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Se gli insegnanti restano chiusi nel guscio della disciplina

La Buona scuola prevede che dopo aver vinto il concorso e prima di entrare in aula i futuri insegnanti seguano un percorso formativo di tre anni. Il ministro Bussetti vuole mantenere il concorso, ma eliminare la formazione. Ecco perché è un grave errore.

Superare la Buona scuola: sì, ma come?

Il contratto di governo tra Lega e M5s prevede il superamento della Buona scuola. Ma è probabile che continui la politica delle assunzioni. Mentre forse sarà abolita l’alternanza scuola-lavoro. C’è però un grande assente: il rinnovamento della didattica.

Lezioni inglesi sull’autonomia scolastica

Dal 2010 le scuole del Regno Unito possono diventare autonome dal governo. La loro esperienza mostra che per migliorare la qualità dell’istruzione più dell’indipendenza conta il modello di governance adottato. La Buona scuola dovrebbe tenerne conto.

Dove funziona e dove no l’alternanza scuola-lavoro

L’alternanza scuola-lavoro è in generale una buona idea. Ma quella prevista dalla Buona scuola funziona? Qualche indicazione si potrebbe ricavare dalla valutazione dei risultati della precedente esperienza introdotta nel 2005. Però mancano i dati.

Italiani poco istruiti. Anche nel 2020

A che punto è l’Italia sugli obiettivi relativi all’istruzione da raggiungere entro il 2020? Formalmente è in linea con quanto si è impegnata a fare. Ma i laureati restano al di sotto della media europea, mentre gli abbandoni precoci sono ancora troppi.

Buoni docenti per una Buona scuola

Nuovo modello per le assunzioni

Nel loro intervento pubblicato l’11 aprile sul nuovo sistema di assunzione e formazione iniziale degli insegnanti della scuola secondaria, Daniele Checchi e Maria De Paola hanno espresso un giudizio sostanzialmente positivo, accanto al quale non manca comunque la critica ad alcuni specifici aspetti che possono rappresentarne punti di debolezza e quindi infirmare la positività dei risultati.
Prima di dimostrare l’infondatezza delle critiche, ricordo che la riforma rappresenta un vero cambio di paradigma. Ormai da decenni si diventava insegnanti – con modalità cambiate più volte – tramite esperienze dirette sul campo (insegnamenti per supplenza) ed esperienze formative presso le università (Ssis, Tfa, corsi abilitanti, Pas); conseguita l’abilitazione, c’era poi da superare uno dei rari ed erratici concorsi per l’assunzione in ruolo, oppure attendere l’assunzione diretta dalle graduatorie in lento scorrimento. Un sistema che ha causato lunghi e defatiganti precariati, la caccia ai punteggi più che alle competenze, la disaffezione delle persone più brillanti, senza dimenticare gli effetti della presenza nelle scuole di insegnanti ancora non ben formati e i costi economici a carico degli aspiranti docenti.
Il nuovo modello inverte l’ordine: prima un concorso per merito, a cadenza biennale, che selezionerà coloro che hanno la migliore preparazione disciplinare e un buon orientamento metodologico e psico-pedagogico; poi un percorso triennale, retribuito, di formazione alle competenze professionali e tirocinio (Fit) riservato ai vincitori del concorso e cogestito da università e scuole. Chi supererà positivamente il percorso Fit sarà assunto a tempo indeterminato come docente.

Nessun nuovo precariato

Una preoccupazione di Checchi e De Paola è che il concorso possa generare un numero di vincitori eccedente il fabbisogno reale di docenti. È forse sfuggito loro che non sarà messo a concorso alcun posto di insegnante che non corrisponda a un posto che si renderà vacante e disponibile al termine del periodo di formazione dei vincitori del concorso e che non ci saranno altri vincitori oltre quelli in numero pari ai posti messi a concorso. Non si alimenterà, quindi, nuovo precariato e, soprattutto, non ci saranno gli abilitati senza cattedra, che hanno rappresentato, incolpevoli, una sorta di incubatore di frustrazione e di precariato.
Molta dell’efficacia del sistema dipenderà dal rigore del lavoro valutativo delle commissioni, chiamate a giudicare soprattutto competenze professionali maturate nel triennio dai vincitori di concorso. Le commissioni saranno costituite da personale della scuola e del mondo accademico, per superare l’ingiustificata separazione di funzioni che ha contraddistinto fino ad ora la formazione iniziale e il reclutamento dei docenti: all’università la formazione e alla scuola la selezione, senza una solida condivisione degli obiettivi formativi e professionali da raggiungere. A questa nuova collaborazione strutturata e paritetica tra scuola e università spetterà anche la responsabilità di intercettare, per tempo, coloro i quali non dimostrassero attitudini e competenze adeguate alla funzione docente.
Come ogni riforma profonda, anche questa dovrà affrontare una fase transitoria che terrà conto della varietà dei docenti precari, generati dalla stratificazione di scelte pregresse e disorganiche. Il decreto legislativo tiene dunque conto di coloro che sono inseriti nelle graduatorie poste a esaurimento nel 2007, dei vincitori e idonei del concorso 2016, nonché dei già abilitati all’insegnamento e di coloro che, pur non essendo abilitati, insegnano da anni. In alcune regioni e discipline queste categorie sono già esaurite o in esaurimento (tanto che sono chiamati a insegnare anche neolaureati), in altre contengono ancora migliaia di persone. Per loro non sono previste sanatorie, bensì uno specifico percorso valutativo e formativo, differenziato in base alle esperienze già maturate e ai diversi titoli conseguiti, che consentirà nel tempo, a chi lo supererà, di essere assunto in ruolo su quote riservate di posti. Tutte le assunzioni saranno effettuate esclusivamente sulle disponibilità dell’organico attuale, frutto del turn-over o della trasformazione di posti dell’organico di fatto (insegnamenti ora coperti da precari) in organico di diritto. Non avverrà dunque alcuna “infornata”. Allo stesso tempo, per non privarsi dell’apporto dei laureati più giovani e motivati, ogni concorso, sin dal primo del 2018, riserverà loro una quota di posti, che crescerà progressivamente nel tempo, via via che la fase transitoria si andrà esaurendo nelle varie regioni e classi di concorso.
Merito, formazione, ricerca educativa integrata alla quotidianità della scuola, valutazione e programmazione sono i principi direttivi della riforma che è, innegabilmente, organica: ad essi sono parimenti ispirati il nuovo regime ordinario e quello transitorio, con l’obiettivo di assicurare buoni docenti per una buona scuola.

Manuela Ghizzoni, Parlamentare Pd e ricercatrice universitaria

Da dove verranno i nuovi insegnanti

Il governo ha definito un nuovo sistema per il reclutamento degli insegnanti. Ha indubbi aspetti positivi purché riesca a effettuare una valida selezione. Altrimenti si aumenterà solo il numero dei docenti, senza migliorare la qualità della scuola.

Il Punto

Aspettando il Def (in ritardo), parliamo d’altro. Ad esempio del fatto che, nella sua tesi di dottorato, la ministra Marianna Madia ha fatto ampio uso di copia e incolla e omesso di citare debitamente le sue fonti e i nomi di chi aveva lavorato con lei. Tante però le falsità scritte dai media sul caso. Rimangono vari aspetti non chiariti dall’esponente del governo.
I decreti attuativi della “Buona scuola” mettono le premesse per selezionare i nuovi insegnanti come si deve: mediante concorso e con un’adeguata formazione. Tuttavia, senza una programmazione nazionale del fabbisogno di docenti e con una popolazione studentesca stagnante, arriveranno solo nuove legioni di precari. Fino a ieri si riteneva che i bambini cresciuti in un buon asilo nido maturassero un vantaggio cognitivo per il resto della vita, specie se provenienti da famiglie svantaggiate. Nuovi studi dicono che l’effetto, invece, svanisce in pochi anni. Rimangono esiti positivi su personalità, autostima, autocontrollo.
Mentre a Ivrea si è celebrato il suo co-fondatore Gianroberto Casaleggio, a Roma il M5s che guida la giunta vuole generalizzare la democrazia diretta con petizioni on-line, referendum su tutto e bilanci comunali partecipativi. Ma è più marketing politico che una vera rivoluzione.
Mario Draghi ha spiegato che si parlerà di aumento dei tassi in Europa solo una volta che l’inflazione sarà ritornata stabilmente al 2 per cento anche senza i massicci stimoli monetari degli ultimi anni. Condizioni ancora lontane dal verificarsi, secondo la Bce.
I dazi che Trump minaccia d’imporre sulle merci europee sono il riaffacciarsi di una controversia sull’import di carni americane tra Washington e Bruxelles iniziata nel 1989 e su cui il Wto aveva dato ragione agli Usa. Il Ttip avrebbe sanato il conflitto. Ma ora l’accordo transatlantico non c’è più e così il presidente Usa ha riaperto rudemente il file.

Tommaso Monacelli risponde ai commenti al suo articolo “Inflazione, la tassa occulta che piace allo stato

Nel momento della scomparsa della sorella di Giuseppe Pisauro, la redazione si stringe attorno all’amico e collega.

15 anni de lavoce.info: feste-convegni 5 giugno a Milano e 6 giugno a Roma
Nel 2017, lavoce.info compie 15 anni. Festeggeremo il compleanno con i nostri affezionati lettori e sottoscrittori la mattina di lunedì 5 giugno a Milano e il pomeriggio di martedì 6 giugno a Roma. Intanto: SAVE THE DATE! A breve comunicheremo il come e il dove.
E, se potete, destinate e fate destinare il 5 per mille dell’Irpef a questo sito in quanto “associazione di promozione sociale”: Associazione La Voce, Via Bellezza 15 – 20136 Milano, codice fiscale 97320670157. Grazie!

Se a scuola non c’è valutazione

Tutti concordano sui mali che affliggono il nostro sistema scolastico. La Buona scuola ha cercato di introdurre uno scambio: più insegnanti, ma con valutazione del loro operato. E qui ha fallito. Anche perché per essere credibile la catena valutativa deve partire dall’operato dei dirigenti.

Alternanza scuola-lavoro in cerca di nuovi modelli

La “Buona scuola” ha reso obbligatoria l’alternanza scuola-lavoro per gli studenti di tutte le scuole superiori. Difficile dare un giudizio su uno strumento appena introdotto. Ma alcune criticità sono evidenti. Le possibili soluzioni passano per una maggiore responsabilità sociale delle imprese.

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