Dal 2012 l’articolo 36 del decreto “salva Italia” vieta gli incarichi incrociati per i consiglieri di amministrazione delle società finanziarie. La riforma non è però riuscita a raggiungere l’obiettivo: il settore sembra rimanere strettamente collegato al suo interno. I risultati di uno studio.

Il vizio degli incarichi incrociati

Due aspetti rilevanti hanno caratterizzato il governo societario in Italia negli ultimi decenni: la presenza di meccanismi che hanno favorito il predominio degli azionisti di controllo (a scapito di quelli di minoranza) e un’alta concentrazione della proprietà. La seconda caratteristica è un diffuso ricorso agli “incarichi incrociati” dei consiglieri (definiti anche “interlocking directorates”) tra più consigli di amministrazione.
Diverse teorie sono state fornite in letteratura per spiegare la presenza degli incarichi incrociati. Quella relativa alla collusione risulta essere particolarmente importante anche per le rilevanti implicazioni economiche che si possono avere a livello di sistema. In situazioni di collusione tra imprese, infatti, gli incarichi incrociati possono servire a rafforzarla, così come si rafforzano i profitti delle aziende i cui amministratori siedono nei diversi consigli di amministrazione. Favorendo il coordinamento tra le imprese si riduce anche il benessere dei consumatori.
Gli incarichi multipli presentano poi un ulteriore elemento problematico a livello di efficienza economica: possono ridurre l’efficacia dei membri del consiglio occupati in diversi consigli di amministrazione, diminuendo la loro capacità di vagliare le decisioni dell’amministratore delegato, esponendo quindi le aziende a rischi più elevati.

Analisi delle reti per studiare gli effetti del decreto

A partire dalla “legge Draghi” del 1998, diverse riforme sono state realizzate con l’obiettivo di proteggere gli azionisti di minoranza e aprire il mercato del controllo societario. L’ultimo intervento legislativo effettuato è stato l’articolo 36 del decreto legge “salva Italia” del 2011, il quale ha vietato gli “incarichi incrociati” all’interno del settore finanziario.
In un nostro articolo, valutiamo gli effetti che la riforma ha avuto sugli incarichi multipli. Secondo l’articolo 36 del decreto “salva Italia”, agli amministratori di una società bancaria o assicurativa che avevano incarichi incompatibili è stato richiesto di sceglierne uno tra questi entro il 27 aprile 2012, o li avrebbero persi tutti.
Abbiamo confrontato la rete dei consiglieri di amministrazione “incrociati” prima (anno 2009) e dopo la riforma (il 2012) facendo uso degli strumenti analitici della analisi delle reti, che permette di studiare la struttura delle relazioni sociali all’interno della rete degli incarichi societari. In primo luogo, abbiamo analizzato le caratteristiche strutturali di entrambe le reti e successivamente abbiamo usato tecniche di “community detection” (identificazione di comunità all’interno della rete) con l’obiettivo di evidenziare le modifiche (o la continuità) dei gruppi dopo questo intervento legislativo. Una comunità può essere definita, nel nostro caso, come un gruppo di aziende il quale presenti legami forti all’interno della comunità stessa e collegamenti deboli o inesistenti con altri gruppi-società parti di altre comunità. Ciascuna comunità tende ad avere vita propria all’interno della rete e a caratterizzarsi per determinate specifiche funzioni. In particolare, abbiamo identificato le comunità di riferimento e poi abbiamo confrontato i loro membri parte delle stesse nei due anni.
Abbiamo quindi trovato che ci sono stati alcuni cambiamenti nella struttura della rete dopo la riforma: per esempio è diminuita la densità ed è aumentato il numero degli isolati, cioè delle imprese senza alcun legame con altre. Questo significa che ci sono meno connessioni tra le aziende e che ci sono stati alcuni cambiamenti nel funzionamento della rete.
Tuttavia, si è anche potuto osservare che la comunità delle società finanziarie, alla quale era indirizzata la riforma e che rappresentava la componente più importante della rete, tendeva a rimanere strettamente collegata al suo interno. La maggior parte delle società finanziarie si è così spostata dalla comunità iniziale a un’altra e in tal modo le società hanno mantenuto i legami fra di loro, mentre avrebbero dovuto mescolarsi con altre aziende in diverse comunità, secondo i collegamenti tra amministratori in società finanziarie e, per esempio, i settori industriali.
Sembra quindi che la riforma non sia riuscita a realizzare i suoi obiettivi, se non in maniera molto parziale.

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