Lavoce.info

L’arma del welfare per la contrattazione aziendale *

Introdotta nel 2008, la detassazione dei premi di produttività è stata sospesa nel 2015. Torna ora con la legge di stabilità 2016. E i premi potranno essere pagati attraverso forme contrattate di welfare aziendale o di partecipare agli utili. Crescerà così la contrattazione di secondo livello?
Una nuova detassazione dei premi di produttività
La detassazione dei premi di produttività è stata introdotta in Italia nel 2008 (con caratteristiche che cambiano ogni anno – si veda la tabella 1) ed è stata interrotta nel 2015. Purtroppo, non è facile valutare quanto lo sgravio fiscale sia servito ad aumentare il numero di aziende che fanno contrattazione integrativa perché non ci sono imprese escluse dal beneficio (manca un gruppo di controllo). E anche perché l’introduzione dello sgravio coincide con l’incedere della crisi economica, durante la quale è normale che le aziende contrattino più per gestire gli esuberi che per premiare la produttività.
Per questa ragione la legge di stabilità di quest’anno, nel suo articolo 12, non si limita a proporre il ripristino dello sgravio fiscale, ma aggiunge due importanti novità: una sul welfare aziendale (ovvero la possibilità di offrire servizi quali il pagamento dell’asilo o della badante per i non autosufficienti) e una sulla partecipazione dei lavoratori. L’idea sottostante è duplice: che l’incentivo più forte a concludere contratti integrativi aziendali non stia nello sgravio fiscale, ma nell’ampliamento sostanziale delle possibilità di contrattare; e che lo scopo della contrattazione integrativa non è solo l’incentivazione della produttività bensì anche il miglioramento dei rapporti sindacali.
Come si vede dalla tabella 1, da quest’anno il limite dell’importo dello sgravio è di 2mila euro, che possono diventare 2.500 se il contratto integrativo prevede commissioni paritetiche che coinvolgono i lavoratori nell’organizzazione del lavoro. Lo sgravio si può applicare a tutti i lavoratori che guadagnano un salario lordo fino a 50mila euro all’anno, arrivando quindi fino al livello dei quadri. La scelta è stata dunque quella di ampliare la platea dei beneficiari (nel 2014 il limite era di 40mila euro) e ridurre l’importo massimo dello sgravio rispetto agli anni precedenti (erano 3mila euro nel 2014). I dati dell’Agenzia delle entrate ci dicono infatti che l’anno scorso l’importo medio del premio di produzione è stato di 1.150 euro e il numero dei beneficiari ammonta a poco più di 2milioni e 700mila lavoratori.
Il welfare “contrattato”
Tuttavia, la novità più importante è che da oggi il menù della contrattazione integrativa si arricchisce del welfare aziendale. Finora, era riservato a poche grandi aziende (famosi sono i casi Luxottica, Ferrero e di alcune tra le banche maggiori). Fatta eccezione per alcune fattispecie tassativamente individuate (ad esempio, asili nido e borse di studio per i familiari), l’offerta più consistente di welfare aziendale può oggi realizzarsi solo entro limiti molto stringenti: deve avvenire attraverso opere e servizi (per esempio alcune aziende istituiscono asili interni); e soprattutto deve avvenire unilateralmente da parte del datore di lavoro, non è quindi contrattata con i sindacati, o almeno non deve apparire come tale.
Con la legge di stabilità 2016, tutti i servizi di welfare aziendale contrattati con i sindacati sono totalmente esenti da tasse e, fino al limite previsto di 2.500 euro annui per ogni lavoratore, l’Agenzia delle entrate non deve più preoccuparsi che le imprese sostituiscano salario (tassato) con welfare (esente dalle tasse): entro quella somma, l’azienda può pagare in servizi invece che in salario. Anzi, è il lavoratore stesso che può decidere se il suo premio di produttività debba essere pagato in cash (in questo caso si applica un’imposta sostitutiva del 10 per cento) oppure in welfare (che è totalmente esente da tasse). E non è necessario che l’azienda fornisca servizi diretti, può ricorrere a voucher, che potranno essere spesi solo presso fornitori di servizi accreditati (per esempio asili nido o servizi di assistenza agli anziani). In questo modo, si favorisce la diffusione del welfare aziendale anche tra le imprese più piccole e si crea un settore di operatori che intermedia i voucher tra aziende e fornitori di servizi.
La partecipazione agli utili
La seconda novità della legge di stabilità 2016 è l’estensione degli incentivi ai premi di produttività erogati in forma di partecipazione agli utili. È una forma di premio che finora non è mai stata usata in Italia (ma è diffusa in altri paesi) perché implicava un doppio pagamento di tasse, uno in capo all’azienda e uno in capo al lavoratore. Ora non è più così: la convenienza fiscale è la stessa sia per il tradizionale premio di produttività sia per quello pagato attraverso la distribuzione degli utili. Questo modo di pagare i premi riconosce concretamente la partecipazione dei lavoratori ai successi dell’impresa e soprattutto lega il premio a un parametro oggettivo che dovrebbe riflettere la produttività aziendale.
I dati dell’Inps ci dicono che nel 2014 circa 10mila aziende hanno beneficiato degli sgravi di produttività previsti all’interno di contratti aziendali e circa 30mila aziende (più piccole, di norma imprese artigiane) all’interno di contratti territoriali. Partiamo quindi da un numero di imprese che fanno contrattazione integrativa piuttosto basso. I prossimi anni potranno dire se la strategia di non puntare solo sugli sgravi, ma di allargare il menù della contrattazione al welfare e alla distribuzione degli utili avrà raggiunto l’obiettivo di aumentare la diffusione dei contratti integrativi.tabellaleonardi
* L’autore è consulente del ministero dell’Economia e delle Finanze, ogni opinione è strettamente personale.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Con la popolazione che invecchia la 104 non basta più*

Precedente

Di padre in figlio: così si tramanda la diseguaglianza

Successivo

Quel pensiero negativo utile per risolvere le crisi bancarie

  1. Carlo

    Di primo acchito l’idea dei voucher welfare mi sembra un pasticcio. Genera un’area di attività che ha esclusivamente giustificazioni fiscali e non mi sembra migliori l’efficienza economica complessiva. Introduce invece intermediari che non hanno reali giustificazioni economiche che sarà molto difficile smontare in futuro. Mi sembra una situazione simile a quella dei ticket pasto che aggiungono complessità al sistema senza alcun beneficio effettivo al sistema economico stesso.

  2. Enrico

    E abbassare semplicemente le esorbitanti tasse in busta paga no? Poi con i soldi in più ci si crea da soli il welfare

  3. Francesco Iasi

    Prof, sicuramente questo è un passo importante per il welfare aziendale in Italia, viene infatti legittimata un importante fonte di finanziamento per le PMI: il premio di produttività. Quello che credo sia necessario è rivedere in maniera organica il testo del’art 51 TUIR, non solo sulla tipologia di nuovi interventi (già prevista nella bozza della Legge di stabilità) ma anche in relazione ai tetti di deducibilità ormai bloccati da decenni. Non crede possa essere un ulteriore step per stimolare la crescita del welfare, che oramai vede il suo futuro in azienda?

  4. Lorenzo

    Quello che non è chiaro è se il limite dei 50000 euro deve essere rispettato anche nel caso in cui il lavoratore decida di sostituire il premio in danaro con il welfare aziendale. Qundi la sostituzione del premio in welfare, risulterà essere esente a tassazione, soggetta al limite dei 2000/2500 euro e a quello con dei 50000 euro, ma quest’ultimo limite reddituale non va contro il principio di generalità posto alla base dell’art.51?

    • Alex

      Mi lego alla domanda di Lorenzo.
      Il comma 186 art. 1 della legge di stabilità recita che: “Le disposizioni di cui ai commi da 182 a 185 trovano applicazione per il settore privato e con riferimento ai titolari di reddito di lavoro dipendente di importo non superiore, nell’anno precedente quello di percezione delle somme di cui al comma 182, a euro 50.000.”
      Il comma 182 riguarda l’introduzione dell’aliquota agevolata 10% e il comma 184 la NON CONCORRENZA nella formazione del reddito da lavoro dipendente (quindi totale detassazione totale) e la mancata soggezione all’aliquota agevolata di cui sopra per ciò che riguarda le somme e i valori relativi all’art. 51 del TUIR, cioè il famoso WELFARE, anche se usufruiti in vece del premio aziendale cash.
      I lavoratori con redditi superiori ai 50.000 euro sono quindi ESCLUSI sia dalla aliquota agevolata che dalla DETASSAZIONE TOTALE in caso si scelta del WELFARE?
      E la previsione in accordo aziendale della possibilità della erogazione cash (con aliquota piena) per questi lavoratori, comporta di conseguenza ANCHE la tassazione piena delle somme e valori erogati come WELFARE?

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén