Lavoce.info

Per trovare lavoro servono centri per l’impiego 4.0

I centri per l’impiego sono oggi strutture amministrative del tutto inadeguate a trovare lavoro ai disoccupati. Andrebbero perciò riformati. Sono quattro i punti chiave da seguire, puntando sulle tecnologie e sulla riqualificazione del personale.

Una situazione difficile

La riforma 150/2015 sul riassetto dei servizi pubblici per l’impiego ha introdotto numerose novità in termini di assetti e modelli operativi, sfortunatamente indebolite dall’esito del referendum costituzionale, che ha mantenuto la concorrenzialità delle regioni nella programmazione delle politiche attive del lavoro.

Così, complice una non corretta riforma delle province e città metropolitane, la situazione dei centri per l’impiego pubblici in Italia è ancora in uno stato “comatoso”, con 8mila dipendenti eterogeneamente distribuiti nel paese e in possesso di una formazione medio-bassa o focalizzata su competenze giuridiche, quasi totalmente incapaci di erogare servizi volti all’occupabilità. In linea generale, possiamo persino spingerci a definirli tra i peggiori in Europa.

Nonostante i timidi tentativi del governo Renzi con la creazione dell’Anpal, le politiche attive del lavoro hanno sempre ricevuto un’attenzione secondaria nell’agenda politica. L’introduzione dell’assegno di ricollocazione deve fare i conti con l’attuale assetto dei centri per l’impiego e purtroppo nelle regioni dove non si è sviluppato un modello alternativo al pubblico le possibilità di successo dello strumento saranno presumibilmente contenute.

A rendere peggiore la situazione, è l’impatto nei servizi al lavoro dei social media marketing, ovvero le innovazioni tecnologiche prodotte dal web, che stanno drasticamente e velocemente cambiando i rapporti di intermediazione tra domanda e offerta del lavoro. È possibile che il cambiamento riguardi anche le piccole imprese italiane, abituate in passato ai contatti informali (paranti e amici) per reclutare forza lavoro, perché oggi sempre di più sono necessarie competenze specifiche e in molti casi certificate.

Innanzitutto va perciò chiarito l’obiettivo politico dei centri per l’impiego nel mercato del lavoro. Oggi sono quasi esclusivamente strutture amministrative per la registrazione delle dichiarazioni di disponibilità al lavoro e le attività protocollari per quanto riguarda disabilità e certificazione per tirocini extra-curriculari: in altri paesi queste attività sono svolte quasi esclusivamente on-line o affidate a uffici unici del lavoro. In Italia, si potrebbe dunque parlare di una sorta di super-Inps, mentre il vero compito dei centri per l’impiego dovrebbe essere in primo luogo quello di realizzare politiche volte all’occupabilità dei disoccupati.

Leggi anche:  Un primo maggio dai bersagli sbagliati

Quattro tasselli per il lavoro

I quattro tasselli fondamentali per migliorare i servizi al lavoro sono:

1) costituire in tutte le regioni delle agenzie regionali del lavoro (Arpal). Non è la soluzione migliore, tuttavia è l’unica possibilità per mettere una pezza alla situazione attuale. Attraverso l’accordo stato-regione, le province e città metropolitane verrebbero in parte esautorate da tale competenza, mantenendo una cabina di regia con Anpal nello sviluppo delle politiche. Le agenzie svilupperebbero un modello “matriciale” di gestione, dove alcune attività verrebbero realizzate tramite presidii locali, mentre altre avrebbero una regia regionale;

2) a livello locale vanno create le “Officine del lavoro”, strutture multifunzionali in grado di erogare servizi a 360 gradi, come il Multilab di Rozzano, in provincia di Milano. Nella stessa sede si svilupperebbero attività di incontro fra domanda e offerte di lavoro, formazione professionale per i disoccupati e servizi di auto-impiego e auto-imprenditorialità;

3) sempre a livello locale, in tutti i centri per l’impiego dovrebbe essere presente una seria attività di orientamento professionale, anche attraverso l’utilizzo di modelli informatici predittivi per attività di targeting, come avviene in Svizzera, e l’assistenza da parte di psicologi del lavoro per i soggetti più difficili da collocare in modo da sviluppare un buon bilancio di competenza;

4) a livello regionale, lo sviluppo di un serio progetto di marketing territoriale, attraverso pochi ma preparati agenti commerciali, che sviluppano e organizzano “fiere lavoro” nel proprio territorio e si affidano a un gestionale (Crm) volto alla reportistica delle attività fatte e lo sviluppo di timesheet delle attività da svolgere.

Restano da affrontare due temi spinosi: il numero e le competenze dell’attuale organico dei centri per l’impiego. L’innovazione tecnologica permette oggi di sviluppare i progetti anche con solo 8mila dipendenti e non 80mila come in Germania. Proprio per effetto dell’innovazione tecnologica, per esempio, in Olanda si sta riducendo il personale dedicato ai servizi pubblici per l’impiego. Sarebbe opportuno che Anpal ristrutturasse l’organico, destinando parte dei dipendenti in Inps per le attività amministrative, mentre altri potrebbero essere ricollocati nelle agenzie regionali. In prospettiva futura, è però necessario costituire un percorso accademico dedicato ed esclusivo per l’accesso ai centri per l’impiego, come già oggi avviene in Germania.

Leggi anche:  Un ascensore sociale al contrario per le giovani madri

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Un primo maggio dai bersagli sbagliati

Precedente

Quando la tecnologia aiuta i risparmiatori. E le banche

Successivo

Il prima e dopo della legge sulla concorrenza

  1. Christian Biagini

    L’articolo è in parte condivisibile, ma tiene conto solo dei dipendenti a tempo indeterminato, che altro non sono in larghissima parte che gli ex dipendenti dei vecchi uffici di collocamento. Non si tiene in considerazione che in questo decennio sono state sperimentate attività specialistiche che hanno visto l’impiego continuativo di personale laureato e specializzato (basti guardare l’indagine condotta dall’ex Isfol 2015 http://sbnlo2.cilea.it/bw5ne2/opac.aspx?WEB=INAP&IDS=20724 ) tutti con contratti precari poichè pagati con fondi FSE. Se i CPI funzionano male è principalmente perchè non sono messi nelle condizioni di funzionare. Il sistema degli incentivi all’assunzione dovrebbe tutto transitare per i CPI dove l’utente dovrebbe essere profilato ed incentivato in relazione alla partecipazione alle politiche attive, sostenuto mediante interviste e colloqui di orientamento/ricerca attiva del lavoro periodici ai quali collegare obbligatoriamente le politiche passive. Oggi in Italia gli incentivi per l’assunzione così come gli ammortizzatori sociali vengono dati a pioggia senza alcun collegamento con le politiche attive, le aziende non comunicano le proprie vacancies, l’80% delle assunzioni viene volutamente tenuto nell’alveo dei contatti informali, il personale specializzato dei CPI è costantemente a rischio disoccupazione. In questo, oltre a ciò che è scritto nell’articolo, vedo le priorità. Christian Biagini – Orientatore Professionale CPI Umbria – Coordinamento Precari CPI

    • Francesco

      Del tutto d’accordo con Biagini, che è un collega di un’altra regione. Vero è che qualcosa inizia a muoversi con il D.lgs 150/15 (si concede il sostegno al reddito a chi dimostra attivamente di inserirsi in un percorso di politiche attive, o almeno, si inizia farlo), ma si concedono agevolazioni all’assunzione ad aziende che non comunicano le proprie vacancies.

      • Federico Leva

        E perché dovrebbero comunicarle? È bene che lo facciano solo se percepiscono un beneficio, altrimenti sarà solo l’ennesima pratica burocratica che genera costi senza alcuna utilità sociale. Se il disoccupato trova offerte di lavoro in autonomia attraverso i molti strumenti digitali esistenti, dopo essere stato edotto in proposito, non sarà certo uno scandalo.

  2. Salvatore

    Se non sono stati capaci di fare quello che a Barcellona si faceva 10 (DIECI) anni fa come possiamo pensare che lo facciano in futuro? Ma poi, è proprio un argomento interessante per chi ha potere? O è meglio (per loro) tenere i cittadini costantemente con l’acqua alla gola? Ancora aspettiamo l’anagrafe dei cittadini italiani…

  3. Plinio

    Un’ abolizione totale sarebbe molto più efficace. In una prima fase, tutte le attività svolte potrebbero passare all’INPS. Dopodichè, con un servizio nuovo svolto sempre dall’INPS, con nuovo personale preparato e incentivato, libero di operare come meglio crede per raggiungere i risultati, si potrà pensare di far partire un servizio di sostegno per la ricerca di un lavoro. Meglio puntare sulla libera iniziativa che porre vincoli, come quello di far passare obbligatoriamente gli incentivi attraverso questi uffici, che servono solo ad alimentare burocrazia inutile.

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén