Sulla carta, l’entrata in vigore della Mifid2 dovrebbe aumentare la tutela del risparmio. Molto dipenderà dal comportamento degli intermediari finanziari e soprattutto delle autorità di vigilanza. Ma il legislatore avrebbero potuto avere più coraggio.
Entra in vigore la Mifid2
Dopo infinite discussioni e il rinvio di un anno, il 3 gennaio 2018 entra in vigore la direttiva relativa ai mercati degli strumenti finanziari, la così detta Mifid2 (Market in Financial Instruments Directive). Sulla carta introduce importanti elementi di tutela dei risparmiatori giacché più volte ribadisce che le imprese d’investimento devono agire in maniera onesta e professionale al fine di servire i clienti; gli strumenti offerti devono essere adeguati alle esigenze dei clienti, alla loro tolleranza ai rischi e capacità di sostenere eventuali perdite; le comunicazioni di marketing devono essere corrette e chiaramente identificate; il personale addetto alla consulenza deve possedere un adeguato livello di conoscenza e competenza dei prodotti offerti e non deve essere valutato o premiato in maniera da indurlo a vendere strumenti non rispondenti pienamente all’interesse del cliente.
La tutela al cliente dovrebbe aumentare anche sul fronte dell’informazione al cliente per il combinarsi delle norme della direttiva Mifid2 e del regolamento (UE n 1286/2014), che ha introdotto il nuovo documento informativo (Kid – Key Information Document). Questo dovrà indicare all’investitore in forma semplice e trasparente indicatori di rischio, costi e scenari di performance. Più in generale, la direttiva stabilisce che ai clienti vengano fornite tempestivamente appropriate informazioni sull’impresa d’investimento, sui suoi servizi e sulle strategie da essa proposta. L’informazione sui costi dovrà poi riguardare sia quelli relativi all’investimento che quelli accessori, ed eventualmente quelli della consulenza, nonché il totale dei costi e il loro effetto sul rendimento.
È probabile che la batteria di interventi, se applicati con rigore, porti un beneficio ai risparmiatori italiani, spesso “taglieggiati” da strumenti con costi e rischi non valutabili, quali le obbligazioni strutturate, i certificates, le obbligazioni subordinate, i fondi a cedola e così via.
Fondamentale sarà ovviamente il ruolo delle autorità di vigilanza i cui poteri sono stati rafforzati dal decreto di recepimento della Mifid2, fino a concedergli di proibire o limitare il collocamento di strumenti finanziari ritenuti non appropriati.
Consulenza indipendente e ristretta
Forse il punto più debole della direttiva è la distinzione fra consulenza indipendente e non indipendente (ristretta).
In entrambi i casi, la remunerazione della consulenza è ammessa solo al fine di migliorare la qualità del servizio al cliente, anche attraverso l’accesso a una vasta gamma di strumenti finanziari, venduti a prezzi competitivi e un periodico monitoraggio della loro adeguatezza alle caratteristiche del risparmiatore. La differenza chiave tra consulenza indipendente e ristretta sta nel fatto che solo la prima deve obbligatoriamente essere remunerata direttamente dal cliente, mentre la seconda può esserlo nella forma di retrocessioni sulle commissioni pagate dal cliente sui prodotti collocati (inducement). Pertanto, la consulenza ristretta prevede la sostanziale continuità con il modello fino a oggi praticato da banche e reti di promotori (ora ribattezzati “consulenti abilitati all’offerta fuori sede”). In altre parole, mentre il consulente indipendente deve fatturare al cliente in maniera totalmente trasparente le proprie prestazioni, gli investitori che si servono della consulenza non indipendente devono accontentarsi delle informazioni contenute nel Kid e nel prospetto.
Come era logico attendersi, una recente indagine condotta da Assiom-FX ha mostrato come la stragrande maggioranza delle banche italiane non abbia alcuna intenzione di optare per il modello di consulenza indipendente. Fra le ragioni della scelta viene citata “la scarsa propensione del cliente a percepire la qualità del servizio ricevuto in funzione del suo costo” oltre alla complessità derivante dalla necessità di separare organizzativamente la consulenza ristretta da quella indipendente.
Tutto ciò rischia, però, di ridurre significativamente la portata della direttiva in termini di tutela del risparmio e concorrenza tra gli intermediari.
Ben diverso è stato l’atteggiamento del legislatore britannico, che nel 2013 (in anticipo di 5 anni sul resto dell’Unione europea) ha adottato la cosiddetta Retail Distribution Review.
La Rdr, diversamente da Mifid 2, ha infatti tagliato alla radice il “nodo gordiano” del potenziale conflitto di interessi tra consulenza e collocamento di prodotti, vietando ogni tipo di retrocessione (inducements) per la consulenza. Una ricerca di Europe Economy del 2014, commissionata dalla Financial Conduct Authority per valutare gli effetti della Rdr sul mercato della consulenza finanziaria ha mostrato, tra le altre cose, un significativo aumento della concorrenza nel settore, con benefici diffusi sulla qualità e professionalità dei servizi e una diminuzione media del 15-20 per cento delle commissioni per il cliente finale.
In teoria, è ancora possibile che in Italia l’autorità di vigilanza (Consob) ponga qualche rimedio alle maglie davvero larghe della direttiva, a beneficio dei risparmiatori. È infatti la Consob che deve dettare i regolamenti applicativi di Mifid2 e sorvegliarne poi l’applicazione. Se, come si dice, “il diavolo sta nei dettagli”, i dettagli possono oggi fare davvero la differenza.
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zipperle
In campo sanitario mi pare che non esista la fusione in un’unica figura del medico specialista (equivalente al consulente in campo finanziario), del farmaceutico (ovvero in campo finanziario la SGR, la compagnia di assicurazioni e così via) e del farmacista (cioè in campo finanziario la filiale della banca, l’agente assicurativo, il promotore): come mai in campo finanziario non si riesce a scindere nettamente i ruoli? Perché le banche, le assicurazioni, le reti di promotori e le SGR hanno avuto e hanno ancora tutto l’interesse a mantenere questo stato di (con)fusione dei ruoli, facendo lobbying, al fine di “taglieggiare” i clienti, in contesto di pura asimmetria informativa (interessante: quello dell’asimmetria informativa è un altro aspetto di similitudine con il campo sanitario…)
zipperle
e comunque anche i clienti fanno la loro parte: la maggior parte della gente non andrebbe mai da un cardiologo se sapesse che ha un’azienda farmaceutica che produce medicine per l’ipertensione e che prescrive proprio quelle…
stefano
vorrei segnalare , a tale proposito, la mattanza tuttora in corso sui pir, idea condivisibile usata con tipico genio italico per ingrassare senza alcuna fatica o valore i bilanci delle reti bancarie e no.
Dal 2 al 4% di commissioni di ingresso su 10mld previsti per fine anno. La Consob e Bankitalia ne avrebbero da lavorare se volessero.