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Hillary o the Donald? Così reagiranno i mercati finanziari

Cosa accadrà sui mercati finanziari dopo le presidenziali americane? Una vittoria repubblicana potrebbe comportare una forte caduta delle borse, non solo negli Stati Uniti. L’elezione della candidata democratica potrebbe portare a un aumento dei tassi d’interesse e a una riduzione della volatilità.

L’incertezza pesa sui mercati

La forte incertezza sui risultati delle elezioni americane, assieme alla polarizzazione delle posizioni politiche dei candidati, agitano i mercati finanziari.
Tradizionalmente, i mercati hanno salutato la vittoria di un candidato repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti con un rialzo delle quotazioni azionarie, mentre l’ascesa di un democratico è stata spesso accompagnata da una caduta degli indici borsistici. Almeno, questo è quanto statisticamente osservato dalla fine dell’Ottocento alla rielezione di Barack Obama nel 2012. Gli operatori economici hanno quasi sempre ritenuto che il partito repubblicano rappresentasse meglio gli interessi degli investitori, soprattutto in termini di minor tassazione, riduzione della regolamentazione e libero scambio.
In questo quadro, la candidatura di Donald Trump rappresenta una rilevante eccezione giacché tutte le analisi mostrano come la vittoria del candidato repubblicano dovrebbe portare a una caduta del prezzo delle azioni, a una riduzione della crescita economica e a un aumento della volatilità dei mercati. In altri termini, il cosiddetto Republican premium si è trasformato in un Republican discount.
Questi fenomeni risultano ovviamente tanto più rilevanti quanto più l’esito delle urne è incerto e quanto più i programmi fra i due candidati divergono. Così, le quasi certe rielezioni di Ronald Reagan o di Bill Clinton non comportarono alcun effetto sui mercati finanziari, a differenza di quella – sofferta – di Harry Truman nel 1948. Molti politologi hanno poi osservato come le crescenti disuguaglianze e discriminazioni razziali, seguite alla grande recessione, abbiano prodotto una forte polarizzazione delle posizioni politiche.

Conseguenze economiche delle elezioni

Oggi tutti i sondaggi mostrano come i due candidati siano quasi alla pari, mentre le loro posizioni rimangono fortemente divergenti. I risultati delle urne dovrebbero dunque produrre sostanziali oscillazioni dei prezzi delle attività finanziarie. Una stima recente, fatta in concomitanza dei dibattiti televisivi, ha mostrato come l’elezione di Trump potrebbe portare a una caduta dello S&P e degli altri indici americani tra il 10 e il 15 per cento. Effetti molto rilevanti si aspettano anche sulle principali borse europee e asiatiche.
Entrambi i candidati hanno promesso un aumento della spesa pubblica, quale stimolo all’economia, che potrebbe accelerare la caduta dei corsi delle obbligazioni e un conseguente aumento dei tassi. Nel caso di una vittoria di Trump, l’aumento sarebbe più consistente, sia perché il cuore del suo programma prevede un forte taglio alle tasse con conseguente aumento del deficit pubblico, sia perché nelle scorse settimane il candidato repubblicano ha più volte attaccato Janet Yellen, presidente della Federal Reserve, per aver perseguito una politica monetaria troppo accomodante al fine di favorire la candidata democratica. Le idee fortemente anti-liberiste di Trump in termini di commercio internazionale indebolirebbero anche i tassi di cambio di partner importanti come il Messico, il Canada e la Corea.
Sul fronte della volatilità, una vittoria repubblicana farebbe ulteriormente crescere indici come il Vix (ovvero il Chicago Board Options Echange Volatilty Index). L’ambiguità delle posizioni portate avanti dal candidato repubblicano, assieme al fatto di non avere al suo fianco consiglieri universalmente riconosciuti come competenti, aumentano le incertezze del quadro economico. Per non parlare poi delle posizioni prese da Trump in politica estera, nei confronti degli alleati o della Russia di Putin.
Tuttavia, anche una schiacciante vittoria democratica sia al Senato sia alla Camera dei rappresentanti è vista con scetticismo da molti analisti, poiché darebbe spazio all’ala sinistra del partito, che alle primarie aveva già dimostrato di avere un forte seguito. Insomma, la notte dell’8 novembre allacciate le cinture, si vola.

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  1. Ali

    Smentito

  2. Ottimo articolo che rimane valido tale quale anche dopo l’esito a sorpresa dell’elezione. Sto pensando allo stesso esercizio per il referendum del 4/12. C’è poca differenza fra vittoria del si o del no. Con il si, rimangono 18 mesi, con il no, forse meno, fino alle elezioni. Quindi il governo sarà comunque troppo debole per fare riforme vere, tutto sarà (come adesso) strumentale al successivo test elettorale. Con un incertezza ulteriore (creata colpevolmente dallo stesso governo) sulla procedura elettorale: italicum (vince M5*), italicum bis (vince nuova maggioranza PD+DX), variabile Corte costituzionale, consultellum, nuovo paradigma, non ideale ma meno “perverso” delle altre ipotesi. In altre parole, da due anni il governo invece di occuparsi di riforme economiche, fiscali e sociali, si occupa di riforme istituzionali NON CONCLUDENTI (dissenso, verdetti popolari, sentenze giudiziarie), aumentando al contrario l’incertezza, con qualsiasi risultato. Conclusione: dopo il 4 dicembre le cose si metteranno male, perché il paese sarà messo davanti ai problemi concreti: NPL e rischio bancario, debito pubblico e spread, investimenti e competitività, disoccupazione-disuguaglianze-disagio sociale, immigrazione e MO+Africa. Il governo darà la colpa all’UE, entrando in un gioco al massacro di cui il paese uscirà per forza perdente. Un mio articolo pubblicato una settimana PRIMA di quello del FT sul ponte verso il nulla: http://www.land.lu/2016/09/30/catastrophe-annonc%C3%A9e%E2%80%A9/

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