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Più nonne in pensione, più mamme al lavoro?

In un’Italia dove i nidi sono pochi, le nonne garantiscono alle mamme che lavorano un servizio di cura dei figli affidabile e a basso costo. Le riforme pensionistiche potrebbero perciò avere effetti negativi sull’occupazione delle donne con bambini piccoli. E il bonus bebè non basta a compensarli.

Italia senza nidi

L’Italia è tra i paesi con il minore tasso di occupazione femminile in Europa, 46,8 per cento contro una media UE-28 di circa il 60 per cento (2014, dati Eurostat). Peggio dell’Italia fanno solo Turchia, Macedonia e Grecia. Altrettanto elevato è il differenziale occupazionale uomini-donne: circa 18 punti percentuali contro gli 11 punti percentuali della media europea. Varie ragioni sono alla base della difficoltà delle donne di conciliare famiglia e lavoro. Tra queste, il modello culturale ancora prevalente, che vede l’uomo provvedere al sostentamento della famiglia, e la scarsità di politiche di conciliazione famiglia-lavoro. In particolare, l’Italia spende ancora troppo poco per i servizi pubblici di assistenza all’infanzia (vedi figura).

Figura 1 – Spesa pubblica per servizi di cura dell’infanzia e istruzione pre-primaria, percentuale del Pil, 2011

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Fonte: Nostra rielaborazione su Oecd, Social Expenditure database 2014; Oecd Education database; Eurostat for Non-Oecd countries (Chart PF3.1.A).

Secondo il rapporto “C’è un nido?” del 2015 curato da Cittadinanza Attiva, solo l’11,9 per cento dei bimbi italiani sotto i due anni di età ha usufruito del servizio di asilo nido comunale o comunque con integrazione comunale, nell’anno scolastico 2012-13.
Non è allora sorprendente che in questo contesto generale, in Italia (ma non solo) i nonni possano rappresentare un’importante risorsa per le mamme, come fonte di cura dei figli flessibile, affidabile e a basso costo. A partire dagli anni Novanta, tuttavia, una serie di interventi legislativi ha innalzato l’età pensionabile e, in generale, ha reso più stringenti i requisiti per la pensione, con l’obiettivo di rendere il sistema pensionistico capace di far fronte al progressivo invecchiamento demografico. Un effetto collaterale delle riforme è stato quello di sottrarre alle famiglie una preziosa fonte di supporto nella cura dei figli: i nonni.

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Gli effetti delle riforme pensionistiche

In un nostro recente studio abbiamo utilizzato le riforme pensionistiche per quantificare l’effetto che la disponibilità (o indisponibilità) di nonni ha sull’occupazione delle madri di figli sotto i 15 anni. Ci siamo focalizzati in particolare sul periodo pre-crisi (1993-2006), utilizzando i microdati dell’Indagine sui bilanci delle famiglie italiane, curata dalla Banca d’Italia.
I nostri risultati mostrano che donne le cui madri hanno maturato i requisiti pensionistici hanno una probabilità di essere occupate di ben 7,8 punti percentuali superiore rispetto a quelle con madri che non hanno (ancora) diritto al pensionamento. La differenza corrisponde a un aumento del 13 per cento della probabilità di lavorare nella media del campione. Un simile effetto non si trova invece né per la nonna paterna, né per i nonni (maschi).
Il nostro modello, nello spiegare l’occupazione delle donne con figli, tiene esplicitamente conto delle determinanti dei requisiti di pensionabilità dei nonni (genere, età, livello di istruzione, lavoro nel pubblico o nel privato, attività indipendente o alle dipendenze) che potrebbero sia influenzare il livello del reddito da lavoro e le loro pensioni sia avere un effetto diretto sull’occupazione delle donne, sfruttando così unicamente le variazioni nei requisiti di pensionamento indotte dalle riforme. Per questa ragione non abbiamo particolari motivi per attenderci che il possesso dei requisiti di pensionamento delle nonne materne stia cogliendo altri effetti positivi delle riforme pensionistiche sull’occupazione delle donne con figli, non necessariamente legati alla maggior disponibilità di servizi informali di cura dei figli. Abbiamo comunque stimato gli stessi modelli di regressione anche sugli uomini con figli minori di 15 anni, sulle donne senza figli giovani conviventi e su quelle con figli in età pre-scolare. Nei primi due casi non abbiamo riscontrato alcun effetto sulla probabilità di occupazione dei nostri due campioni del possesso da parte dei loro genitori o suoceri dei requisiti per il pensionamento, mentre nell’ultimo caso l’effetto positivo stimato sull’occupazione è del 34 per cento. Questo rafforza la nostra interpretazione che l’effetto stimato sia prevalentemente spiegabile con la maggiore disponibilità di servizi di cura dei figli garantita da nonni in pensione.
Il nostro studio suggerisce che le riforme pensionistiche potrebbero avere effetti negativi non voluti sull’occupazione delle madri con figli giovani, senza adeguate politiche pubbliche che possano riempire il vuoto nell’offerta di servizi all’infanzia creato dalla ridotta disponibilità (soprattutto) di nonne che lavorano fino a tarda età. L’ammontare mensile del cosiddetto “bonus bebè”, 80 euro, ossia grossomodo il costo di una giornata di cura dei bambini, appare perciò del tutto insufficiente a ovviare al problema. L’assenza di correttivi potrebbe contribuire a inasprire ulteriormente il già elevato divario occupazionale tra uomini e donne e anche crearne uno tra donne in età fertile e donne mature.

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16 commenti

  1. marco giorgini

    Lo studio ha risultati interessanti, ma la conclusione che ne deriva, principalmente indotta dall’articolo, é “orrenda e pelosa” ovvero che l’allungamento dell’etá pensionabile delle nonne riduce l’occupazione delle madri. Una tale conclusione giustificherebbe ad esempio quanto molti reclamano, in parte il governo sta concedendo, l’anticipo della pensione.
    Non l’assoluta scarsezza degli asili / asili nido e di servizi alla genitorialitá (si badi e non “maternitá”) che coprono fasce orarie insufficienti per un orario di lavoro a tempo pieno, ma bensi l’assenza di pensione anticipata delle nonne materne é la causa di scarsa occupazione femminile. Questa conclusione mi ricorda le politiche di anticipo di pensione dei padri per far posto ai figli, salvo poi accorgersi che l’effetto era ampiamente negativo per tutti (eccetto per le aziende che ne ahhano benficiato).
    La conclusione dovrebbe essere, ed é sotto gli occhi di chi si trasferisce all’estero: i nostri servizi alla genitirialitá sono la causa prima del disastro dell’occupazione femminile. STOP. senza cercare alibi altrove. Basterebbe confrontarsi con altri paesi.

    • Sara Sottocornola

      Mi stupisco che tutti pensino che gli asili nido siano la soluzione alla mancanza di occupazione femminile. Dopo diverso tempo dedicato ad occuparmi di welfare per una grande azienda posso dire senza ombra di dubbio che le madri italiane vogliono ancora fare le madri, non desiderano parcheggi dove mollare i figli. La soluzione è il tempo, non la custodia dei figli, costosa o gratuita che sia. C’è bisogno di maggior flessibilità, di più part time, di rendere l’orario ridotto conveniente per le aziende. In molte città c’è abbondanza di nidi, ma i posti non sono coperti nemmeno in presenza di agevolazioni aziendali o pubbliche. E’ forte l’esigenza di cura. E si preferisce ancora che sia la famiglia. E’ necessario tutelare le famiglie, non cercare di disgregarle per permettere rigidi e a volte esagerati orari di lavoro.

      • Marco Giorgini

        Mi puo’ dire in quali citta’ c’e’ cosi grande abbondanza di posti in asili nido? Sono d’accordo che le madri (non solo italiane) non cercano di posteggiare i figli ma cercano cura, questo e’ pero’ un problema di qualita’ dell’offerta. Non vorrei portare mia figlia in posti dove le educatrici sono sottopagate e sfruttate, in strutture inadatte dove e’ necessario portare tutto (pannolini, latte in polvere e quant’altro). Sto parlando invece di asili luoghi di gioco, socialita’, con sale di psicomotricita’, piscina, mensa fresca, nutrizionista, psicopedagogo… Basta guardare fuori dal confine. Queste sono le alternative alle nonne Babysitter. Di quali orari esagerati sta parlando?

        • bob

          giorgini circa 60 anni fa si portava il pezzo di legna a scuola per scaldarsi..la cosa veramente sconvolgente che non è cambiato nulla , mia cognata alle sue figlie in 3° media porta carta igienica, scope e altri aiuti e fanno ginnastica nel cortile della scuola. Attenzione non è solo della politica le colpe ma di una fetta rilevante dei cittadini che in qualche maniera del politico vivono ( per mentalità da suddito) . Si appoggia l’elezioni di un sindaco non per un programma ma per chiedere poi il proprio “particulare” interesse ed in questo brodo che piccole figure e mediocri personaggi vegetano

    • Massimiliano Bratti

      Quoto dalla conclusione dell’articolo: “Il nostro studio suggerisce che le riforme pensionistiche potrebbero avere effetti negativi non voluti sull’occupazione delle madri con figli giovani, senza adeguate politiche pubbliche che possano riempire il vuoto nell’offerta di servizi all’infanzia creato dalla ridotta disponibilità (soprattutto) di nonne che lavorano fino a tarda età. L’ammontare mensile del cosiddetto “bonus bebè”, 80 euro, ossia grossomodo il costo di una giornata di cura dei bambini, appare perciò del tutto insufficiente a ovviare al problema. L’assenza di correttivi potrebbe contribuire a inasprire ulteriormente il già elevato divario occupazionale tra uomini e donne e anche crearne uno tra donne in età fertile e donne mature.”
      Cordialmente.

      • bob

        ..un Paese che da mesi parla solo di come mandare la gente in pensione è un Paese alla frutta. E’ un Paese pensionato! Privo di progetti, di prospettive ( il vero incentivo per le persone di buona volontà) . Molte multinazionali in Italia utilizzano il telelavoro avendo chiuso uffici e consentendo alle persone di gestire in parte il proprio tempo. Ma questo è il paese dei clan delle lobby casareccie, delle aggregazioni condominiali dove ognuno punta al proprio “particulare”. Poveracci in pratica! Proprio in questi giorni passando per una libreria scolastico ho assistito a qualcosa a dir poco da medioevo, con intere famiglie a vendere vecchi libri per raccimolare qualcosa e comprarne a sua volta degli usati. Vergognoso per una Pese civile che dovrebbe garantire cultura e istruzione. Invece si preferisce far sopravvivere 4 disperati ” editori” che modificando una virgola parlano di nuova edizione. Questo esempio vale per gli asili e per il tema dell’intervento

      • QualeWelfare

        Qualche nota rapida alla supposta “virtuosa” soluzione che siano famiglie e madri a prendersi cura dei figli piccoli (“the good old times.”…): i) i posti vacanti negli asili nido è fenomeno nuovo, indotto dalala combinazione tra rette eccessive (anche nelle strutture pubbliche) e persistente situazione di difficoltà economica delle famiglie (son passati 8 anni dal 2008….di crisi..); ii) 1 reddito e mezzo (male breadwinner e part time femminile) non è ahimè sufficiente a sostenere le spese di una famiglia di 3-4 persone, nelle attuali condizoni di mercato del lavoro post-fordista e specialmente in Italia…la letteratura è ampia e chiara sul punto; iii) “parcheggi per i figli” ?? certo, i servizi di cura devono essere di qualità, ma anche qui la letteratura sul cosidetto “social investment” (cf. Heckman), sul “modello lego” (cf. Ferrera 2008) e sul ruolo cruciale dei servizi per la prima infanzia per lo sviluppo del cognitivo dei bambini e conseguente capitale umano è sterminata…non tutti hanno mamme che si occupano di welfare per conto delle aziende e i servizi, pubblici, gratuiti e di qualità decisivi per una più equa distribuzione delle chance di vita..temo che osservare la questione solo dal punto di vista delle aziende sia un tantino riduttivo…ma, ripeto, la letteratura sul tema non manca, basta volersi informare….

    • QualeWelfare

      Indubbiamente sottosviluppo e costo dei servizi di childcare in Italia sono elementi che incidono in maniera decisiva sull’occupazione femminile, ma la storia non si ferma qui. Come giustamente fanno notare gli autori, l’innnalzamento estremamente rapido e rigido dell’età pensionabile (un incremento che per rapidità e intensità non ha pari in Europa…en passant, la Polonia ha adottato una riforma simile con un periodo di transizione di 30 anni versus i 7 italiani…), specie per le donne, ha significativamente aumentato l’offerta di lavoro che il mercato non è in grado di soddisfare. L’idea che basta innalzare l’età pensionabile per risolvere tutti i problemi è smentita dalle evdenze empiriche…specialmente se l’età pensionabile, come avvuto in Italia, viene innalzata in una fase di recessione..bad timinig, anzi pessimo timing….Aggiungerei poi la compressione delle retribuzioni nella fascia bassa di reddito, che caratterizza l’Italia da circa due decenni.. Innalzare l’età pensionabile senza determinare effetti negativi “a valle” (minore occupazione femminile, maggiore disoccupazione di giovani e anziani…ecc..) è operazione complessa e delicata, che deve essere ben calibrata come tempistica di implementazione e accompagnata da altre politiche di welfare. Insomma, non è a costo zero e su questo piano si misura la differenza tra le buone riforme e le buone politiche e le cattive riforme e cattive politiche.

  2. Francesca

    Gli asili nido non sono “parcheggi” e non tutte le mamme hanno voglia di stare a casa tutto il giorno. Un buon asilo nido è molto più educativo di tanti nonni, che non hanno le energie per imporre regole e si limitano a viziare i nipoti. Uno dei problemi delle donne italiane è la mentalità, sei mamma e tutti si aspettano che tu non abbia voglia di lavorare. Molte volte mi sono sentita chiedere “ma poverino lo mandi al nido?”, eppure la mia non era una necessità ma una scelta.

  3. Chiara Fabbri

    Lárticolo assume che le nonne in pensione siano in grado e desiderose di accudire i nipoti. Ma spesso le lavoratrici non risiedono, per motivi di lavoro, nel luogo di residenza dei genitori quindi le nonne pensionate comunque non potrebbero occuparsi dei nipoti, a meno che non si postuli che la nonna pensionata debba anche lasciare la propria residenza per seguire i figli. E nel caso la nonna abbia piu’di una figlia lavoratrice e disgraziatamente le due o piu’figlie risiedano, con relativa prole, in luoghi diversi? E’evidente che la soluzione della nonna che si occupa dei nipoti appare del tutto inadeguata. Senza considerare che lasciare alle famiglie líntero onere della cura dei minori lascia impregiudicate le situazioni di partenza, per cui ad esempio se sono figlio di immigrati che hanno scarsa familiarita’con lítaliano, venendo accudito dalla nonna non avro’grandi possibilita’di migliorare. E’evidente che le politiche per la famiglia devono passare per un modello che si adegui alla relata’lavorativa, in cui il posto a vita nel luogo di origine non e’ piu’una realta’e le persone si trovano a fronteggiare difficolta’insormontabili nelláccedere a servizi di cura quantitativamente e qualitativamente adeguati.

    • Massimiliano Bratti

      Grazie per il commento. In realtà la nostra analisi non assume nulla, ma “lascia parlare i dati” (come si usa dire). Quello che stimiamo è l’effetto medio tenendo conto che alcune nonne risiedono lontano dalle “mamme”, che altre pur essendo in pensione non hanno alcuna intenzione di badare ai nipoti, o che alcune “mamme” preferiscono altre forme di cura. Se le nonne risiedessero tutte lontane dai nipoti, o non offrissero cura agli stessi, non ci aspetteremmo infatti nessun effetto. Invece l’effetto che troviamo è notevole. Il che suggerisce che: 1) molte nonne risiedono vicino ai nipoti; 2) molte di queste è plausibile si prendano cura dei nipoti. Quando parliamo di politiche che compensino per il pensionamento ritardato delle nonne, ci riferiamo proprio ad incentivi a forme di lavoro più flessibili per le “mamme” e a maggiori investimenti in strutture pubbliche o di sostegno al reddito delle famiglie per l’utilizzo di strutture private, possibilmente ben più di 80 euro al mese.

  4. Giuliano Cazzola

    Prendo atto che anche una autorevole pubblicazione come la vostra ha sposato la tesi che le pensioni possono risolvere tutti i problemi. E quindi che l’aumento dell’eta’ pensionabile – peraltro indispensabile per tanti motivi- ha creato tanti danni. Non c’era bisogno di scomodare tanti master per arrivare ad una conclusione tanto banale. I pensionati anticipati danno lavoro ai giovani, le nonne badano ai nipoti anche se possono ancora lavorare. E’ la nuova linea Boeri?

    • bob

      ..banalità per banalità oltre il 60% degli eventuali posti lasciati dai “pensionati anticipati” sono posti che non potranno essere più occupati da nessuno perchè sono impieghi inutili nel futuro ( vedesi banche, pubblica amministrazione, enti inutili etc). Il nostro Paese doveva essere un laboratorio innovativo per traslocare nel mondo digitale le magnifiche esperienze dal dopo guerra agli anni’ 60 nei comparti della chimica, elettronica, auto, energia. Non produciamo più nulla se non ” compro oro” e ” slot machine” Se un Paese è capace di creare gli ” accertatori di sosta” a grandi possibilità di inventarsi ” il pensionato anticipato” ….il concetto di fondo non è diverso

    • Massimiliano Bratti

      Grazie per il commento. Lungi da noi pensare che pensionare tutti anticipatamente sia la soluzione a tutti i mali dell’Italia ed infatti non lo proponiamo né nel pezzo né nel paper. Il nostro obiettivo è chiaro, ed è quello di quantificare un possibile effetto negativo delle riforme pensionistiche sull’occupazione femminile, per la quale, a differenza che per l’età pensionabile, nelle statistiche rimaniamo ancora tra gli ultimi del mondo sviluppato. Personalmente ritengo che il messaggio che si dovrebbe trarre dal nostro pezzo è che alcune politiche possono avvantaggiare alcuni/e e svantaggiare altri/e, e forse si potrebbero introdurre altre politiche per “compensare” chi viene svantaggiato (nel caso specifico con parte dei risparmi nella spesa pensionistica fare investimenti in asili pubblici, finanziare sussidi per la cura all’infanzia, incentivare il tele lavoro ed altre forme di conciliazione famiglia-lavoro). Anche questa forse è una banalità, peccato però che non lo si faccia. Cordialmente.

  5. Marco

    L’aumento dell’età pensionabile è incontrovertibile per la sostenibilità del sistema pensionistico e, in generale, della fiscalità generale. Posto questo vincolo occorre di certo ritagliare risorse per avere un welfare di genere più efficiente (esattamente il contrario che destinarle a palliativi come il bonus bebè) ma anche adottare misure normative non esclusivamente fiscali o di sussidio per ridurre le disuguaglianze in ambito lavorativo e di assunzione (vedi congedo paterno OBBLIGATORIO di pari durata a quello femminile). Un’inversione di tendenza (irrealistica) ma anche un mero rallentamento (probabile) dell’adeguamento pensionistico rispetto alla sostenibilità di lungo termine sarebbe non solo deleterio finanziariamente per le future generazioni ma anche distorsivo nei confronti di quelle madri che non hanno a loro volta madri o, per qualsiasi ragione, comunque non sceglierebbero l’affidamento in famiglia come soluzione. Difatti, seguendo pedissequamente le conclusioni indicate dall’analisi dell’articolo si formula un ragionamento analogo a quello per cui le pensioni superiori alla mensilizzazione del montante contributivo sarebbero giustificate perché, di rimando, i nonnetti le girerebbero in automatico ai nipotini disoccupati o sottoccupati. Peccato che, in entrambi i ragionamenti, questo sia antitetico a ogni concetto meritocratico a meno che non si ipotizzi che tutti abbiano gli stessi nonni, ugualmente “ricchi” e ugualmente “generosi”.

  6. giannaventurini

    tema? as alcuni venti diritto questo anno non è proprio arrivata. altre volte e stata elargita e Dio alcuni mesi ripresa del versamento INPS mensile
    e i patronati non fanno nulla

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