Il 7 febbraio è la prima giornata nazionale contro il bullismo a scuola. Il fenomeno è in crescita e le soluzioni possono arrivare solo da una conoscenza più approfondita dei suoi contorni. Il ruolo importante svolto dagli “spettatori”, non solo quelli diretti, ma la società nel suo complesso.
Bullismo a scuola
Il 7 febbraio sarà la prima “Giornata nazionale contro il bullismo a scuola”. Può servire a focalizzare l’attenzione su un fenomeno che è cresciuto negli anni e che colpisce soprattutto gli individui percepiti come più deboli o “diversi”. In alcuni casi però la figura di vittima e carnefice si confondono. La violenza tende a generare violenza e a rendere sempre più difficile il cammino verso una società inclusiva.
La scuola, essendo per eccellenza luogo di socializzazione, svolge un ruolo fondamentale nell’inserimento sociale di ciascun individuo. Ha l’importante compito di mediare i rapporti sociali in modo da evitare pregiudizi, intolleranza e discriminazione e di orientarli invece al rispetto reciproco. Tra i banchi si sviluppa quel senso di appartenenza a una comunità che getta le basi per una società solidale. Talvolta però i rapporti che vi si stabiliscono sono improntati non sul rispetto ma sulla prevaricazione. La diversità, anziché essere vista come un’opportunità di arricchimento, diventa motivo di esclusione e si manifestano azioni violente soprattutto ai danni di chi viene percepito come più debole.
I dati Invalsi
Episodi di bullismo che interessano bambini e adolescenti sono spesso riportati sulle pagine dei giornali e diversi studi tendono a confermare la gravità del fenomeno. Una fonte di informazione utile a fornire un quadro è costituita dai dati Invalsi. Infatti, tra i quesiti proposti nel questionario somministrato dall’Istituto agli studenti, ve ne sono alcuni volti a indagare la diffusione del bullismo. In particolare, si chiede quanto spesso durante l’anno scolastico allo studente è capitato di subire comportamenti aggressivi (quali prese in giro, insulti, esclusione, violenza fisica). Esaminando i dati del 2014-15 (nel questionario 2015-16 queste domande non sono presenti) relativi alla quinta classe della scuola primaria si nota che solo il 19,3 per cento degli alunni non ha mai subito questo tipo di comportamento. Circa il 59 per cento risponde invece di averlo subito ogni tanto. La cadenza diventa settimanale per circa il 11 per cento degli studenti e giornaliera per il 10 per cento. Percentuali non meno allarmanti si riscontrano nei dati relativi agli adolescenti che frequentano il secondo anno delle scuole superiori. Anche in questo caso il 48 per cento dichiara di aver subito ogni tanto atti di bullismo e circa il 12 per cento dichiara di esserne vittima settimanalmente o giornalmente.
Si tratta di un fatto non certo nuovo. Tuttavia, la sua dimensione è cresciuta nel tempo. Per avere un’idea dell’andamento temporale si può considerare la prima indagine Invalsi che fornisce informazioni sul fenomeno. Poiché alcune domande poste agli studenti sono cambiate nel tempo, non si possono fare comparazioni immediate, è però possibile avere qualche indicazione.
Nell’anno scolastico 2009-10, la percentuale di studenti di quinta elementare che dichiarava di aver subito qualche atto di bullismo era pari al 37 per cento. Vi è stato quindi un aumento considerevole che ha riguardato tutto il territorio nazionale (per una volta Sud e Nord sono uguali). Non sono cambiate invece le caratteristiche delle vittime. Il fenomeno è più diffuso tra i maschi e tra gli studenti provenienti da un contesto socio-economico più debole. La probabilità di subire azioni violente con cadenza settimanale o giornaliera aumenta, ad esempio, per i figli dei disoccupati e di coloro che hanno un basso livello di istruzione. Inoltre, a parità di condizioni socio-economiche, gli studenti immigrati (con genitori nati all’estero) tendono a essere vittime del bullismo più spesso degli studenti italiani. Come si può notare dai grafici, la percentuale di studenti immigrati che dice di aver subito qualche atto di bullismo ogni settimana o ogni giorno è di circa il 26 per cento nelle scuola primaria e di circa il 17 per cento nella scuola secondaria di secondo grado (queste percentuali sono circa 21 per cento e 12 per cento per gli studenti italiani). È un disagio che va ad aggiungersi ai molti altri che questi bambini e adolescenti affrontano nell’adattarsi a un contesto nuovo.
Grafico 1
Grafico 2
È interessante notare che i ruoli del bullismo, spesso ben definiti, alcune volte si confondono. Nel 2014-15, il 6 per cento degli adolescenti che frequentano la seconda classe delle scuole superiori dichiara sia di aver subito con frequenza settimanale o giornaliera atti di bullismo sia di aver messo in atto tali comportamenti nei confronti di altri studenti con la stessa frequenza. La percentuale è più alta tra gli studenti immigrati: 9,5 per cento contro il 5,7 per cento degli studenti italiani. Si può rispondere alle umiliazioni derivanti dalle aggressioni psicologiche o fisiche subite in maniera diversa. È però facile che chi subisce violenza metta prima o poi in atto comportamenti violenti.
Arginare questi fenomeni è diventato sempre più difficile perché adesso non si manifestano solo all’interno delle mura scolastiche, dove in qualche modo vi può essere una supervisione da parte dei docenti, ma anche e soprattutto attraverso i social network.
Ben venga quindi la giornata contro il bullismo e tutte le azioni (compresa la proposta di legge sul Cyber bullismo) volte a contrastare un fenomeno che però per essere risolto ha anche bisogno di essere meglio compreso. Un ruolo molto importante è probabilmente svolto dagli “spettatori”, alcune volte complici e altre volte indifferenti alla violenza. Ma è la società nel suo complesso e attraverso tutte le sue istituzioni che deve agire anteponendo il rispetto della dignità umana a qualsiasi altra cosa.
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Diego Galli
Se non viene attuata formazione e programmi che facciano riflettere vittime, carnefici e spettatori su questa dinamiche, produrremo cittadini ripiegati sempre di più su se stessi, patologie psichiatriche o potenziali carnefici adulti. Esistono sperimentate pratiche di giustizia riparativa, council circles, anche in Italia, che dovrebbero essere implementate su scala nazionale, ed essere obbligatorie in ogni scuola, oltre che nei curricula formativi dei nuovo docenti così come nei corsi di aggiornamento professionale. E’ un’emergenza democratica e civile.
fatti neri
pongo attenzione al fenomeno sottolineando che la giustizia italiana ha le sue belle colpe: se una vittima di bullismo con tanti di referti medici per brutale aggressione o peggio più di una dal soggetto bullo sporge denuncia, deve aspettare oltre quatro anni per vedere luce processuale e poi eventualmente fare procedimento per il risarcimento! intanto il bullo gira tranquillo con al max proprio nei casi di recidiva un periodo di messa alla prova, un giorno di galera non esiste per questo. è giustizia? N:B: le forze dell’ordine in questo sono scribani con le mani legate. è la politica che deve fare leggi severe.
Giuseppina Fedel
Interessante l’articolo che informa scuola, famiglia e spettatori…e fa comprendere la necessità di affrontare il problema con il massimo impegno possibile per ridurre concretamente le percentuali delle vittime e dei ragazzi che praticano le forme di violenza…Condivido anche il 1 Commento di Diego Galli.
Complimenti alla redazione della “Voce”