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Il dovere dell’informazione sui titoli delle banche

La vicenda che ruota attorno al decreto “salva-banche” fa emergere le responsabilità di chi non ha informato la clientela sui rischi a cui andava incontro: non solo le banche, ma anche le autorità di vigilanza. Se non si cambia rotta, in futuro i guai saranno maggiori. Contribuenti e risparmiatori.
I fatti dietro al decreto
La vicenda delle quattro banche (Banca Marche, Popolare Etruria, CariFerrara e CariChieti) salvate con il decreto del 22 novembre, che ha inflitto pesanti perdite ai risparmiatori, sta diventando grottesca, se non fosse per certi versi drammatica. Nessuno (banche, governo, Consob, Banca d’Italia) riconosce le sue responsabilità. Tutti sono concordi nell’incolpare l’Europa, in particolare la Commissione UE, con il bel risultato di rendere le istituzioni europee ancora più indigeste ai cittadini. Proviamo a fare un po’ di chiarezza.
Da dove deriva il problema che è esploso in questi giorni? Viene dal fatto che le banche in questione, negli anni passati, hanno venduto ai risparmiatori titoli rischiosi: azioni e obbligazioni subordinate emesse dalle stesse banche. Le azioni sono notoriamente “capitale di rischio”: non sono un debito della banca, ma una quota nella sua stessa proprietà e come tali soggette al rischio di perdere tutto il loro valore in caso di fallimento. Le obbligazioni subordinate sono una via di mezzo tra debito e azioni: sono un debito della banca, che tuttavia viene rimborsato per ultimo in caso di fallimento, cioè dopo tutti gli altri creditori (come obbligazionisti ordinari, depositanti, fisco). Sono meno rischiose delle azioni, ma più degli altri titoli emessi dalla banca.
Questi semplici concetti non sono sempre noti al piccolo risparmiatore. Sarebbe un dovere di chi vende quei prodotti finanziari alla clientela al dettaglio sottolinearne i rischi e sconsigliarne l’acquisto a chi non è attrezzato, finanziariamente e culturalmente, a sopportarli. Sarebbe comunque bene fare sempre osservare il principio di diversificazione: se proprio vuoi comprare quei titoli, investi una piccola quota della tua ricchezza in uno singolo, ovvero non mettere tutte le uova nello stesso paniere. Il dovere di informazione alla clientela è stato rispettato? Da quanto emerge in questi giorni, sembra di no.
C’è una autorità che vigila sulla trasparenza e correttezza dei rapporti tra operatori finanziari e clienti: la Consob. Cosa ha fatto? A quanto pare, si è accontentata degli aspetti formali. L’emissione di un titolo sul mercato deve essere accompagnata da un “prospetto informativo”: un documento che riporta una quantità tale di informazioni che nessuno osa leggerlo, e che ben pochi sono in grado di comprendere. Tutti siamo costretti a dare alla nostra banca le informazioni necessarie a compilare il modulo relativo al nostro “profilo di rischio” (la “Mifid”): un rito che si traduce spesso in una mera formalità. Sulla sostanza, cioè sul fatto che una banca non approfitti della fiducia accordatale da un cliente per vendergli prodotti non adatti a lui/lei, nessuno controlla.
Si dirà: poco importa, tanto le banche non possono fallire, in un modo o nell’altro vengono sempre salvate. Ma da un paio di anni, è vero fino a un certo punto. Dal 1° agosto 2013, infatti, è in vigore una comunicazione della Commissione UE dove si chiarisce che, prima che lo Stato possa venire in aiuto di una banca, i detentori di azioni e di obbligazioni subordinate devono subire le perdite necessarie e ridurre al minimo indispensabile l’aiuto dello Stato (questa regola è quella che i tecnici chiamano burden sharing). Cosa hanno fatto banche e autorità per informare i risparmiatori di questa novità? A quanto pare, nulla.
E una morale
Dal 1° gennaio 2016, la regola diventerà ancora più severa. In base a una direttiva europea (approvata anche con il voto degli italiani presenti nel Parlamento europeo) lo Stato potrà venire in aiuto di una banca solo se prima una quota delle perdite sarà stata addossata agli azionisti e ai creditori della banca stessa, compresi i detentori di obbligazioni ordinarie e i depositanti (saranno esentati solo i depositi inferiori ai 100mila euro, coperti dalla assicurazione). È il cosiddetto bail-in.
Per evitare che si ripetano situazioni simili a quella emersa in questi giorni, e potenzialmente ben più gravi, bisogna che tutti (banche, autorità, organi di stampa) si impegnino in una informazione corretta e capillare ai risparmiatori.
Deve essere chiaro che il mondo è cambiato: i salvataggi bancari interamente a carico dello Stato o del fondo interbancario (di assicurazione o di risoluzione) non sono più possibili.
Questo vuol dire che come contribuenti siamo meno esposti al rischio-banca, ma come risparmiatori lo siamo di più. D’altra parte, si sa che in economia “non ci sono pasti gratis”.
* Una versione di questo articolo è disponibile anche su www.tvsvizzera.it

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Il Punto

14 commenti

  1. bob

    la penosa e provinciale vicenda voglio vederla da un punto di vista diverso. Le 4 banche da lei citate ( più Veneto Banca e Pop Vicenza è questione di giorni) sono tutte banche del territorio proprio su questa definizione “territorio” che io individuo il male. Negli anni in cui il Paese aveva un suo sistema unito e nazionale essere banca del territorio voleva dire banca al servizio dell’ artigiano, del commerciante della piccola e media industria. Le banche di “riferimento per la politica” erano 4-5 tutte di carattere nazionale . Con la distruzione del sistema- Paese, iniziata con l’avvento delle Regioni, e con i molteplici livelli politico istituzionali localistici le cosidette “Banche del Territorio” sono diventate referenti del ” masaniello politico” di turno del paese o della circoscrizione. Basta moltiplicare 21 statarelli e i relativi 6-7 livelli di potere, a partire dalle Provincie per finire all’ultima circoscrizione l’equazione del disastro viene da se. Per aggiungere, all’ arroganza provincialotta di piccoli istituti che si sono convinti di poter essere Grandi Banche ( su tutte la Pop di Vicenza). Quindi nelle 4 banche da lei citate ci sono responsabilità prima di tutto politiche con nomi e cognomi. Questo è avvenuto non solo nel sistema bancario, ma in tanti altri settori: potrei citare uno per tutti la follia degli aeroporti nel deserto. In nome di leggendari barbari qualcuno aveva capito che non c’era bisogno di andare a Roma ma si poteva “rubare” in casa!

    • davide445

      Un altro problema a mio parere è che si continua a dare alle banche un ruolo che non gli compete: quello di elementi di sistema. Le banche sono semplici enti commerciali, fornitori del sistema impresa e nulla di più. Lo sbaglio che fanno molti risparmiatori ed il legislatore è pensare che siano uno dei mattoni fondanti del sistema economico, ed in quanto tali detentori di una posizione privilegiata sia come potere che come sicurezza.
      In fondo però quando una azienda sceglie dei fornitori non sceglie forse di differenziarli? Lo stato si crea forse problemi a far falliere una qualsiasi azienda? Quando investiamo in un progetto edilizio non valutiamo prima se ha potenziale e stabilità?
      Il sistema bancario va tolto da questo status che da un lato gli fornisce un alibi e dall’altro da false sicurezze, estendendo la separazione tra banche commerciali e società di investimenti. Lo scopo è il benessere delle aziende e del cittadino prima del benessere del sistema economico.

      • Giannandrea

        Proposte :
        1-UNICO Ente Regolatorio ( non come ora Consob Bankitalia )
        2-si prevedano per legge. Rappresentanti delle associazioni consumatori all’ interno degli enti regolatori
        3 – si consenta al nuovo ente regolatorio un potere sanzionatorio efficente nei confronti di Banche SGR Assicurazioni inadempienti

  2. carlo G. Lorenzetti

    Bankitalia si autoassolve riguardo alla crisi che ha coinvolto ben 4 banche e migliaia di risparmiatori e chiede maggiori poteri di vigilanza, in particolare quello di allontanare i manager che si rivelino inadatti al compito. Già oggi però l’Istituto può intervenire sulle nomine degli amministratori, negando per esempio il proprio parere favorevole quando il curriculum dei candidati e i requisiti di onorabilità e professionalità non appaiano soddisfacenti e tali da garantire una corretta e trasparente gestione delle banche loro affidate. L’esperienza passata e i fatti emersi in questi giorni insegnano che non sempre tale potere di vaglio e di controllo è stato esercitato in modo adeguato.

    • bob

      …ha presente la filastrocca ” controllati e controllori”? I controllati sono proprietari dei controllori cosa ci aspettiamo dal Paese del parroco, maresciallo, farmacista!

  3. Luciano Pontiroli

    A mio modo di vedere, la posizione degli investitori in titoli delle quattro banche deve essere analizzata in dettaglio. Ferma la distinzione tra azioni, obbligazioni subordinate ed altri titoli, mi sembra decisivo il modo nel quale essi investirono: molto probabilmente, per molti, l’investimento avvenne prima dell’1 agosto 2013 – per inciso, le comunicazioni della Commissione UE non sono vincolanti – e pertanto sarebbe difficile fondare una contestazione contro chicchessia sulla mancata informazione a proposito della sorte delle obbligazioni subordinate in caso di crisi delle banche. Invece, si dovrebbe perseguire la via della violazione degli obblighi di cura dell’interesse degli investitori stabiliti dal Testo Unico dell’intermediazione Finanziaria, individuando le responsabilità individuali (quelle delle banche sono ormai inoperanti ma, di fatto, lo erano anche prima del decreto). Sono a disposizione degli interessati per ulteriori chiarimenti.

  4. Michele Lo Piano

    Ho una domanda da fare. Quali interessi sono stati corrisposti su questi depositi?

  5. Henri Schmit

    Il solito gioco italiano: adesso tutti hanno capito tutto e ognuno dà la colpa all’altro. Vergognosa la dichiarazione di Bankit contro l’UE, vergognoso il coro politico contro l’UE e contro il governo perché gli errori sono stati commessi da cinque a dieci anni fa, scandalose le lacune della vigilanza, forse più da parte di Bankit che di Consob. L’informativa finanziaria è formale per definizione. Per una volta sono d’accordo con Renzi. Ha avuto il coraggio di difendere la soluzione adottata. Più brutto il ruolo di Padoan che deve spiegare la “soluzione” sporca per i pochi eletti che riceveranno il 30 %. Mi spaventa questo arbitrario da medioevo. Esiste una sola soluzione per la povera gente che ha perso i soldi: devono dimostrare che quando loro volevano liquidare il titolo subordinato, degli adetti della banca hanno consigliato di tenerli perché intanto la banca non sarebbe fallita. In quel caso la cattiva consulenza che normalmente non è una colpa (nessuno può prevedere il futuro) diviene colpa perché la banca ha agito in conflitto d’interesse. E il cliente va interamente rimborsato. Se no, amen. Dobbiamo sperare di perdere presto l’indipendenza nazionale a favore di organi di vigilanza e di legislatori capaci. Seno dobbiamo portare i nostri soldi alle banche estere.

  6. Henri Schmit

    Vorrei aggiungere tre osservazioni: 1. l’articolo è ottimo, preciso e equilibrato. 2. L’approccio italiano, in tutto, è troppo formale; gli obblighi MiFID sono invece sostanziali. Sono i tribunali che dovrebbero riconoscere questo e tutto o molto cambierebbe. 3. L’effetto (voluto) della regolamentazione UE è di drenare il risparmio verso gli istituti efficienti, rendendo azionisti, creditori obbligazionari, senior e subordinati, e depositanti più responsabili e togliendo ai politici un mezzo di entrare con le mani interessate e spesse sporche nell’economia reale. Grazie UE.

  7. marcello

    Il problema delle asimmetrie informative, razionalità limitata e selezione avversa è ben noto nell’economia. Non è un caso che x il famoso articolo The market for Lemons… ad A.G Akerlof sia stato assegnato il Nobel per l’economia nel 2001. E ‘altrettanto noto che gli esseri umani di fronte a eccesso di informazioni o di alternative tendano ad usare euristiche che violano i principi dell’utilità attesa, che sono assunti in tutti gli articoli che si leggono in questi giorni. Esiste una sterminata letteratura su come riorientare e aiutare con spinte gentili gli individui a evitare default choice e home biased choice (libertarian paternalism or asymmetric paternalism). Purtroppo l’assiomatizzazione di queste regole comportamentali è difficile e complessa e non trova spazio nelle riviste main stream che preferiscono pubblicare analisi econometriche che si smentiscono a vicenda, come è accaduto recentemente anche su questa rivista a proposito degli 80 euro, ed esperimenti senza basi (per inciso un recente articolo pubblicato su Scienze dice che solo il 30% dei maggiori esperimenti di psicologia ripetuti confermano le conclusioni). In breve i soldi crescono solo nel “campo dei miracoli” di Pinocchio. Le classificazioni di rischio sono incomprensibili perchè coinvolgono intervalli di probabilità difficili da ordinare correttamente. Se gli individui non scelgono un piano tariffario telefonico efficiente, come possono scegliere un piano energetico (luce e gas) o un portafoglio?

  8. ac

    Ho una domanda da fare. Chi paga?

  9. serlio

    Ancora una volta la Politica, quella vera e non l’antipolitica dei grillini, ha mancato di difendere il cittadino medio, dal malaffare.
    La Politica come non ci difende dalle incursioni dei ladri sempre più frequenti nelle nostre case, dai writer che imbrattano e degradano impunenemente qualsiasi zona delle città, etc, etc, etc, ha lasciato ancora una volta che anziane signore acquistassero titoli “sbagliati”. Occorre l’inversione dell’onere della prova, ponendo a carico del sistema bancario la dimostrazione di avere fatto tutto il possibile perchè l’investimento fosse coerente con il profilo dell’investitore.
    La Politica, che non difende i cittadini, ma li usa, come usa le banche, sta scendendo sempre più in basso, a livelli che non saranno mai raggiunti dalla Antipolitica, cui rimandiamo ogni speranza di tutela della nostra esistenza in questo paese.

  10. Danilo Cussini

    A questo punto, e dopo i casi Cirio, Parmalat e Argentina, sarebbe meglio una bella legge di un solo articolo più o meno così: <>.

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