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Se Intesa davvero risolve il pasticcio delle banche venete

Intesa Sanpaolo si dichiara disponibile a sciogliere il groviglio creatosi sulle due banche venete in dissesto. A patto che non le costi nulla e che siano d’accordo le autorità europee: un esito per nulla scontato.

L’offerta di Intesa

Il 21 giugno potrebbe essere diventata una data storica per le due banche venete, Popolare di Vicenza e Veneto Banca, da tempo protagoniste di una tormentata vicenda in cerca di soluzione. In quel giorno Intesa Sanpaolo ha infatti deciso di andare in soccorso delle due banche, fornendo una via d’uscita a una storia che sembrava entrata in un vicolo cieco. Va detto subito che la disponibilità di Intesa è per un intervento che non costi nulla a Intesa medesima: ogni onere della complicata operazione di soccorso dovrà essere a carico dello stato italiano, oltre che degli azionisti e dei detentori di obbligazioni subordinate emesse dalle due disastrate banche venete negli scorsi anni. Non a caso il governo aveva già sospeso, con un decreto urgente, il rimborso di un bond junior in scadenza proprio il 21 giugno: un chiaro segno di quanto stava per succedere.

Cosa succederà alle due banche venete? Se l’operazione andrà in porto, esse verranno poste in liquidazione e spezzate in due parti. I prestiti deteriorati (cioè quelli a soggetti insolventi o in ritardo nei pagamenti) e quelli non ancora a tale stadio ma giudicati ad alto rischio, insieme alle obbligazioni subordinate già emesse, saranno trasferiti ad una sorta di bad bank, cioè un veicolo che dovrà gestire queste situazioni problematiche e cercare di ricavarne quanto possibile. A Intesa verrà trasferita gratuitamente la parte sana delle due banche: dal lato dell’attivo i prestiti con una buona probabilità di rimborso e i titoli in portafoglio, dal lato del passivo i depositi e le obbligazioni senior.  Banca Intesa non si farà carico degli oneri relativi all’integrazione, come eventuali esuberi di personale, e tantomeno di quelli derivanti dalle cause legali a cui le due banche venete sono esposte per le loro malefatte del passato. Di questo dovrà farsi carico il governo, così come della necessità di capitale aggiuntivo. Il consiglio di amministrazione di Intesa non fa beneficenza ma l’interesse dei suoi azionisti e quindi chiede espressamente (nel suo comunicato) che l’operazione non abbia alcun impatto sul patrimonio della banca e sulla sua politica di distribuzione di dividendi.  È quindi un’operazione molto diversa da quella che ha recentemente visto come protagonista la banca spagnola Santander, che ha acquisito il disastrato Banco popular impegnandosi a un aumento di capitale miliardario.

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Alti margini d’incertezza

L’operazione è tutt’ora avvolta nell’incertezza e che vada a buon fine non è affatto scontato. Il motivo è che tutto questo disegno deve essere approvato dalle autorità europee competenti. La Banca centrale europea è l’autorità che vigila sulle due banche, e deve dare avvio al processo di liquidazione, che poi verrà gestito dalla Banca d’Italia. Il Single resolution board (Srb) deve essere d’accordo sul fatto che la liquidazione sia la cosa migliore da fare: potrebbe viceversa decidere che è meglio passare per la risoluzione (il cui schema è definito dallo stesso Srb), come è avvenuto per il Banco popular. La Commissione europea (Direzione concorrenza) deve approvare l’aiuto pubblico, che deve essere compatibile con le regole sugli aiuti di stato. Si spera che le autorità italiane abbiano già preso contatti informali con queste autorità, ottenendo una disponibilità di massima ad appoggiare l’operazione.

Ma ricordiamoci che la soluzione sul tappeto fino a pochi giorni fa, cioè la ricapitalizzazione precauzionale da parte del Tesoro, è fallita proprio perché è mancato l’accordo con le autorità europee (nonostante l’ottimismo sfoggiato dal ministro Padoan). La richiesta di un ulteriore contributo privato di 1,25 miliardi, come condizione preliminare, ha di fatto posto la parola fine alla trattativa, scontrandosi con la prevedibile indisponibilità dei soggetti privati (leggasi le banche italiane) a mettere altri soldi in una impresa ad alto rischio. Come dare loro torto? Le banche nostrane si erano già svenate con Atlante, che ha bruciato 3,5 miliardi nel tentativo di salvataggio dell’anno scorso. Quei miliardi sono andati in fumo, e le banche hanno già svalutato pesantemente le loro quote di partecipazione nel carrozzone pubblico-privato. Atlante nacque per evitare che le due banche venete andassero in risoluzione, ma ora siamo alla liquidazione. Si dirà che è troppo facile sparare adesso, con il senno di poi, su Atlante. Ma qualcuno  si era detto molto scettico già al suo esordio, nonostante il coro di plausi da parte delle autorità e di molta stampa.

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Adesso, dopo il fallimento di Atlante e del progetto di ricapitalizzazione precauzionale, speriamo che sia la volta buona per mettere la parola fine a uno dei tormentoni che affligge il sistema bancario italiano. Naturalmente ne rimangono altri altrettanto spinosi, a cominciare da Mps e Carige. La lentezza con cui queste vicende si avviano a compimento aggrava il costo delle soluzioni adottate, perché con il tempo si accumulano le perdite e i creditori (depositanti e obbligazionisti) scappano. Quella lentezza è dovuta, oltre che alle incertezze e alla mancanza di strategia delle autorità competenti, a un’architettura barocca delle regole e delle autorità europee. Regole che i governi fanno di tutto per non applicare: in particolare, la risoluzione e il bail-in. Autorità sempre più numerose e spesso in disaccordo sulle cose da fare.

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13 commenti

  1. gp

    Buonasera Professore
    Non crede che se agli assets e liabilities cedute a ISP si affiancasse anche il contributo del governo (capitalizzazione, fondo esuberi e/o altro) allora la parte restante nella bad bank (Sofferenze, Partecipazioni, PN Atlante, Subordinate e Fondi rischi) sarebbe sufficiente a portare a termine la liquidazione senza intaccare la obbligazioni subordinate?
    La ringrazio per la risposta

  2. bob

    può dirmi un solo impegno di Intesa? Altrimenti veramente siamo alla fantascienza

  3. fatti neri

    dopo i vari ragionamenti del quanto credo serve una riflessione sul perchè non conviene: come mai npl vengono ceduti a valore irrisorio? semplicemente per fretta di fare cassa! e chi la mette questa fretta…………? forse gli stessi che se li comprano? una dietro l’altra le banche stanno regalando soldi sotto forma di garanzie, per la maggiore immobiliari

    • Michele

      un immobile una garanzia? forse a Milano e a Torino, non certo qui in Veneto!

  4. Henri Schmit

    BIZANTINISMO, MA DI CASA: Il fumo si alza dal campo di battaglia, si comincia a intravvedere chi ha vinto e chi ha perso, chi ha lasciato più vittime sul campo. La soluzione è quella che da quando i disastri sono emersi è la più sensata: il grande istituto sano, capace di incorporare quello piccolo, interviene perché è anche nel suo interesse evitare ulteriori danni al sistema. Lo stato ci rimetterà molto perché il tempo ha peggiorato le condizioni. Alla fine dell’articolo l’autore invoca più volte il fattore tempo che è il sintomo più evidente del vizio profondo del sistema paese: le procedure di risanamento, di liquidazione, di fallimento, di realizzazione degli attivi in garanzia, sono troppo lunghe, le leggi troppo complicate, tutto è poco efficiente e c’è troppa gente che ci guadagna; tutto è reso intenzionalmente complicato. Nessuno è in grado di proporre soluzioni effettive, realizzabili, perché si trova davanti a un doppio muro: una giungla normativa e gli interessi costituiti. Si cambia continuamente per lasciare tutto com’è. Non è giusto dare la colpa al bizantinismo europeo, votato pure dall’Italia. Sarebbe più onesto riconoscere il bizantinismo di casa, impossibile da sconfiggere perché fa campare mezzo paese che prosegue inesorabilmente nel suo lungo lento declino. Il bizantinismo di casa aggravato da una tolleranza diffusa nella lotta contro l’arricchimento illecito è la vera causa del volume senza paragone dei crediti non recuperabili.

  5. Carlo

    La cosa comica è che il perfido stato centralista dovrà comunque mettere mano al portafogli per due banche di una regione che il 22 ottobre promuove un referendum consultivo….per avere meno Stato….il manicomio Italia è davvero impagabile…

  6. fatti neri

    @bob…impegno maggiore se lo accolla lo stato con la fiscalità generale per supportare le migliaia di cassa integrati che seguiranno, come fecero con alitalia, SETTE anni pagammo.domani ballottaggi, serve segnale politico, e pantalone tra poco lo darà se non vuole perdere voti, sig

  7. Giuli 44

    Non crede, Ill.mo Prof., che tutto questo pandemonio sia frutto anche di una eccessiva e facilona fretta messa a suo tempo nelle privatizzazioni delle banche? Ancor di più: che sia il frutto di una mancanza di regole in tema di governance. Prendiamo il caso di CARIGE. L’azionariato della Banca è composto per il 17.59% da Malacalza, per il 6% da Volpi, per il 79.41% dal mercato (Fonte Borsa Italiana). Constato quindi (e con me altri piccoli azionisti):
    a. Quest’ultima quota, preponderante anche per le politiche attuate in passato dalla ex Dirigenza Berneschi di massima sollecitazione verso la clientela retail, è di fatto carne da cannone per il gruppo di maggioranza.
    b. E’ ben evidente che la Banca ha necessità di un robusto aumento di capitale e di un partner finanziario all’altezza della situazione. Tutto ciò era insito nel piano Bastianini, ma i Malacalza non vogliono (forse non hanno la possibilità di sottoscrivere pro-quota un aumento più robusto, forse non temono l’ingresso di Generali).
    Mi chiedo quindi:
    1. è possibile e giusto controllare una banca con un quota tanto minoritaria?
    2. non sarebbe necessario porre una soglia?
    3. può una tale minoranza lasciare in sfacelo la banca?
    Grazie per l’attenzione.

  8. Iacopo

    Buongiorno, perche’ ho l’impressione che Intesa Sanpaolo faccia l’affare con i miei soldi di correntista dopo avere modificato unilateralmente le condizioni contrattuali?

  9. Federico Leva

    Leggo che alla fine lo Stato garantisce tutto, fino a un totale di 17 miliardi, con tanto di rimborsi all’80 % agli obbligazionisti. Non sarebbe stata piú pulita una soluzione alla Banco Popular in cui azionisti e obbligazionisti perdono tutto ma almeno la banca assorbente si fa carico di ogni successiva rivalsa?

  10. palinuro

    Ma la cessione delle due banche venete a costo zero (rectius, 1 euro) ad Intesa San Paolo – che tra l’altro avrà libertà di azione nel dichiarare redundant il numero di dipendenti che riterrà opportuno – non configura un vero e proprio aiuto di Stato?

    La polpa al privato, l’osso (le sofferenze) all’erario.

    Non si poteva fare quel che fece Obama che nazionalizzò gli istituti decotti per rimetterli sul mercato dopo averli risanati? Non sarebbe costato di meno, e soprattutto non sarebbe stato un chiaro segnale al mercato? Altro che fondo Atlante!

  11. Savino

    Dopo il salvataggio delle banche venete si abbia la decenza di cancellare la data del referendum sull'”autonomia” di quei territori.

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