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Salvare l’Europa dopo Brexit: l’elicottero non serve

Chiedere alla Bce di distribuire denaro a pioggia è un sintomo dell’inefficacia delle normali regole di politica fiscale. Il principio del bilancio in pareggio ha finito per ostacolare ogni ragionevole tentativo di gestire il disavanzo in funzione anti-ciclica. Soluzioni nuove per salvare l’Europa.

Chi scrive a Mario Draghi

La lettera recapitata a Mario Draghi il 17 giugno in cui diciotto parlamentari europei invitano la Banca centrale europea a distribuire denaro ai cittadini avrebbe, solo qualche anno fa, suscitato scalpore.
Una richiesta del genere rivolta al presidente di una banca centrale indipendente sarebbe apparsa inutilmente provocatoria. Ma nella stagione del Quantitative easing, della deflazione e ora di Brexit, si può vedere anche questo. L’Oecd prevede un ulteriore calo del già modesto tasso di crescita nell’area euro e auspica investimenti infrastrutturali. Ma se sul fronte fiscale nulla si muove e i tassi d’interesse sono già sotto zero, su quali misure possiamo ancora contare? Secondo gli attivisti di Quantitative Easing for People che hanno ispirato la lettera, è venuto il momento di politiche non convenzionali, per così dire, al cubo. Anche a costo di infrangere qualche tabù.
Non solo l’idea di una distribuzione di denaro a pioggia (o helicopter money) oggi non desta scandalo, ma riscuote crescente attenzione (si vedano Adair Turner, Ben Bernanke, Willem Buiter o l’apertura della Banca di Svezia) e il 10 marzo scorso Mario Draghi ha definito il concetto “molto interessante” fissando due paletti: la proposta presenta problemi non banali di natura contabile e legale; ed essendo formulata in modo diverso dai vari proponenti, richiede innanzitutto chiarezza di modalità e obiettivi.
Una cosa è certa. Distribuire denaro ai cittadini accresce la ricchezza finanziaria del settore privato ed equivale a una riduzione delle tasse. Secondo la semantica corrente, appartiene dunque alla sfera della politica fiscale. La politica monetaria, al contrario, modifica il costo del denaro e la distribuzione del reddito tra creditori e debitori e incide, indirettamente, sull’espansione del credito bancario. E allora la domanda è: perché trasferire un’operazione fiscale alla banca centrale? Tentiamo di dare qualche risposta.

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Una questione politica

Una prima motivazione è legata all’area dell’euro, dove la politica fiscale è bloccata. Lo aveva detto Draghi due anni fa: bene rispettare le regole sul debito dei diciannove paesi, ma il problema è che la posizione fiscale complessiva in Europa è la somma casuale dei singoli paesi e non è governabile allo scopo di contrastare una caduta della domanda. Con helicopter money, si chiede alla Bce di riempire il vuoto di leadership realizzando la politica fiscale che l’Europa politicamente divisa non fa. Con un esito stravagante: invece di impedire gli eccessi di debito pubblico, la banca centrale diventa l’agente che spende quando i governi si rifiutano di farlo!
Messa così, la questione di helicopter money è prettamente politica. Ma è percorribile? Come minimo, occorrerebbe il disco verde dell’Eurogruppo (come accadde nel 2012 per le Omt-Outright Monetary Transactions), definitivamente assolte solo qualche giorno fa dall’accusa di essere incompatibili col Trattato dell’Ue). E non è chiaro come un espediente possa ammorbidire la posizione dei “falchi”.
Tutta da inventare, poi, sarebbe la contabilità della spesa effettuata dalla Bce, sia che venga erogata direttamente ai cittadini, sia che transiti sul conto corrente dei governi europei.
La proposta, comunque, non si limita all’Europa ed è studiata anche dove le regole sul debito sono più flessibili. Una fra tutte, quella di Ben Bernanke (ex presidente Fed) prevede che la banca centrale accrediti denaro su un conto speciale del Tesoro e il governo decida poi, in autonomia, come utilizzare questo fondo extra ottenuto senza emettere debito. Il ruolo della banca centrale in questo caso è di stabilire la dimensione del “disavanzo buono” e finanziarlo senza debito pubblico.
È sempre più condivisa un’idea che vada rivalutata l’importanza della politica fiscale in tempi di deflazione e stagnazione. Ma la tesi che un’espansione fiscale sia più efficace quando il debito è monetizzato in via permanente dalla banca centrale non è dimostrata. A potenziarne gli effetti non può certo essere l’aumento delle riserve: dopo anni di Qe, dovremmo averlo imparato.
Nemmeno è corretto affermare che helicopter money farebbe “risparmiare” gli interessi sul debito. Come spiegano bene Claudio Borio, Piti Disyatat e Anna Zabai, una volta emesso il denaro con una monetizzazione permanente, la banca centrale dovrà ricorrere alla remunerazione delle riserve che hanno sostituito il debito per condurre la politica monetaria. Questo dettaglio tecnico è sufficiente per concludere che gli oneri per il settore pubblico consolidato rimarrebbero gli stessi, pagati dalla banca centrale invece che dal Tesoro.
Che helicopter money sia oggi in agenda è un sintomo dell’inadeguatezza delle abituali regole di politica fiscale. Il principio del bilancio in pareggio è stato formulato per impedire ai governi più dissennati di creare debito e inflazione, ma ha finito per depotenziare la politica fiscale al punto da ostacolare qualsiasi ragionevole tentativo di gestire il disavanzo in funzione anti-ciclica. Per salvare l’Europa dopo Brexit occorre anche questo: soluzioni nuove per superare l’impasse fiscale, in Europa e altrove.

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  1. Marcello

    Non ho competenza sugli aspetti tecnici, ma se la BCE sta inondando di liquidità i mercati, senza grandi risultati sui consumi e sull’inflazione, potrebbe deviare una parte di questo flusso destinandolo a famiglie con basso reddito. Ovviamente ogni paese dell’Eurozona dovrebbe avere una quota in proporzione alla popolazione e non dovrebbe essere contabilizzato come debito aggiuntivo. Questo denaro andrebbe immediatamente ai consumi e aiuterebbe l’economia generale. Penso che definire “helicopter money” o “distribuzione a pioggia” questa operazione la squalifica a priori, mentre potrebbe essere mirata su una fascia di persone realmente bisognose (dell’ordine di un 5-10% della popolazione).

  2. Il premier Renzi, deve richiamare ufficialmente la Bce ad esercitare compiutamente il suo ruolo assegnatogli negli artt. 2 e 3 dello statuto sociale, deve rispettare tutti gli obbiettivi citati e non quello che si è assegnato da sola “la stabilità dei prezzi”, mentre gli altri sono lasciati ai politici. Questa “auto assegnazione” degli obbiettivi è stata permessa in quanto in Europa è assente una forte istituzione politica capace di esercitare il controllo sull’operato della Bce, dobbiamo dimostrare che vi è una forte volontà politica capace di fare rispettare compiutamente il Trattato europeo, ciò dovrà essere una conquista del nostro paese che fino ad oggi è stato subalterno all’asse Franco/Tedesco.
    Tutti hanno compreso che per avere una unione monetaria tra più stati occorre un’integrazione fiscale che compensa gli squilibri (la flessibilità dei salari e la mobilità del lavoro non è uno strumento efficace per ristabilire gli equilibri economici, l’attuale crisi ha stabilito il fallimento dell’AVO “endogena”). Dal lato politico dell’Unione, Renzi deve portare immediatamente una proposta di mutualizzare e di parte del debito pubblico tramite gli eurobond, e il golden rule. É inutile chiedere ulteriore flessibilità per la spesa corrente. Se non si faranno queste scelte, alla Bce non rimane che l’elicottero. Se entro settembre la Merkel non comprende ciò, noi dobbiamo comunicare immediatamente l’uscita dall’euro.

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