter adottare tutta una serie di provvedimenti al manifestarsi dei primi segnali di allarme, dovranno a loro volta predisporre piani di risoluzione che prevedano quali strumenti utilizzare nel caso di crisi della banca.
Con un’espressione a effetto potremmo dire che d’ora in poi tutti gli attori del sistema creditizio dovranno cominciare a pensare alle proprie possibili disgrazie. Ma al di là delle facili ironie, è proprio questo il vero valore aggiunto della nuova disciplina: imporre a controllati e controllori una prassi operativa, nella quale si misurano anche i rischi di un futuro sempre più sottoposto a variabili imprevedibili (ed è stata questa in fin dei conti la vera lezione della crisi finanziaria).
Chris Hadfield, un noto astronauta canadese, ha scritto un libro (An Astronaut’s Guide To The Life On Earth, McMillan, London, 2013) con l’obiettivo appunto di riportare gli insegnamenti tratti dalla vita nello spazio in quella sulla terra. Il terzo capitolo si intitola “Il potere del pensiero negativo” e cerca di spiegare come, in una attività ad altissimo rischio come la sua, sia importante un continuo allenamento, nella piena consapevolezza delle proprie capacità e dei propri limiti, ma anche di tutte le possibili e imprevedibili situazioni che un astronauta potrebbe trovarsi a fronteggiare da solo e lontanissimo dalla terra, per essere in grado di affrontare e programmare l’incognito, anche nelle sue peggiori e catastrofiche manifestazioni.
Forse un po’ di pensiero negativo farà bene alle nostre banche. Soprattutto, contribuirà a tenerle il più lontano possibile dai nostri soldi quando le cose si mettono male.
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Filippo Cavazzuti
Caro Francesco, un domanda soltanto su di un tema cui non fai riferimento: dopo il bail in che fine faranno i top manager che hanno contribuito alla disgrazia, godranno dell’abituale paracadute d’oro ? Filippo Cavazzuti
francesco
Il nodo sulle coperture a tempo del fondo di risoluzione sembra ormai essere stato gia’ sciolto (a favore della linea tedesca): http://uk.reuters.com/article/2015/11/10/uk-eurozone-banks-resolution-idUKKCN0SZ0XD20151110
Francesco Vella
Ringrazio Francesco per l’utile aggiornamento e anche Filippo, per l’aver messo in evidenza un problema molto importante che effettivamente merita una trattazione a parte e cioè l’esigenza di… scindere il destino della banche da quello dei banchieri! Per quanto riguarda in specifico i compensi dobbiamo innanzitutto ricordare che già esiste una disciplina delle remunerazioni con particolari limiti, che non soltanto guardano alle performances di lungo periodo, ma, in caso di cessazione del rapporto di lavoro e di golden parachute, prevedono l’obbligo di adottare indicatori che riflettano l’andamento positivo o negativo della banca e con clausole di correzione (claw back) nel caso si verifichino eventi negativi. A questo si aggiunge, che proprio nell’ambito dei piani di risanamento che le banche debbono redigere, e ai quali faccio riferimento nell’articolo, l’autorità di vigilanza può richiedere (nuovo art. 69 quinquies del TUB) tutte le modiche necessarie a rendere funzionali ed efficaci i piani. In sostanza, esistono i presidi per scongiurare il pericolo di una struttura delle remunerazioni troppo generosa con manager che dopo il bail-in escono con laute buonuscite.