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Alitalia: perché la soluzione è sul mercato

Low-cost e aeroporti

Ringrazio i lettori per i commenti al mio articolo “Su Alitalia fidiamoci del mercato”. Rispondo per punti.

Low-cost sì o no? Ryanair vive sfruttando la nozione di mercato unico europeo – capisco che non ci vogliamo rassegnare alla perdita di sovranità dello stato italiano, ma così come Unicredit si muove in Germania o Austria grazie a queste norme, Ryanair lo fa a partire dall’Irlanda. Continuo a pensare che il mercato unico sia un gioco a somma positiva, ma ciò ci porta su un piano chiaramente assai più ampio.
Il modello delle low-cost è sostenuto anche (non solo, ma anche) dai contratti che riescono a spuntare con gli aeroporti. Non si tratta di “sovvenzioni”: sono contratti in base ai quali i vettori si impegnano a effettuare almeno un certo numero di voli su un aeroporto e l’aeroporto riconosce quindi una certa somma. Che viene pagata perché con i voli arrivano ovviamente i passeggeri e ne beneficiano sia gli aeroporti come enti commerciali (più passeggeri arrivano, maggiori i canoni che si riescono a spuntare dagli esercizi commerciali) sia il territorio (normalmente gli aeroporti sono partecipati da enti territoriali). A me non risulta che nessun aeroporto regali nulla a queste compagnie – perché lo dovrebbe fare? Ma se garantiscono un servizio e un risultato, perché non dovrebbero averne un riconoscimento? E comunque, gli aeroporti normalmente fanno utili, quindi non vedo sintomi di particolari patologie.
La relazione tra crisi Alitalia e il nostro sistema aeroportuale è sicuramente labile. Il fatto che tanti aeroporti esistano perché gli enti locali li hanno voluti fortemente è innegabile. Sarebbe preferibile averne meno e puntare sui treni? Sicuramente gli aeroporti normalmente prosperano, quindi il problema è limitato. Poi, anche le ferrovie ad alta velocità hanno costi pesanti e i loro conti stanno in piedi bene quando il traffico quotidiano è intenso. Il che sarà vero fino a Roma. A Sud, ma anche sull’asse Milano-Trieste, non ne sarei tanto sicuro.

Turismo in Italia e dipendenti

Comunque, tutto questo ha effetti sul turismo? È vero che “l’Italia perde continuamente visitatori e turisti”? No. Anzi, se guardiamo i dati Banca d’Italia vediamo che i turisti stranieri nel 2004 erano stati 59,5 milioni, nel 2016 erano 85,5 milioni (con una crescita continua su tutto l’arco temporale). La loro spesa nel frattempo risulta essere aumentata del 27 per cento. E anche il traffico aeroportuale dall’estero è in continua ascesa. Non mi pare la situazione sia così male.
Sempre all’insegna del disfattismo, leggo anche che “in Italia non siamo capaci di gestire imprese grandi, globalizzate che richiedono infrastrutture, leggi e professionalità”. Come sempre, abbiamo il buono e il balordo. Fca ha conquistato una posizione negli Stati Uniti che anni fa sarebbe stata impensabile; Enel ha quote di mercato importantissime in Spagna e Sudamerica; proprio in questi giorni Autostrade punta sul maggiore gestore autostradale della Spagna (e non solo). E potremmo continuare (per esempio con Campari, Chiesi e altri). Certo, possiamo sempre trovare ragioni per parlare male di chiunque, ma cessiamo di considerarci un paese di (soli) barboni…
Finiamo su una nota dolente. Mi si chiede se possiamo fidarci del mercato anche per riassorbire i dipendenti Alitalia. No. Non scommetterei un euro sul fatto che tutti gli attuali dipendenti di Alitalia possano essere riassorbiti nel settore. I 1.500 piloti credo proprio di sì, ma gli altri 11mila dipendenti temo di no. Si parla di 8-9mila posti di lavoro a rischio. Temo su questo ci dovremo attrezzare diversamente (e sarà costoso – rinvio all’articolo di Ugo Arrigo per qualche considerazione in più). Ma non è regalando altro denaro pubblico per i prossimi anni che si salvano i posti di lavoro.

 

 

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  1. Luca

    Bello sentire parlare di Mercato, ma soffermiamoci sulla definizione , per me mercato è un posto dove diversi soggetti vendono beni e servizi , sfruttando tutti le stesse regole, ebbene : Rayan air gioca ad armi pari in Italia ?
    Uno dei valori aggiunti per una compagnia è il personale, che regole applica ryan? Non parlo solo di stipendi , ma anche e soprattutto di flessibilità o meglio di diritti . Diventa semplice essere una azienda di servizi , quando praticamente il 70 % del tuo personale si muove secondo logiche non di mercato , quando l’associazione sindacale è di fatto vietata, quando si può essere licenziati in tronco senza appello, no leggi 104 , no maternità , no straordinari , no articolo 18. Insomma anche grazie a questo Ryanair è la prima compagnia in Italia , ma sembra che ormai questi siano discorsi ottocenteschi . Per la cronaca easy jet che ha una policy molto più corretta l’anno passato ha visto perdere lo 0,2% dei passeggeri , ma fosse che in Italia vincono sempre i più furbi .
    Caro Boeri , quando parli di fondo volo , oltre ad analizzare le uscite , dovresti fermarti sulle entrate e cercare di capire perché nonostante il
    Mercato in Italia sia finito in mani di vettori diversi da Alitalia , nessuno versi più contributi ….

  2. Gabriele

    Un mercato unico funziona con regole uguali per tutti; non è così l’UE a cominciare da differenti regimi fiscali che al momento hanno funzione demolitrice della stessa coesione europea.
    Il mercato unico funziona se c’è un unico organismo regolatore che si chiama STATO, che agisce nell’interesse ultimo della società di cui si fa anche carico; l’UE non è uno di Stato.
    Senza Stato regolatore, la competizione è senza quartiere, ogni nazione pensa ai propri interessi mascherandoli. Non ci rendiamo conto che prendere sempre le parti del nostro paese, nel bene e nel male, è l’unico modo per risollevarci, altro che mercato comune europeo.
    Ryanair: se gli aeroporti la sovvenzionano perchè porta passeggeri, perchè non sovvenzionare anche tassisti, alberghi o ristoranti? Di chi è la convenienza, dell’aeroporto o di RYR? Quando RYR se ne va chi si fa carico delle spese sociali? se l’aeroporto entra in crisi chi ripiana i costi? con quali soldi? quelli che RYR NON ha versato al fisco italiano?
    Voglimo parlare del tipo di ricchezza che porta RYR tra passeggeri e contratti?
    Alitalia. Va bene non nazionalizzare le imprese nostrane ma detenerne una golden share che ne impedisca lo smantellamento e agevolarle rispetto ai concorrenti stranieri non credo sia deprecabile.
    Penso che se si è ispirati solo da un modello economico iperliberista, diventa difficile capire e tutelare gli interessi che proteggono e sviluppano la nostra società e il nostro paese.

  3. gianluca foti

    Spett. Dott. Scarapa
    Vorrei farLe presente che lo scalo di ReggioCalabria proprio in seguito ai contratti con Ryanair è sull’orlo della chiusura.
    Inoltre questa voglia di mercato comune e competizione globale sarebbe giustificata se questo modello economico portasse progresso sociale, posti di lavoro ma, come è sotto gli occhi di tutti, la realtà è diametralmente opposta.
    Per ultimo vorrei farLe notare come sia necessario che il consumatore diventi più consapevole è responsabilizzato: dire che Raynair porta passeggeri in molte regioni d’Italia, incrementendo l’Economia, dato ancora da dimostrare, sarebbe una buona notizia se non fosse per il fatto che la stessa Compagnia non paga i contributi Inps ai suoi dipendenti, oltre ad altre limitazione di diritti al al limite della legalità, senza considerare che il pagamento delle tasse sugli introiti avviene in Irlanda e non Italia. Se la volontà è quella accogliere Compagnie straniere in Italia che sviliscono i diritti sociali dei suoi dipendenti, destino che sarà sicuramente imposto a tutti gli altri lavoratori italiani, non contribuendo, peraltro, in maniera rilevante allo sviluppo economico del nostro paese, allora che gli Italiani si preparino a vivere la realtà del popolo greco, dove uno stipendio minimo è di 300 euro…Cordiali Saluti Gianluca

  4. Francesco

    Lei senz’altro istruito per parlare ma non è altrettanto a conoscenza della situazione aeroporti in Italia. Scrive senza conoscere, pessimo per uno che fa il lavoro. La prego di informarsi meglio di come stanno le società aeroportuali in Italia, dei dictact che le compagnie impongono e di chiedersi il perché nel resto dell’Europa non abbiamo un numero così elevato di aeroporti da gestire sul proprio territorio.

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