Sospendere temporaneamente l’applicazione del bail-in o istituire un meccanismo europeo di garanzia dei depositi non risolve il problema della fragilità del sistema bancario. Il nodo è la mancanza di fiducia reciproca tra gli Stati, che toglie qualsiasi discrezionalità alla ricerca di soluzioni.

Un sistema fragile

Due convinzioni si sono imposte nel recente dibattito sull’Unione bancaria. La prima è che la normativa sul bail-in vada applicata con gradualità al fine di non danneggiare i piccoli risparmiatori (soprattutto italiani) che hanno investito inconsapevolmente in obbligazioni subordinate. La seconda sottolinea come la normativa debba essere completata con un sistema europeo di garanzia dei depositi che mutualizzi eventuali perdite.
In realtà le due soluzioni, pur ragionevoli, non affrontano il nodo più delicato della costruzione europea: il meccanismo di risoluzione delle crisi ideato dal legislatore comunitario rende il sistema bancario estremamente fragile e instabile.
Nel nuovo contesto, appena una banca mostra qualche problema, i depositi degli investitori istituzionali, delle imprese e delle famiglie più benestanti tendono a spostarsi in istituti di credito più sicuri per non incorrere in eventuali bail-in.
Un esempio di questo comportamento lo abbiamo osservato nei dati di bilancio dell’ultimo trimestre del 2015 di alcune banche ritenute più deboli e in recenti indiscrezioni di stampa, secondo le quali negli ultimi tre mesi gli istituti più chiacchierati hanno visto sparire oltre 50 miliardi di depositi.
La fuga dai depositi (bank run) è sempre stata la causa prima del collasso di una banca. Anche se la banca centrale può intervenire fornendo in emergenza liquidità all’istituto, l’esperienza dimostra che riguadagnarsi la fiducia dei depositanti è estremante difficile e costoso. Crollano i parametri di solidità patrimoniale e operativa, crolla la redditività. Così la nostra banca diventa una specie di “zombi” che può essere salvata solo da un istituto molto più grande e solido o con fondi pubblici.

Regole troppo rigide

Tra l’altro, i bilanci delle banche sono molto complessi e difficili da interpretare. Molte informazioni non sono pubbliche, a partire dalle risultanze delle ispezioni degli organi di vigilanza. E ci mancherebbe altro, vista la loro delicatezza. È plausibile aspettarsi che la Bce comunichi al pubblico, in forma semplice e trasparente, quali sono le probabilità di bail-in dei vari strumenti emessi dalle banche, compresi i depositi bancari? Dubitiamo fortemente che ciò possa accadere. Appare allora retorica la responsabilizzazione del risparmiatore che dovrebbe valutare la solidità relativa dei vari istituti di credito.
Non bisogna infine dimenticare che tutto il sistema finanziario è fortemente interconnesso. In questo contesto, l’assenza di una rete pubblica di salvataggio, da un lato, rende frequenti fenomeni di sfiducia nei riguardi di una banca, dall’altro alimenta fenomeni di contagio nei quali anche le “banche solide” vengono trascinate in basso dalla speculazione. La recente dinamica delle quotazioni borsistiche delle banche europee, e in particolare italiane, ne è una prova. Ecco perché sospendere temporaneamente l’applicazione del bail-in o mettere in piedi un sistema europeo di garanzia dei depositi non risolve il problema. L’avere stabilito precise regole di risoluzione delle crisi, che non lasciano spazio alla discrezionalità dei governi, riporta il sistema bancario a una situazione ottocentesca in cui le crisi bancarie si ripetevano frequentemente, causando gravi recessioni. Con la differenza che allora l’economia era vitale, la demografia favorevole e i conti pubblici e privati molto meno indebitati. Solo un’Unione Europea priva di un governo centrale e di un bilancio pubblico poteva mettere in piedi un sistema così deterministico al fine di non lasciare spazio alla discrezionalità e quindi alla politica. Un errore gravissimo causato dalla scarsa fiducia reciproca.

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Una versione di questo articolo è disponibile su www.tvsvizzera.it

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