La grande recessione ha lasciato un’Italia ancora più divisa e diseguale. Gli effetti della crisi sono stati molto più profondi nel Mezzogiorno. La riapertura al federalismo fiscale e infrastrutturale può risultare determinante nei prossimi anni.
Residui fiscali in tempo di crisi
La ripresa economica in atto nel nostro paese non sembra ancora in grado di contribuire a ridurre le differenze territoriali che si sono ampliate durante la grande recessione.
Nel periodo 2008-2013, la contrazione del Pil nel Mezzogiorno è stata più che doppia rispetto a quella del Centro-Nord. La perdita di occupazione nelle regioni del Sud è stata in media quattro volte superiore rispetto al resto del paese.
In un recente contributo pubblicato nel Rapporto Finanza Pubblica 2017, abbiamo suggerito che la riduzione delle diseguaglianze territoriali in Italia passa necessariamente per una riapertura del cantiere del federalismo fiscale e infrastrutturale.
Analizzare i residui fiscali, dati dalla differenza tra le spese e le entrate pubbliche riferibili a una data regione, risulta utile per valutare se il sistema dei trasferimenti fiscali è in grado di assolvere a due funzioni: redistributiva o di trasferimento di risorse dalle regioni relativamente più ricche a quelle più povere; di assicurazione di breve periodo contro andamenti ciclici negativi. La seconda funzione è di particolare importanza quando si verificano eventi, come la grande recessione, che producono effetti asimmetrici a livello regionale. Valori positivi (negativi) dei residui fiscali indicano che una regione riceve (traferisce) risorse dal (verso) il resto del paese.
Utilizzando i dati dei Conti pubblici territoriali, che contengono informazioni sulla ripartizione regionalizzata delle entrate e delle spese del bilancio della pubblica amministrazione, emergono alcuni risultati degni di nota.
In primo luogo, il confronto tra l’inizio e la fine (ufficiale) della crisi evidenzia una riduzione delle differenze dei residui fiscali tra le diverse regioni italiane. La tabella 1 ne riporta i valori pro-capite e la differenza tra il 2014 e il 2008. Variazioni positive maggiori si registrano in Lombardia e Friuli Venezia Giulia, mentre variazioni negative di rilievo si osservano in Valle d’Aosta e Campania. Una spiegazione può essere la riduzione delle risorse nette trasferite/affluite da/in alcune regioni per effetto degli stabilizzatori automatici e dell’impatto asimmetrico delle manovre di consolidamento intraprese durante la crisi economica, che hanno inciso particolarmente al Sud.
In secondo luogo, abbiamo valutato le funzioni di redistribuzione e assicurativa del sistema dei trasferimenti italiani durante gli anni della crisi. Dalle nostre stime risulta che: i) il ruolo perequativo dei trasferimenti fiscali è aumentato durante la crisi; ii) la funzione assicurativa si è progressivamente ridotta. Il primo risultato può essere spiegato dall’operatività degli stabilizzatori automatici durante la fase recessiva; il secondo necessita di ulteriori approfondimenti per valutare quali fattori hanno prodotto una minore capacità assicurativa del sistema fiscale italiano quando ve ne era maggiore necessità.
Tabella 1 – Residui fiscali Pa, anni 2008 e 2014, regioni italiane.
Fonte: elaborazione su dati Conti pubblici territoriali.
Federalismo fiscale e infrastrutturale oltre la crisi
Il progressivo indebolimento del percorso di federalismo fiscale negli ultimi anni non ha certo giovato alle autonomie e alla loro capacità di prendere parte ad azioni controcicliche. Le regole imposte ai livelli locali di governo al fine di rispettare i vincoli di bilancio hanno ridotto la capacità di autonomia tributaria e di spesa degli enti territoriali. La riduzione del prelievo Irap per le regioni e della Tasi sulle abitazioni principali per i comuni hanno privato gli enti territoriali di due importanti tributi propri. In aggiunta, la perequazione infrastrutturale, leva strategica utilizzata anche a fini di sostenere la ripresa economica negli Stati Uniti e in Germania, è stata relegata in secondo piano nel caso italiano.
Di recente, si sono registrati segnali di inversione di tendenza. La sostituzione dei vincoli contenuti nel Patto di stabilità interno con il saldo euro-compatibile ha posto le basi per un ampliamento dei margini a disposizione delle amministrazioni locali e per una migliore programmazione degli investimenti. L’attenzione alle esigenze territoriali, anche in tema di infrastrutture, sembra acquistare nuovo slancio. In questa direzione si sono mossi gli sforzi di coordinamento tra diversi livelli di governo in materia di gestione dei Fondi strutturali co-finanziati dall’Unione europea. L’auspicio è quello che queste scelte rappresentino i primi passi per una riapertura del cantiere federale in Italia, nella consapevolezza che il federalismo, per essere equilibrato e sostenibile, deve ripartire dagli squilibri dei territori e riattivare leve adeguate a ri-bilanciare la redistribuzione delle risorse tra il Nord e il Sud. Ancora più importante è il contributo concreto che la riapertura del “cantiere federalismo” può dare alla riduzione della crescente incertezza di policy osservata nel nostro paese nel corso dell’ultimo decennio: un fattore determinante per spiegare gli effetti perduranti della crisi economica.
* Le opinioni espresse dagli autori non riflettono necessariamente quelli dell’amministrazione di cui fanno parte.
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Savino
Dare più soldi alle autonomie significa moltiplicare a macchia di leopardo la corruzione e gli sprechi.
La gente si è già dimenticata dei tanti “Batman” nelle Regioni e si è espressa dicendo che vuole dare ancora più soldi a queste persone.
Visto che i veneti pretendono dallo Stato centrale gli “sghei”, si prendano pure, senza pesare sul resto degli italiani, le loro banche scassate.
Savino
Se c’è il malcontento, il popolo ha il dovere di manifestarlo apertamente, senza nascondersi dietro bandiere e bandierine federaliste.
Chi vuole il cambiamento deve saperlo orientare.
Protestare non può essere fine a sè stesso.
Sara
I vostri dati sono molto diversi dai dati mostrati nell’articolo di Fabrizio Tuzi perchè?:
http://www.lavoce.info/archives/49109/residui-fiscali-cosa-dicono-numeri/