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Rafforzare l’Esm per renderlo efficace*

Il Meccanismo europeo di stabilità è uno dei lasciti positivi della crisi. Ma per funzionare bene ha bisogno di alcuni aggiustamenti. La seconda parte dell’introduzione dell’e-book che disegna la strategia per assicurare la stabilità dell’Eurozona.

L’Esm e gli aggiustamenti necessari

Una delle risposte positive alla crisi è stata la creazione, nel 2012, dell’European stability mechanism (Esm). La Relazione dei cinque presidenti lo identifica come lo strumento per rispondere ai rischi di un improvviso blocco degli afflussi di capitale. In quel documento si enfatizza il fatto che l’Esm potrebbe avere questo ruolo evitando trasferimenti permanenti, senza indebolire gli incentivi per una politica fiscale corretta a livello nazionale. Così com’è, tuttavia, l’Esm non funziona, per vari motivi. Per essere davvero utile, il meccanismo richiederebbe alcuni aggiustamenti, che però non trovano un accordo unanime.

Il primo aggiustamento dovrebbe essere nella sua governance. Oggi la decisione di dare sostegno a un membro dell’Esm è presa all’unanimità e richiede l’approvazione preventiva di alcuni parlamenti nazionali. Ciò rende la sua risposta molto incerta proprio nel momento in cui è più necessaria, ossia quando solo un’azione tempestiva può dare le rassicurazioni necessarie a calmare una crisi insorgente.

Abbandonare l’unanimità solleverebbe la questione della legittimità democratica, dal momento che l’Esm fa affidamento sui bilanci nazionali (e non su quello europeo). Si dovrebbe trovare un modo di consultare i parlamenti nazionali senza rallentare il processo decisionale, ad esempio attraverso una forma di maggioranza qualificata. In alternativa, si potrebbe coinvolgere il parlamento europeo.

La seconda questione riguarda le risorse dell’Esm. Quelle attuali (una capacità massima di prestito di 500 miliardi, all’incirca il 5 per cento del Pil dell’Eurozona) sono tutt’altro che sufficienti per far fronte a una grave crisi sistemica. Nell’area euro diverse banche hanno attività che superano di molto il Pil del loro paese. Il limite di finanziamento dell’Esm dovrebbe dunque essere esteso in modo significativo. Lo si può fare in vari modo. Una possibilità è che – su richiesta dell’Esm e in aggiunta alle garanzie già esistenti – i membri dell’Eurozona trasferiscano all’Esm una data quota delle loro entrate fiscali annuali da destinare al servizio del debito. Dovrebbe essere stabilito un tetto e una data di scadenza per le richieste dell’Esm. Tutti i paesi verserebbero la stessa percentuale di Pil e l’Esm avrebbe anche l’autorità di richiedere trasferimenti straordinari per affrontare necessità eccezionali. Ciò rafforzerebbe l’autorevolezza sui mercati finanziari dell’Esm, che contribuirebbe così a creare quei “titoli sicuri” dell’Eurozona, necessari per rafforzare il settore bancario.

La terza questione è il ruolo dell’Esm. Il meccanismo è stato disegnato per offrire assistenza finanziaria ai paesi che subiscono un blocco improvviso nei flussi di capitali in entrata, L’assistenza finanziaria è concessa sulla base di un programma di aggiustamento. Ma ci sono almeno tre problematiche che impediscono all’Esm di svolgere il suo ruolo.

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In primo luogo, per statuto l’Esm non dovrebbe concedere prestiti a paesi il cui debito è considerato non sostenibile, ma potrebbe essere comunque indotto a farlo, oppure potrebbe semplicemente confondere una crisi di liquidità con una crisi di solvibilità. (…) Per evitare questo rischio, andrebbero chiarite meglio le regole per la ristrutturazione del debito, e si dovrebbe potenziarne la credibilità, rafforzando il settore bancario.

In secondo luogo, gli stati membri sono riluttanti a chiedere l’assistenza all’Esm per l’alto costo politico di un programma di aggiustamento. Per ovviare al problema, l’Esm potrebbe offrire linee di credito precauzionali a tutti gli stati membri che rispondono a determinati requisiti (ad esempio deficit fiscale ed esterno al di sotto di determinate soglie). Le linee di credito sarebbero disponibili per un periodo limitato (per esempio, un anno), oltre il quale sarebbe imposta una ristrutturazione del debito o un programma di aggiustamento a pieno titolo. In questo modo la Bce non sarebbe più costretta a gestire le crisi di liquidità con le sue Outright monetary transaction (Omt);

In terzo luogo, l’Esm potrebbe essere coinvolto anche nella stabilizzazione della domanda aggregata nell’Eurozona, soprattutto quando i tassi di interesse hanno raggiunto lo zero. Grazie alle linee di credito precauzionali i paesi con poca liquidità non avrebbero la necessità di attuare politiche pro-cicliche. Andare oltre e trasformare l’Esm nel Tesoro dell’Eurozona potrebbe invece essere più controverso.

Come risolvere il “circolo diabolico”

Se la disciplina fiscale deve essere fatta rispettare dai mercati finanziari, la ristrutturazione del debito è una minaccia necessaria. Ma serve una cornice regolatoria che consenta di condurla in modo ordinato.

L’introduzione, nel 2012, delle Clausole di azione collettiva (Cac) è stato un passo avanti importante, ma restano da chiarire alcuni punti. Riguardano in particolare le regole sulla seniority e sulla giurisdizione (che favorisce i creditori) e le regole per evitare che i creditori rientrino in possesso dei fondi sottoposti al salvataggio (che favoriscono i debitori). Si dovrebbero anche introdurre meccanismi per impedire i comportamenti opportunistici, come quelli di creditori che non aderiscono alla ristrutturazione e lasciano agli altri i costi della ristrutturazione, così come se ne dovrebbero prevedere altri per prevenire costosi ritardi nelle decisioni di ristrutturazione (rischio di riscatto). Lo si potrebbe fare condizionando alla sostenibilità del debito – e con precisi limiti temporali – la concessione di assistenza finanziaria che vada oltre il prestito di ultima istanza. Ma la decisione ultima sulla ristrutturazione del debito dovrebbe essere lasciata ai paesi sovrani.

L’idea che siano i mercati a far rispettare la disciplina fiscale è comunque molto controversa: il rischio è che in questo caso i mercati possano passare da un buon equilibrio a uno perverso. E immaginare una ristrutturazione ordinata quando il debito è al 130 per cento del Pil sembra un’illusione. Questo è il motivo per cui il problema non può essere separato dal rafforzamento del settore bancario.

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Una precondizione per rendere la ristrutturazione del debito una possibilità concreta è eliminare (o almeno attenuare significativamente) il “circolo diabolico” che deriva dall’alta concentrazione di rischio sovrano nei bilanci delle banche di alcuni paesi. È stato proposto di ridurre la concentrazione di esposizione sovrana rinunciando all’eccezione alla “regola della grande esposizione” (che obbliga le banche a mantenere l’esposizione verso un singolo soggetto entro il 25 per cento del capitale, salvo che per i titoli di stato), oppure introducendo ponderazioni per il rischio sulla detenzione di titoli sovrani. Ma la transizione potrebbe essere problematica se le vendite di bond sovrani in eccesso in alcuni paesi (soprattutto in Italia e Portogallo) non sono compensate da maggiori acquisti dall’estero, perché i titoli sarebbero venduti a prezzi sempre più bassi. (…) In alternativa la transizione potrebbe essere agevolata escludendo la tranche senior del debito nazionale, o panieri diversificati di bond sovrani, dall’applicazione della nuova regola, come suggerito dall’Esrb Scientific advisory committee. Un’altra possibilità sarebbe quella di dividere in tranche i bond sovrani (o panieri di essi), in senior (più sicuri) e in junior (più rischiosi), ed escludere i primi dalla regola dell’esposizione.

In realtà, far sì che i titoli di stato siano “soggetti a default” rende il settore bancario più vulnerabile a crisi di liquidità. E dunque diventerebbe necessario introdurre una forma di “titolo sicuro”. Un vantaggio ulteriore di dividere in tranche i titoli sovrani sarebbe quello di rendere la ristrutturazione del debito più credibile in caso di insostenibilità del debito. La ristrutturazione si applicherebbe infatti solo alla tranche junior, quella che si auspica detenuta dagli investitori istituzionali (come i fondi di investimento), in grado di assorbire meglio le perdite rispetto alle banche.

* Questo testo è parte dell’introduzione all’e-book “Europe’s Political Spring: Fixing the Eurozone and Beyond”, pubblicato in inglese (e scaricabile gratuitamente qui) da Voxeu.org

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  1. Sarebbe bello avere i file pdf degli articoli (in modo da poterli allegare, stampare) come fanno altri siti ad esempio http://www.che-fare.com, ci avete mai pensato @lavoce?

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