I risultati delle elezioni in Germania, con l’arretramento dei due principali partiti, rendono complessa la formazione di una maggioranza. L’unica certezza è che Merkel sarà di nuovo cancelliera. Ma i nodi da sciogliere sono molti e le sorprese possibili.
Risultati annunciati, ma sorprendenti
Il 24 settembre si sono svolte le elezioni politiche federali in Germania. I risultati indicano che i due partiti maggiori – Cdu/Csu (cristiano-democratici, 32,9 per cento) e Spd (socialdemocratici, 20,5 per cento), che componevano la coalizione di governo degli ultimi quattro anni – hanno subito entrambi un forte arretramento, a beneficio dei partiti di opposizione. In particolare, moltiplica i suoi consensi e diventa terza forza, con una percentuale di voti del 12,6 per cento, l’Afd (Alternativa per la Germania), partito di destra anti-europeista, anti-immigrazione e, almeno in alcuni singoli personaggi, legato al mondo neo-nazista. Aumento sensibile di consensi anche per Fdp (liberal-democratici, 10,8 per cento), mentre si confermano in parlamento Verdi (8,9 per cento) e Linke (sinistra, 9,2 per cento).
Per quanto annunciati dagli ultimi sondaggi, i risultati appaiono sorprendenti se si guarda all’andamento economico della Germania negli ultimi anni. Si sa, l’economia spiega molto, ma di certo non spiega tutto. E naturalmente è anche presto per capire esattamente cosa succederà nelle prossime settimane: chi entrerà nella coalizione di maggioranza? Quanta continuità, o discontinuità, caratterizzerà i prossimi quattro anni rispetto agli ultimi? Quanta influenza avrà Afd sulle scelte del nuovo Bundestag? Ma soprattutto quanto questi risultati elettorali sono figli di una contingenza del momento o quanto invece sono segnali di un profondo cambiamento in atto nella società tedesca?
Tutte queste domande sono ovviamente tipiche di ogni day-after elettorale; tuttavia, la perdita di consensi di Cdu/Csu e Spd sembra essere stata così pronunciata che l’incertezza regna sovrana.
Colpa anche della legge elettorale? Forse: l’impianto proporzionale del sistema tedesco rende quasi inevitabile la formazione di coalizioni e ciò ha diverse conseguenze. Da un lato, allunga il processo di formazione di una maggioranza di governo (in Germania, quattro anni fa, ci sono voluti circa tre mesi per trovare un accordo); dall’altro, obbliga i partiti che vi partecipano a scelte sempre meno coraggiose, per non dispiacere i propri elettori, che possono avere esigenze politiche anche piuttosto lontane tra di loro. E la mancanza di scelte coraggiose, vale a dire riforme e investimenti, potrebbe essere la ragione principale del tracollo dei due partiti che hanno governato durante l’ultima legislatura. Non che la Germania voglia rivedere la propria legge elettorale, ma forse qualche insegnamento, almeno per il nostro paese, potremmo trarlo.
A rischio il Merkel IV?
Solo su chi guiderà il prossimo governo sembrano non esserci dubbi: Angela Merkel, comunque vincitrice di queste elezioni. Si tratterà del quarto governo della cancelliera: dal 2005 in poi, Merkel ha dimostrato di saper guidare diversi tipi di coalizioni: “Grosse Koalition” (Cdu/Csu e Spd) nel 2005 e nel 2013, coalizione con Fdp (liberaldemocratici) nel 2009.
Per il momento, Spd ha annunciato di non voler continuare a far parte della maggioranza. Ciò è dovuto da un lato alla volontà e necessità di aumentare i propri consensi (un partito, soprattutto così indebolito, ha maggiore libertà di azione se sta da solo e all’opposizione) e dall’altro alla volontà di non lasciare l’opposizione in mano al terzo partito, Afd, vera forza anti-sistema uscita dalle elezioni. Certo, nelle prossime settimane le cose potrebbero cambiare. Gli scenari possibili sono diversi: da una coalizione tra Cdu/Csu e altri partiti minori, che però già oggi stanno alzando il prezzo della loro partecipazione, al governo di minoranza con maggioranze variabili, alla grande coalizione, se questa dovesse essere l’unica alternativa possibile. Vale peraltro la pena di ricordare che tra breve si dovrebbe tenere il congresso Spd e ciò potrebbe avere ripercussioni sulle scelte del partito proprio rispetto alla formazione del nuovo governo. Infine, rimarrebbe l’opzione di nuove elezioni, come è successo in Spagna di recente, col rischio però per i partiti maggiori di perdere ulteriori consensi.
Non sembrano esserci pericoli per quanto riguarda la tenuta dell’assetto europeo, anche se un cambio di rotta non è da escludere. La Germania, seppure nella sua posizione estremamente rigorosa, continua a mostrare spirito europeista all’interno di quasi tutti i partiti, seppur con sfumature diverse. Tuttavia, è anche vero che i principali partiti euroscettici (Afd e Fdp) sono stati quelli maggiormente premiati dagli elettori rispetto ai risultati di quattro anni fa. E ben si sa quanto i politici siano sensibili a questi argomenti. Infine, mettere insieme queste posizioni all’interno di una possibile coalizione (si pensi ad esempio al caso di un’alleanza Cdu/Csu, Fdp e Verdi) potrebbe risultare quantomeno problematico.
Insomma, diversi i nodi da sciogliere per la cancelliera nelle prossime settimane. E le sorprese potrebbero non mancare.
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Savino
Anche Di Maio andrà in Giamaica con Salvini e Meloni.
I partiti ribellisti, una volta al governo, saranno i più corrotti di tutti e ci faranno rimpiangere quelli tradizionali.
Henri Schmit
D’accordo con lo spirito dell’articolo, aggiungo un paio di riflessioni. Benché TUTTI i governi della BRD siano stati di coalizione, fino a ieri il sistema elettorale tedesco senza sfiducia costruttiva è stato osannato come modello per l’Italia. Follia pura! All’autore 3 settimane sembrano molto per negoziare un programma e una squadra di governo che poi hanno retto per 4 anni. Non c’è alcuna incertezza sul futuro governo: da prima che ieri sera parlasse Schultz era chiaro che il prossimo governo sarà al 99% dei colori della Giamaica, con la SPD e AFD nell’opposizione. Questo scenario dovrebbe far tremare l’opinione dominante a favore di un budget UE più ambizioso (tasse o debito?), un ministro delle finanze (per distribuire i soldi?) e un debito comune (eurobond, contro lo spread?). Il governo tedesco, in sintonia con quello francese, insisterà al contrario su più responsabilità nazionale. Non per scelta, ma per necessità politica, per evitare che la protesta dilaghi. Nata come reazione ai deficit, ai debiti e ai rischi di insolvenza (pubblica e bancaria) AFD è diventata poi un partito xenofobo contro l’immigrazione, e sta evolvendo verso un partito di XXDX che osa difendere i meriti dell’esercito germanico in due guerre che hanno devastato l’Europa e negato i valori fondatori. Per evitare che il populismo (di DX, XXDX e SX) cresca ancora le politiche dell’immigrazione e delle finanze pubbliche saranno inevitabilmente più rigorose. L’Italia dovrà cambiare paradigma.
Henri Schmit
La mia memoria di mezzo secolo, i miei pregiudizi e una lettura frettolosa mi hanno fatto leggere 3 settimane invece di 3 mesi di trattativa per formare l’ultima grande coalizione. Ho verificato su https://de.wikipedia.org/wiki/Koalitionsvertrag_der_18._Wahlperiode_des_Bundestages: forse occorre distinguere fra formare e formalizzare; il negoziato ufficiale iniziato 31 giorni dopo le elezioni è durato dal 23 ottobre al 27 novembre (un mese abbondante); annunciato la sera del 27 novembre l’Accordo di Coalizione è stato firmato il 16 dicembre. Roba seria, insomma, da Tedeschi, ma funziona, perché la gente censura con il voto chi sgarra rispetto allo spirito dell’Accordo (che non può prevedere tutto) e alla buona fede. L’opposto di quello che succede qua. L’errore dell’articolo è di sottintendere che in una democrazia efficiente il governo si dovrebbe formare la sera stessa delle elezioni. Non è così, tranne là dove l’esecutivo è eletto direttamente o dove uno schieramento può conquistare la maggioranza assoluta dei seggi. A Berlino ieri, la sera stessa, era subito chiaro chi formerà molto probabilmente il governo (l’opinione pubblica non perdonerebbe qualcuno che fa giochi sporchi sottobanco), ma la trattativa per un accordo di coalizione solido fra tre durerà settimane forse mesi, perché è funzionale che sia così.
Paolo Balduzzi
La frase credo sia questa: “Da un lato, allunga il processo di formazione di una maggioranza di governo (in Germania, quattro anni fa, ci sono voluti circa tre mesi per trovare un accordo)”. In realtà sto descrivendo una conseguenza della legge elettorale; non mi pare proprio di attaccarci un giudizio di valore sul fatto che sia un bene o un male contrattare a lungo. Concordo in ogni caso che sia più rilevante la durata dell’accordo rispetto alla durata del tempo per formarlo
Henri Schmit
Il mio era un errore causato da una lettura frettolosa e da pregiudizi. La sua osservazione se neutra è corretta e particolarmente pertinente in previsione della trattativa per una coalizione fra tre, primo caso dal 1960, mi sembra.
Alberto
Se analizza gli esiti elettorali di queste ultime elezioni tedesche in: https://www.welt.de/politik/deutschland/article168997055/Das-sind-die-Hochburgen-der-Parteien-in-Deutschland.html – scoprirà che è proprio nelle regioni ex comuniste che l’AfD ha avuto maggiori preferenze e consideri che in quelle regioni vi è anche una minore presenza di richiedenti asilo. Le fornisco una mia parziale interpretazione che nulla ha a che vedere con una patologia clinica (xenofobia) o il ritenersi una razza superiore (razzismo) seppur l’identità di “volk” nei tedeschi è percepita dovunque come minacciata, sopratutto dai mussulmani; i tedeschi dell’ex DDR hanno dovuto conquistarsi, con molta fatica, un tenore di vita non ancora paragonabile a quello di altre regioni tedesche e 2,5 milioni di tedeschi percepiscono i mini-job (meno di 500 € mensili). Una politica che favorisce l’inserimento di nuove forze lavoro provenienti da alcune regioni del mondo, viene percepito come una minaccia per la loro occupazione. Una elevata % di tedeschi in tutta la Germania vive ai limiti dell’indigenza e l’AfD avrebbe avuto lo stesso esito anche se avessero accolto milioni di Finlandesi con lo scopo di integrarli come forza lavoro e non penso che nei confronti dei Finlandesi ci siano avversioni xenofobe.
Henri Schmit
Concordo. In Sassonia AFD è arrivata al 26%.
Maurizio Cocucci
Segnalo una definizione errata riguardante i liberali di FDP che non sono per nulla euroscettici, anzi è esattamente il contrario sebbene abbiano una posizione rigida e non accomodante verso i Paesi che non vogliano rispettare una politica di bilancio equilibrata. Nel loro programma elettorale iniziano con il definire l’Unione Europea uno splendido progetto (l’aggettivo adoperato è großartig) che ci porta pace, libertà e prosperità. Poi prosegue (l’introduzione del programma riguardante l’Unione Europea) menzionando le ragioni che minano questo progetto e tra le soluzioni proposte anche una riguardante la questione immigrazione. Sottolineano l’importanza della stabilità dell’euro e delle politiche di bilancio. Inoltre chiedono meno burocrazia. Riguardo proprio la moneta unica il programma inizia con l’affermare che questo ha portato molti vantaggi (naturalmente è riferito alla Germania), però non si può negare che si trovi ancora in una situazione di crisi che può essere risolta, non attraverso una condivisione dei debiti e/o dei rischi, ma con bilanci solidi ed a questo proposito il loro slogan è Solidarität gegen Solidität, ovvero solidarietà in cambio di solidità, inteso come aiuti finanziari sì, a patto che si accettino riforme economiche. Contrari ad un trasferimento permanente a scapito dei contribuenti. Insomma, non euroscettici, ma deficitscettici.
Henri Schmit
Ottima precisazione. Aggiungerei che i liberali tedeschi non hanno quasi nulla in comune né con il CDX italiano (FI etc), né con i liberisti italiani, né con la DX anti-europea. Sono liberali veri, pragmatici, non chiacchieroni dogmatici con progetti mirabolanti.
Paolo Balduzzi
Grazie della precisazione; concordo, si è trattato di una semplificazione eccessiva ma necessaria nell’economia del pezzo.
Marcomassimo
Il risultato è tutt’altro che inspiegabile; anzi si spiega benissimo col fatto che anche all’interno di quello che appare come il più solido ed in salute dei paesi europei si celano aree di esclusione e di risentimento; la sinistra ha spesso abdicato al suo ruolo per accondiscendere iil rigore monetarista dell’ordoliberalismus ed il fanatismo mercantilista dell’enorme surplus commerciale; evidentemente ci sono fasce di popolazione che di quel surplus vedono solo le briciole; la Merkel dovrebbe fare una semplice cosa per cambiare la china; abolire quella vergogna che sono i minijob, soprattutto per un paese con la forza industriale poderosa che ha la Germania, e dare a tutti i lavoratori un salario decente; forse il surplus commerciale diminuirebbe un poco ma in compenso le masse tedesche starebbero meglio e avendo i tedeschi più potere di spendere e tirando di più la domanda, staremmo meglio pure noi
gino
concordo in pieno con le sue parole, come col commento, molto simile al suo , del Prof Sapelli, ieri alla trasmissione Focus Economia, di radio24
Maurizio Cocucci
I “Minijob” possono essere contestati tranquillamente, ma non si possono eliminare quei lavori marginali ai quali questa tipologia conttrattuale, in essere tra l’altro dal 1977, fa riferimento. Credo non ci siano dubbi che assieme a lavori stabili a tempo pieno (35-40 ore settimanali) vi siano quelli part-time a cui non è possibile rinunciare. Oppure che vi siano i lavori a tempo determinato, esempio quelli stagionali. Ma vi sono, che piaccia o meno, anche quelli atipici e marginali che sono caratterizzati spesso da una durata limitata ed una richiesta in termini di ore lavorative estremamente ridotta. Questi lavori come vogliamo regolarizzarli e retribuirli? Esempio, se ho necessità di una persona che venga a svolgere le pulizie presso la mia abitazione una volta a settimana per 4 ore che contratto stipuliamo e con quale compenso? Se offro 300 euro mensili a fronte di 16 ore per lo stesso periodo sono tanti, pochi o adeguati? Sedici ore mensili sono un decimo di un tempo pieno, quindi in proporzione è come se per quest’ultimo offrissi 3.000 euro. La persona (spesso un pensionato) che offre aiuto di fronte alle scuole inferiori per regolare il traffico facendo attraversare in sicurezza la strada agli studenti e loro accompagnatori, come la retribuisco, ovvero quanto e con quale tipologia contrattuale per poche ore settimanali? Ma proseguendo, chi sono coloro che lavorano con i Minijob (o voucher da noi)? Quanti studenti per pagarsi gli studi oppure quanti pensionati?
Aldo Mariconda
Per un cittadino non analista della politica colpisce il risultato in un Paese che ha beneficiato più di tutti dell’Euro e gode di un benessere relativamente più diffuso, con minore disoccupazione. Interessante anche Le Monde del 27/9 che cita Ratthmannsdorf, al confine con Rep Ceca, 1000 ab. e a benessere diffuso, dove AfD è arrivata prima, >46%. Pur avendo solo 10 rifugiati e già integrati, pare abbia manifestato una reazione all’Islam. Non ho commenti da fare ma forse l’intero voto dell’ex Germania Est va più analizzato.