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Il ticket serve alla salute. Ma più equo

La sostenibilità del sistema sanitario si garantisce trovando forme aggiuntive di finanziamento. Va ripensato il sistema delle compartecipazioni, con un miglior bilanciamento dei ticket su assistenza specialistica, farmaci e ricoveri ospedalieri.

Riformare il sistema delle compartecipazioni

Torna la discussione sui ticket sanitari. E torna la voglia politica di eliminarli anche perché da sempre non sono popolari. Le compartecipazioni alla spesa svolgono un ruolo di moderazione dei consumi per l’assistenza farmaceutica e specialistica. In più, nella situazione attuale in cui a un aumento dei bisogni sanitari non corrisponde la possibilità (o la volontà) di un incremento del finanziamento pubblico, il gettito dei ticket è una importante fonte di copertura della spesa. Se dovesse essere eliminato si avrebbe perciò un aumento della spesa pubblica e, senza recuperi sul fronte dell’efficienza, sarebbe probabile un impoverimento dell’offerta del sistema sanitario pubblico.
Il tema centrale, pertanto, non è eliminare le compartecipazioni, ma come renderle più funzionali ed eque.
Le compartecipazioni riguardano principalmente tre aree (dati 2015): l’assistenza farmaceutica (1,5 miliardi), l’assistenza specialistica e diagnostica extra-ospedaliera (1,35 miliardi) e il ticket sui codici bianchi in pronto soccorso (43 milioni). Si tratta di poco meno di 3 miliardi di euro su un finanziamento pubblico complessivo di circa 113 miliardi. Si tenga anche presente che quasi un miliardo di compartecipazioni alla spesa farmaceutica provengono dal differenziale con il prezzo di riferimento: se medici, pazienti e farmacisti decidessero sempre per l’opzione a prezzo più basso a parità di principio attivo (e di efficacia) si risparmierebbe quasi l’1 per cento della spesa sanitaria pubblica.
Sull’assistenza specialistica i ticket sono quasi al livello dei prezzi dell’offerta privata, di fatto togliendo per queste prestazioni la copertura pubblica ai non esenti.
Si tratta di un sistema disfunzionale, che raccoglie troppe risorse dal comparto ambulatoriale e troppo poche da quello farmaceutico e ospedaliero e che crea, tra l’altro, incentivi al ricovero dei pazienti anche quando non è necessario, proprio per evitare le compartecipazioni. La mia proposta è che anche l’assistenza in ospedale venga sottoposta a una compartecipazione, ad esempio con un contributo alla copertura dei costi alberghieri dell’ordine di circa 10 euro a giorno di degenza. Un tale importo comporterebbe un flusso aggiuntivo di risorse per il Ssn di circa 500 milioni di euro all’anno. Anche sulla spesa farmaceutica potrebbe essere utile introdurre una modesta compartecipazione legata al prezzo oltre che al ticket sulla ricetta.

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Rivedere anche il sistema delle esenzioni

Qualsiasi regime di compartecipazioni richiede un sistema di esenzioni in grado di migliorarne il profilo di equità. Anche su questo la situazione italiana è sconfortante. Come in altre aree della nostra spesa sociale, il sistema è principalmente rivolto a tutela degli anziani: per l’agire combinato dell’esenzione per età, reddito e malattie croniche, non pagano quasi mai le compartecipazioni per l’assistenza specialistica e diagnostica extra-ospedaliera. Particolarità tutta italiana è poi il fatto che il sistema cambia da regione a regione sia per le compartecipazioni che per le esenzioni sul ticket per la farmaceutica. È invece auspicabile un regime nazionale e uniforme. I livelli essenziali di assistenza sono nazionali, ma da regione a regione cambia il contributo richiesto ai pazienti per accedere ai servizi e anche questa è una contraddizione.
Un problema fondamentale dell’attuale sistema è che non ci sono limiti: chi è esente non paga niente e chi non è esente può pagare moltissimo. L’Italia non è stata in grado di costruire un sistema nel quale l’esenzione scatti dopo un certo livello di pagamento, che dovrebbe essere diverso in base alle diverse fasce di reddito.
In sintesi, in una situazione così critica per le finanze pubbliche italiane, si deve salvaguardare la tutela della salute anche tramite la raccolta di compartecipazioni alla spesa su una base più ampia, che includa l’assistenza ospedaliera, regimi di compartecipazione più uniformi – se non uguali – tra le regioni, tetti ai ticket per evitare esborsi eccessivi. È poi necessaria una profonda revisione del sistema delle esenzioni, in modo da renderlo più equo tra le fasce di reddito, ma anche tra le generazioni.

 

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  1. Carlo

    Per evitare continui regali all’evasione, smettiamola di parlare di livelli di “reddito” e cominciamo a parlare di livelli di “patrimonio” familiare.

  2. stefano magnone

    È folle pensare ad una compartecipazione sulla base della degenza ospedaliera oltre una certa soglia. Molti ricoveri per casi complessi metterebbero i pazienti di fronte a rischi economici enormi. Inoltre in alcune regioni dove la medicina territoriale è inefficiente i pazienti si troverebbero a dover pagare due volte: per il prolungamento della degenza e per le disfunzioni del sistema. Meglio aumentare la compartecipazione per le centinaia di accessi impropri al Pronto Soccorso e rendere efficiente la gestione delle liste di attesa, con penalizzazioni per chi non si presenta.

  3. U G-M Tamburini

    Si! Facce ride! Ci serve una amministrazione che faccia un lavoro e non chiacchire; di piu’ una classe politica che ragioni e non sogni. a partire da quel Rossi di famma ASL Massa che dovrebbe vergognarsi di fronte a un sistema Toscano in gran parte fatto di gente onesta alla quale contrppone albagia e scarso senso politico.

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