Lavoce.info

Infrastrutture urbane: ripartire dal contributo straordinario

Il contributo straordinario che si aggiunge agli oneri di urbanizzazione non risolve la crisi fiscale delle città. Ma è utile perché cattura l’aumento di valore degli immobili generato dalle trasformazioni urbanistiche. E finanzia infrastrutture necessarie.

Perché serve il contributo straordinario

La crisi economica e le difficoltà della finanza pubblica hanno determinato una situazione particolarmente negativa per i comuni. Negli ultimi anni, la finanza locale è stata caratterizzata dalla instabilità, dai tagli dei trasferimenti finanziari dello stato, dalla crisi del mercato immobiliare, nonché dal crollo della spesa per investimenti, tradizionalmente attivata dai comuni.
Una nuova fiscalità urbanistica dovrebbe perciò emergere proprio da un’attenta riflessione generale sulla crisi fiscale delle città, sul finanziamento dello sviluppo e delle infrastrutture urbane e sulla ripartizione dei costi tra attori pubblici e privati.
Il testo unico in materia di edilizia (Dpr n. 380 del 2001, articolo 16) prevedeva che nella definizione delle tabelle parametriche per classi di comuni relative agli oneri di urbanizzazione, le regioni dovessero tener conto essenzialmente dell’ampiezza, dell’andamento demografico, delle caratteristiche geografiche dei comuni e delle destinazioni d’uso dei suoli indicate negli strumenti urbanistici.
In questo contesto, nel 2008 il piano regolatore del comune di Roma (assessore Roberto Morassut) aveva previsto un contributo straordinario dovuto per alcune tipologie di trasformazioni urbanistiche, fissando entro il 66 per cento la quota dell’aumento di valore da trasferire dal privato al comune. La norma è stata in seguito inserita nella legislazione speciale per Roma Capitale.
Nel 2014 il contributo straordinario è diventato una norma nazionale, con la legge 11 novembre 2014 n. 164, articolo 17 comma 1 lettera g), che al punto 3) e 3) bis ha modificato il testo unico sull’edilizia, il Dpr 380/2001, articolo 16 comma 4, lettera d-ter e comma 4bis.
Secondo la norma, le amministrazioni comunali, oltre ad applicare gli oneri di urbanizzazione stabiliti con deliberazione del consiglio comunale sulla base delle tabelle parametriche regionali, devono valutare il maggior valore generato da interventi su aree o immobili in variante urbanistica, in deroga o con cambio di destinazione d’uso.
Il maggior valore è calcolato dall’amministrazione comunale e suddiviso in misura non inferiore al 50 per cento tra il comune e la parte privata e da quest’ultima versato alle casse comunali sotto forma di contributo straordinario.
L’uso da parte del comune delle risorse ricavate dal contributo straordinario è vincolato a opere pubbliche e servizi da realizzare, secondo la norma, “(…) nel contesto in cui ricade l’intervento, cessione di aree o immobili da destinare a servizi di pubblica utilità, edilizia residenziale sociale od opere pubbliche” (articolo 16, comma 4 lettera d-ter).
La Regione Veneto ha presentato ricorso contro numerose disposizioni del decreto legge 12 settembre 2014 n. 133, convertito, con modificazioni dall’art. 1, comma 1, della legge 11 novembre 2014 n. 164, ma la sentenza della Corte costituzionale n. 68 del 5 aprile 2016 ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità sollevata in materia di contributo straordinario.

Leggi anche:  Zone 30, un dibattito senza dati

Un buon primo passo

L’introduzione (e la conferma) del contributo straordinario fa emergere in primo luogo la consapevolezza che le risorse finanziarie attualmente disponibili per i comuni risultano, per vari motivi, insufficienti per realizzare tutte le infrastrutture pubbliche necessarie all’espansione urbana. In secondo luogo, mostra la chiara volontà politica di aumentare il contributo dei soggetti privati al finanziamento della loro realizzazione. In terzo luogo, evidenzia la responsabilità delle regioni nell’inserire il contributo straordinario nelle rispettive legislazioni urbanistiche “di dettaglio” e dei comuni nei propri strumenti urbanistici, come previsto dal testo unico in materia di edilizia.
In definitiva, anche se non risolverà la crisi fiscale delle città, il contributo straordinario va accolto con favore per la cattura dell’aumento di valore immobiliare generato dalle trasformazioni urbanistiche e per il finanziamento della città pubblica.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Ponte sullo Stretto: una cattedrale nel deserto demografico

Precedente

Cambiamenti climatici, ancora troppe emissioni

Successivo

Quello che ancora manca a un Rei efficace

  1. Serlio

    Non intendo entrare nel merito della questione, ma dire semplicemente che “i soldi degli altri (i contribuenti) non bastano mai”…
    Se i Comuni sono a corto di soldi licenzino dipendenti in eccesso (magari destinandoli ad altri enti che ne hanno bisogno), si accorpino e via dicendo.
    Lo strapotere di chi non produce ricchezza, ma la sperpera, è la causa della crisi di questo paese, sempre più povero.

    • michele

      D’accordissimo… I comuni si sono ridotti a “stipendifici” come del resto tante altre amministrazioni pubbliche o similari.
      Assorbono entrate, anche se ora relativamente limitate, ma sperperano senza realizzare utili servizi per i cittadini contribuenti ( strade, reti idriche, fognature, depuratori etc..)
      Non sarebbe opportuno cominciare seriamente a controllare coloro che sperperano e…possibilmente cancellarli dalla società civile?
      E’ un sogno? E, forse, non ci resta che sognare…
      Un saluto michele

    • John

      Altro che licenziare. Roma ha appena piegato la testa verso i sindacati e ha deliberato anche sul salario accessorio per continuare a non fare alcunché.
      A parte questo, non riesco a capire come mai si parla ancora di espansione delle città quando le stesse continuano a spopolarsi. Espandere significa aumentare i costi di servizi e infrastrutture. Sono solo io che non capisco?

  2. Fra

    provo sgomento a leggere in un articolo che tratta della questione degli oneri di urbanizzazione 3 commenti casuali sui dipendenti fannulloni da “cancellare nella società civile”. Oltre all’inutilità della chiacchiera da bar, anche se fosse stata portata con valide argomentazioni la mia professore delle medie avrebbe dato insufficiente in quanto fuori tema.
    Tornando agli oneri di urbanizzazione, il contributo straordinario mi sembra un’importante novità. Esiste un monitoraggio di quanto nel 2015 è stato incassato? Oppure ha principalmente una funzione di deterrenza alla cementificazione? Grazie mille

  3. Henri Schmit

    Ottima informazione, ottimi argomenti. Il contributo straordinario è una misura intelligente. Mi domando come si articola con i tradizionali oneri di urbanizzazione; invece di sommare due tipi di “tassa comunale” sullo svluppo immobiliare, non sarebbe preferibile avere tutto sotto una voce, a vantaggio di tutti: un quadro più prevedibile per gli imprenditori, più gestibile per le amministrazioni comunali e più controllabili da funzioni di vigilanza e dall’opinione pubblica.

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén