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Quando la scuola naviga a vista

Le pluriclasse sono composte da alunni di età diverse iscritti ad anni di scuola diversi. In Italia si trovano nei comuni delle cosiddette aree interne. Sono un bene o un male per i bambini? Difficile dirlo perché non ci sono dati per studiarle. E allora come decidere se mantenerle o chiuderle?

Pluriclasse nelle “aree interne”

Sono circa 51mila i bambini che in Italia frequentano la scuola primaria in una pluriclasse, cioè in un contesto molto diverso da quello sperimentato dalla maggioranza dei loro coetanei. Una pluriclasse è composta da alunni di età diversa iscritti ad anni diversi del ciclo formativo. In queste situazioni, gli insegnanti svolgono contemporaneamente più programmi ministeriali: mentre i bambini della prima si esercitano a scrivere “ape”, quelli della terza si sforzano di apprendere i sistemi di misura.
Non si tratta di un fenomeno solo italiano: le pluriclasse sono diffuse anche negli Stati Uniti (nel 2007 le utilizzava circa il 28 per cento delle scuole) e in alcuni paesi europei (in Francia coinvolgono il 37 per cento degli alunni delle scuole primarie).
In Italia, questo tipo di organizzazione didattica è tipica dei comuni delle aree interne (definite rispetto alla loro distanza dai centri di offerta di servizi di base) e spesso risponde alla volontà di mantenere almeno un presidio scolastico sul territorio, per evitare i disagi derivanti dal trasporto e preservare un luogo di aggregazione.
Negli ultimi anni, questi comuni (sono 4.261, con una popolazione media di circa 1.500 abitanti) hanno subito un forte spopolamento che si è tradotto in scuole e classi di piccola dimensione: nel 25 per cento dei comuni delle aree interne il numero totale degli alunni iscritti alla scuola primaria è inferiore a cinquanta (meno di dieci alunni per classe).

Un problema per la Buona scuola

Per migliorare la qualità dell’istruzione in queste aree il governo ha previsto una serie di interventi da finanziare sia con risorse destinate dalla legge di stabilità alle aree interne e alla Buona scuola, sia con risorse Pon – Programma operativo nazionale. Tra gli interventi vi è anche la riorganizzazione del servizio scolastico, con due possibili scelte. La prima (intrapresa recentemente dalla regione Sardegna con la chiusura di ventinove pluriclassi) prevede l’accorpamento in nuove scuole. La seconda, invece, consente di mantenere le pluriclassi in quelle aree in cui l’isolamento geografico e i problemi di mobilità impediscano l’accorpamento, ma a condizione che venga previsto un piano per il miglioramento della didattica.
Si tratta di una scelta complessa perché poco si sa dell’effetto che le pluriclassi producono sui processi di apprendimento. Spesso si afferma che questa pratica didattica sia disfunzionale: insegnanti costretti a saltare da un programma all’altro e a curare le interazioni tra alunni con bisogni diversi. Tuttavia, un ambiente così variegato in termini di età, competenze e maturità può essere una buona palestra per favorire la creatività, l’accettazione del diverso, l’autonomia. Inoltre, gli studenti con meno competenze possono beneficiare del supporto e dall’interazione con quelli più grandi e con competenze maggiori. È difficile quindi dire se gli allievi di una pluriclasse sono penalizzati o avvantaggiati.
Gli studi al riguardo sono pochi anche perché non è facile riuscire a distinguere l’effetto prodotto dal frequentare una pluriclasse dall’effetto prodotto da altri fattori che sono strettamente collegati al fatto di frequentarla (chi frequenta questo tipo di classe può godere o soffrire di particolari condizioni che non è possibile osservare). I pochi lavori che hanno cercato di risolvere questi problemi con tecniche adeguate trovano risultati ambigui. Secondo una recente ricerca di Edwin Leuven e Marte Ronning ciò potrebbe dipendere dal fatto che le pluriclassi producono effetti eterogenei a seconda delle caratteristiche degli studenti: sono benefiche per i più giovani che entrano in contatto con ragazzi più maturi e producono invece effetti negativi su questi ultimi, che sono costretti a interagire con compagni con un livello di preparazione inferiore alla propria.
Cosa sappiamo per l’Italia? Nel documento Le aree interne nel contesto de la Buona scuola si sostiene che il livello di competenza in italiano e in matematica (Invalsi) degli studenti che frequentano le pluriclasse è talora mediamente superiore, talora mediamente inferiore ai livelli medi della regione di appartenenza. Non ci sono però studi al riguardo, anche perché, per quel che ne sappiamo, è difficile reperire i dati che permettano l’analisi. I dati Invalsi sono accessibili, ma non è facile collegarli con altre fonti che permettano di identificare gli studenti che frequentano una pluriclasse.
Se a livello centrale non si sa molto circa l’effetto che le pluriclasse producono sull’apprendimento degli studenti, è ragionevole pensare che ne sappiano di più i soggetti che a livello locale dovranno scegliere se mantenerle o eliminarle? Non si tratta forse di informazioni rilevanti per la scelta e in ogni caso cruciali per capire gli interventi da intraprendere per migliorare la didattica?

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  1. Celso Saresani

    Sono stato, nei primi tre anni delle ‘elementari’, un pluriclasse all’inizio degli anni ’30: esperienza mia molto positiva, pur imparando insieme a bambini più anziani..

  2. Stefano Andreoli

    Sono stato dirigente dell’ufficio scolastico provinciale (quello che una volta si chiamava provveditore agli studi) di una provincia del nord Italia e vorrei riferire la mia esperienza in materia di pluriclassi.
    Non vi è dubbio che le pluriclassi vadano mantenute nei centri abitati piccoli e isolati: occorre facilitare la vita di chi vive in questi centri, e aiutarli a restare.
    Nella provincia dove io ero dirigente però vi erano pluriclassi anche in cittadine di medie dimensioni, e persino nel capoluogo di provincia. Le famiglie difendevano la scuola che avevano vicino casa, anche se minuscola: a volte perchè più comoda, altre volte forse perchè apprezzavano la possibilità di mandare il figlio in un ambiente ristretto, dove tutti si conoscono.
    Questo secondo me è un errore e uno spreco di risorse pubbliche. Come dirigente, provai a chiudere queste pluriclassi ma mi scontrai con la ferma opposizione dei politici locali, che non avevano nulla da guadagnare da una scelta del genere (il risparmio, in termini di minore personale, sarebbe andato al Ministero).
    Ecco il mio messaggio: bisognerebbe trovare un modo di incentivare i politici locali, in questi centri, a chiudere le pluriclassi.

  3. Giuseppe Moncada

    Non sono in condizioni di espriemre un giudizio sul quesito posto dalla prof Di Paola .E tuttavia, tenuto conto della mia esperienza di Preside di un Liceo Scientifico in provincia di Catania, penso di condividere in pieno l’intervento di Andreoli sia sulla faccenda del mantenimento delle pluriclassi nei centri abitati piccoli e isolati, ma sopratutto relativamente alla grande responsabilità dei politici locali nel non riuscire a comprendere che le scelte non corrette fatte in questi anni, polverizzazioni delle sedi universitarie, duplicazioni di stessi indirizzi liceali nello stesso terrirtorio, hanno condotto ad uno sperco di denaro senza utilità per le famiglie del luogo. Nel Liceo dove operavo, che godeva e gode di ottimo prestigio, frequentavano alunni di quattro comuni distanti l’uno dall’altro , due di 8 km, il terzo di 15 km. Ebbene i politici locali, invece di creare indirizzi diversi, in uno distante 8 km e in quello di 15 km,hanno fatto di tutto per far istituire gli stessi indirizzi del liceo dove operavo. In quello distante 8km , forse il prossimo anno non avranno alunni. Non solo è uno spreco di risorse ma un non arricchimento della crescita formativa dei giovani locali. Purtroppo culturalmnete i politici non hanno capacità progettuali lungimiranti.

  4. Umberto Bertolini

    La mia esperienza, anche come dirigente scolastico, mi porta a dare un giudizio molto positivo delle pluriclassi, soprattutto in un momento in cui i percorsi personali di costruzione delle competenze stanno al centro della didattica. Il problema eventualmente, come in tutta la nuova scuola, è la formazione reale dei docenti.

  5. Roberto 51

    Ho frequentato (anni 60) una pluriclasse e ne ho ancora un buon ricordo però penso che non si possa generalizzare, il successo di una classe dipende da troppi fattori tra cui metterei prima la qualità degli insegnanti e subito dopo la disponibilità degli studenti e dei genitori a un insegnamento per forza di cose diverso dallo standard.
    Penso che vada mantenuto laddove il trasporto degli alunni diventi troppo oneroso sia in termini di soldi che, soprattutto, di tempo.

  6. Paola

    Ma qual è la fonte del dato 51 mila alunni inseriti in una pluriclasse? qual è l’a.s. di riferimento? vorrei calcolare la percentuale sul totale. Grazie

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